Il Responsabile della Transizione Digitale negli enti locali: una posizione in cerca di attore

Introdotto nel 2017, il ruolo del Responsabile della Transizione Digitale nella PA rimane ad oggi poco definito e variamente interpretato nelle diverse amministrazioni pubbliche. Tale indeterminatezza genera pressione sulla posizione, ma lascia spazio per attività di job crafting. I risultati preliminari di un’indagine condotta sulla posizione del RTD mostrano come il job crafting abbia un impatto positivo sulla soddisfazione del lavoro, sebbene permangano criticità sulle competenze richieste per svolgere il ruolo e sul riconoscimento dell’importanza dello stesso da parte dei vertici degli enti.

Introduzione

Il Responsabile per la transizione al digitale (RTD) è una figura richiesta a tutte le pubbliche amministrazioni, introdotta espressamente nel 2017 dal Codice dell’Amministrazione Digitale, il testo unico che mira a riunire e organizzare le norme riguardanti l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione nei rapporti con i cittadini e le imprese.  Al fine di sollecitare tutte le amministrazioni a individuare un Responsabile per la transizione digitale, il 1° ottobre del 2018 è stata emanata una circolare del Ministero per la PA. Nei mesi successivi le nomine dei Responsabili per la Transizione Digitale (RTD) hanno subito un notevole incremento; ad agosto 2020 si contavano 4.909 RTD all’interno delle amministrazioni pubbliche italiane.

Come si evince dal titolo di ispirazione pirandelliana di questo contributo, possiamo osservare come, nonostante le indicazioni fornite dal Codice dell’Amministrazione Digitale sulla posizione del RTD, chi in questi anni si è trovato investito di tale ruolo sia ancora alla ricerca di una definizione precisa dello stesso. Questo ruolo si inserisce spesso su posizioni pre-esistenti, andando ad aumentare il carico di lavoro di coloro che lo ricoprono e ponendo delle sfide al mantenimento del benessere dei lavoratori e del loro livello di stress lavoro-correlato.

Da un punto di vista più ampio, le numerose riforme della PA degli ultimi decenni hanno, infatti, generato un incremento delle richieste organizzative sui compiti delle diverse posizioni organizzative (Audenaert et al. 2019) facendo emergere la necessità, da parte dei lavoratori nella PA, di adattarsi proattivamente ai loro compiti. Questo incremento di richieste lavorative, all’interno di un contesto in cui le risorse rimangono scarse, rischia di avere un impatto negativo sul benessere dei lavoratori (Jung, 2014).  Negli ultimissimi anni, e soprattutto nel 2020, molti autori hanno pubblicato sulle riviste scientifiche specializzate sulla Pubblica Amministrazione contributi che si occupano di analizzare come i dipendenti della PA stiano affrontando le diverse fonti di pressione sul compito attraverso il job crafting. Esso infatti, in un contesto di questo genere, potrebbe aiutare a mitigare gli effetti negativi delle elevate richieste del job sul benessere dei lavoratori (Wrzesniewski e Dutton, 2001). Attraverso il job crafting, definito come “the physical and cognitive changes individuals make in the task or relational boundaries of their work” (Audenaert et al., 2020, p. 370), il lavoratore ridisegna in maniera proattiva il suo job e per questo differisce da un altro fenomeno legato all’elevata pressione lavorativa, il c.d. behavioural coping che riguarda invece le modalità con cui il lavoratore traduce e trasferisce lo stress sulle attività che coinvolgono gli utenti (Tummers et al., 2015).

All’interno del modello Job Demands-Resource (JDR), proposto inizialmente da Demerouti ed i suoi colleghi nel 2001, e poi largamente ripreso ed integrato da molti studiosi, un basso livello di benessere organizzativo può essere la conseguenza di elevate richieste del compito combinate con scarse risorse del job (Bakker et al., 2005). Dal momento che il job crafting fa riferimento agli sforzi che i lavoratori intraprendono in autonomia per bilanciare le richieste e le risorse del job alle proprie preferenze, necessità e capacità (Tims e Bakker, 2010), esso costituisce una pratica da incentivare anche nella PA, dove le richieste e le risorse del job sono prevalentemente caratterizzate dal contesto normativo e dalle limitazioni in termini di budget.

Molti studi hanno dimostrato come il job crafting, oltre ad avere un impatto positivo in generale sul benessere organizzativo dei lavoratori, sostenga anche altri aspetti più specifici e sempre fondamentali per le organizzazioni, quali la soddisfazione sul lavoro, il commitment organizzativo, la prontezza al cambiamento e la salute psicologica del lavoratore (Bakker et al., 2012; Petrou, et al., 2012; Tims et al. 2013).

Questa ricerca si propone di analizzare, tra le altre cose ed attraverso un’indagine preliminare ed esplorativa, la diffusione delle pratiche di job crafting nelle amministrazioni pubbliche, con particolare riferimento al Responsabile per la Transizione Digitale. Viene analizzato anche il ruolo di alcuni fattori di contesto e sociali sul posto di lavoro, in modo da poter capire se e come il job crafting sia legato alla soddisfazione nel ruolo dei soggetti chiamati a guidare la transizione digitale nei comuni italiani.

Oltre 150 RTD di enti locali italiani hanno risposto ad un questionario volto ad esaminare, oltre alle pratiche di job crafting, il profilo degli RTD in termini di genere, età, formazione e anzianità di lavoro nella PA e la percezione degli stessi relativamente alle competenze richieste a chi occupa questa posizione così cruciale nella digitalizzazione del Paese.

Il Piano triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione

L’importanza del RTD è ribadita anche nel Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, documento-guida per la trasformazione digitale del Paese e lo sviluppo dei sistemi informativi delle PA. Tutte le ultime tre edizioni del Piano Triennale richiamano esplicitamente importanza e funzione del RTD.

L’edizione 2017-2019 del Piano, nel Capitolo 10 “Gestione del cambiamento” sottolinea la necessità di velocizzare il processo di nomina dei RTD da parte delle amministrazioni, definendo questo passaggio “un adempimento necessario e improrogabile”.

L’edizione successiva, 2019-2021, al Capitolo 11 “Governare la trasformazione digitale” elenca un insieme di azioni atte a rendere più efficace il ruolo del RTD all’interno di ogni amministrazione pubblica, quali ad esempio:

  • lo sviluppo di un processo di interazione e scambio tra i RTD, al fine di favorire il confronto, la diffusione delle best practice e la condivisione di conoscenze e di progettualità;
  • la promozione di processi di coordinamento tra enti pubblici per ciò che concerne le azioni introdotte per la transizione digitale.

Per raggiungere tali obiettivi, il Piano indica ai RTD due specifiche azioni:

  • la costituzione di una rete di RTD, ossia un punto di riferimento permanente capace di supportare le amministrazioni nell’attuazione degli obiettivi di transizione al digitale previsti dal Piano Triennale;
  • una serie di iniziative della rete di RTD, per promuovere attività di formazione su competenze digitali specialistiche e trasversali, la sensibilizzazione e la diffusione delle migliori best practice, studi e modelli applicativi.

L’ultima versione, 2020-2022 nel Capitolo 8 “Governare la trasformazione digitale” indica il consolidamento del ruolo del RTD come una delle quattro “leve” fondamentali per l’innovazione delle PA e dei territori.

Il ruolo del RTD

La figura del Responsabile per la transizione al digitale (RTD) è una delle novità più rilevanti introdotte con gli interventi di modifica al Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) e rappresenta il principale interlocutore dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il monitoraggio e il coordinamento delle attività di trasformazione digitale degli enti in cui è nominato.

Il Responsabile dell’ufficio per la transizione al digitale deve, quindi, essere in possesso di adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali.

Nello svolgimento dei suoi compiti, il RTD risponde direttamente all’organo di vertice politico e al vertice amministrativo dell’ente. Questa previsione normativa colloca il RTD in un ruolo gerarchicamente superiore a ogni altro funzionario e dirigente per ciò che concerne l’attuazione di tutte le iniziative dell’amministrazione legate al digitale. Come chiarito da AgID, al RTD sono affidati poteri di coordinamento e impulso nei confronti di tutti i dipendenti dell’organizzazione nella realizzazione degli atti previsti dal Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione, in quanto deve essere trasversale a tutta l’organizzazione, in modo da poter agire su tutti gli uffici e aree dell’ente.

Il job crafting nella Pubblica Amministrazione

Partendo dalla definizione di job crafting data in precedenza – e cioè che esso consiste in una serie di cambiamenti fisici e cognitivi che gli individui apportano ai loro compiti o alla dimensione relazionale del loro lavoro – possiamo evidenziare, in accordo con Buonocore ed i suoi co-autori (2020), come il job crafting, nello specifico, consista nella manipolazione del job per renderlo più adatto alle inclinazioni naturali del lavoratore da almeno tre punti di vista:

  • ampliando la dimensione del job aggiungendo uno o più compiti (dimensione fisica);
  • sviluppando la rete relazionale creando relazioni di qualità con colleghi, superiori e clienti (dimensione relazionale)
  • modificando la natura cognitiva del job interpretandolo in maniera più positiva (dimensione cognitiva).

Le attività di job crafting, ed in particolare il loro impatto sul benessere lavorativo degli individui, possono essere colte in maniera efficace collocando tali pratiche nella cornice del modello Job Demands-Resources (JDR) sviluppato inizialmente per analizzare gli effetti dell’organizzazione del lavoro su stress e burnout in ambito sanitario (Demerouti et al., 2001), ma poi esteso con successo ad altri contesti ed integrato con ulteriori misure di outcome, come i già citati commitment organizzativo e soddisfazione sul lavoro.

Il modello JDR legge il benessere del lavoratore come il risultato di due gruppi di condizioni lavorative: le richieste del job da un lato e le risorse offerte dallo stesso al lavoratore dall’altro.

Le richieste del job includono tutti gli aspetti fisici, sociali ed organizzativi che richiedono sforzi fisici o mentali e sono dunque associati a costi fisiologici e psicologici, come ad esempio una forte pressione sui risultati o un carico di lavoro eccessivo che possa anche generare conflitto con la vita privata.

Le risorse offerte dal job, invece, consistono in tutti gli aspetti fisici, sociali ed organizzativi che possono essere funzionali al raggiungimento degli obiettivi lavorativi, ridurre le richieste del job ed i costi ad esse associate e stimolare la crescita personale del lavoratore. Esempi di risorse si possono trovare a diversi livelli organizzativi: la sicurezza del posto di lavoro e le opportunità di carriera (livello organizzativo); buone relazioni con colleghi e superiori, clima all’interno del gruppo di lavoro (livello interpersonale); chiarezza nella definizione del ruolo e partecipazione al processo decisionale (livello di organizzazione del lavoro); e, infine, autonomia, possibilità di avere un feedback sul proprio lavoro, significatività della mansione svolta a livello di compito organizzativo.

Le risorse offerte dal job hanno un potere motivazionale ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica, così come, per contro, le richieste tendono ad avere effetti negativi sulla motivazione.

All’interno del modello JDR, il job crafting si può inserire con modalità diverse, in base a quali aspetti, tra richieste e risorse, il lavoratore si dedichi a manipolare: potrebbe ad esempio aumentare il livello delle risorse (chiedere supporto ai colleghi o ai supervisori, seppur non previsto dalla sua posizione), diminuire quello delle richieste (evitare o limitare relazioni sul posto di lavoro emotivamente impegnative), aumentare il supporto sociale (chiedendo consiglio a colleghi e superiori), ma anche – in determinate circostanze – aumentare il livello delle domande, come nel caso in cui un lavoratore trovi più stimolante e motivante svolgere compiti complessi, anziché semplici e routinari.

Uno dei fattori che ha un impatto rilevante sulle possibilità e sull’ampiezza di manovra del job crafting è il contesto organizzativo di riferimento. Alcune caratteristiche del lavoro nella Pubblica Amministrazione si collocano nell’area delle risorse, come la sicurezza del posto di lavoro e, in alcuni casi, la progressione quasi automatica di carriera, tuttavia la letteratura concorda sul fatto che, nel contesto pubblico, ci sia una generale scarsità di risorse, intese nell’accezione del modello JDR, mentre si assista ad una crescente mole di richieste del job, come quelle generate dalla transizione digitale.

Alcune ricerche, poche per la verità, come la recentissima a cura di Handke e colleghi (2020) e la già citata della collega Buonocore, vedono la diffusione delle ICT e delle competenze digitali come ulteriori risorse per i lavoratori in quanto potenzialmente in grado aumentare la flessibilità e l’autonomia delle posizioni. Vi sono tuttavia, soprattutto nel settore pubblico, le condizioni perché – al contrario – esse si collochino tra le richieste del job, soprattutto in contesti in cui l’adozione delle ICT e la digital literacy siano a livelli base. E’ il caso dell’Italia: il Digital Economy and Society Index (DESI) elaborato dalla Commissione Europea al fine di individuare il livello di digitalizzazione degli Stati membri, fornisce dati in grado di fotografare chiaramente il grado di digitalizzazione italiano e le competenze ad esso connesse. Per ciò che riguarda il capitale umano, l’Italia con il 44% degli individui tra i 16 e i 74 anni che possiede competenze digitali di base si piazza al 26º posto fra gli Stati membri dell’UE e si trova quindi ben al di sotto della media UE al 57%.

Tornando al job crafting, un elemento che assume particolare rilevanza nella PA è il supporto sociale (Audenaert et al., 2020), che gioca un ruolo chiave nel ridurre le richieste del job e compensare la mancanza di risorse. È dunque lecito attendersi che lavoratori che percepiscono un alto livello di supporto sociale da parte di colleghi e superiori tendano a mettere in atto comportamenti proattivi per fronteggiare ambienti di lavoro percepiti come non adeguati e quindi ad adottare strategie volte a migliorare e ridefinire i confini dei loro compiti, come appunto il job crafting.

Risultati

L’analisi delle risposte finora raccolta dai RTD permette di delineare il grado di competenze dichiarato rispetto alle funzioni previste dal Codice dell’Amministrazione Digitale. Le competenze ad oggi più critiche sono l’informatica giuridica e le conoscenze tecnologiche, tuttavia in generale il livello di conoscenze non appare adeguato al ruolo dato che si assesta a malapena su un livello medio di 3 su 5. Emerge, inoltre, una netta differenza di competenze a seconda dell’età: gli RTD più giovani dichiarano competenze decisamente maggiori rispetto ai colleghi più anziani (nella tabella sono riportati solo le due classi demografiche più emblematiche al riguardo), tuttavia i RTD con più di cinquant’anni sono la maggioranza assoluta dei rispondenti. Si riportano di seguito il livello medio di competenze dichiarate e il focus su due classi anagrafiche particolarmente significative.

Tipologia di competenza dei RTD Età
  Media 30-39 anni Oltre i 50 anni
Competenze manageriali 3,14 3,82 3,07
Soft skills 3,17 3,71 3,04
Informatica giuridica 2,43 3,06 2,31
Conoscenze tecnologiche 2,95 3,9 2,8

Tabella n. 1 -Competenze per età

Figura n. 1 –Raffronto tra competenze possedute e fasce d’età

 

I risultati preliminari della ricerca mostrano inoltre come il 60% degli RTD sia impegnato in attività di job crafting, in particolare quelle che riguardano l’incremento delle risorse legate al job, la ricerca del supporto sociale e l’incremento di richieste sfidanti e motivanti. Tali attività di job crafting vengono portate avanti principalmente da coloro che valutano soddisfacenti le proprie competenze pregresse, sia manageriali sia informatiche, e che lavorano in contesti organizzativi con un buon grado di digitalizzazione.

Uno degli aspetti più interessanti di queste analisi è che l’attività di job crafting è significativamente correlata alla soddisfazione sul lavoro: il 62% dei rispondenti dichiara che la sua soddisfazione sul lavoro è aumentata da quando ha assunto il ruolo di RTD, percentuale che sale all’80% tra coloro che sono impegnati in attività di job crafting.

Di rilievo sono anche le caratteristiche del job in termini di richieste e risorse, in ottica JDR, per il loro impatto sulle attività di job crafting. Queste ultime, infatti, sono portate avanti in contesti in cui le risorse a disposizione del lavoratore sono significative, dunque la posizione garantisce elevata autonomia, fornisce un significativo supporto sociale ed opportunità di sviluppo professionale. Le richieste del job, e quindi l’eccessivo carico di lavoro ed il conflitto vita lavorativa/vita privata, invece, sono fattori che non favoriscono le attività di job crafting. Quest’ultimo, non si configura come risorsa nella misura in cui non aiuta a superare l’impatto negativo sulla soddisfazione del conflitto vita lavorativa/vita privata e dell’eccessivo carico di lavoro.

Analizzando altri elementi del contesto organizzativo entro cui si devono muovere i RTD emergono dati poco confortanti: solo un rispondente su tre ha dichiarato che il proprio ente ha investito in formazione per il proprio referente per la trasformazione digitale e quasi in un comune su due (47%) il vertice politico non attribuisce importanza alle funzioni del RTD. 

Conclusioni

Nel processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana il ruolo del Responsabile Transizione Digitale gioca e giocherà un ruolo fondamentale. I risultati preliminari dell’indagine svolta per comprendere come i RTD stiano operando restituiscono un quadro con luci ed ombre ed evidenziano come la posizione del RTD sia ancora in cerca di attori in grado di svolgere il ruolo in maniera efficace.

Lo studio della figura del RTD comporta un notevole interesse sia perché di stretta attualità – la pubblica amministrazione infatti non può che intraprendere convintamente la strada della digitalizzazione – sia perché particolarmente utile a capire come e con che risultati in contesti estremamente burocratici le persone possono implementare azioni di job crafting.

Per quanto concerne il primo aspetto emerge ancora una certa inadeguatezza a livello strategico e di competenze a pensare alla trasformazione digitale come sfida cruciale per il futuro della PA. Va sottolineato, tuttavia, come vi siano anche iniziative in grado di influire positivamente sull’affermazione e sull’efficacia della figura del RTD. Ad esempio, la conferenza permanente dei RTD appare un’iniziativa estremamente interessante che, se ben sviluppata, potrà rivelarsi come un’opportunità di formazione, di confronto e di crescita in grado di costituire una vera e propria comunità professionale.

Riguardo alle pratiche di job crafting relativamente a questo ruolo emergente nelle amministrazioni pubbliche, i risultati preliminari evidenziano come, soprattutto nei contesti più fertili in termini relazionali e di maturità digitale, il job crafting contribuisca a migliorare il benessere e la soddisfazione sul lavoro dei RTD e si accompagni a uno sviluppo delle competenze e a performance migliori.

In un contesto come quello della pubblica amministrazione italiana dove sovente è difficile proporre incentivi economici significativi e adottare forme organizzative flessibili, potrebbe rivelarsi vincente la scelta di promuovere, o quantomeno non ostacolare, pratiche di job crafting congiuntamente a investimenti convinti nel campo della formazione. Le competenze necessarie oggi per una pubblica amministrazione che sta percorrendo il percorso della trasformazione digitale sono certamente competenze tecniche e informatiche, ma servono al contempo competenze comportamentali e manageriali non sempre presenti o innate. Nelle amministrazioni pubbliche la reale traduzione delle strategie deliberate in effettivo cambiamento è strettamente connessa al valore delle risorse umane e alla convinta individuazione delle persone quali agenti del cambiamento (Adinolfi, 2012; Costa, 2009). Di conseguenza è fondamentale un investimento costante nella formazione che permetta di trasmettere conoscenze e logiche gestionali specificatamente relative alla trasformazione digitale, ma anche alla capacità di adottare soluzioni flessibili e di rimettere in discussione prassi consolidate quali, ad esempio, le definizioni precise e rigide dei job nella PA.

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