“Fidarsi è bene…”. Bilanciare autorità e fiducia nei progetti di outsourcing

Nei progetti complessi il governo della relazione organizzativa assume un’importanza fondamentale. Nel caso descritto, in cui una banca tedesca esternalizza lo sviluppo di un sistema informativo ad una software house indiana, il governo della relazione evolve dinamicamente dall’autorità alla fiducia. Dall’analisi emergono suggerimenti per gestire al meglio questo processo.

Introduzione

Il governo delle relazioni tra imprese è un tema economico-aziendale importante e di rilevanza crescente, legato a fenomeni molto noti come le reti  tra imprese, di cui i distretti, i consorzi, le joint venture e più in generale le partnership ne rappresentano alcuni esempi. Tra i casi di maggior interesse per gli imprenditori ed i manager in cui il governo della relazione diventa cruciale per il raggiungimento di finalità comuni vi è l’esternalizzazione (outsourcing), ovvero l’affidamento da parte di un’azienda committente (outsourcer) di una o più fasi della produzione di beni e/o erogazione di servizi ad un’altra azienda fornitrice (outsourcee). Tra i soggetti coinvolti nell’outsourcing si instaura una relazione che presuppone non solo la definizione ex ante, e spesso anche in corso d’opera, delle attività esternalizzate ma anche il loro controllo. Quando le attività esternalizzate sono particolarmente complesse ed incerte, la relazione tra i soggetti coinvolti nell’outsourcing diventa ancor più “stretta” ed assume nel tempo diverse configurazioni che risultano meritevoli di un approfondimento.

Il presente contributo presenta una ricerca condotta da Gregory, Beck e Keil, pubblicata nel 2013 dalla rivista MIS Quarterly[1], una delle più autorevoli riviste scientifiche internazionali nell’ambito della gestione dei sistemi informativi aziendali (Management Information Systems). Tale studio analizza le dinamiche di controllo organizzativo nell’ambito di un progetto di sviluppo di un software aziendale affidato in outsourcing ad una software house indiana (outsourcee) da parte di una grande banca tedesca (outsourcer). Essendo le due organizzazioni operanti in continenti diversi il caso in oggetto si configura come “offshore outsourcing”, ovvero outsourcing delocalizzato.

Nel caso in esame, outsourcer e outsourcee collaborano stabilmente per la definizione ed esecuzione delle attività esternalizzate, impiegando risorse specifiche per il raggiungimento di un obiettivo comune. Il coordinamento e il controllo delle risorse e delle attività avviene attraverso forme e modalità differenti, che si adattano alle specifiche esigenze variabili nel tempo. In particolare, gli autori hanno individuato tre diverse configurazioni di governo della relazione, ovvero (1) autoritario (basato sull’autorità), (2) coordinato (basato sul mutuo coordinamento) e (3) fiduciario (basato sulla fiducia), nonché proposto un modello integrato che tiene conto dell’evoluzione temporale del processo di controllo e dei fattori che lo influenzano.

Questa analisi sistematica è particolarmente apprezzabile e importante non solo per il suo rigore scientifico, ma anche per la sua capacità di spiegare in modo semplice ed esaustivo come e perché il governo (e quindi anche il controllo) della relazione si sia evoluto in un periodo di oltre quattro anni. Dall’analisi del caso succitato è inoltre possibile trarre delle indicazioni utili agli imprenditori ed ai manager per il governo della relazione organizzativa nei progetti complessi.

Nei prossimi paragrafi sarà introdotto il concetto di controllo organizzativo nella relazione di outsourcing, descrivendo le dimensioni che lo caratterizzano (tipo, stile e grado). Successivamente, sulla base di queste dimensioni, saranno esaminate le tre configurazioni di governo della relazione (autoritario, coordinato e fiduciario) proposte e utilizzate per l’analisi del caso di studio. Questa analisi permetterà di evidenziare l’esistenza di quattro fasi evolutive del processo di controllo organizzativo. Infine, sarà riportata una sintesi delle indicazioni proposte nello studio in esame, sottolineando le implicazioni organizzative che ci sembrano potenzialmente utili per i manager e il mondo delle imprese.

Controllo organizzativo e suo bilanciamento

Il controllo può essere definito come un processo che consente il monitoraggio e la valutazione di una determinata attività e/o dei suoi risultati. A livello individuale, esso solitamente riguarda la definizione delle regole e delle procedure che guidano il lavoratore nello svolgimento delle sue attività (controllo sui comportamenti) e/o degli obiettivi (target) che i lavoratori dovranno successivamente raggiungere (controllo sui risultati). A livello organizzativo, invece, il controllo fa riferimento ai rapporti tra le organizzazioni che operano congiuntamente per il raggiungimento di una comune finalità, come ad esempio lo sviluppo di sistemi informativi aziendali nei progetti di outsourcing e/o offshoring. Tali progetti tipicamente presentano significative criticità, come la scarsa conoscenza dei processi lavorativi e l’impossibilità di osservare i comportamenti dei singoli; questo rende spesso poco efficace l’utilizzo esclusivo di sistemi “formali” di controllo basati sul monitoraggio e valutazione dei comportamenti e/o dei risultati. Per questo motivo, tali sistemi vengono affiancati da altri, definiti “informali”, basati sulla fiducia, sulla condivisione di valori e di convinzioni.

Le precedenti ricerche sul controllo in questi contesti si sono focalizzate sia sui controlli formali che su quelli informali, investigando vari aspetti, tra i quali ad esempio i criteri di selezione, l’intensità, le interazioni, gli impatti sulle performance e l’evoluzione nel tempo. Nonostante le diverse variabili presenti nel contesto di riferimento, la loro sistematizzazione in un unico modello non è mai stata formulata in precedenza.  Al fine di superare tali limitazioni, Gregory e colleghi hanno sviluppato un modello integrato che consente una classificazione univoca delle diverse dimensioni del controllo e l’analisi di come la sua evoluzione nel tempo possa influenzare le relazioni tra client e vendor. Questo approccio olistico basato su una visione sistemica e dinamica, descrive il processo del “bilanciamento del controllo” (control balancing).

Il bilanciamento del controllo può essere definito come l’adeguamento periodico delle diverse configurazioni di controllo sulla base di alcune dimensioni, quali il tipo (control type), il grado (control degree) e lo stile (control style) di controllo, che consente un idoneo svolgimento delle attività progettuali.

Il tipo fa riferimento alle diverse tipologie di controllo, ovvero procedurale (finalizzato al miglioramento delle condizioni di efficacia ed efficienza), sociale (finalizzato allo sviluppo di credi e valori condivisi) e ibrido (entrambe le precedenti).

Il grado fa riferimento all’intensità del controllo, che può essere rigido (elevato livello di controllo in termini di ampiezza e frequenza) o rilassato (basso livello di controllo in termini di ampiezza e frequenza).

Infine, lo stile del controllo varia da unilaterale (esercitato da un attore, tipicamente il cliente) a bilaterale (entrambi gli attori esercitano il controllo basandosi su meccanismi di controllo condivisi).

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Figura n. 1 – Le tre configurazione di controllo (adattata da Gregory et al., 2013).

Il bilanciamento del controllo può essere visto come funzione di periodici aggiustamenti lungo le tre dimensioni appena descritte (tipo, grado e stile i controllo). Sulla base di queste tre dimensioni è possibile identificare tre configurazioni di controllo: autoritario (authoritative), coordinato (coordinated) e fiduciario (trust-based).

Controllo autoritario

Nella relazione tra le parti, ogni soggetto si classifica come cliente (client) o fornitore (vendor), con ognuno il proprio ruolo e responsabilità. Questo implica che il cliente definisce i requisiti e il fornitore li soddisfa. È  il cliente che in questo scenario gestisce il controllo, ed è lui che domina la relazione tra le parti. In questa configurazione il valore delle tre dimensioni si assestano solitamente su un controllo unilaterale (stile) , rigido (grado) e di tipo procedurale.

Controllo coordinato

Nella relazione tra le parti i soggetti si percepiscono come partner, piuttosto che meramente come cliente e fornitore,  e quindi hanno la necessità di coordinare le loro attività. Questo implica che le parti (cliente e fornitore) agiscono in maniera coordinata per il raggiungimento di obiettivi condivisi, cercando congiuntamente soluzioni a possibili problemi, selezionando di conseguenza i meccanismi di controllo più appropriati. In questa configurazione il valore delle tre dimensioni si assestano solitamente su un controllo bilaterale (stile)  ma comunque rigido (grado) e di tipo ibrido.

Controllo fiduciario

Nella relazione tra le parti i soggetti si percepiscono come parte integrante di un unico gruppo, basato su un alto grado di fiducia tra le parti e sulla condivisione di valori  e  con una base di pensiero comune. In questo caso il soggetto venditore eroga il servizio senza che vi sia un elevato coinvolgimento da parte del soggetto cliente, le cui attività di controllo sono molto contenute. Questo tipo di relazione si verifica in ambienti in cui i problemi possono essere risolti rapidamente, vengono spesso proposti miglioramenti relativi ai processi oggetto della relazione, e il fornitore ha un certo grado di responsabilità nel rapporto con il cliente. In questa configurazione l’enfasi sul controllo cede il posto al clima di fiducia, dove i valori delle tre dimensioni si assestano solitamente su un controllo bilaterale (stile), rilassato (grado) e di tipo sociale.

Le fasi dell’evoluzione del controllo nel caso in esame

Nel caso di studio descritto nella ricerca svolta da Gregory e colleghi, è possibile identificare quattro fasi caratterizzanti l’evoluzione del rapporto tra  la software house indiana (outsourcee) e la banca tedesca (outsourcer). Inizialmente i due soggetti hanno gestito la loro relazione attraverso un controllo coordinato (fase 1). Si ritenevano reciprocamente partner con cui condividere e coordinare le attività di business. In questa fase la relazione si sviluppò in maniera opportuna attraverso questa configurazione di controllo. Poco dopo però emersero incomprensioni dovute a differenti modalità di comunicazione e pratiche lavorative, dovute anche alle due radici culturali differenti (indiana e tedesca), portando ad un notevole grado di insoddisfazione delle reciproche aspettative. Questo scenario può essere visto come la causa scatenante il passaggio alla configurazione di un controllo autoritario (fase 2). È emersa quindi la necessità di adottare il tradizionale rapporto cliente-fornitore, enfatizzandone le caratteristiche formali, in cui la selezione e l’uso del controllo è determinato dal cliente, per cercare di ripristinare e innalzare la qualità del servizio erogato (efficienza e efficacia) da parte del fornitore. Questa configurazione generalmente migliora le performance, ma influisce negativamente sulla comprensione condivisa dell’importanza di alcuni aspetti, introducendo alcuni “gap” (gaps in shared understanding). La riflessione sulle implicazioni derivanti da questi “gap” da parte di entrambi ha portato ad un ritorno ad una configurazione di controllo coordinato (fase 3). In questa fase, mantenendo il grado di controllo rigido (maggiore rispetto alla prima fase), si è passati ad un controllo bilaterale. In realtà il passaggio da una configurazione all’altra non è stato lineare. Durante questo periodo il rapporto è passato più volte da un controllo autoritario ad uno coordinato e viceversa. In questa fase di continuo “aggiustamento” ambo le parti sono state in grado di acquisire maggiore consapevolezza l’uno dell’altro, accumulando esperienze condivise, e superando i precedenti punti di criticità. Col passare del tempo, i team di entrambe le parti, lavorando a stretto contatto, hanno avuto la possibilità di divenire consapevoli non solo delle caratteristiche professionali dei vari membri del team, ma anche delle consuetudini e di aspetti sociali (derivanti dalle diverse culture), influenzando positivamente la qualità della comunicazione. Questi aspetti (cooperare in maniera più intensa, essere sempre più consapevoli l’uno dell’altro e delle rispettive aspettative) hanno permesso di migliorare le performance, ed innescato un circolo virtuoso tra le due configurazioni di controllo. Dopo una serie di eccellenti deliverable e ottimi risultati di alcuni test, la necessità di controllo della relazione diminuì lasciando spazio ad un crescente clima di fiducia tra le parti. È in questo punto che si passa ad una configurazione di controllo fiduciario (fase 4) dove i dipendenti di cliente e fornitore si sentono come fossero parte integrante di un unico soggetto.

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Figura n. 2 – L’evoluzione delle quattro fasi del controllo organizzativo

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[toggle_item title=”LA RICERCA” active=”true”] Volendo investigare l’evoluzione nel tempo del controllo organizzativo, gli autori hanno selezionato un caso di studio che è stato osservato regolarmente per circa 4 anni, con particolare attenzione all’evoluzione nel tempo delle osservazioni. Per avere accesso sia alla prospettiva del controller che a quella del controllee, si è scelto di prendere in esame una banca tedesca che ha affidato in offshore lo sviluppo di un software ad una organizzazione IT residente in India. Tra aprile 2007 e agosto 2011 sono state effettuate 56 interviste sia nella banca tedesca che nella software house indiana. Le interviste effettuate in Germania venivano trascritte subito dopo ogni sessione sulla base degli appunti presi nel dettaglio dai ricercatori. Le interviste effettuate in India sono state invece dapprima registrate in audio e poi riascoltate e trascritte in seguito. Una tipica sessione durava circa un’ora e mezza, anche se all’inizio della ricerca ci sono state alcune interviste più lunghe, fino a tre ore, mentre nelle fasi finali della ricerca si sono avute anche sessioni più brevi, prevalentemente di verifica, di durata anche inferiore a un’ora. La raccolta e l’analisi del materiale è stata effettuata di pari passo con la metodologia della “Grounded Theory”, che ha l’obiettivo di sviluppare una teoria descrittiva del fenomeno sotto osservazione con la raccolta e l’analisi sistematica di testi attraverso interviste con domande aperte e strutturate solo in parte, in modo di lasciare spazio al libero emergere di nuovi concetti.  I testi vengono poi codificati in categorie con specifici attributi e si procede iterativamente a raccogliere nuove informazioni specificando in modo sempre più ricco e approfondito le categorie, i loro attributi e le loro relazioni, fino ad ottenere una spiegazione esaustiva del fenomeno studiato. I testi codificati delle interviste vengono completati da ulteriori fonti secondarie che permettono di comprendere più a fondo il fenomeno. Nel nostro caso le fonti secondarie erano prevalentemente i testi e le slides dei 21  rapporti trimestrali dei componenti del dipartimento IT della banca al top management sull’evoluzione del progetto, ed inoltre 8 presentazioni impiegate nelle riunioni di gestione del progetto.

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Discussione e conclusioni

La ricerca qui proposta, che ha preso in esame per oltre quattro anni un progetto di sviluppo software affidato in outsourcing da una banca tedesca ad una società di software indiana, ha evidenziato come nel caso di progetti complessi come questo, il rapporto organizzativo tra outsourcer (la banca) e outsourcee (il vendor) non è un semplice rapporto di pura esecuzione contrattuale né basato unicamente su direttive e procedure. Le forme di controllo (o meglio di gestione della relazione organizzativa) che la banca ha esercitato nel tempo nei confronti del vendor per l’esecuzione del contratto e lo sviluppo del progetto sono state sistematicamente osservate e catalogate dai ricercatori in tre possibili configurazioni: autoritario, coordinato e fiduciario. Il processo di controllo si è evoluto nel tempo in quattro fasi, prima coordinato poi autoritario poi nuovamente coordinato e infine fiduciario.

Di seguito riportiamo le principali implicazioni organizzative e alcuni suggerimenti e spunti di riflessione, per chi tra manager e imprenditori può trovarsi ad affrontare situazioni similari.

Non esiste un modo unico e ottimale di gestire la relazione. Un primo aspetto che ci sembra rilevante sottolineare di questa ricerca, e che potremmo generalizzare non solo ai contratti di outsourcing, ma a tutte le organizzazioni temporanee, è che le forme di gestione della relazione sono molteplici e nessuna di esse è ottimale di per sé. Potremmo dire che il controllo fiduciario (stile bilaterale, tipo sociale e grado rilassato) è un punto di arrivo, il controllo autoritario un punto di partenza (stile unilaterale, tipo procedurale e grado rigido), mentre il controllo coordinato una tappa intermedia (stile bilaterale, controllo procedurale-sociale, grado rigido). In realtà l’analisi del caso ci insegna che l’evoluzione nel tempo di un rapporto può segnare un percorso più complesso come quello individuato dagli autori (coordinato, procedurale, coordinato, fiduciario). La fiducia nella relazione si conquista spesso anche attraverso tentativi e ripensamenti, in cui il ricorso a forme di controllo autoritario può essere necessario per chiarificare e stabilizzare i “binari” relazionali su cui costruire il rapporto fiduciario.

Il controllo della relazione va esercitato attivamente ed esplicitamente. Un altro aspetto che ci sembra utile sottolineare è che tanto più il progetto e la relazione sembrano essere complessi e incerti, sia per la natura delle attività che per altri fattori (distanza, diversità culturali, innovazione, pressione sui risultati, ecc.), come nel caso qui esaminato, tanto meno ci si può aspettare che la relazione di outsourcing si crei e si stabilizzi in modo naturale senza essere gestita esplicitamente e attivamente. Sarà dunque necessario analizzare, pianificare e verificare quali forme di gestione (autoritaria, coordinata, fiduciaria) impiegare e in che modo metterle in atto nelle diverse fasi di evoluzione del rapporto.

E’ importante tendere verso una relazione fiduciaria. La relazione fiduciaria è quella che in ultima analisi permette di affrontare al meglio le situazioni più complesse e incerte con maggiore creatività e potenziale di innovazione. E’ quindi un punto di riferimento nel complesso evolvere della relazione, una direzione verso cui tendere eliminando gradualmente gli ostacoli e i fattori di rischio.

I requisiti progettuali e quelli relazionali possono essere in contrasto e vanno bilanciati. E’ importante tenere conto che in caso di crisi della relazione può essere a volte necessario sottrarre risorse al progetto per dedicarle alla relazione: i due aspetti vanno bilanciati anche a costo di introdurre inefficienze tecniche temporanee.

La fiducia si basa su una comprensione reciproca che richiede un investimento. Il procedere della relazione quando ben gestita dovrebbe configurare un progressivo accumulo di capitale sociale e fiduciario che si esprime in sempre maggiore capacità di comprensione e comunicazione sia tra le organizzazioni coinvolte che riguardo gli aspetti tecnici del progetto.

Scenari possibili: verso forme nuove di outsourcing come collaborazione tra imprese? Forme di outsourcing avanzate e complesse come quelle analizzate in questa ricerca mettono in luce che il contratto di outsourcing non è solo un modo per ridurre i costi e delocalizzare quando necessario. Esso può essere uno strumento organizzativo per affrontare progetti complessi in collaborazione con altre organizzazioni. A questo proposito la ricerca organizzativa ci offre ulteriori elementi di approfondimento e riflessione. Ad esempio in (Linder, 2004) si analizza l’impiego della relazione di outsourcing per acquisire competenze e conoscenze in collaborazione con il vendor, innescando un processo di apprendimento organizzativo e di trasformazione vera e propria dell’impresa che prende il nome di “transformational outsourcing”. In alcuni casi recenti analizzati in (Lacity e Willcocks, 2013), l’outsourcing di processi di business è impiegato per gestire un processo ciclico di innovazione organizzativa congiunta in collaborazione tra outsourcer e outsourcee. Allo stesso modo, in (Kaiser e Hawk, 2004) si evidenzia l’evoluzione della relazione organizzativa tra outsourcer e outsourcee da una tradizionale forma di outsourcing ad un nuovo modello, definito cosourcing. Quest’ultimo prevede la creazione di un’organizzazione “temporanea” alla quale entrambi i soggetti coinvolti destinano risorse e collaborano strettamente per lo svolgimento delle attività esternalizzate. Infine, il libro di Oshri, Kotlarshky e Willcocks (2015), giunto alla sua terza edizione, nell’affrontare con più ampio respiro la tematica dell’outsourcing e offshoring, evidenzia ed approfondisce nel capitolo nono le questioni legate al coordinamento e al controllo, e quindi al governo delle relazioni tra outsourcer e outsourcee, fornendo diversi approfondimenti e spunti di riflessione sul tema.

In questa ottica la ricerca organizzativa può non solo accrescere la consapevolezza delle potenzialità e dei risultati possibili, ma anche indicare la strada e facilitare l’implementazione di progetti complessi e innovativi sulla base delle esperienze e delle osservazioni compiute.

Bibliografia

Kaiser, K. M., & Hawk, S. (2004). Evolution of offshore software development: From outsourcing to cosourcing. MIS Quarterly Executive, 3(2), 69-81.

Lacity, M. C., & Willcocks, L. P. (2013). Outsourcing business processes for innovation. MIT Sloan Management Review, 54(3), 63-69.

Linder, J. C. (2004). Transformational Outsourcing. MIT Sloan Management Review, 45(2), 52.

Oshri, I., Kotlarsky, J., & Willcocks, L. P. (2015). The Handbook of Global Outsourcing and Offshoring (3rd Edition). Palgrave Macmillan.

[1] Gregory, R. W., Beck, R., & Keil, M. (2013): Control balancing in information systems development offshoring projects. MIS Quarterly, 37(4), 1211-1232

 

Autori

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Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza

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Università degli Studi "G. d'Annunzio" Chieti

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