Technology and Organizational Allignment nelle banche: il caso degli NPL

I crediti deteriorati nelle banche

I crediti deteriorati delle banche (Non-Performing Loans – NPL) sono esposizioni verso soggetti che, a causa di un peggioramento della loro situazione economica e finanziaria, non sono in grado di adempiere in tutto o in parte alle proprie obbligazioni contrattuali.

In seguito alla grande crisi finanziaria a partire dal 2007 l’ammontare dei crediti deteriorati nelle banche europee ha subito una rapida impennata fino a toccare un picco massimo nel 2015 di oltre 1,1 trilioni di euro (oltre 9% del Pil dell’intera Europa). L’Italia deteneva lo stock più consistente di crediti deteriorati pari a 348 miliardi di euro.

Le Autorità di Vigilanza hanno fortemente spinto gli intermediari verso una riduzione di queste esposizioni e ciò ha portato le banche a svolgere una intensa attività di cessione e cartolarizzazione grazie alla quale si è registrata una consistente contrazione delle partite deteriorate. L’ammontare dei crediti deteriorati lordi nel 2019 si era ridotto nell’area euro ed il paese in cui vi è stata la più forte contrazione è stata l’Italia.

Gli effetti prodotti dallo shock economico generato dalla pandemia di Covid-19 ha generato una nuova crescita del tasso di default dei prestiti concessi alle imprese e la qualità degli attivi bancari è inevitabilmente destinata a peggiorare ulteriormente nel prossimo futuro a causa della recessione economica innescata a livello globale.

Le misure di politica economica adottate in Italia – tra cui la moratoria sui prestiti, l’espansione della Cassa integrazione guadagni, il posticipo degli adempimenti fiscali, i contributi a fondo perduto e gli schemi di garanzia sui nuovi finanziamenti – hanno contribuito ad attenuare le conseguenze economiche della pandemia per le imprese e ne hanno ampiamente soddisfatto il fabbisogno di liquidità.

Tali misure di sostegno sono destinate a ridursi nel tempo e l’economia italiana dovrà fronteggiare i rischi connessi con l’aumento dell’indebitamento delle società non finanziarie.

L’aumento atteso della rischiosità del portafoglio dei prestiti alle imprese può essere approssimato dalla media della variazione attesa del fatturato a partire dal 2020 per le diverse branche di attività economica, ponderata per le rispettive esposizioni bancarie.

L’Italia continua ad essere il paese dell’area euro in cui si concentra il più elevato ammontare di non performing loans.

Nel mese di giugno 2020 l’incidenza dei crediti deteriorati netti sui finanziamenti per i gruppi significativi italiani era superiore di 1,4 punti percentuali a quella delle banche significative dell’area dell’euro.

Lo stock complessivo di NPL (che comprende i non performing loans, gli UTP e gli scaduti) in Italia, nel 2020, si stima raggiunga i 340 miliardi di euro.

I fattori che hanno influenzato ed influenzeranno l’incidenza dei crediti deteriorati in bilancio e la loro evoluzione sono molteplici, oltre l’andamento del ciclo economico rilevano le tipologie di controparti verso le quali la banca è esposta, le politiche creditizie messe in atto e tutta una serie di elementi bank specific. Influiscono, inoltre, i fattori attinenti alla regolamentazione, le norme prudenziali, nonché le regole contabili e fiscali in vigore, il sistema legale e giudiziario del paese.

La gestione dei NPL

Per la singola banca l’incremento dei crediti classificati fra quelli deteriorati ha importanti ricadute sull’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario. In particolare, incide:

a) sul risultato di esercizio, ovvero, un potenziale effetto negativo di natura economico-finanziaria sul bilancio della banca, in particolare, per una minore redditività derivante dai maggiori accantonamenti richiesti e dai maggiori costi di gestione;

b) sulla misura della rischiosità degli attivi della banca che accrescendosi comporta come conseguenza la necessità di maggiori dotazioni di patrimonio netto di vigilanza a copertura dei rischi di perdita, un peggioramento del rating e spesso una contrazione delle quotazioni azionarie;

c) sul pricing dei finanziamenti, in quanto più elevato è il rischio che assume la banca, più elevato è il tasso applicato al prenditore;

d) sull’immagine del cliente veicolata dal sistema centrale rischi dove, in particolare, una segnalazione come sofferenza può avere conseguenze difficilmente recuperabili da parte dell’impresa.

Il miglioramento del contesto macroeconomico sta gradualmente portando ad una “normalizzazione” dei nuovi NPL con tasso di default molto più contenuti rispetto ai picchi registrati durante la crisi. Permangono però per le banche notevoli difficoltà nella gestione dei crediti deteriorati che ancora sono nei bilanci. Un buon indicatore della performance che la banca riesce a registrare nella gestione del recupero del credito deteriorato, è dato dal recovery rate.  Tale indicatore rapporta in un dato arco temporale gli incassi e i ritorni in bonis rispetto allo stock di crediti deteriorati.

Purtroppo, le banche italiane registrano un recovery rate mediamente più basso rispetto alla media delle banche dell’area euro e ciò a causa di diversi fattori: da un lato la struttura del sistema giudiziario italiano, caratterizzato da tempi delle procedure significativamente più lunghi rispetto alla media degli altri paesi europei, dall’altro lato si registra una difficile liquidabilità delle garanzie principalmente immobiliari, ma anche di natura tecnico-industriale. Infine, molto rilevante è la capacità operativa della banca nella gestione del processo di recupero, la crescita esponenziale delle posizioni non performing presente nei bilanci ha anche creato difficoltà di ordine gestionale dato l’enorme stock di crediti in sofferenza che le strutture di recupero si sono trovate a gestire. Esse hanno nel passato tradizionalmente ricoperto nei fatti essenzialmente un ruolo secondario all’interno del processo di credito.

Solo un esiguo gruppo di banche disponeva di processi di recupero ben strutturati ed organizzati, nella maggior parte dei casi le banche hanno, invece, dovuto prendere atto di non disporre di valide procedure di selezione e di controllo che avrebbero potuto consentire l’individuazione repentina dei prestiti con maggiore probabilità di recupero su cui prioritariamente avrebbero dovuto essere concentrati gli sforzi.

Allo stesso modo spesso si è riscontrata un’assenza di sistematicità nella gestione delle pratiche di NPL che invece presentano peculiarità specifiche.

In particolare, le criticità più spesso riscontrate sono state:

a) mancanza di una capacità produttiva adeguata a gestire uno stock elevato di crediti;

b) limitata capacità di focalizzazione sulle pratiche con target di recupero più elevati;

c) elevata focalizzazione dell’area contenzioso sugli aspetti legali a scapito di un’impostazione gestionale in grado di attuare strategie di recupero stragiudiziali, definendone i parametri di convenienza;

d) limitati strumenti di monitoraggio delle performance, con conseguente difficoltà nell’individuazione delle aree di intervento e miglioramento;

e) difficoltà nelle capacità previsionali che, unite ai vincoli di bilancio, hanno condotto spesso a sottostimare/sovrastimare le svalutazioni;

f) sistemi informativi spesso non adeguati a supportare l’operatività e base dati non sempre esaustiva.

Anche quando le banche hanno dovuto gestire processi di cessione o di cartolarizzazione dei propri NPL si sono spesso registrate notevoli difficoltà gestionali. In particolare, la spesso inadeguata gestione dei dati relativi alle performance di recupero storicamente registrate non ha consentito alle banche cedenti di valutare adeguatamente i portafogli di crediti oggetto di cessione. Da ciò ne è derivata talvolta una capacità negoziale debole e prezzi di cessione di NPL più bassi di quelle che sarebbero poi stati gli effettivi recuperi.

Un nuovo assetto organizzativo

In sostanza è emersa chiaramente l’inadeguatezza delle banche nella gestione efficiente ed efficace dei crediti problematici e si è pertanto preso atto che la creazione di valore mediante la gestione dei NPL richiede innanzitutto mediante un processo di trasformazione e cambiamento del loro assetto organizzativo ed inter-organizzativo.

La gestione dei NPL è infatti stata attuata, in numerosi enti creditizi, partendo da un’analisi a sé stante senza considerare gli impatti, invece molto rilevanti, che le diverse strategie di gestione avrebbero potuto avere sull’intera gestione bancaria. Spesso, ad esempio, non sono stati predisposti piani, dedicati alla riduzione dello stock dei Npl o alla loro gestione, integrati con gli altri documenti di indirizzo strategico della banca (Piano strategico, Budget, Icaap, Ilaap, Raf, Recovery Plan, ecc.)

Spesso in Italia  in particolare, si è gestita la fase di problematicità del portafoglio prestiti in modo residuale, a causa soprattutto della concomitante concorrenza di più fattori tra i quali i bassi volumi percentuali della porzione problematica sul totale dei crediti erogati (ove il denominatore del rapporto cresceva a ritmi più che proporzionali rispetto al numeratore), la maggiore consistenza del margine di interessi ancorato ad una “forbice dei tassi” molto più ampia e stabile dell’attuale, l’inevitabile, maggiore difficoltà ed inerzia che caratterizza la relazione con la clientela ad andamento anomalo o, in generale, in difficoltà (si pensi al peculiare trade-off che si instaura tra banca e clientela nelle banche di credito cooperativo nelle quali l’atteggiamento banca, da aggressivo e pervasivo, viene ad essere nei fatti sostanzialmente mitigato in relazione allo status di socio del cliente in stato di problematicità).

Nel caso di gestione interna dei NPL una funzione organizzativa, dominante in termini di decisione e responsabilità, è stata svolta dagli uffici legali interni della banca che hanno interpretato il ruolo essenzialmente come gestione del contenzioso e quindi delle procedure esecutive. Tuttavia, data la molteplicità dei sistemi informatici utilizzati nelle varie fasi del processo del credito, soprattutto nella fase di origination nella quale la maggiore proporzione di elementi informativi viene acquisita, il sistema organizzativo disponibile per gli NPL è stato spesso caratterizzato dall’assenza di interventi non solo di Business Process Reenginering, ma a volte neanche di Internal Integration.

Invece, nel caso di gestione parzialmente esternalizzata, gli NPL sono tati affidati a servicer esterni con obiettivi legati principalmente alle performance sul recupero retratte nel corso del periodo di affidamento. Tuttavia, il modello inter-organizzativo di coordinamento delle interdipendenze di flusso, si è rivelato spesso molto approssimativo in quanto ancora contraddistinto da processi non integrati con quelli principali delle banche, né dal punto di vista delle procedure né soprattutto dal punto di vista dell’interoperabilità dei sistemi informativi (assenza di Business Network Redesign). Ne sono conseguite significative difficoltà ed inefficienze. Spesso, infatti, non si è adottato alcun processo standardizzato e formalizzato che fosse in grado d monitorare in modo continuativo l’attività del servicer (come peraltro richiesto dall’Autorità di Vigilanza in tema di controllo dell’outsourcer per l’esternalizzazione di Funzioni Operative Importanti). A tutto ciò si è aggiunto inoltre il limite che, il patrimonio informativo acquisito dal servicer nel corso della gestione, è spesso rimasto comunque esterno alla banca e non ha contribuito all’incremento di valore del economicità della stessa

Data pertanto questa situazione di fatto e l’abnorme incremento dei volumi nel sistema bancario (con una marcata concentrazione verso crediti di medio-piccolo importo unitario lordo), è emersa la necessità di avviare un cambiamento di approccio strategico ed organizzativo che identifica gli NPL come asset da valorizzare e la loro gestione come una specifica area di business su cui investire in termini di risorse umane e finanziarie, per implementare processi operativi sempre più affinati.

A tal proposito, dopo un lungo percorso di supervisione del credito, con azioni volte verso la risoluzione del problema NPL, la BCE nel 2017 e l’EBA nel 2018 hanno emanato linee guida per assicurare coerenza e conformità normativa nella gestione dei crediti deteriorati.

La stessa Banca d’Italia ha sollecitato con urgenza «importanti azioni correttive che gli intermediari devono al più presto intraprendere per una gestione più attiva dei crediti deteriorati che miri alla cessione o a un loro più efficace recupero nel caso in cui rimangano in bilancio» (Visco, 2016).

Il modello Strategy Technology and Organizational Allignment

Il modello di Strategy Technology and Organizational Allignment identifica la necessità di perseguire contemporaneamente due tipi di allineamento per la creazione di valore tramite la gestione dei NPL. Il primo, (allineamento strategico), si basa sulla ricerca e sullo sviluppo di funzionalità dell’infrastruttura ICT (Technology) specifiche per il business degli NPL e in grado di fornisce adeguati KPI per la loro gestione strategica (Strategy)

Il secondo tipo (allineamento organizzativo) impone la ricerca del collegamento tra infrastruttura ICT (tecnologia) e assetto organizzativo. Questo tipo di allineamento garantisce la coerenza interna tra l’impatto che l’automazione ha sui processi operativi e adozione di appropriati meccanismi organizzativi  (skill, structure, systems) o interorganizzativi per il loro appropriato coordinamento.

Le best practice discusse ed osservate nel settore, evidenziano la rilevanza delle seguenti azioni di cambiamento prioritarie da adottare per la costruzione di un assetto organizzativo appropriato e che persegua precisamente un obiettivo di Strategy, Technology and Organizational Allignment per la gestione e recupero del credito deteriorato.

Structures Allignmnet and Change

La gestione degli NPL deve rifuggire da un modello di responsabilità distribuito o nei casi più estremi disperso nelle diverse unità organizzative, magari responsabili di unità di business distinte per settori o mercati. Occorre invece privilegiare le interdipendenze di scala e di specializzazione che rilevano ai fini della gestione del processo di recupero piuttosto che della differenziazione commerciale. La soluzione più appropriata è di  affidare la responsabilità delle diverse attività di gestione degli NPL a unità organizzative dedicate, le cosiddette Npl Workout unit ,che operano separatamente dalle unità che hanno generato il credito. Tale assetto ad elevata specializzazione, favorisce percorsi di apprendimento organizzativo, sia da punto di vista dell’organizzazione formale (procedure) sia dal punto di vista dell’organizzazione informale (pratiche).

Internal Control Systems Allignment

Un processo di recupero ben strutturato si basa anche sulla disponibilità di strumenti di misurazione e riscontro. Ciò richiede che sia elaborato un sistema di indicatori chiave (Key Performance Indicator) per misurare i progressi compiuti nelle attività di recupero e che consentano l’adozione dei necessari interventi per ulteriori affinamenti del processo stesso. In tale ambito è centrale il ruolo svolto dalla funzione di Risk management per lo sviluppo di sistemi di controllo di primo e di secondo livello atti a favorire l’implementazione di un processo quanto più efficace ed efficiente. Gli stessi sistemi informativi devono automatizzare tutti i processi inerenti il  ciclo di vita del credito e devono permettere l’uso di molteplici indicatori di anomalia (anche di soft-evidence) atti a una pronta rilevazione del deterioramento, oltre ad agevolare la gestione di tutte le informazioni in tutte le fasi del recupero.

Interoganizational Systems Alligmnent

Mediante contratti di servicing la banca può esternalizzare, su base continuativa e sistematica, la gestione di una parte dei crediti deteriorati, senza che vi sia cessione del credito. Il servicer, remunerato tipicamente in base al risultato, provvede anche al recupero degli asset, adottando modalità operative finalizzate a una gestione attiva. In senso generale, la banca può interagire con numerosi fornitori di servizi esterni, con una conseguente parcellizzazione del processo in senso verticale o orizzontale, nel senso che può interessare interi portafogli per diverse fasi processuali oppure solo per alcune fasi/attività specifiche. In ogni caso qualunque sia il coinvolgimento degli outsourcer è indispensabile sviluppare la struttura organizzativa con un forte presidio interno in grado di monitorare e gestire tutti gli outsourcer coinvolti anche per evitare comportamenti in conflitto rispetto agli interessi della banca. In queste situazioni è peraltro indispensabile che il sistema informativo comprenda strumenti di raccordo tra la banca e gli outsourcer in modo da assicurare che tutto il processo possa essere gestito in modo centralizzato, con sistemi che consentano un’adeguata tracciatura delle attività svolte.

Skills Allignment and Development

E’ necessario formare e acquisire personale specializzato e motivato, da dedicare a processi di recupero del credito che richiedono non solo la piena consapevolezza di approcci alla gestione dell’insolvenza di tipo giudiziale e stragiudiziale, o addirittura relazionali e di negoziazione. A tale riguardo, è ovvio come rivesta molta importanza l’adozione di politiche remunerative e incentivanti adeguate ma controbilanciate da un sistema dei controlli interni che garantisca comportamenti corretti e compliant ad un sistema di procedure proporzionate alle diverse ed eterogene situazioni e tipologie di insolvenza.

Technology Allignment

L’adozione di una appropriata infrastruttura ICT deve porsi l’obiettivo di perseguire la necessaria efficienza operativa e allo stesso tempo mantenere un controllo continuo e costante delle variabili principali di rischio e di valore che insistono sul credito deteriorato. I processi organizzativi per il recupero del credito, dati gli elevati volumi, devono essere necessariamente standardizzati e automatizzati per ottenere economie di scala e creare valore attraverso l’omogeneità dei comportamenti e la definizione delle policy di recupero del credito. I processi automatizzati mediante l’adizione di una infrastruttura ICT “allineata” dovrebbero consentire una tempestiva aggressione dell’insolvenza, questo aldilà delle disposizioni in materia di classificazione del credito. In questo è utile aver già automatizzato nei sistemi ICT specifiche policy, fondate su contromisure a disposizione dei gestori delle posizioni che permettano loro di combinare flessibilità nella scelta di gestione, ma anche standardizzazione dell’operato.

Conclusioni

La crescita esponenziale del NPL incide in maniera significativa sulla capacità delle banche italiane di creare valore.

La componente di più radicale cambiamento, nel contesto di questa trasformazione è avvenuta e sta avvenendo nella gestione dei crediti non-performing, che possono essere oggetto di nuove strategie e approcci di recupero giudiziale ed extra giudiziale. Il grado di efficienza con cui la banca svolge il complesso processo di recupero influenza il suo equilibrio economico-patrimoniale. L’obiettivo deve essere quello di massimizzare il valore del recupero, minimizzare i tempi e sostenere i minimi costi. Data tale condizione è diventato di prioritaria importanza per tutti gli intermediari creditizi rivisitare gli assetti organizzativi relativi ai processi connessi.

Negli ultimi anni nuove strategie e approcci attivi di indirizzamento e risoluzione delle problematicità sono stati progressivamente definiti, testati e implementati da alcune grandi banche. Permangono aree di importanti miglioramenti. Gli sforzi dovrebbero innanzitutto essere protesi ad affinare e far evolvere nel tempo i modelli organizzativi sulla base dell’esperienza acquisita, ma anche esplorate nuove ed innovative soluzioni.

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Università della Campania Luigi Vanvitelli

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