Knowledge Management e Health Information Technology: che ruolo giocano i sistemi informativi nella relazione tra conoscenza e impegno di lavoro degli infermieri?

 

Un recente studio pubblicato sulla rivista Health Care Management Review (di Hendriks e colleghi, 2016) analizza la pratica infermieristica in termini di rapporto tra conoscenza tacita e senso soddisfazione degli infermieri. Gli autori, attraverso un’indagine empirica, mostrano che la conoscenza tacita degli infermieri rappresenta un forte stimolo al loro impegno sul lavoro. L’articolo rivela inoltre che l’introduzione dell’Health Information Technology sembra influenzare in maniera significativa solo le conoscenze esplicite degli infermieri, senza impattare né su quelle tacite, né sull’impegno sul lavoro.

L’importanza della conoscenza tacita per gli operatori del settore sanitario

Le spinte al cambiamento derivanti dall’ambiente, dal progresso tecnologico, dall’evoluzione normativa e dalla dinamica della domanda, inducono le organizzazioni in generale e in modo più stringente quelle sanitarie ad adottare mappe strategiche diverse da quelle tradizionali.

In particolare le scelte di riprogettazione organizzativa e gli interventi tesi a migliorare il ciclo di gestione della conoscenza – il cosiddetto knowledge Management (KM) – supportati dall’informatizzazione e dalla digitalizzazione, oltre alla riduzione dei costi e all’ottimizzazione del lavoro, hanno permesso, in molti casi, di gestire le informazioni ad una velocità mai vista prima. Tanto che il concetto stesso di KM è spesso ridotto a componente puramente strumentale rispetto all’introduzione di nuove forme di ICT. In altre parole, le logiche di investimento volte a velocizzare e semplificare l’archiviazione, la descrizione e la comunicazione di dati e informazioni si stanno orientando, prevalentemente, verso il potenziamento della conoscenza esplicita delle organizzazioni.

Numerosi studi hanno dimostrato che alcune attività, come l’esperienza sul campo o qualsiasi altra attività che richieda la trasformazione di informazione in conoscenza, non possono essere governate e controllate esclusivamente dai sistemi tecnologici. In linea con questo approccio, gli studiosi Hendriks, Ligthart e Schouteten, in un recente articolo pubblicato sulla rivista Health Care Management Review (n. 41 del 2016), presentano un lavoro che analizza il ruolo della tecnologia nel processo di trasformazione delle informazioni in conoscenze degli infermieri.

Gli autori riconoscono, innanzitutto, che un importante aspetto della pratica infermieristica è rappresentato dalla conoscenza tacita, vale a dire il complesso di conoscenze acquisite implicitamente con il compimento e l’esperienza lavorativa. In altre parole, non basta avere tante informazioni a disposizione (e ben archiviate) per offrire una cura di qualità al paziente.

Nella pratica clinica, l’intuizione è un processo per cui l’infermiere riconosce qualche elemento dello stato del paziente che non può, se non con molta difficoltà, essere verbalizzato (“quel paziente ha delle manifestazioni che non mi convincono …”) o codificato e che è determinante non solo nella qualità del servizio offerto, ma anche nella percezione del senso di soddisfazione degli stessi infermieri. L’agire pratico non si caratterizza come semplice standardizzazione di regole generali (ad es. linee guida evidence based), ma come strategia per risolvere problemi specifici, attraverso opportune decisioni. Pertanto l’accumulazione di conoscenza tacita da parte dei singoli avviene anche e forse, soprattutto, attraverso l’esperienza diretta e vissuta.

Va comunque sottolineato che la qualità della conoscenza tacita è determinata da due fattori. Il primo è la varietà dell’esperienza, che non deve limitarsi ad attività ripetitive e deve andare al di là del semplice e consueto svolgimento delle routine organizzative. Il secondo è rappresentato dalla capacità razionale di riflettere sulle proprie esperienze. Mentre la conoscenza esplicita collettiva è più o meno consolidata, più o meno oggettivata e più o meno disponibile (ad esempio, le attrezzature, l’uso di procedure standardizzate possono essere ampiamente codificate e diffuse), c’è un’altra grande fetta di sapere pratico, molto meno codificata e condivisa, che riguarda gli schemi di rappresentazione, i codici di interpretazione degli accadimenti comuni, le abilità e le competenze che sono state sviluppate con l’esperienza. È questa, secondo gli autori dello studio citato, la dimensione della conoscenza più importante nel settore sanitario.

La conoscenza tacita e la conoscenza esplicita degli infermieri

Ciò che caratterizza il KM è il focus verso la gestione dei processi di creazione, integrazione, scambio, condivisione e trasformazione della conoscenza, sui diversi attori agenti di questi processi e sulla tecnologia come strumento essenziale di supporto.

Come noto, Nonaka distingue tra conoscenza esplicita e conoscenza tacita (Nonaka, Toyama & Konno, 2000). La conoscenza esplicita può essere espressa in formale, sistematica e condivisa sotto forma di dati, formule scientifiche, specifiche, manuali e simili (Nonaka et al., 2000, p. 7); mentre la conoscenza tacita è altamente personale e difficile da codificare. La conoscenza tacita è profondamente radicata in azioni, routine, impegno, ideali, valori ed emozioni.

La gestione della conoscenza, nelle sue diverse forme, è di importanza cruciale per il lavoro infermieristico. Gli infermieri giocano, infatti, molteplici ruoli rispetto a come gli ospedali utilizzano la loro intelligenza collettiva. I quattro ruoli che gli infermieri svolgono negli ospedali, secondo Hendriks e colleghi sono: raccoglitore di dati, utilizzatore di informazioni, utilizzatore della conoscenza e costruttore di conoscenze (Snyder-Halpern et al., 2001). I primi due ruoli sono più strettamente collegati ad attività legate all’informazione, mentre gli ultimi due sono più collegati all’aspetto di sense-making, ossia alla percezione e all’interpretazione degli aspetti taciti che si sviluppano e si applicano nel lavoro.

Una distinzione semplicistica tra conoscenza e informazione sembra suggerire che le informazioni siano “ad un passo” dalla conoscenza e che l’aumento delle informazioni e l’aumento delle conoscenze siano strettamente correlate. Un filone crescente di autori critici che studiano il KM sottolinea che il rapporto tra le informazioni e la conoscenza può essere molto più problematico (ad es. Hislop, 2013). Quello che questi autori mettono in rilievo è che l’overload informativo può paradossalmente portare a minore conoscenza, perché un aumento delle informazioni può esercitare pressioni eccessive in termini apprendimento.

Il fatto che la conoscenza medica è in genere frammentata e distribuita e la necessità di setacciare, combinare e interpretare questa conoscenza alla luce della rilevanza specifica, segnala elementi potenzialmente controversi nella relazione tra informazione e conoscenza degli infermieri. Per questo tali componenti non vanno trattate come elementi di una semplice somma: diversamente, deve essere posta attenzione al loro rapporto causale. In questo senso, va sottolineato che la conoscenza si crea nel corso dell’interazione dinamica tra conoscenza implicita ed esplicita e che queste sono complementari l’una dell’altra. Non è solo necessario, quindi, portare la conoscenza tacita al livello conscio e razionale, ma si deve anche provvedere alla progettazione di strutture e processi di lavoro che diano l’opportunità di riflettere sulle esperienze di lavoro sia a livello individuale sia organizzativo.

Gli autori esaminano la conoscenza e le informazioni alla luce dell’impegno lavorativo degli infermieri (Laschinger, Grau, Finegan, & Wilk, 2012). In questo senso, va evidenziato che Schaufeli e Bakker (2004, p. 295) definiscono il concetto d’impegno di lavoro come ‘‘a positive, fulfilling, work-related state of mind that is characterized by vigor, dedication, and absorption’,

Riguardo al lavoro infermieristico, molti studi hanno affrontato l’impegno di lavoro degli infermieri (ad esempio, Chou et al., 2012; Laschinger et al., 2012). Tuttavia, non erano ancora disponibili studi che affrontano gli effetti di KM sull’impegno lavorativo degli infermieri. Va detto, d’altra parte, che già seguendo alcuni modelli classici, come il modello di Hackman & Oldham (1980), l’informazione è tipicamente considerata una determinante dell’impegno lavorativo del dipendente; le informazioni tempestive, corrette e rilevanti sono una condizione preliminare per l’autonomia del lavoro e possono impattare sulla soddisfazione nel lavoro.

Gestione della conoscenza e tecnologia nelle professioni sanitarie

Hendriks e colleghi, come detto, affrontano il tema dell’importanza della conoscenza tacita nel lavoro infermieristico, focalizzandosi su come l’HIT influenza la gestione della conoscenza esplicita e tacita nei processi di lavoro degli infermieri e il loro impegno sul lavoro.

Gli infermieri sono ampiamente riconosciuti nella letteratura del KM sanitario come importanti utilizzatori e produttori di conoscenze e informazioni sulla salute (ad esempio, Snyder-Halpern, Corcoran-Perry & Narayan, 2001). Nelle loro decisioni cliniche, le informazioni e le conoscenze appaiono l’elemento centrale nella valutazione dello stato dei pazienti e dei risultati del trattamento. Definendo le attività degli infermieri a “conoscenza intensiva” (Snyder-Halpern et al., 2001), non bisognerebbe mascherare il fatto che incertezza e probabilità, piuttosto che certezza e prevedibilità caratterizza il loro lavoro. Nell’enorme quantità di dati, gli infermieri devono essere in grado di vagliare l’utile dall’inadeguato, l’inesatto dal corretto. Questo evidenzia la possibile utilità, ma anche il rischio dell’HIT nel supportare l’assistenza infermieristica. Possibili rischi, per esempio, riguardano il fatto che l’utilizzo di sistemi informativi potrebbe ridurre le valutazioni e l’intuizione personale e potrebbe anche portare ad una fiducia inadeguata e acritica nei sistemi informativi.

Review di letteratura sul KM nel settore sanitario (ad es., Nicolini et al., 2008) mostrano due importanti e distinte correnti di ricerca. In primo luogo, c’è uno sforzo verso la comprensione dei tratti tipici delle informazioni e della conoscenza delle pratiche sanitarie, rivelando, ad esempio, una preferenza per il “contesto specifico” piuttosto che per la conoscenza generica, la prevalenza di incertezza e probabilità sulla certezza e sulla proliferazione della conoscenza medica, che può portare al rischio di sovraccarico di informazioni (Cranley, Doran, Tourangeau, Kushniruk, & Nagle, 2009). Diversamente, sono molti gli studi dedicati all’HIT come base fondante del KM nella sanità, e alle condizioni per la loro corretta progettazione ed implementazione all’interno di ospedali e di altre organizzazioni sanitarie (Nicolini et al., 2008). In altre parole, in genere, il collegamento tra HIT, come fornitore di informazioni e conoscenze, si avvicina ad una relazione additiva: la conoscenza è spesso concepita come un’estensione di informazioni, e la maggiore informazione è considerata la base per una maggiore conoscenza.

Quando la conoscenza, tuttavia, è collegata alle informazioni in una relazione non additiva come condizione per attribuire significato alle informazioni immerse in ambienti individuali, sociali e organizzativi, il ruolo dell’HIT nei programmi di KM diventa più complesso e problematico: più informazioni e più HIT potrebbero pesare sui processi cognitivi degli infermieri e sulla qualità delle loro competenze.

Sulla base di una review degli studi disponibili che affrontano il tema degli strumenti di KM nella sanità, Nicolini et al. (2008) fanno una distinzione utile fra tre principali classi di strumenti di HIT: librerie elettroniche e altri magazzini di dati medici e di informazioni; approcci di data-mining e sistemi di supporto alla decisione mediche. La prima classe riguarda gli strumenti che permettono di memorizzare e accedere a fonti di informazioni, così facilitando il loro uso in luoghi differenti e in tempi differenti. Le altre due classi si costruiscono sulla prima classe e mirano ad offrire un ulteriore supporto per attribuire significato ai dati memorizzati (tramite rispettivamente il riconoscimento del modello e il supporto decisionale).

La ricerca

Nella letteratura sul KM sanitario non ci sono studi significativi che collegano sistematicamente la gestione della conoscenza all’impegno di lavoro. La ricerca di Hendriks e colleghi (2016) ha ad oggetto uno dei tre ospedali di una città olandese di medie dimensioni (165.000 abitanti). È considerato un ospedale di formazione clinica superiore che fornisce servizi clinici specialistici. Impiegando approssimativamente 4.000 dipendenti (di cui circa 1.000 infermieri) che forniscono servizi individuali di assistenza sanitaria all’interno dell’ospedale per una capacità di 653 posti letto. Circa 31.000 i ricoveri annuali documentati, equivalenti a 150.000 giorni di cura. L’ospedale aveva adottato un progetto di HIT chiamato ”KIP” (miglioramenti di qualità nei processi del paziente). Il progetto rappresentava un’estensione di uno precedente che mirava a prevenire lunghi periodi di degenza ospedaliera per i pazienti. La base di questo progetto è un’applicazione informatica di tipo intranet. In questa applicazione, gli infermieri registrano tutte le attività, pianificate e completate, che sono necessarie per trovare i dati di dimissione dei pazienti.

Il team di progetto, responsabile delle attività operative, è composto da infermieri senior, infermieri junior e medici. Durante la fase di implementazione, si sono tenuti due incontri al giorno con tutto lo staff per discutere e valutare il contenuto del KIP. I dati sono stati raccolti tramite un questionario che è stato distribuito tra gli infermieri in quattro reparti dell’ospedale. In un disegno di ricerca “quasi esperienziale” con un pre-test e un post-test, due reparti dalla prima ondata di implementazione del KIP sono serviti come reparti sperimentali (cardiologia e malattie polmonari / tubercolosi). Altri due reparti sono stati inclusi come elementi di controllo (dermatologia e un secondo reparto per la malattia polmonare / tubercolosi). Il primo aveva già implementato KIP un anno prima della ricerca e nel secondo non era ancora prevista l’implementazione del KIP.

L’introduzione dei sistemi informativi incide sulla relazione tra conoscenza e soddisfazione degli infermieri?

Le variabili incluse in questa ricerca sono quattro: l’Impegno lavorativo degli infermieri, il feedback informativo, la comprensione nei processi di lavoro, e l’introduzione di un HIT (il KIP).

La variabile dipendente di questo studio è rappresentata dall’impegno lavorativo dei professionisti sanitari. Lo studio riguarda due aspetti principali della componente conoscenza nel lavoro infermieristico che dovrebbero incidere sul loro impegno lavorativo: ossia, il feedback informativo e la comprensione dei processi di lavoro, intese come due variabili separate. Il primo elemento definisce le informazioni disponibili e rappresenta il livello di conoscenza esplicita a disposizione dell’infermiere. Il secondo elemento descrive la supervisione del lavoro operativo: in questa variabile si riflettono gli aspetti taciti della conoscenza degli infermieri. Come argomentato sopra, un incremento di uno non può essere considerato come una garanzia di aumento dell’altro. Gli autori hanno così sviluppato le seguenti ipotesi:

  • Ipotesi 1: Il feedback delle informazioni è associato positivamente con la comprensione dei professionisti nel loro processi di lavoro (1a) e con l’impegno di lavoro (1b).
  • Ipotesi 2: La comprensione dei professionisti nei loro processi di lavoro è associata positivamente al loro impegno di lavoro.
  • Ipotesi 3: La comprensione dei processi di lavoro è una variabile mediatrice rispetto all’effetto positivo dei feedback informativi sul loro impegno di lavoro.
  • Ipotesi 4: L’introduzione del progetto KIP-HIT influisce positivamente sul feedback informativo (4a) dei professionisti del settore sanitario e sulla loro comprensione del processo di lavoro (4b).
  • Ipotesi 5: L’introduzione del progetto KIP-HIT influisce positivamente sull’impegno di lavoro dei professionisti sanitari.

Le prime tre ipotesi prevedono associazioni positive tra i tipi di conoscenze (esplicite e tacite) e l’impegno di lavoro nel settore sanitario.

I dati confermano l’ipotesi 1a, cioè che un aumento di conoscenza esplicita (misurata tramite feedback di informazioni) porta ad un aumento di conoscenza tacita (valutato come comprensione dei processi di lavoro). A quanto pare, l’aumento dei livelli di conoscenza esplicita degli infermieri li aiuta ad avere una maggior coscienza del lavoro e delle condizioni dei loro pazienti.

L’ipotesi 1b, tuttavia, non può essere confermata. Non c’è una significativa relazione diretta tra i feedback informativi e l’impegno di lavoro. La quantità di conoscenza esplicita che gli infermieri detengono, a quanto pare, non influenza direttamente il loro impegno di lavoro.

Tuttavia, la relazione tra comprensione dei processi di lavoro e impegno professionale degli infermieri, è confermato. I loro livelli di conoscenza tacita, le capacità di sense-making, che contribuisce a dare senso alle loro situazioni di lavoro e la comprensione di ciò che è in gioco rispetto alla situazione di un singolo paziente, influenzano significativamente il senso di impegno degli infermieri verso il loro lavoro, confermando l’ipotesi 2.

L’ipotesi 3, che ha affrontato l’effetto di mediazione della comprensione dei processi di lavoro nel rapporto tra feedback informativo e impegno di lavoro, è confermata di conseguenza. Le conferme delle ipotesi 1a e 2 sostengono la funzione di mediazione della comprensione nei processi di lavoro nel rapporto tra i feedback di informazioni e l’impegno del professionista sanitario.

Infine, le ipotesi 4 e 5 riguardano l’implementazione del KIP. L’impatto dell’attuazione del KIP che ha preso luogo tra i pre e post misurazione è limitato a solo un effetto positivo sulle informazioni di feedback. L’implementazione del KIP non ha influito sulle conoscenze del professionista sui loro processi di lavoro o sul loro impegno di lavoro. In quanto tale, le ipotesi 4b e 5 non risultano verificate.

Questi risultati mostrano che la tecnologia da sola non ha migliorato le situazioni di lavoro degli infermieri. Nella migliore delle ipotesi, può, in modo indiretto, fornire condizioni migliori per gli infermieri per aumentare le conoscenze degli stati dei loro pazienti e quindi, anche in modo indiretto, contribuire ai loro impegno di lavoro.

Le implicazioni manageriali

I risultati di questo studio evidenziano che gli sforzi legati all’applicazione di pratiche di KM negli ospedali e nel settore sanitario in generale sono discutibili se mirati esclusivamente o principalmente ai bisogni informativi dei professionisti della sanità, senza impattare sui processi di sense-making.

I sistemi HIT non dovrebbero essere implementati in isolamento rispetto ad un processo più ampio di cambiamento orientato al KM. I progetti di KM per l’assistenza sanitaria devono interpretare le soluzioni HIT all’interno di una comprensione più ampia di come, anche attraverso la riprogettazione del lavoro, possono essere create le condizioni organizzative per stimolare lo sviluppo e l’uso di conoscenze tacite dei professionisti del settore sanitario, infermieri inclusi. Inoltre, nella progettazione e nell’attuazione di tali approcci in una connotazione olistica, più ampia e integrata, gli attori chiave della conoscenza – tra cui gli infermieri – non dovrebbero essere trattati come semplici utenti finali della tecnologia, ma come parti attive del sistema stesso, le cui capacità di apprendimento influenzano il successo nell’accettazione e integrazione di ogni soluzione ICT.

L’interesse nello studio della relazione tra conoscenza e impegno del lavoro degli infermieri nasce da un lato perché la qualità della cura è difficile, se non impossibile, da raggiungere se l’impegno del lavoro dei professionisti sanitari è compromesso. Dall’altro lato perché la conoscenza è un elemento fondamentale in un ambiente knowledge-intensive quale è, appunto, un ospedale.

La conoscenza tacita degli infermieri appare svolgere un ruolo cruciale nell’organizzazione degli ospedali. Secondo lo studio oggetto di analisi, interventi, come l’introduzione di applicazioni elettroniche di registrazione sanitaria, mirano al lato sbagliato della conoscenza, quello esplicito. Questi sistemi da soli non conducono di per sé ad ospedali migliori e con livelli superiori di motivazione e impegno nel lavoro. Se l’impegno di lavoro degli infermieri è ridotto, allora anche la qualità della cura inevitabilmente ne risente. In questa prospettiva, il KM senza una attenzione sistematica per la conoscenza tacita dei professionisti sanitari genera il rischio di una diminuzione della conoscenza collettiva in un struttura sanitaria.

Nel settore sanitario italiano fintanto che le attività degli infermieri non sono adeguatamente rilevate, documentate e valorizzate, e fintanto che lo sviluppo della competenza clinica sarà limitato da una carriera clinica inadeguata, mancherà un tassello essenziale per lo sviluppo della figura professionale infermieristica.

A fronte di una crescente responsabilità discrezionale degli infermieri nell’ottica del benessere dei pazienti si assiste ad una eccessiva tendenza alla formalizzazione dell’assistenza infermieristica in ospedale, considerata come la parte standardizzabile della prestazione sanitaria. La struttura di base remunerativa conferma la poca attenzione per gli aspetti relativi alle capacità individuali degli infermieri. Interessante notare come la remunerazione per DRG (Diagnosis Related Groups, Raggruppamenti omogenei di diagnosi) non comprende le prestazioni infermieristiche nelle spese del personale (che sono considerate come costi fissi) per cui la standardizzazione con protocolli e procedure è ritenuta la metodica più efficiente di gestione del personale, senza alcuna considerazione del ragionamento clinico e/o critico. Finché non si raggiunge la consapevolezza delle implicazioni generate dalle capacità di sense-making degli infermieri in termini di efficacia ed efficienza collettiva, questi aspetti non diventano interessanti per il sistema e quindi non c’è necessità di cambiamento. La tendenza alla standardizzazione deve inoltre stimolare un’ulteriore riflessione. Fintanto che il lavoro degli infermieri deve attenersi alla sola implementazione acritica di linee guida, procedure e/o percorsi assistenziali (sulla base dell’Evidence Based Medicine/Nursing), si corre il rischio di ridurre il “care” (il prendersi cura) ad una serie di compiti. Eppure il sistema sanitario considera le linee guida Evidence Based come il più elevato indicatore di qualità senza porsi alcun interrogativo sugli aspetti impliciti insiti nel processo di cura degli infermieri. Tutto ciò trova un corrispettivo anche nel sistema contrattuale, infatti, gli incentivi per continuare la carriera sono limitati ai meccanismi ormai obsoleti delle fasce orizzontali: la competenza infermieristica è, nelle applicazioni contrattuali, sinonimo di anzianità di servizio. Emerge, quindi, con urgenza la necessità di esplicitare e correlare le competenze cliniche infermieristiche ai risultati di salute che è possibile ottenere con la loro professione, per conquistare quello spazio decisionale nell’interesse del paziente.

Bibliografia

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