Scendiamo dal pulpito e proviamoci. Turismo, attivismo ed imprenditorialità locale

Come si può rigenerare un tessuto imprenditoriale e commerciale vario laddove si è persa la diversità degli esercizi commerciali? Per aiutare a capire come uscire da una situazione che affligge le nostre città d’arte, come ad esempio Venezia, in cui gli esercizi commerciali per i locali vengono sostituiti da negozi per turisti, prendiamo spunto da una vicenda siciliana recente. La vicenda ripercorre la storia di un piccolo tour operator siciliano che ha aiutato molte attività imprenditoriali locali a rafforzarsi e ha permesso loro di sfuggire da una situazione economica e sociale svilente.

Introduzione

Insieme ad alcuni colleghi dell’università di Vienna mi occupo della questione delle grandi navi e, credo per l’interesse generato dalla nostra ricerca (Biscaro, Delmestri, & Raynard, 2018), mi è stato chiesto di scrivere un breve contributo sul tema del turismo, di Venezia e delle grandi navi. Mi sono quindi posto il problema di cosa raccontare per riuscire a trarre delle implicazioni manageriali o organizzative che quanto meno potessero avere un senso. Temi complicati come quello di Venezia, in cui dei cittadini cercano di riappropriarsi della loro città, intrecciano molteplici tematiche e sono molto difficili da trattare. Soprattutto, sono difficili da rendere fruibili in poche righe per riuscire a distillare alcune implicazioni. Se provassi a raccontarvi la storia nella sua interezza, non tralasciando parti importanti del problema, lo ricordereste come uno sproloquio. Immaginatevi solo che il tema è così complesso e le posizioni dei vari stakeholder così difficilmente confrontabili che chiunque di loro ha delle ragioni da vendere e un decisore non riesce a trovare misure che contemplino tutto l’arco degli interessi: una situazione che noi accademici definiamo grand challenge (Ferraro, Etzion, & Gehman, 2015). E da una situazione senza – tuttora – via d’uscita, quali implicazioni manageriali potrei avanzare?

Sarebbe più utile se vi raccontassi la storia di un manipolo di volenterosi che ha trovato il modo di opporsi ad un’organizzazione molto grande e potente che opprimeva i business locali ed ha creato le condizioni affinché questi uscissero da una situazione considerata ormai normale. La storia raccontata da Lee, Ramus e Vaccaro è ambientata in Sicilia (2018), ed ha come protagonista ‘Addiopizzo Travel’, una piccola associazione turistica, o tour operator, che nasce dal più noto movimento anti racket AddioPizzo. L’antieroe, il nemico da sconfiggere è lo status quo, in cui i business locali hanno convenienza a pagare il pizzo per non incappare in vendette cruente. L’uscita dallo status quo e la generazione di un sistema alternativo e profittevole di business è tutt’altro che scontata. È la classica storia di Davide contro Golia. Ma nonostante la sproporzione, come nel racconto biblico, Golia è stato piegato.

Vale la pena di raccontarvela per cercare di capire come problemi estremamente complessi come quelli dello svuotamento della città di Venezia e la perdita delle attività economiche tipiche di una città o forse anche la questione ‘grandi navi’ possano essere sbloccate. Ovviamente, in queste poche righe, non aspettatevi di trovare una panacea da applicare tout court. Quel che spero di offrire è uno spunto, una suggestione o una scintilla, che possa aiutare a comprendere come la situazione si possa sbloccare. Con questo scopo metterò in parallelo la situazione di Venezia con quella siciliana, ma partirò da quest’ultima ed illustrerò come Davide, ovvero gli attivisti del caso, sia riuscito a mobilitare supporto per sconfiggere Golia.

Lo status quo e l’attivismo in Sicilia

In Sicilia, Cosa Nostra, o la Mafia, ha storicamente esercitato il controllo del territorio attraverso l’attività d’estorsione – il pagamento del pizzo – che riduceva i profitti delle attività economiche locali. Se da un lato la Mafia utilizzava parte dei proventi del pizzo per garantire protezione ai business locali, dall’altro usava la violenza per scoraggiare la loro uscita dal proprio sistema protettivo (Gambetta, 2009): tristemente noto è l’omicidio di Libero Grassi, imprenditore che nel 1991 si rifiutò di pagare tributo alla Mafia. Il pizzo era una pratica talmente diffusa che difficilmente era pensabile di poter fare affari senza pagarlo. Si è calcolato che nei primi anni 2000 quasi il 90 per cento delle attività economiche siciliane pagasse il pizzo (vedi Lee et al., 2018). Questo è quindi uno status quo da cui paradossalmente alla singola attività economica conviene non uscire.

Addiopizzo nasce nel 2004. In qualche anno riesce a convincere le prime attività imprenditoriali in provincia di Palermo a non pagare il pizzo. Addiopizzo rende pubblico il problema del pizzo, lo denuncia alle autorità competenti, e offre protezione alle attività imprenditoriali attraverso l’attenzione pubblica che riesce a richiamare verso queste. Addiopizzo manifesta di fronte o addirittura presenzia all’interno degli esercizi e chiede alla Polizia di tenerli sotto controllo. Il successo, però, è limitato a poche attività nel territorio siciliano. Per aumentare la forza del movimento, nel 2009 nasce Addiopizzo Travel  (www.addiopizzotravel.it visitato il 12 luglio 2018): ‘un tour operator che propone turismo etico per chi dice no alla mafia’ e che ha l’obiettivo di coniugare l’attrattiva turistica della Sicilia con la necessità di distribuire i proventi nelle tasche di imprenditori che si sono ribellati alla Mafia. Le attività degli imprenditori partner del tour operator sono principalmente bar, ristoranti, bed&breakfast ed hotel.

Addiopizzo Travel (AT) è un vero e proprio spin-off di Addiopizzo e si identifica come una costola del movimento stesso. Dà primaria importanza alla stessa missione sociale. I valori iniziali sono quelli di sviluppare la comunità contro il racket, offrire sicurezza alle attività imprenditoriali, mostrare un lato dignitoso della Sicilia (dignità) e continuare la denuncia delle estorsioni. Coerentemente con i propri valori, le prime visite turistiche portano gruppi di viaggiatori davanti alle vetrine delle attività degli imprenditori ribellatisi alla mafia e persino all’interno di quei locali i cui imprenditori erano stati minacciati. I turisti quindi, volenti o nolenti, replicano la stesso pratica di protezione attuata in prima battuta dagli attivisti. Laddove il tour operator cerca di offrire sicurezza agli imprenditori ribelli e a non abbandonarli, non tutti i turisti riescono a comprendere il rischio a cui vengono sottoposti. Gli autori Lee, Ramus e Vaccaro riportano uno stralcio di un’intervista con un turista tedesco il quale si dice “spaventato dall’idea di andare in Sicilia con AT.” In particolare il turista non comprende il perché debba essere trattato come un attivista. Aver tradotto la missione di Addiopizzo in quella di AT senza alcun adattamento ha creato dei problemi per il tour operator, perché la domanda turistica non si riconosce in essa. Un turista, seppur responsabile, che arriva dal nord Europa, non si identifica negli stessi valori che esaltano il siciliano e lo trasformano in attivista militante.

È attraverso le interazioni coi turisti da una parte e con gli imprenditori partner dall’altra che la missione di AT si trasforma. La richiesta di una proposta turistica meno ‘in prima linea’ viene mossa sia dai turisti, scottati dal rischio ingiustificato per la propria incolumità, e dagli imprenditori preoccupati dal rafforzamento dell’immagine della Sicilia come terra pericolosa. Gli imprenditori inoltre richiedono fortemente che il tour operator li aiuti ad incrementare i loro profitti. Tra le varie richieste, AT si orienta verso la proposta di tour più eco-sostenibili, cercando di sensibilizzare i vari partner locali ad utilizzare meno plastica e contenitori usa e getta. Nella nuova proposta turistica, la sicurezza viene declinata in termini di sostenibilità ambientale: la sicurezza degli imprenditori si trasforma in sicurezza o sostenibilità (ambientale) della Sicilia. La nuova proposta fa breccia tra i turisti che apprezzano la sostenibilità ambientale, aiuta gli imprenditori che recependo un bisogno del turista aumentano la loro reputazione, ma viene ritenuta inaccettabile dagli attivisti di Addiopizzo. Questi temono che la lotta al racket passi in secondo piano e che il tour operator finisca per essere uno dei tanti dediti al turismo sostenibile. AT avverte quindi la tensione e decide di includere gli attivisti nel processo di costruzione di una nuova proposta.

In questa fase, la trasformazione della proposta e dei valori originari è profonda. Il valore di sicurezza, dopo il precedente tentativo di declinarlo sostenibilità ambientale, viene trasformato in sostenibilità tout court: ovvero la sicurezza degli imprenditori passa attraverso la garanzia che i loro esercizi possano essere profittevoli al di fuori della stretta del racket. Il valore di dignità viene declinato in bellezza. Dalle coste ricoperte di immondizia associate alla Mafia, alla bellezza del paesaggio e della cultura culinaria associate alla cura della Sicilia che cura sé stessa. Bellezza risuona molto più profondamente nell’audience turistica che riconosce ed apprezza già il termine. Dopo tutto chi non cerca la bellezza in vacanza? Anche l’ideale di denuncia al racket viene parzialmente alterato. Da elemento attivo messo in atto attraverso la presenza in prima linea dei turisti diventa passivo. Storie di denuncia, di chi ha detto di no alla mafia vengono raccontate durante i tour ed i turisti vengono lasciati liberi di attivarsi contro il pizzo. Così facendo, AT è riuscita a moltiplicare la propria capacità di attrarre turisti e a garantire profitti ai suoi partner – che nel tempo sono aumentati. Ed è riuscita a rimanere fedele al proprio ideale originale di cambiamento e supporto sociale.

Implicazioni per il cambiamento

Ci sono alcuni spunti su cui vorrei riflettere.

Il primo è che se il gruppo di attivisti fosse rimasto tale, la lotta tra mafia ed attivisti per accaparrarsi la lealtà degli imprenditori sarebbe stata impari e lo status quo sarebbe probabilmente rimasto inalterato. Da una parte la Mafia poteva garantire miglior protezione di quella che gli attivisti riuscivano ad offrire. La creazione di uno spin-off, di una costola che si è data agli ‘affari,’ ovvero Addiopizzo Travel, è stata necessaria per offrire una prospettiva economica migliore, o quantomeno alternativa, agli imprenditori che hanno così rinunciato alla protezione della Mafia.

Il secondo spunto è che le interpretazioni dei valori della missione originaria di Addiopizzo Travel sono stati in parte abdicate. I valori che mobilitano e coinvolgono gli attivisti radicati nel territorio non sono sufficienti ad affiliare altri stakeholder, ma devono essere coerenti anche con la cultura di questi per far sì che il cambiamento diventi concreto. Nel caso di Addiopizzo è stato necessario tradurre in modo meno radicale i valori iniziali dell’offerta turistica, reinterpretarli e dare a questi una parvenza che risuonasse con la cultura della domanda turistica. Se gli stakeholder esterni ad un’organizzazione non riconoscono i valori di questa e non si identificano in essi è difficile riuscire a coinvolgerli. Allo stesso modo risulta più semplice l’incontro tra domanda ed offerta quando queste hanno valori simili.

La terza suggestione è sulle modalità in cui i valori siano stati modificati. I valori non sono stati modificati all’interno di una sala di discussione o nemmeno nello studio di un attivista illuminato. La trasformazione dei valori è frutto di tentativi, fallimenti, ed interazioni sul campo. Ha richiesto azione ed ascolto. Senza azione, il cambiamento dei valori sarebbe stato inattuato e quindi inutile. Non avrebbe offerto alcuna via d’uscita concreta agli imprenditori locali. Senza ascolto invece, i valori non sarebbero stati allineati con le richieste e la cultura degli stakeholder: turisti, imprenditori partner, ed attivisti.

E nelle città d’arte come Venezia?

Partiamo da Venezia. Nella città lagunare ci sono diverse situazioni da cui è difficile uscire. Da una parte la città è immensamente ricca. Così come la Sicilia, Venezia ha una storia immensa, trasuda d’arte ed è profondamente legata all’acqua che la circonda. Dall’altra è invasa da turisti, si parla di 30 milioni di visitatori l’anno. Inoltre il tessuto urbano sta sparendo. Ne sono segno la trasformazione delle attività commerciali ed il continuo spopolamento. I negozi di vicinato si trasformano in negozi di souvenir e fast food. Le abitazioni dei veneziani diventano B&B. Ne consegue che la qualità della vita degrada e peggiora anche l’esperienza turistica.

Intervistando chi a Venezia vive e lavora, mi sono reso conto che si respira molto pessimismo. Non si sa come offrire una prospettiva nuova alla città e non si vede all’orizzonte la possibilità di guadagnare attraverso attività che non siano per turisti. Nonostante tutto, un piccolo gruppo di imprenditori e di esercizi commerciali ancora esiste. Ancora Venezia non è Disneyland, anche se qualche turiste purtroppo lo crede (Stella, 2018). È di Disneyland però la cultura dominante degli imprenditori che a Venezia associano il guadagno al turismo e così facendo modificano la natura dei propri esercizi. Ma l’associazione non tiene nel suo inverso: il turismo non è guadagno o per lo meno non lo è per molti veneziani che sono costretti all’esodo. Analogamente alla situazione siciliana, la forza d’azione c’è. Ci sono nutriti gruppi di attivisti giovani e meno giovani che vogliono riprendere in mano la città. Il turismo potrebbe esser rincanalato verso quelle attività economiche per veneziani che ancora esistono. Così facendo si ridarebbe un sapore più autentico alla visita turistica. La libreria, il calzolaio, il negozio di alimentari di ‘sestiere’ dovrebbero però aggiungere delle storie da raccontare al proprio assortimento di prodotti. Allo stesso modo anche i veneziani che realmente risiedono in città e che affittano parte della propria abitazione a turisti dovrebbero esser trattati con un occhio di riguardo rispetto a chi la casa l’affitta a turisti senza abitarci. A differenza degli ultimi, i primi vivono la città e sono necessari affinché questa rimanga tale. Così come in Sicilia, il turismo cerca una città viva, abitata e vissuta e si nutre di storie che diventano esperienze da condividere personalmente o sui social media. Queste esperienze, se conosciute e diffuse favorirebbero la ricostruzione di un’idea differente di Venezia e porterebbero visitatori e notorietà a chi le racconta. Tuttavia a Venezia, l’attivismo è ancora legato alle attività di protesta sul territorio, utili, ma non sufficienti a far riscoprire e rifiorire quei luoghi in cui Venezia è ancora Venezia. Perché ciò accada, è necessario che colui che ha più a cuore il futuro di una città misuri le proprie azioni con le richieste e le risposte di diversi stakeholder – imprenditori, turisti, forze dell’ordine, politici locali. È sporcandosi le mani e provando a fare business che Davide, contro ogni previsione, ha piegato Golia.

Ma questo non è solo il destino della città lagunare. Qui in Austria c’è la bellissima cittadina di Hallstatt che si è già trasformata in Disneyland. Sulla sua falsa riga c’è il centro storico di Salisburgo. In Italia, il centro storico di Firenze soffre di problemi simili a quelli di Venezia in cui la varietà di attività commerciali rischia di essere fagocitata dai negozi per turisti. Nonostante tutto dalla Sicilia arrivano segnali incoraggianti. Tutto sta nel conoscerli e saperli cogliere. E se aiutassero a salvare Venezia, beh, non sarebbe la prima volta che la salvezza del nord parta da sud.

References

Biscaro, C., Delmestri, G., & Raynard, M. 2018. On thin ice. Maintenance struggles around a contested practice, 34th Egos Colloquium. Tallinn, Estonia.

Ferraro, F., Etzion, D., & Gehman, J. 2015. Tackling Grand Challenges Pragmatically: Robust Action Revisited. Organization Studies, 36(3): 363-390.

Gambetta, D. 2009. Codes of the underworld : how criminals communicate. Princeton ; Oxford: Princeton University Press.

Lee, M., Ramus, T., & Vaccaro, A. 2018. From Protest to Product: Strategic Frame Brokerage in a Commercial Social Movement Organization. Academy of Management Journal.

Stella, G. A. 2018. Scusi. Sa dirmi a che ora chiude Venezia?, Corriere della sera. Milano, Italy: RCS.

 

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