Insegnare organizzazione in Italia: l’indagine ASSIOA

INTRODUZIONE: L’UNIVERSITÀ COME SCUOLA

A volte si ha quasi la sensazione che, nel mondo dell’Università, la didattica sia considerata, di fatto, come una attività poco più che residuale. Sappiamo infatti che la recente pressione istituzionale sulla qualità della ricerca è diventata molto forte. Di conseguenza, la didattica tende a non essere più al centro dell’attenzione. Peraltro, anche quando si parla di qualità della didattica, si fa spesso riferimento ad aspetti in gran parte procedurali e formali, e poco sostanziali. In questo contesto, il rischio è di dimenticarsi che l’Università è anzitutto una Scuola. Un luogo in cui si producono le fondamenta culturali, motivazionali e professionali dei futuri dirigenti, imprenditori, tecnici, scienziati, manager, operatori di tutti i settori e livelli. Dobbiamo ricordarci che l’Università come Scuola ha un impatto decisivo per il futuro di un Paese. E che la natura di tale impatto dipende precisamente dalla didattica, intesa in senso lato: cosa insegnamo, come insegnamo, come la didattica si relaziona con il mondo del lavoro e della ricerca, e che tipo di esperienza di crescita personale e di sviluppo professionale i nostri studenti vivono durante il loro percorso accademico.

Non vi è dubbio che dovremmo preoccuparcene molto di più, specialmente in Italia. Non perché nella nostra Università la qualità della didattica sia bassa, tutt’altro. Ma perché è un tema di tale importanza che non deve essere mai trascurato, mai portato in secondo piano. Non bisogna mai smettere di tentare migliorare, di aumentare quell’impatto positivo che l’Università come Scuola può avere sul presente e sul futuro del Paese. Per esempio, dovremmo come minimo preoccuparci, piuttosto seriamente, del fatto che l’Italia è in fondo a tutte le classifiche riguardanti il numero di iscritti ai corsi di laurea universitari. Il problema dell’impatto è infatti anche quantitativo, oltre che qualitativo. Si tratta non solo di mantenere o aumentare la qualità e la rilevanza delle competenze che l’Università riesce a formare, ma si tratta anche di aumentarne la loro diffusione, cioè il “quantum” di capitale umano altamente qualificato di cui il nostro sistema economico e sociale può disporre.

Per tutte queste ragioni ASSIOA, l’Associazione Italiana di Organizzazione Aziendale, già nel suo primo anno di vita ha deciso di lanciare una indagine sulla didattica rivolta ai propri associati, i docenti e ricercatori italiani di Organizzazione Aziendale. ASSIOA intende così creare una sorta di osservatorio al fine di fornire alla propria comunità una base dati per poter riflettere e confrontarsi: evidenziare punti di forza e, ancor più, identiifcare punti di criticità e aree di miglioramento, per poi immaginare iniziative finalizzate a contribuire positivamente al ruolo strategico dell’Università come Scuola.

E’ bene sottolineare che l’insegnamento dei temi organizzativi costituisce un punto di vista particolarmente interessante. Lo è per una semplice ragione: le competenze organizzative, intese in senso lato, sono tra le più trasversali esistenti nel campo accademico, specialmente se si pensa agli sbocchi lavorativi degli laureati. Capacità quali quella di identificare e risolvere problemi relativi all’organizzazione del lavoro, alle strutture e alle forme organizzative, ai processi organizzativi, alla gestione delle persone, costituiscono competenze rilevanti in qualsiasi ruolo e responsabilità, dai ruoli politici a quelli manageriali e dirigenziali di ogni livello, e qualsiasi settore, dal privato al pubblico, dalla produzione ai servizi, dalla “vecchia” alla “nuova” economia. E riguarda non solo il personale addetto alla gestione e all’amministrazione, ma riguarda spesso anche i tecnici e gli operativi, di ogni provenienza e specializzazione. In altre parole, l’impatto che i docenti di organizzazione possono avere sulla qualità del “capitale umano” di un Paese è, potenzialmente, davvero significativo e pervasivo, e il fatto che gli insegnamenti di organizzazione si trovino quasi esclusivamente in corsi di laurea di tipo economico o manageriale costituisce già in sé un dato, come vedremo tra breve, su cui è opportuno riflettere. Dunque, vale davvero la pena indagare il campo.

L’INDAGINE ASSIOA SULLA DIDATTICA

In questo articolo propongo un breve rapporto sui risultati dell’indagine ASSIOA sulla didattica. I temi affrontati nell’indagine sono in realtà numerosi, e il questionario proposto ai docenti è stato articolato in molti interrogativi. In questa sede dunque non è possibile affrontarli tutti, e mi focalizzerò solo su alcuni, selezionando i più importanti o quelli sui quali sono emersi risultati interessanti o inattesi. Inoltre, mi asterrò dal proporre commenti o interpretazioni, se non per quel minimo necessario ad aiutare il lettore nella comprensione dei dati stessi. Lo scopo, in questa sede, non è proporre chiavi di lettura ma semplicemente fornire un quadro di partenza che, auspicabilmente, potrà innescare nella comunità interessata una riflessione e un dibattito.

Anzitutto, un paio di note metodologiche. Da un lato, è bene tenere presente che il quadro illustrato è, al momento, statico. ASSIOA intende riproporre periodicamente l’indagine, al fine di costruire nel tempo dati tendenziali e dinamici. Qui relazioniamo sul primo passo, il primo “fotogramma”, e dunque è impossibile stabilire ad oggi una “direzione” del cambiamento. D’altro lato, occorre anche considerare che i dati presentati hanno, al momento, una valenza meramente descrittiva. Se il tasso di risposta è stato molto soddisfacente, e dunque si tratta di un quadro che ben rappresenta il panorama nazionale della disciplina, in questa sede ci limitiamo comunque a una mera descrizione della base dati, lasciando alla riflessione condivisa l’approfondimento sui significati, sulle interpretazioni, sulle relazioni tra temi e variabili, sulle implicazioni pratiche e concettuali.

Infine, da un punto di vista “anagrafico”, notiamo che l’indagine ha raccolto 113 risposte, ossia circa il 73% sul totale soci ASSIOA, in rappresentanza di 47 Università italiane. I Professori Associati sono il 45% circa dei rispondenti, i Ricercatori il 27%, i Professori Ordinari il 18%, Docenti a contratto e Assegnisti circa il 10%.

LA COLLOCAZIONE DEGLI INSEGNAMENTI

Un primo dato generale che emerge dall’indagine è che gli insegnamenti organizzativi sono in larghissima maggioranza collocati in classi di laurea di area economico-aziendale. Il che è facilmente comprensibile, da un lato, ma dall’altro non sembra valorizzare appieno quel valore trasversale della disciplina di cui si diceva sopra. Un altro dato interessante è che sia sui corsi triennali, sia nei corsi magistrali, gli insegnamenti organizzativi sono in maggioranza collocati negli ultimi anni di corso. Il terzo anno, nel caso della triennale (nel 28,2% dei casi, collocazione che è la più frequente in assoluto) e il secondo anno nel caso della magistrale (nel 24,2% dei casi). Decisamente meno frequente è la collocazione nei primi anni (addirittura raro nel caso della triennale, solo il 7,7% dei casi). Sembra dunque emergere l’idea che la disciplina organizzativa richieda un certo grado di maturazione da parte degli studenti. Nel complesso, c’è un equilibrio tra presenza nei corsi triennali e magistrali (rispettivamente nel 46% e nel 51% dei casi, mentre nel rimanente 3% sono stati segnalati insegnamenti nei corsi di dottorato).

La didattica si svolge in lingua inglese nel 19% dei casi, mentre per il rimanente 81% si tratta di insegnamenti in italiano. Su quest’ultimo punto sarà interessante verificare se, e quanto rapidamente, nei prossimi anni si diffonderà l’inglese come lingua di insegnamento.

CONTENUTI E METODOLOGIA DI INSEGNAMENTO

L’indagine ha riguardato anche i contenuti degli insegnamenti, rivelando con un buon livello di dettaglio la gamma di tematiche affrontate dai docenti. Si tratta di una varietà significativa, che riflette la natura intrinsecamente variegata della disciplina. Si va infatti da temi classici di teoria e di progettazione organizzativa (rispettivamente nel 53% e nel 51% dei casi), di gestione delle risorse umane, nelle varie articolazioni e specificazioni (nel 33% dei casi), fino a temi riconducibili al comportamento organizzativo (nel 42% dei casi), fino a temi che solo più di recente sono emersi come rilevanti, quali per esempio, il benessere organizzativo.

Va anche segnalata la presenza, limitata ma comunque interessante, di alcuni insegnamenti che, pur rientrando nell’ambito della disciplina, riguardano settori o ambiti specifici. Per esempio, il settore turistico, quello della sanità, il settore pubblico, il non profit, le piccole e medie imprese, le imprese multinazionali. E’ una presenza interessante ma ancora limitata, il che indica che la disciplina è tuttora vista in gran parte come un bagaglio di conoscenze trasversali, applicabili a tutti i contesti, ma al tempo stesso si presta anche a una focalizzazione specifica. Sarà interessante verificare nei prossimi anni se vi sarà o meno una tendenza all’aumento di questa presenza di insegnamenti “specialistici”.

Tuttavia, il quadro delle tematiche diventa più chiaro se separiamo gli insegnamenti triennali da quelli magistrali. Sembrano infatti emergere differenze significative. Se consideriamo l’ambito triennale, ci accorgiamo che il focus dei docenti sembra essere piuttosto orientato a temi relativi alla progettazione organizzativa, alle forme e alle strutture organizzative, alla teoria organizzativa e alle modalità di coordinamento e controllo. Il grafico sottostante elenca le tematiche ordinate, per l’appunto, per l’importanza relativa nel caso dei corsi triennali (barre in giallo), mentre le barre in azzurro indicano la presenza delle stesse tematiche nei corsi magistrali. Come si vede vi sono differenze significative.

Al contrario, il grafico successivo presenta gli stessi dati ma ordinati per importanza nei corsi magistrali (barra azzurra). Si nota in questo caso che il focus si sposta decisamente verso temi legati alla gestione delle risorse umane e al comportamento: temi appunto quali il comportamento organizzativo, la leadership, la gestione delle risorse umane, la motivazione, l’organizzazione del lavoro, la cultura organizzativa sono i più frequentemente affrontati nelle lauree magistrali.

Vale anche la pena notare che non vi sono differenze apprezzabili, nei temi affrontati, rispetto alla seniority dei docenti. Vi sono invece alcune differenze interessanti se si incrociano i dati relativi ai contenuti con quelli relativi al grado di soddisfazione da parte dei docenti sull’esito della loro attività didattica. Su questo aspetto vedremo elementi di maggiore dettaglio nelle prossime pagine, ma già possiamo vedere, utilizzando un indice di soddisfazione generale (vedremo poi che vi sono dati anche più dettagliati su questi aspetti), che tale soddisfazione appare decisamente superiore nel caso di temi riconducibili al comportamento organizzativo e alla gestione delle risorse umane, mentre si riduce drasticamente nel caso di temi riconducibili alla progettazione e alla teoria organizzativa. Questo dato va tuttavia considerato con un pizzico di cautela, perché la correlazione tra collocazione degli insegnamenti (triennali e magistrali) e i contenuti non consente di asserire con certezza se questa differenza di “performance” sia riconducibile ai diversi contenuti, alla diversa collocazione, o a entrambi gli elementi.

Una breve considerazione sull’integrazione tra didattica e ricerca. Nella grandissima maggioranza dei casi (circa l’85%) i docenti hanno dichiarato di integrare nei propri insegnamenti i propri temi di ricerca, almeno occasionalmente o talvolta anche in modo esteso.

Molto interessanti anche i dati sulle metodologie didattiche. Da un lato, la grande maggioranza dei docenti dichiara di cercare un equilibrio tra parte teorica e parte “pratica” o applicativa (il 71%), mentre pochi dichiarano di adottare un approccio più orientato alla teoria (il 15%) o più orientato alla pratica (il 10%).

Forse ancora più interessante è l’evidente sforzo che i docenti vanno compiendo nella direzione dell’innovazione dei metodi di insegnamento. Il grafico seguente mostra la percentuale di docenti che hanno dichiarato di utilizzare le diverse tecniche di insegnamento.

Se è vero, come del resto era facilmente prevedibile e, per molti aspetti, inevitabile, che la grande maggioranza di docenti ricorre alla lezione frontale tradizionale (91%), vale la pena notare la varietà di metodologie meno tradizionali utilizzate in una percentuale di casi significativi. Dal role playing all’experential learning, dalla discussione seminariale alla flipped classroom, è abbastanza chiaro che vi è uno sforzo diffuso di affiancare le metodologie tradizionali a tecniche più innovative, finalizzate a vivacizzare la classe ed aumentare gli stimoli e le sollecitazioni fornite agli studenti. Vale anche la pena notare che ben il 74% dei docenti utilizza le testimonianze (manager o imprenditori ospiti, per esempio, che raccontano del loro vissuto professionale agli studenti) quale strumento didattico. Ci pare un dato davvero importante, anche perché può certamente aiutare ad aumentare la percezione degli studenti di come e quanto i contenuti delle lezioni siano rilevanti e pertinenti con il mondo del lavoro.

LA VALUTAZIONE DEGLI ESITI DELLA DIDATTICA

L’ultimo, fondamentale capitolo dell’indagine riguarda la valutazione degli esiti della didattica. In questa prima indagine il focus si è concentrato principalmente sulla soddisfazione dei docenti, articolata in tre aspetti differenti, ovvero: la soddisfazione sulle votazioni ottenute dagli studenti; la soddisfazione relativa al grado di partecipazione e di coinvolgimento degli studenti; la soddisfazione sull’apprendimento. Inoltre, è stato chiesto quali fossero le metodologie utilizzate per le prove d’esame. Vediamo i principali risultati.

Complessivamente, la soddisfazione dei docenti è piuttosto buona. Per quanto riguarda ciascuna delle tre articolazioni (voti, coinvolgimento, apprendimento) la percentuale di docenti che ha dichiarato di essere “soddisfatto” o “molto soddisfatto” è attorno all’80%, con differenze minime. Vi sono tuttavia differenze per quanto riguarda la percentuale di coloro che si dichiarano “molto soddisfatti”. Il miglior risultato si ottiene per quanto riguarda la partecipazione degli studenti, con il 48,4%. Segue la valutazione sui voti con il 36%, e infine l’apprendimento con il 28,7%. Pur ribadendo che l’aggregazione tra queste valutazioni di elevata soddisfazione con quelle di soddisfazione si arriva comunque a circa l’80% dei docenti in ciascuno dei tre casi, si tratta comunque di differenze apprezzabili. Si può dire, in sostanza, che il tema dell’apprendimento risulta più problematico rispetto al tema della partecipazione, anche se nel complesso vi è comunque un buon grado di soddisfazione. Nel grafico seguente riportiamo i risultati relativi all’apprendimento.

Differenze ancora più apprezzabili si trovano nel confronto tra insegnamenti collocati nelle lauree triennali rispetto alle magistrali. In questo caso, la soddisfazione dei docenti nel caso delle magistrali è significativamente più elevato rispetto alla triennale. Come si può notare dal grafico riportato, vi è una differenza marcata, tra triennale e magistrale, soprattutto nella valutazione di soddisfazione più elevata (41,1% per la magistrale e 18,3% per la triennale). Parallelamente, si trova che il 10,8% dei docenti si dichiara “poco soddisfatto” nel caso della triennale, mentre non vi è nessuna valutazione di questo tipo nel caso della magistrale.

E’ interessante incrociare i diversi tipi di valutazione per verificare in quanti casi i giudizi coincidono (da parte dello stesso docente relativamente allo stesso insegnamento). Si trova, per esempio, che nel 74% dei casi i giudizi su voti e apprendimento coincidono, mentre coincidono nel 62% dei casi per quanto riguarda voti e partecipazione, e solo nel 56% per quanto riguarda apprendimento e partecipazione. Questo dato suggerisce quindi che i docenti trovano maggiore difficoltà a tradurre un buon grado di partecipazione in buoni risultati di apprendimento. Infatti, si verifica che nel 31% dei casi il giudizio sulla partecipazione è superiore al giudizio sull’apprendimento, mentre solo nel 13% dei casi avviene il contrario.

Questo ci porta a una valutazione sulle metodologie di valutazione degli studenti. Il grafico seguente riporta appunto il grado di diffusione delle diverse tecniche per lo svolgimento degli esami.

Come si può notare, esiste una buona varietà di metodologie utilizzate. Si può anche osservare che le metodologie di valutazione individuale sono ancora ampiamente le più diffuse (il 77% dei casi), in particolare nel caso degli insegnamenti nei corsi triennali (85% dei casi).

Questi dati diventano ancora più interessanti se incrociati con i giudizi sull’esito della didattica. I due grafici riportati qui sotto illustrano il fenomeno. Da un lato, il primo grafico evidenzia che i giudizi di insoddisfazione sono in particolare legati a metodologie di valutazione molto sintetiche (come le multiple choice) o metodologie che puntano principalmente su esami individuali.

Specularmente, sono le metodologie di gruppo quelle maggiormente associate ad elevati livelli di buona o elevata soddisfazione dei docenti, come evidenzia il grafico seguente.

Le differenze non sono enormi, ma va considerato che le metodologie di gruppo sono sempre associate a prove individuali, dunque si tratta di prove per lo più integrative o comunque non esclusive. Nonostante questo, sembra poterci essere un loro effetto positivo sugli esiti della didattica.

CONCLUSIONI

Nel complesso, questa prima indagine ASSIOA sulla didattica ha certamente evidenziato spunti di riflessione interessanti. Si potrebbe riflettere, per esempio, sulla opportunità di collocazione degli insegnamenti organizzativi, sia rispetto alle classi di laurea, sia rispetto al tipo di corsi di laurea. Ancora, i contenuti degli insegnamenti sembrano mostrare una netta divaricazione tra corsi triennali e magistrali, differenza che peraltro sembra esistere anche in termini di risultati e valutazione della didattica. Un punto di particolare interesse riguarda le metodologie didattiche. L’indagine ha infatti evidenziato una buona propensione, da parte dei docenti di organizzazione, all’innovazione e alla sperimentazione didattica. Probabilmente una maggiore condivisione delle esperienze nell’ambito della comunità ASSIOA, in particolare su questi aspetti metodologici (ma, in realtà, su tutto lo spettro delle attività didattiche) potrebbe aiutare ciascuno a perfezionare le proprie tecniche di insegnamento e ad agevolare la diffusione di quelle più innovative, grazie appunto al confronto e alla riflessione comune. L’auspicio è appunto che questa prima indagine possa essere uno strumento concreto che aiuti ad innescare un dialogo di questo tipo, e che nel tempo sia possibile monitorare, magari perfezionando il questionario e ampliando ulteriormente i temi di indagine, i cambiamenti e le nuove tendenze.

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