Fare Job crafting crea coinvolgimento e migliora le performance

Fare job crafting vuol dire per un lavoratore agire in maniera proattiva apportando cambiamenti significativi nel proprio lavoro così da renderlo più coerente con le proprie inclinazioni. Lo studio proprosto approfondisce il tema fornendo una nuova prospettiva di analisi che si focalizza sulle dinamiche di job crafting a livello di gruppo.

Introduzione

l job crafting è generalmente inteso come la possibilità da parte dei singoli di intervenire sul proprio lavoro ridisegnando il contenuto dei compiti, intraprendendo o sviluppando relazioni interpersonali, rivedendo il modo in cui essi percepiscono il proprio lavoro. Sono, quindi, identificate tre forme di job crafting praticate in un ambiente di lavoro: strutturale, relazionale e cognitivo.

Il job crafting strutturale, ad esempio, può riguardare il caso di un personal trainer che predispone programmi di allenamento personalizzati assecondando le preferenze dei propri clienti, anche scegliendo contesti alternativi per praticare l’allenamento (Grant, 2007). Un esempio di job crafting relazionale può essere evidente nel caso di un cassiere di un supermercato che arricchisce il servizio offerto ai propri clienti coinvolgendoli in chiacchierate o offrendo utili suggerimenti per la spesa (Rafaeli, 1989). Infine, gli addetti alle pulizie di un ospedale possono offrire un esempio di job crafting cognitivo se attribuiscono al proprio lavoro un significato più ampio e rilevante in relazione al contributo che essi possono fornire al processo di guarigione dei pazienti presenti nella struttura sanitaria (Ghitulescu, 2007).

Si può essere motivati ad effettuare interventi di job crafting per diverse ragioni: in primo luogo, per l’esigenza di rendere il proprio lavoro più compatibile con le proprie attitudini, esigenze e valori. Si ricercano, quindi, attività più stimolanti, ad esempio, attraverso l’avvio di nuovi progetti o magari ridimensionando i compiti più ripetitivi. Un’altra motivazione potrebbe riguardare la spinta da parte di alcuni a creare e sostenere una immagine positiva di se stessi, cercando quindi di valorizzare i contenuti dei propri compiti così da attirare l’attenzione degli altri e guadagnarsi un giudizio favorevole da partedi capi, colleghi o clienti. In terzo luogo, interventi di job crafting possono essere motivati dalla necessità di affrontare situazioni di difficoltà, di crisi economica o problemi personali, tali da indurre un lavoratore dipendente di un’azienda o un libero professionista ad impegnarsi nello sviluppo di nuove attività che gli consentano di superare le difficoltà.

Gli studi sul tema hanno dimostrato che il job crafting può portare a diverse conseguenze positive sul comportamento organizzativo dei singoli, in termini di maggiore soddisfazione e coinvolgimento sul lavoro, diminuzione dello stress percepito, miglioramento dell’immmagine percepita del proprio lavoro, maggiore benessere individuale e collettivo e, più in generale, migliori livelli di performance.

1. Il job crafting

Il job crafting è generalmente inteso come la possibilità da parte dei singoli di intervenire sul proprio lavoro ridisegnando il contenuto dei compiti, intraprendendo o sviluppando relazioni interpersonali, rivedendo il modo in cui essi percepiscono il proprio lavoro. Sono, quindi, identificate tre forme di job crafting praticate in un ambiente di lavoro: strutturale, relazionale e cognitivo.

Il job crafting strutturale, ad esempio, può riguardare il caso di un personal trainer che predispone programmi di allenamento personalizzati assecondando le preferenze dei propri clienti, anche scegliendo contesti alternativi per praticare l’allenamento (Grant, 2007). Un esempio di job crafting relazionale può essere evidente nel caso di un cassiere di un supermercato che arricchisce il servizio offerto ai propri clienti coinvolgendoli in chiacchierate o offrendo utili suggerimenti per la spesa (Rafaeli, 1989). Infine, gli addetti alle pulizie di un ospedale possono offrire un esempio di job crafting cognitivo se attribuiscono al proprio lavoro un significato più ampio e rilevante in relazione al contributo che essi possono fornire al processo di guarigione dei pazienti presenti nella struttura sanitaria (Ghitulescu, 2007).

Si può essere motivati ad effettuare interventi di job crafting per diverse ragioni: in primo luogo, per l’esigenza di rendere il proprio lavoro più compatibile con le proprie attitudini, esigenze e valori. Si ricercano, quindi, attività più stimolanti, ad esempio, attraverso l’avvio di nuovi progetti o magari ridimensionando i compiti più ripetitivi. Un’altra motivazione potrebbe riguardare la spinta da parte di alcuni a creare e sostenere una immagine positiva di se stessi, cercando quindi di valorizzare i contenuti dei propri compiti così da attirare l’attenzione degli altri e guadagnarsi un giudizio favorevole da partedi capi, colleghi o clienti. In terzo luogo, interventi di job crafting possono essere motivati dalla necessità di affrontare situazioni di difficoltà, di crisi economica o problemi personali, tali da indurre un lavoratore dipendente di un’azienda o un libero professionista ad impegnarsi nello sviluppo di nuove attività che gli consentano di superare le difficoltà.

Gli studi sul tema hanno dimostrato che il job crafting può portare a diverse conseguenze positive sul comportamento organizzativo dei singoli, in termini di maggiore soddisfazione e coinvolgimento sul lavoro, diminuzione dello stress percepito, miglioramento dell’immmagine percepita del proprio lavoro, maggiore benessere individuale e collettivo e, più in generale, migliori livelli di performance.

2. Perché fare job crafting migliora le prestazioni degli individui e dei gruppi?

La diffusione dei gruppi di lavoro all’interno delle organizzazioni fa sì che gli individui svolgano una buona parte dei propri compiti operando in team. All’interno dei team si condividono idee e conoscenze e si generano interdipendenze che riducono l’autonomia e le possibilità di crafting in modo individuale. Gli studiosi Tims, Bakker, Derks e van Rhenen analizzano le dinamiche di job crafting nell’ambito dei team di lavoro introducendo il concetto di job crafting collaborativo, riferito all’insieme dei processi con cui i gruppi di lavoro stabiliscono insieme come ridisegnare il proprio lavoro al fine di raggiungere obiettivi condivisi. Si tratta di unire le forze rendendo disponibili nuove risorse, strutturali e sociali, al fine di affrontare situazioni complesse e sfidanti o superare le difficoltà sopravvenute.

Il job crafting ha lo scopo di colmare eventuali gap tra le risorse disponibili e le esigenze che scaturiscono dai compiti (definite comunemente con il termine “job demand”). In letteratura sono generalmente identificati due tipi di job demand che possono avere conseguenze significative sul benessere e le performance dei lavoratori: job demand critiche e job demand sfidanti. Le prime si riferiscono ad attività impegnative e stressanti che possono compromettere il raggiungimento degli obiettivi da parte dei singoli ed impattare, quindi, sul loro livello di benessere. Le job demand sfidanti riguardano invece situazioni complesse che possono tuttavia contribuire alla crescita, all’apprendimento e allo sviluppo dei lavoratori. Gli interventi di job crafting nell’ambiente di lavoro potrebbero incrementare le risorse disponibili, predisponendo nuove risorse strutturali (es. maggiore autonomia) e sociali (es. feedback da parte di colleghi) e allo stesso tempo modificare la struttura delle job demand, incrementando le job demand sfidanti (es. avvio di nuovi progetti) e riducendo le job demand critiche (es. evitando compiti ripetitivi).

Nel loro studio Tims, Bakker, Derks e van Rhenen analizzano come le pratiche di job crafting di gruppo contribuiscono ad un maggiore work engagement di gruppo ed individuale migliorando, conseguentemente, le performance sul lavoro (Figura 1).

Per work engagement si intende una condizione mentale di coinvolgimento e passione per il lavoro caratterizzata da vigore, dedizione e assorbimento. Si può parlare, pertanto, di work engagement in riferimento a coloro che sul lavoro si sentono energici, pienamente coinvolti e concentrati su proprio compito. I risultati di ricerche passate offrono supporto allo studio di Tims, Bakker, Derks e van Rhenen, affermando che il work engagement tende a migliorare quando le risorse disponibili sono adeguate alle esigenze provenienti dai compiti e quando si ha la possibilità di impegnarsi in attività stimolanti ed interessanti (Bakker, 2011; Halbesleben, 2010). Quindi, interventi di job crafting che favoriscono un’adeguata disponibilità di risorse e creano nuove job demand sfidanti riducendo quelle critiche, migliorano il work engagement, cosicchè un lavoratore si sentirà più energico, coinvolto e concentrato sul propri compiti (Bakker et al., 2012).

Il contributo centrale dello studio di Tims, Bakker, Derks e van Rhenen consiste nell’analizzare il job crafting a livello di team dimostrando che esso può determinare un miglioramento delle performance lavorative a livello di team ed individuale.

Nello studio gli Autori ipotizzano che il job crafting di team possa migliorare le performance individuali per due diverse vie. Primo, il job crafting di team crea le premesse per un job crafting da parte dei singoli che, quindi, sperimenteranno una condizione di work engagement individuale. Secondo, il job crafting di team favorisce il work engagement di team, che a sua volta influenzerà i singoli che sperimenteranno una condizione di work engagement individuale.

La prima relazione è spiegata dagli Autori attraverso la teoria del modeling, per cui pratiche di job crafting a livello di team inducono i singoli a riprodurre il job crafting a livello individuale così da modellare il proprio lavoro secondo esigenze ed abilità personali. Il modo in cui il team si comporta influenza il comportamento dei singoli attraverso il cosiddetto modeling o apprendimento osservativo (Bandura, 2001), un processo attraverso cui i singoli non si limitano a riprodurre esattamente quanto osservato, ma acquisiscono abilità e strategie. Osservando i comportamenti del gruppo, i singoli sono portati a credere che tali comportamenti siano appropriati nell’ambiente di lavoro e portano a risultati positivi. Zhou (2003), ad esempio, ha dimostrato che individui che lavorano con colleghi creativi tendono a diventare essi stessi più creativi nello svolgimento delle proprie mansioni individuali.

Questi interventi di job design da parte dei componenti di un team, a loro volta, favoriscono una condizione di work engagement individuale e quindi migliorano le performance sul lavoro.

Nella seconda relazione il job crafting di team genera una condizione di work engagement di team che porta ad un miglioramento delle performance per il team. Il work engagement di team favorisce una condizione di work engagement individuale attraverso un contagio emotivo favorito da interazioni sociali, per cui i componenti di un gruppo saranno reciprocamente influenzati dagli stati d’animo, dai giudizi e dai comportamenti condivisi (Barsade, 2002; Ilies et al., 2007)

3.Le implicazioni manageriali

Il job crafting, come tutti i comportamenti proattivi che il lavoratore attua per migliorare la corrispondenza tra se stesso e le caratteristiche del proprio lavoro, genera risultati positivi sulla performance. Nel complesso la ricerca che si sta sviluppando sul tema del job crafting suggerisce che le principali conseguenze dirette del job crafting sono: un’identità lavorativa positiva, un più elevato livello di engagement sul lavoro, una maggiore coerenza percepita tra se stessi ed il proprio lavoro e, infine, una sensazione di realizzazione dei lavoratori. Tutte queste conseguenze dirette hanno poi, a loro volta, influenza sulle performance individuali.

Riguardo agli antecedenti del job crafting, gli studi suggeriscono che gli individui con personalità proattiva, che mostrano un elevato giudizio di auto-efficacia e che godono di autonomia nella propria mansione saranno più propensi a realizzare job-crafting,

Lo studio di Maria Tims e dei suoi colleghi qui recensito dimostra, inoltre, che il job crafting funziona all’interno dei gruppi in maniera molto simile a come opera a livello individuale e che, quindi, migliora anche le prestazioni collettive. Apprendimento ed imitazione sociale e contagio emotivo rappresentano i principali meccanismi che favoriscono la diffusione del job crafting all’interno del team, portando più vigore nel lavoro dei singoli e, quindi, migliorando le performance collettive.

Nel complesso, la letteratura accademica sul job crafting fino ad oggi pubblicata suggerisce che le aziende e i loro manager dovrebbero:

  • lasciare i lavoratori liberi di attuare l’adattamento tra le proprie caratteristiche personali e quelle del proprio lavoro in maniera bottom-up, piuttosto che intervenire in maniera top-down nel modificare i contenuti delle mansioni;
  • creare un ambiente che lasci percepire autonomia di job crafting a tutti i lavoratori che potranno, quindi, modificare il proprio lavoro in base alle proprie caratteristiche, passioni e motivazioni, raggiungendo allo stesso tempo i risultati richiesti dall’organizzazione;
  • incoraggiare i lavoratori ad intraprendere iniziative di job crafting fornendo le risorse organizzative e strutturali necessarie;
  • Fare attenzione alla pro-attività dei candidati nelle procedure di selezione del personale, così da privilegiare individui propensi ad iniziative di job crafting.
  • Formare i team di lavoro in modo che includano individui con una personalità proattiva, propensi cioè ad assumere comportamenti di job crafting, stabilendo quindi un modello di comportamento per gli altri componenti del team.
  • Prestare attenzione ai casi di job crafting negativo, con riferimento a quegli interventi introdotti dagli individui e dai team che non sono coerenti con gli obiettivi aziendali. In questi casi il job crafting individuale aumenterà la soddisfazione dei lavoratori, col rischio tuttavia di peggiorare le performance dell’organizzazione (Berg, Dutton, & Wrzesniewski, 2008). I manager dovrebbero comunicare chiaramente gli obiettivi aziendali e offrire immediatamente feedback informativi, positivi o negativi, ai lavoratori che attuano forme di job crafting

In conclusione, la recente letteratura organizzativa sul job crafting sta ribaltando le teorie organizzative sul disegno delle mansioni e suggerisce che i manager dovrebbero semplicemente comunicare gli obiettivi in maniera chiara e offrire feedback frequenti sul loro raggiungimento. In questo modo possono riuscire a guidare il job crafting individuale e di gruppo, e quindi migliorare il work engagement e, indirettamente, la performance. E’ altresì importante che i manager forniscano ai componenti del gruppo sufficienti risorse al fine di poter svolgere al meglio i compiti assegnati e stimolare indirettamente pratiche di job crafting collettivo.

 

Bibliografia

Bakker, A. B. (2011). An evidence-based model of work engagement. Current Directions in Psychological Science, 20, 265-269.

Bakker, A. B., Tims, M., & Derks, D. (2012). Proactive personality and performance: The role of job crafting and work engagement. Human Relations, 65, 1359-1378.

Bandura, A. (2001). Social cognitive theory: An agentic perspective. Annual Review of Psychology, 52, 1-26.

Barsade, S. G. (2002). The ripple effect: Emotional contagion and its influence on group behavior. Administrative Science Quarterly, 47, 644-675.

Ghitulescu, B. E. (2007). Shaping tasks and relationships at work: Examining the antecedents and consequences of employee job crafting (Doctoral dissertation, University of Pittsburgh).

Grant, A. M. (2007). Relational job design and the motivation to make a prosocial difference. Academy of Management Review, 32(2), 393-417.

Halbesleben, J. R. B. (2010). A meta-analysis of work engagement: Relationships with burnout, demands, resources and consequences. In A. B. Bakker & M. P. Leiter (Eds.), Work engagement: A handbook of essential theory and research (pp. 102-117). New York, NY: Psychology Press.

Ilies, R., Wagner, D. T., & Morgeson, F. P. (2007). Explaining affective linkages in teams: Individual differences in susceptibility to contagion and individualism-collectivism. Journal of Applied Psychology, 92, 1140-1148.

Rafaeli, A. (1989). When cashiers meet customers: An analysis of the role of supermarket cashiers. Academy of management Journal, 32(2), 245-273.

Tims, M., Bakker, A. B., Derks, D., & van Rhenen, W. (2013). Job crafting at the team and individual level: Implications for work engagement and performance. Group & Organization Management, 1059601113492421.

Wrzesniewski, A., & Dutton, J. E. (2001). Crafting a job: Revisioning employees as active crafters of their work. Academy of Management Review, 26, 179-201.

Zhou, J. (2003). When the presence of creative coworkers is related to creativity: The role of supervisor close monitoring, developmental feedback, and creative personality. Journal of Applied Psychology, 88, 413-422.

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