Alla ricerca dei “veri” imprenditori

I “veri” imprenditori sono quelli che si prendono il rischio di innovare e di anticipare il mercato. Questi imprenditori hanno tratti della personalità e motivazioni ben definiti e che sono diversi tra chi guida un’impresa familiare o non-familiare. La nostra ricerca individua dodici profili della personalità di questi imprenditori.

L’essenza del lavoro degli imprenditori

Alcune imprese sperimentano, rischiano e aggrediscono il mercato; altre amministrano l’esistente. Gli studiosi di management qualificano le imprese che adottano strategie del primo tipo come imprese con “orientamento imprenditoriale”.

La funzione degli imprenditori, infatti, non si esaurisce nel fornire i capitali all’azienda o nel dirigere quotidianamente le attività dei propri dipendenti; anzi, gli imprenditori più illuminati sono quelli che sanno trovare i soci finanziatori e i manager che svolgano meglio di loro queste importanti funzioni. Ciò che distingue un “proprietario d’impresa” da un “imprenditore” è la capacità di interpretare i cambiamenti delle tecnologie, dei mercati e della società in generale per realizzare nuovi prodotti e servizi con nuove formule imprenditoriali. Naturalmente, l’imprenditore deve cogliere i segnali deboli delle trasformazioni dell’ambiente più velocemente dei concorrenti, per non dover competere per risorse divenute scarse o mercati già saturi. Questa visione dell’imprenditorialità – che trova le sue radici nel pensiero di Schumpeter (1912), è stata ripresa dallo studioso americano Scott Shane (2003) e viene presentata efficacemente nel libro di Cortesi, Alberti e Salvato “Le piccole imprese” (2004) – evidenzia proprio come l’innovazione e l’assunzione dei rischi legati all’innovazione qualifichino la funzione dell’imprenditore nell’economia.

L’orientamento imprenditoriale, quindi, si riferisce all’atteggiamento strategico di fondo dell’impresa: riguarda il modo in cui l’imprenditore, i dirigenti e anche i dipendenti si pongono nei confronti di concorrenti e del mercato, indipendentemente dalla composizione della compagine proprietaria o dalle dimensioni e dall’età aziendale. Molti studi sull’imprenditorialità hanno esaminato la relazione tra l’orientamento imprenditoriale e varie dimensioni di performance organizzativa, trovando un sostanziale consenso sugli effetti positivi in termini di risultati finanziari e non-finanziari (un articolo del 2009 di Rauch e colleghi offre un’approfondita rassegna della letteratura).

Gli imprenditori non sono tutti uguali 

Soprattutto nelle piccole e medie imprese (PMI), che sono caratterizzate da un minore livello di formalizzazione degli assetti organizzativi rispetto alle grandi imprese, gli imprenditori imprimono l’orientamento strategico sulla base della loro visione, dei loro valori e dell’intuizione che li ha portati a guidare un’impresa. Per questo motivo, è necessario studiare la psicologia e le motivazioni degli imprenditori per individuare le cause profonde del differente orientamento imprenditoriale delle imprese.

Un’analisi di questo tipo non deve commettere l’errore di considerare gli imprenditori come un insieme omogeneo dal punto di vista dei tratti della personalità e delle motivazioni verso il lavoro: fondatori di imprese familiari, fondatori di imprese non-familiari e successori in imprese familiari rappresentano tre gruppi fortemente distinti da questo punto di vista.

I fondatori possono creare l’impresa a propria immagine e somiglianza. Essi si trovano infatti davanti a un “foglio bianco” e possono progettare tutte le variabili aziendali secondo la propria volontà: dalla scelta dei mercati a quella dei collaboratori; dal prezzo dei prodotti allo stile di direzione. Molto spesso, il progetto d’impresa coincide con il progetto di vita dell’imprenditore e quindi è frequente che i valori di fondo dell’impresa tendano a rispecchiare i valori dell’imprenditore (Randøy & Goel, 2003). L’influenza del fondatore è così forte che tende a persistere anche a distanza di decenni.

Tuttavia, esistono delle differenze tra i fondatori che creano l’impresa per lasciarla, un giorno, ai propri figli o familiari e quelli che invece non sono motivati da questa prospettiva trans-generazionale. I fondatori di un’impresa familiare devono fare i conti con le aspettative e le pressioni, più o meno esplicite, che i propri parenti possono esercitare (Miller, Minichilli, & Corbetta, 2013). Queste pressioni non vanno necessariamente nella direzione di strategie più conservatrici, ma rappresentano comunque un limite alla libertà d’azione che un fondatore di un’impresa non-familiare non deve sopportare.

L’atteggiamento più scontato per un successore, invece, è quello di conformarsi ai valori e di replicare le strategie instillati dal fondatore, soprattutto se tali strategie hanno portato l’impresa al successo nel passato. Questa tendenza alla conservazione è senz’altro comprensibile alla luce del fatto che, tipicamente, i successori hanno respirato l’aria dell’impresa sin dalla più tenera età, assorbendo dalle generazioni al comando i valori fondanti del “fare impresa”. Anche se, sempre più spesso, gli eredi studiano all’università e fanno esperienze professionali in altre aziende, la famiglia rappresenta comunque l’elemento chiave della formazione dei successori (Corbetta, 2010). Per proporre una loro visione autonoma, magari più in linea con le trasformazioni avvenute nell’ambiente di riferimento, i successori devono per prima cosa “disimparare” i modelli gestionali acquisiti dalle generazioni precedenti e, solo a questo punto, infondere la propria visione e valori nell’impresa. Tuttavia, diversamente dal fondatore, il successore si trova davanti un’impresa che funziona già da molto tempo, con processi già definiti e rapporti di potere già delineati: i dipendenti “storici” accetteranno la leadership del successore? O si dimostreranno leali alle idee e ai principi gestionali dei vecchi leader? L’ombra lunga gettata dalle vecchie generazioni (Davis & Harveston, 1999) rischia di far entrare l’impresa in una situazione di stallo a causa dell’incapacità o impossibilità del successore di provocare il necessario cambiamento strategico.

I profili imprenditoriali 

Nell’ambito di un progetto di ricerca nazionale coordinato dal collega Paolo Gubitta dell’Università di Padova, il nostro gruppo di lavoro dell’Università di Udine ha studiato un campione di 257 imprenditori italiani per individuare i profili dei fondatori e dei successori che imprimono un orientamento imprenditoriale nelle PMI.

Modelli più vicini alla realtà con un metodo innovativo 

Un aspetto importante del nostro lavoro è l’utilizzo di una metodologia innovativa, la Qualitative Comparative Analysis, un approccio all’analisi dei dati che si sta affermando negli studi organizzativi e promette di far fare notevoli passi avanti alla disciplina. Attualmente, l’approccio dominante in economia e management è l’analisi di regressione, che ha l’obiettivo di stimare l’effetto di una singola variabile su una variabile dipendente, a parità di altre condizioni. Tuttavia, molto raramente una singola caratteristica individuale o l’intervento su una singola variabile aziendale è in grado di causare i risultati: ciò che conta è la combinazione tra caratteristiche individuali e aziendali.

La QCA cerca proprio di individuare le configurazioni di fattori che conducono a un certo risultato; nelle configurazioni alcuni fattori devono essere presenti o assenti, e altri possono essere presenti o assenti. Inoltre, la QCA ammette che diverse configurazioni possano condurre allo stesso risultato o che un singolo fattore possa condurre o non condurre al risultato a seconda degli altri fattori con cui si combina. Poiché molti fenomeni sono causati dall’interazione tra numerose variabili, a livello individuale e sociale, la QCA è un approccio molto promettente per coniugare rilevanza delle ricerche per i decisori aziendali e rigore scientifico.

Uno sguardo d’insieme

Il nostro studio, i cui risultati sono stati pubblicati su “European Management Journal” nel 2017, ha individuato dodici profili imprenditoriali che considerano i tratti della personalità e le motivazioni intrinseche ed estrinseche che sono considerati dalla letteratura come determinanti dell’orientamento imprenditoriale.

Un primo risultato interessante è che, tanto per i fondatori che per i successori, diverse configurazioni di queste determinanti possono portare a un forte orientamento imprenditoriale. Si tratta di un risultato non scontato nel quadro degli approcci dominanti negli studi manageriali che, come ricordato sopra, partono dal presupposto che, date le condizioni di contesto, ci sia un modo migliore di altri per raggiungere un certo obiettivo. Inoltre, coerentemente con il metodo della QCA, alcuni fattori possono essere presenti, assenti o indifferenti, a seconda degli altri fattori che caratterizzano una certa configurazione.

Tuttavia, mentre le configurazioni dei fondatori, sia familiari che non-familiari, sono caratterizzate dal fatto che molti fattori possono essere indifferentemente presenti o assenti, il profilo dei successori è ben definito. In altri termini, il contesto dell’azienda familiare pone tanti vincoli e resistenze che soltanto un imprenditore con il profilo personale “giusto” è in grado di vincere la tendenza alla conservazione.

Le Tabelle n. 1 e n. 2 offrono uno sguardo di sintesi sui profili individuati.

Le differenze tra fondatori e successori

Tra i fondatori di imprese non-familiari, che sono i più liberi dall’influenza e dalle aspettative dei parenti, troviamo quattro profili associati all’orientamento imprenditoriale.

Due sono compatibili con la figura dell’inventore, che considera l’impresa come un mero strumento per esprimere la propria creatività e sperimentare combinazioni prodotto-mercato inconsuete, ma non stabiliscono un legame affettivo con l’organizzazione. Si tratta di una caratteristica importante perché ci possiamo attendere che questi imprenditori abbiano meno remore ad ampliare il gruppo dirigente o ad aprire la proprietà dell’impresa, se necessario per crescere; o a non procrastinare la chiusura, se l’intuizione imprenditoriale si dimostrasse errata. L’ampiezza dell’autonomia decisionale di questi imprenditori è supportata anche dall’assenza di aspettative o obblighi verso i familiari. L’inventore “spensierato” differisce da quello “innovatore” in quanto non ha il bisogno di conseguire risultati economici: è quindi possibile che le sue invenzioni non si traducano in innovazioni.

L’inventore “spensierato” non va confuso con l’”hobbista”. Benché entrambi siano insensibili alle pressioni sociali ed economiche, il secondo è emotivamente attaccato all’impresa, attraverso la quale vuole lasciare il segno in prima persona.

Un tipo di fondatore completamente diverso è quello che definiamo “avido”. Sensibile ai bisogni dei familiari e motivato da bisogni economici, oltre che di affermarsi personalmente, è distaccato dall’impresa. In altri termini, questo fondatore ricerca e persegue le opportunità imprenditoriali soprattutto per realizzare un reddito soddisfacente per sé o per la famiglia.

Tabella n. 1 – Profili dei fondatori con elevato orientamento imprenditoriale.

Fonte: rielaborazione da Pittino et al. 2017.

Tabella n. 2 – Profili dei successori con elevato orientamento imprenditoriale.

Fonte: rielaborazione da Pittino et al. 2017.

Alcuni fondatori di imprese familiari condividono alcune caratteristiche con i fondatori non-familiari. Il “creatore efficace” e il “creatore narcisista” sono interessanti in quanto non sono influenzati dalle dinamiche familiari – un aspetto singolare nel family business, ma che probabilmente permette loro di adottare strategie spiccatamente imprenditoriali. La differenza tra i profili “efficace” e “narcisista” è riconducibile al fatto che il primo è molto sensibile ai risultati economici dell’impresa ed è fortemente convinto di essere il primo responsabile del successo o insuccesso dell’impresa; è possibile attendersi che il “creatore efficace” concentrerà gli sforzi creativi su prodotti per un mercato redditizio. Questa sensibilità, invece, potrebbe mancare nel “creatore narcisista” che cerca l’affermazione personale – e quindi magari la notorietà o il riconoscimento da parte di specifici gruppi sociali – attraverso l’impresa; la solidità finanziaria può essere uno degli obiettivi ricercati in queste imprese familiari ma non è prioritario. Infine, il “creatore oculato” rappresenta un caso intermedio tra i due, in quanto cerca sia l’autorealizzazione che la stabilità finanziaria; questo imprenditore, infatti, potrebbe sentirsi responsabile verso i parenti, come ci si attende da un fondatore di un’impresa familiare.

Il panorama dei fondatori familiari è completato dall’investitore, un profilo con due minime varianti. Si tratta di un fondatore che cerca l’indipendenza che molto probabilmente concepisce come indipendenza economica, data l’importanza dei bisogni economici. Questo imprenditore inoltre attua strategie aggressive con l’obiettivo di ottenere un reddito soddisfacente non solo per sé ma anche per i propri cari; l’influenza familiare non si traduce in spinte alla conservazione perché questo imprenditore è motivato dal desiderio di affermarsi o si sente responsabile per il successo dell’impresa.

Per quanto riguarda i successori, troviamo tre profili. Il “rinnovatore” sente tutto il peso della responsabilità verso la famiglia e si sente in dovere di provvedere ai suoi bisogni economici, come, probabilmente, ha fatto la generazione precedente. Tuttavia, questo imprenditore non ama l’impresa così com’è e sa di essere la persona con il compito di guidare l’impresa verso lo sviluppo. Motivato da desiderio di indipendenza e di auto realizzazione, il rinnovatore cerca opportunità imprenditoriali lungo la traiettoria di sviluppo intrapresa dall’azienda.

Il “rifondatore”, invece, ha molta più libertà nello sperimentare, in quanto privo delle pressioni della famiglia e dei bisogni materiali. La mancanza dell’attaccamento all’organizzazione è uno stimolo in più ad adottare un orientamento imprenditoriale.

Quest’ultima è una differenza cruciale con il “nuovo leader”, il quale cerca il successo dell’impresa per affermarsi come legittimo successore agli occhi di dirigenti e dipendenti. Questo imprenditore è cresciuto nell’impresa di famiglia alla quale è fortemente legato e sa che attraverso una strategia aggressiva potrà garantirne l’ulteriore crescita.

Come usare questi profili

Siamo convinti che i profili imprenditoriali che abbiamo individuato possano essere di grande utilità per chi vuole avviare un’impresa, per gli imprenditori che si trovano di fronte a una crisi causata da incapacità di cambiare, per le vecchie generazioni che si stanno preparando al passaggio del testimone, per gli eredi che si stanno preparando a riceverlo e per i consulenti che li assistono.

Assumere la guida di un’impresa non è soltanto questione di intuizione, competenze tecniche e neanche solo di competenze gestionali: le motivazioni e la personalità giocano un ruolo fondamentale. La dimensione psicologica dell’imprenditore va affrontata in modo serio, senza semplificazioni o eccessi di determinismo.

I nostri profili rappresentano dei punti di riferimento con cui è possibile valutare se un’impresa corre dei rischi di eccessiva prudenza a causa delle caratteristiche individuali del suo leader. È importante sottolineare che questa valutazione deve essere affidata a professionisti capaci di usare le tecniche appropriate per l’analisi di dimensioni della personalità così delicate. Il nostro studio, infatti, è stato condotto con strumenti psicometrici validati scientificamente e la sua applicazione non può essere lasciata all’improvvisazione.

L’ambito di applicazione di questi profili con le maggiori potenzialità è probabilmente la gestione del passaggio generazionale. Come noto, si tratta di uno dei passaggi più critici nella vita delle imprese, in cui emergono tensioni, conflitti, divergenze nelle aspettative dei soggetti coinvolti. Inoltre, troppo spesso il processo si conclude con la scelta del successore “sbagliato”. Uno strumento di questo tipo può essere di grande aiuto nella selezione dell’erede da far crescere per rinnovare o rifondare l’impresa familiare, riducendo così l’elevata mortalità delle imprese proprio nella fase della transizione.

Riferimenti bibliografici

Corbetta, G. (2010). Le aziende familiari. Milano: EGEA.

Cortesi, A., Alberti, F., & Salvato, C. (2004). Le piccole imprese. Roma: Carocci.

Davis, P. S., & Harveston, P. D. (1999). In the founder’s shadow: Conflict in the family firm. Family Business Review, 12(4), 311-323.

Miller, D., Minichilli, A., & Corbetta, G. (2013). Is family leadership always beneficial? Strategic Management Journal, 34(5), 533-571.

Pittino, D., Visintin, F., & Lauto, G. (2017). A configurational analysis of the antecedents of Entrepreneurial Orientation. European Management Journal, 35, 224-237.

Rauch, A., Wiklund, J., Lumpkin, G.T., & Frese, M. (2009). Entrepreneurial Orientation and Business Performance: An Assessment of Past Research and Suggestions for the Future. Entrepreneurship Theory and Practice, 33(3), 761–787.

Randøy, T., & Goel, S. (2003). Ownership structure, founder leadership, and performance in Norwegian SMEs: Implications for financing entrepreneurial opportunities. Journal of Business Venturing, 18(5), 619-637.

Shane, S. (2003). A general theory of entrepreneurship. Cheltenham, UK: Edward Elgar.

Schumpeter, J.A. (1912). Teoria dello sviluppo economico, Milano: ETAS (edizione italiana, 2002).

 

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