La gestione delle risorse umane non è un affare per pochi. Il ruolo dei manager di line

Lo Strategic Human Resource Management è un’attività complessa che coinvolge una pluralità di stakeholder e può produrre risultati importanti per l’azienda al di là di quelli strettamente legati alla “produzione” di benessere organizzativo. La sua efficacia non è legata solo alle capacità di progettazione della Direzione Risorse Umane ma anche all’effettiva cooperazione dei manager di line nell’implementazione del bundle di azioni disegnate.

Lo Strategic Human Resource Management (Strategic HRM) costituisce un tema centrale sia per gli studiosi sia per i practitioners di gestione delle risorse umane. I recenti articoli di Jackson, Schuler e Kaifeng Jiang (2014) e di Sikora e Ferris (2014) rappresentano due importanti contributi sull’argomento, focalizzandosi, rispettivamente, sul significato di Strategic HRM in una prospettiva sistemica, e sul ruolo critico giocato dai manager di line nell’implementazione di politiche efficaci di HRM.

Jackson et al. (2014), attraverso un’analisi della letteratura organizzativa degli ultimi venti anni, rendono evidente che, sia in ambito professionale sia in quello più accademico, l’espressione Strategic HRM è tipicamente utilizzata con riferimento al rapporto di causalità esistente tra efficacia delle politiche di HRM e risultati di performance d’impresa. Presumibilmente, tale correlazione si manifesta laddove il management delle risorse umane lavori in una forte relazione di partnership con i manager di line e in sinergia con il top management aziendale, “sedendo al tavolo” in cui le decisioni strategiche sono prese effettivamente. In sostanza, i professional delle risorse umane partecipano alla definizione del quadro strategico, essendo riconosciuti come parte costitutiva della strategia aziendale.

Sebbene il significato di Strategic HRM si sia modificato nel tempo e sia caratterizzato da accezioni differenti a seconda del contesto socio-culturale di riferimento, è consolidata l’assunzione che una  concezione olistica e di sistema dello HRM, che includa un contesto di riferimento più ampio dei confini giuridici di una organizzazione, può potenzialmente produrre outcome positivi per i diversi stakeholder aziendali, al di là di quelli strettamente legati alla produzione di benessere organizzativo nel mercato interno del lavoro.

In linea con tale prospettiva, gli autori definiscono l’ambito di analisi e di progettazione dello Strategic HRM come un sistema complesso (o un insieme di sub-sistemi) costituito da tutti quegli elementi che direttamente o indirettamente sono orientati alla gestione delle persone, nonché dall’insieme delle relazioni di interdipendenza di questi elementi con il sistema organizzativo nel suo complesso, inclusi l’ambiente organizzativo interno ed esterno, e i tutti i diversi stakeholder che hanno una qualche influenza sull’efficacia dell’organizzazione, condizionandone la sopravvivenza nel lungo periodo.  Tale definizione si “scontra” con il fatto che solo raramente studi e ricerche sul tema prendono in considerazione le reciproche dinamiche con cui il sistema di HRM influenza ed è influenzato da attori e sistemi esterni all’azienda (dalle relazioni industriali allo sviluppo tecnologico) o la relazione tra politiche di HRM progettate e politiche emergenti da forme di resistenza o di negoziazione dei dipendenti.

Le relazioni d’interdipendenza che caratterizzano gli elementi di un sistema di HRM sono, dunque, estese a tutti gli attori organizzativi che attivano e modificano il sistema stesso. Questo set di attori – HR professionals, manager di line e dipendenti – sono identificati dagli autori come la “Triade dello HRM”. La visione tradizionale dello HRM guarda alla progettazione organizzativa secondo una approccio essenzialmente lineare: i professionisti delle risorse umane disegnano le politiche di HR come risposta agli obiettivi del business plan; i manager di line traducono in pratiche le politiche formali e i dipendenti reagiscono in funzione delle pratiche attivate. Questo modello è messo in crisi dalla concezione stessa di Strategic HRM: i professionisti delle risorse umane sono sempre più coinvolti nei processi di costituzione della strategia; le politiche formali sono sempre più soggette all’interpretazione dei manager che cercano di rispondere in autonomia agli stimoli di ambienti organizzativi in rapido cambiamento; e i dipendenti – soprattutto gli high talent employees –  spesso negoziano peculiari condizioni contrattuali e di lavoro.

In coerenza con la concettualizzazione richiamata, Jackson et al. (2008), costruiscono una cornice interpretativa dello Strategic HRM orientata ad una logica di “sistema aperto”. L’organizzazione è interpretata come un sistema complesso formato da elementi interconnessi, in cui ciascun elemento influenza il funzionamento del sistema nella sua totalità ed è influenzato da tutti gli altri elementi del sistema, collocato a sua volta in una forte relazione di (inter)dipendenza con l’ambiente esterno.

La figura 1 rappresenta, in chiave schematica, tale cornice, utile sia a coloro che in chiave accademica sviluppano teorie e ricerche empiriche sul topic in oggetto, sia per coloro che se ne occupano in chiave più operativa. Va messo in rilievo, preliminarmente, che gli stessi autori suggeriscono che si tratta di un modello cui si può solo “aspirare” in via ipotetica vista l’estrema difficoltà di incorporare tutti gli elementi che lo costituiscono in un’unica analisi o in uno sforzo unitario di progettazione.

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Figura 1 – La cornice interpretativa per l’analisi e la progettazione dello Strategic HRM

Gli elementi alla base del sistema di HRM nello schema proposto sono: a) la filosofia di fondo dello HRM, che comprende i valori e i principi alla base dell’approccio manageriale; b) le politiche formali di HRM, rappresentate dall’insieme delle proposizioni che identificano gli obiettivi organizzativi e che costituiscono importanti meccanismi di coordinamento e controllo dei comportamenti dei dipendenti; c) le effettive pratiche di HRM, che si configurano come l’applicazione quotidiana della filosofia e delle politiche e, infine, d) i processi sociali e tecnologici attraverso cui la filosofia, le politiche e le pratiche di HRM sono progettate, modificate o sostituite.

Gli autori, inoltre, classificano le variabili che influenzano e, allo stesso tempo, sono influenzate dallo Strategic HRM differenziando tra variabili interne (macro-obiettivi strategici, cultura organizzativa, biografia e struttura organizzativa) e variabili esterne (relazioni industriali, caratteristiche del mercato del lavoro, ambiente socio-culturale nazionale e locale, leggi e regolamenti, tecnologia). Parallelamente gli outcome imputati al sistema di Strategic HRM non sono soltanto quelli interni – più tradizionali – collegati ai dipendenti (sviluppo del capitale umano, sicurezza, benessere organizzativo) e/o al management (performance dei dipendenti, tasso di turnover, sviluppo di cittadinanza organizzativa, sviluppo di capitale sociale, flessibilità), ma anche tutti quelli legati agli stakeholder esterni: dagli investitori ai clienti, dai partner al sistema sociale e ambientale più generale.

Gli autori rilevano, quindi, il gap tra tutti gli elementi e le interdipendenze del sistema di Strategic HRM come suggeriti dal framework rappresentato e una visione “tradizionale” di HRM identificata come troppo restrittiva. In altri termini, gli studi di Strategic HRM non possono non tener conto di una  connotazione dell’organizzazione come sistema aperto, prendendo in esame le sfide (e i relativi attori) con cui, in diversi modi, le aziende sono costrette a confrontarsi, comprese l’iper-competizione, la globalizzazione e la sostenibilità ambientale e, dunque, non possono non essere influenzate e contaminarsi da aree d’interesse legate allo strategic management, all’international business, all’operations management, al service marketing e alla progettazione organizzativa.

Anche l’articolo di David Sikora e Gerald Ferris (2014) offre spunti interessanti per una riflessione sullo Strategic HRM, questa volta focalizzandosi sul ruolo e sui fattori di condizionamento dei manager di line nell’applicazione delle politiche progettate.

L’articolo parte dall’osservazione che l’efficacia delle pratiche di gestione del personale è fortemente legata al livello di impegno dei manager di line, che hanno un rapporto diretto con le risorse loro assegnate. Si sostiene che l’effettiva applicazione delle pratiche di HRM da parte di questi manager è influenzata da una varietà di fattori legati al contesto sociale e culturale, tra i quali: la cultura organizzativa, il clima, le “considerazioni politiche” e le interazioni sociali. L’impegno dei manager di line nel rendere operativo il disegno della direzione risorse umane ha, a sua volta, un impatto rilevante sul personale in termini di fidelizzazione al posto di lavoro, produttività, soddisfazione lavorativa e percezione di equità nell’applicazione delle pratiche in oggetto. L’articolo intende, dunque, dimostrare l’importanza del “livello” e delle modalità di applicazione dei sistemi di HRM di cui i manager di line sono responsabili e da cui dipendono outcome rilevanti sia a livello di singolo dipendente, sia a livello di azienda.

Va chiarito che, nell’accezione degli autori, la cultura organizzativa è definita come l’insieme degli atteggiamenti, delle norme, delle credenze, dei valori e degli assunti profondamente condivisi di un’organizzazione; in quanto tali, essi sono relativamente stabili e influenzano fortemente il sistema di governo dell’azienda e il comportamento dei suoi membri. Il clima rappresenta, invece, la percezione dell’ambiente da parte dei lavoratori: pertanto è un concetto che presuppone una variabilità nel breve periodo ma, nonostante ciò, è in grado di influenzare la visione dei manager sull’importanza e sul livello di attuazione delle pratiche di HRM. Le interazioni sociali e le “considerazioni politiche” sono interpretabili rispettivamente come la qualità dei legami tra HR manager e manager di line e la possibilità della formazione di coalizioni (tra i due gruppi di manager citati) per il mantenimento del potere e la difesa degli interessi di parte.

La letteratura organizzativa ha tradizionalmente rilevato che una strategia efficace di gestione delle risorse umane comprende tre dimensioni: l’allineamento tra la strategia del personale e gli obiettivi di business; la coerenza tra le politiche di gestione del personale; e infine il grado con cui le pratiche di gestione del personale sono attuate dai manager di line (Gratton e Truss, 2003). Numerosi studi hanno confermato l’importanza cruciale dell’applicazione delle pratiche di HRM per il conseguimento dei risultati aziendali. Gli autori richiamano precedenti ricerche empiriche che hanno dimostrato come pratiche efficaci di gestione del personale siano tipicamente correlate a miglioramenti consistenti in termini di produttività, crescita delle vendite, aumento dei profitti e fidelizzazione dei lavoratori (Huselid, 1995), nonché a risultati positivi di natura finanziaria e/o operativa (Wright et al., 2005). L’attuazione di queste pratiche ricade nell’ambito della discrezionalità dei manager di line, cosicché il grado con cui tali pratiche sono applicate varia in modo significativo: molte aziende non riescono a ottenere risultati di eccellenza proprio perché i manager di line falliscono nella realizzazione dei sistemi HRM sviluppati dalla funzione HR (Wright et al., 2001). È stato osservato che la maggior parte delle aziende riesce a implementare più efficacemente pratiche di gestione delle risorse umane di tipo “tecnico” (ovvero legate ai sistemi di ricompensa e di sicurezza, che forniscono un immediato beneficio percepito per i lavoratori) piuttosto che di tipo “strategico” (ovvero che determinano un risultato migliore per l’organizzazione nel medio-lungo periodo, come l’empowerment dei lavoratori, il teamwork oppure lo sviluppo manageriale). Tuttavia alcuni importanti outcome aziendali (come un aumento delle vendite, della produttività dei lavoratori, oppure dei margini) sono molto più sensibili all’implementazione di pratiche strategiche piuttosto che tecniche (Huselid, et al., 1997). Ed è proprio per questo che, secondo gli autori, emerge la necessità di approfondire la relazione tra HRM e performance aziendale, con particolare riferimento alle modalità e al grado di attuazione delle pratiche da parte dei manager di line.

Se da un lato la funzione di direzione del personale progetta le politiche e le pratiche ritenute più efficaci per l’organizzazione, i manager di line sono normalmente responsabili della loro applicazione, cosicché anche sistemi di gestione del personale ben disegnati possono ricevere un’attuazione inadeguata. La letteratura mette in rilevo il ruolo dei manager di line come attori chiave nell’attuazione del cambiamento strategico (Currie e Procter, 2001). Le ricerche finora realizzate hanno evidenziato come un’implementazione coordinata del sistema di pratiche di gestione del personale si traduca in un mutuo rinforzo dei loro effetti sui risultati aziendali (Bowen e Ostroff, 2004) e in un impatto positivo sulla cultura e sul clima organizzativo (Naumann e Bennett, 2000); al contrario un’inadeguata implementazione può generare atteggiamenti di reazione o di resistenza del personale. Infine, alcuni studi hanno rilevato una frequente carenza di competenze dei manager di line nell’applicazione delle pratiche di gestione del personale.

Come anticipato, l’articolo propone un modello in cui l’applicazione di pratiche efficaci di HRM è influenzata da molteplici fattori contestuali di carattere sociale e culturale che comprendono la qualità delle interazioni tra gruppi di manager, la cultura aziendale, il clima organizzativo e variabili di natura politica (la percezione di consolidare la propria posizione conformandosi agli indirizzi strategici). L’articolo ipotizza che questi fattori combinati possano influenzare la capacità, la voglia e/o la disponibilità dei manager di line di applicare in modo corretto ed efficace le pratiche di HRM progettate dall’organizzazione, impattando, in ultima istanza, su outcome importanti per il personale, quali la fidelizzazione, la soddisfazione, i livelli di performance e la percezione di giustizia procedurale.

Quando i manager di line percepiscono che questi fattori sono coerenti con le scelte disegnate dalle Risorse Umane sostenendole e valorizzandole, il loro sforzo d’implementazione aumenta; viceversa quando i fattori sociali e culturali dell’organizzazione sono scollegati dalle politiche di HRM, in qualche modo contraddicendole e svilendole anche da un punto di vista politico, allora i livelli d’impegno diventano presumibilmente inferiori.

Nel modello, il livello d’implementazione delle pratiche da parte dei manager di line è cruciale perché media la relazione tra i fattori sociali che influenzano l’atteggiamento dei manager rispetto all’applicazione dei sistemi di HRM e il benessere organizzativo del personale.

Il modello proposto dall’articolo, basato sulla social context theory, offre, dunque, un paradigma in grado di interpretare, comprendere e anticipare le decisioni e i comportamenti dei manager di line nell’applicazione delle pratiche e dei processi di HRM, evidenziando come il sistema di valori, credenze, atteggiamenti e la percezione di un elevato peso politico delle azioni che valorizzano le persone, possano orientarne una corretta implementazione.

L’articolo sviluppa una serie di proposizioni consequenziali che danno sostanza al modello e che possono essere sintetizzate come di seguito. Alcuni fattori socio-culturali sono correlati positivamente a forme più efficaci d’implementazione delle pratiche di HRM; si fa riferimento a una cultura organizzativa orientata alla valorizzazione delle persone; a un clima organizzativo favorevole all’applicazione delle pratiche in oggetto; a una politica aziendale orientata all’accountabilty; alla qualità complessiva delle relazioni tra manager delle risorse umane e manager di line. Di conseguenza esisterà una correlazione positiva tra i fattori appena citati e outcome critici per i dipendenti come il livello di commitment, la motivazione, il grado di soddisfazione sul lavoro, la percezione di giustizia procedurale e la performance organizzativa

Dunque, dal punto di vista dei pratictioners dello HR, l’articolo contribuisce a chiarire che una migliore comprensione dei fattori che impattano sul livello di implementazione delle pratiche di HRM da parte dei manager di line può rappresentare un elemento importante per i manager delle risorse umane nel progettare le politiche e le prassi di HRM. Questi fattori, di natura politica, culturale e relazionale, impattano in modo significativo sull’efficacia del bundle di azioni di HRM progettate dalla Direzione Risorse Umane e implementate dai manager di line.  In definitiva solo considerando tale bundle di azioni come parte costitutiva della strategia organizzativa si può intraprendere un percorso virtuoso di collaborazione tra gruppi di manager, nonché un processo coerente tra progettazione e implementazione delle azioni di HRM.

Bibliografia

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Sikora, D. & Ferris, G. (2014). Strategic human resource practice implementation: the critical role of line management. Human Resource Management Review, 24, 271-281.

Wright, P. M., Gardner, T. M., Moynihan, L. M. & Allen, M. R. (2005). The relationship between HR practices and firm performance: Examining causal order. Personnel Psychology, 58, 406-446.

Wright, P. M., McMahan, G. C., Snell, S. A. & Gerhart , G. (2001). Comparing line and HR executives’ perceptions of HR effectiveness: services, roles, and contribution. Human Resource Management, 40(2), 111-123.

 

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