La sfida dei mega progetti nell’economia globale: rischi ed opportunità

L’articolo approfondisce il tema dell’organizzazione dei progetti di dimensioni particolarmente rilevanti, i cosiddetti megaprojects, un nuovo filone di studi, che ha una sua rilevanza per i costi ad essi associati e per il numero di attori coinvolti. L’articolo identifica i motivi della diffusione di tali progetti ed individua criticità ed opportunità per il futuro.

Introduzione

I cosiddetti Megaprojects, definiti anche “major programs”, sono tipicamente progetti su larga scala che coinvolgono molti attori (pubblici e privati) e che costano più di un miliardo di dollari, sono realizzati in parecchi anni ed hanno effetti su un bacino significativo di persone.

La spesa annuale mondiale per questa tipologia di progetti è stimata tra i 6 ed i 9 trilioni di dollari, pari a circa l’8% del PIL del pianeta, segno del maggiore boom in termini di investimenti nella storia.

La ragione che ha stimolato il ricorso a questi mega progetti è identificabile in quattro aree differenti. Le prime due aree (politica ed economica) sono forse le più scontate, ma rivestono un ruolo essenziale; una terza ragione è di natura “estetica”; ultima componente è la tecnologia. Come nei progetti tradizionali, anche qui sono evidenti problemi in termini di capacità di rispettare gli obiettivi definiti, in particolare rispetto al budget, al tempo ed alla qualità, con conseguenze, però, molto più dirompenti.

Il Problema

Data la fortissima complessità i megaprojects richiedono competenze specifiche che normalmente non sono in possesso di manager tradizionali. Esempi tipici sono le linee ferroviarie ad alta velocità, gli aeroporti, i porti, Ia realizzazione di grandi eventi (giochi olimpici, Expo, Giubileo) etc. I mega progetti non solo sono enormi, ma tendono a crescere nel tempo in maniera significativa. I costi di questi progetti hanno raggiunto i miliardi dollari per cui è possibile parlare di gigaprojects ed anche di teraprojects. Stiamo parlando di cifre comparabili con il PIL delle 20 nazioni più importanti al mondo, con un trend in crescita.

Per dare un’idea della grandezza e della rilevanza economica dei mega progetti, basta fare riferimento ad uno dei dati più significativi nell’ambito del dibattito pubblico negli ultimo anni: il valore del debito pubblico degli USA verso la Cina. Valore pari a circa mille miliardi di dollari, così imponente da mettere a rischio l’intera economia mondiale, se non gestito correttamente. Ebbene basti pensare al fatto che la somma dei costi di soltanto due dei più grandi mega progetti – il programma Joint Strike Fighter aircraft e la realizzazione dell’alta velocità ferroviaria in Cina – rappresenta più della metà di questo dato, circa 700 miliardi di dollari. Il “Tera” è la prossima unità di misura, e vale mille miliardi. Recenti sviluppi nella dimensione dei progetti maggiori testimoniano il passaggio verso la “tera era” nell’ambito del project management. Se si considerano come progetti i pacchetti di stimolo all’economia lanciati da Stati Uniti, Europa e Cina per mitigare gli effetti della grave crisi economica e finanziaria del 2008, allora è possibile fare riferimento a progetti da migliaia di miliardi di dollari  e perciò teraprojects.

I dati empirici, però, dimostrano che questi progetti sono molto rischiosi, e aumenti di budget e ritardi sono all’ordine del giorno. Nove su dieci hanno dei costi superiori a quelli preventivati, di norma per una cifra pari al 50% dell’intero importo e talvolta per valori che superano il 50%.

I risultati della ricerca

Considerato il ruolo sociale ed il valore economico di questi progetti diviene essenziale averne una conoscenza specifica. La ricerca presentata nell’articolo di Flyvbjerg enuncia quattro driver che spiegano la crescita di questo fenomeno:

  1. l’aspetto politico concerne la tendenza dei politici di iniziare la costruzione di progetti monumentali per fini elettorali o comunque per sostenere le loro cause;
  2. il risvolto economico è naturalmente collegato all’enorme ammontare di denaro (spesso in parte di natura pubblica) collegato, che determina l’interesse di molti stakeholder;
  3. il tema “estetico” si ricollega al piacere che architetti e designer ricevono dal costruire o dal far parte di progetti così rilevanti;
  4. l’aspetto tecnologico riguarda l’”eccitazione” degli esperti IT di implementare le soluzioni più innovative e smart.

L’influsso del mondo della tecnologia (definito come technological sublime) si rileva nel piacere che possono provare ingegneri e tecnici a far parte dei progetti più innovativi e più grandi, opportunità per spingere la tecnologi verso nuovi orizzonti ancora sconosciuti, costruire gli edifici più alti, i ponti più lunghi, gli aerei più veloci, essere i primi.  Un ulteriore driver (sublime) è quello politico, descritto come il piacere dei politici a realizzare progetti per se e per le loro cause. I mega progetti sono noti, sono un veicolo di pubblicità e testimoniano la proattività dei loro promotori. C’è poi, l’aspetto economico, la soddisfazione dei manager e dei sindacati per essere parte di business così rilevanti dove si muovono tantissimi posti di lavoro. Grazie ai budget enormi, ci sono fondi a disposizione per tutti gli attori coinvolti, compresi gli ingegneri, gli architetti, i consulenti, gli sviluppatori, i banchieri, i proprietari terrieri, e altri ancora. Infine, il piacere estetico, inteso come l’appagamento provato dai tecnici (designer) o dagli amanti del bello in generale, dal guardare qualcosa che è molto grande e considerato “iconoclasticamente” bello (per esempio, il ponte Golden Gate di San Francisco o la Sydney Opera House).

I policy maker sono particolarmente attratti da questi progetti perché (se ben realizzati):

  • creano sviluppo e lavoro;
  • hanno un impatto positivo sull’economia locale;
  • aumentano produttività e competizione;
  • migliorano il livello della qualità dei servizi per la comunità.

 

Ovviamente sono presenti dei forti rischi che determinano poi dati allarmanti sui casi di fallimenti, in particolare:

  • i tempi lunghi e il livello di complessità;
  • la mancanza di necessaria esperienza dei manager e policy maker coinvolti;
  • il processo decisionale che vede la presenza di interessi conflittuali tra i diversi stakeholder;
  • l’esigenza di soluzione tecnologiche uniche da creare ad-hoc per ogni singolo progetto;
  • un effetto di lock-in su un progetto specifico che determina la mancanza di alternative reali;
  • gli scopi e le ambizioni che cambiano nel tempo;
  • le resistenze della comunità locale (c.d.effetto nimby).

 

Tabella n.1 – L’escalation dei costi nei megaprogetti

Denominazione del progetto Percentuale di superamento del costo iniziale
Suez Canal, Egypt 1,900 %
Scottish Parliament Building, Scotland 1,600 %
Sydney Opera House, Australia 1,400 %
Montreal Summer Olympics, Canada 1,300 %
Concorde Supersonic Aeroplane, UK, France 1,100 %
Troy and Greenfield Railroad, USA 900 %

 

I dati evidenziano che la complessità e gli imprevisti sono spesso sottovalutati nel budget. A parte alcune limitate eccezioni (e.g. Guggenheim Museum Bilbao), gli aumenti di budget, i ritardi e in generale le performance negative sono all’ordine del giorno.

Lo sforamento del budget è un problema sia nel privato sia nel settore pubblico, e le cose non stanno migliorando; è un dato nel corso degli ultimi 70 anni in crescita costante. La geografia non sembra essere una variabile che influisce sul risultato finale; in tutti i paesi di tutti i continenti si verifica in modo usuale. Per esempio nei progetti ferroviari la media è pari a 44,7%, combinata con una caduta della domanda in media pari al 51,4%, e per le strade è circa il 20,4%, insieme ad una probabilità del 50% che la domanda sia errata per un valore superiore al 20%.

I grandi progetti nel settore ICT sono anche più rischiosi. Uno su sei di questi progetti diventa un’anomalia statistica in termini di sforamento del budget. Un dato che supera del 200% i grandi progetti di costruzione. La perdita totale legata al fallimento e alla peggiore performance nei progetti ICT negli Stati Uniti è stata stimata dallo Standish Group in 55 miliardi di dollari (2009).

Tipicamente il successo di un mega-progetto è legato alla capacità di rispettare il budget, il tempo e i benefici previsti. Se, come l’evidenza dimostra, circa un progetto su dieci rispetta il budget, uno su dieci è in tempo, ed uno su dieci rispetta i parametri dei benefici attesi, allora un progetto su mille circa è un successo, nel senso di aver rispettato i tre parametri.

Secondo l’autore questi progetti seguono la cosiddetta regola definita dell’iron law, ovvero sono over budget, over time, over and over. Nonostante ciò i mega progetti continuano ad essere all’ordine del giorno, aumentando sia in termini di numero che di valore, evidenziando quello che l’autore definisce il paradosso dei mega progetti. Oggi i megaproject planner sono impantanati in questo paradosso ed approcciano la gestione di questi progetti secondo il metodo break-fix. Non avendo chiarezza su come realizzare questi progetti con successo, o non essendo spesso incentivati a farlo, incontrano tipicamente un momento di stallo (break), a cui successivamente segue un tentativo di riorganizzazione per risolvere i problemi (fix) e realizzare una versione approssimativamente coerente con l’esigenza inizialmente definita.

Nella maggior parte dei casi, il progressivo aumento in itinere della complessità realizzativa dei progetti durante la fase di implementazione determina un effetto di lock in che rende impossibile l’abbandono in blocco del progetto. Per questo motivo si parla di ‘Vietnam’ delle policy dei grandi progetti e del relativo management: facili da cominciare e difficili e costosi da interrompere. La messa a punto delle difficoltà emerse in molti casi implica un aumento a dismisura dei costi per gli stakeholder, spesso inconsapevoli di quanto si stia verificando e incapaci di prevedere in anticipo la necessità di arrestare le operazioni.

Si potrebbe sostenere, come ha fatto Hirschman (1967), che se fosse possibile prevedere i costi effettivi e le sfide collegate ad un progetto di grandi dimensioni, questi non inizierebbero nemmeno e i relativi output non verrebbero mai costruiti. A tale proposito sembra particolarmente rilevante una dichiarazione del sindaco di San Francisco Willie Brown, apparsa sul quotidiano San Francisco Chronicle il 27 luglio 2013, a proposito di un rialzo dei costi del megaproject per la costruzione del nuovo Bay Terminal della città: “La recente notizia dell’incremento dei costi del progetto per almeno 300 milioni di dollari non rappresenta in realtà uno shock per i cittadini. Sapevamo sin dall’inizio che il valore di partenza era di molto sottostimato rispetto ai costi effettivi di realizzazione dell’opera. Così come non abbiamo mai avuto una reale base di costi di partenza per progetti quali il Central Subway o il Bay Bridge. Per cui smettiamo di ingannarci. Nel mondo dei grandi progetti urbani, il primo budget è in realtà relativo solo ad un acconto. Se i cittadini sapessero sin dall’inizio il costo effettivo dell’opera, nessun progetto sarebbe mai approvato. L’idea è partire in qualche modo e poi aggiustare il tiro”.

Come ha osservato Hirschman, nel realizzare grandi progetti gli esseri umani sono ingannati dalla mancata conoscenza delle circostanze effettive della realtà. Hirschman giudicava positivamente questo fenomeno, poiché a suo giudizio così come si sottostimano i costi effettivi, si sottostima anche la capacità di reagire alle difficoltà utilizzando la creatività. Per usare le sue parole, “l’unico modo per sprigionare al massimo le nostre forze creative consiste nel sottostimare la complessità del task, dandone una rappresentazione inizialmente semplice, di routine, o comunque che non necessita della genuina creatività che sarà poi necessario mettere in campo per risolverlo”.

Hirschman definiva questo fenomeno come il ‘principio della mano invisibile’, vale a dire “una sorta di mano occulta che provvidenzialmente ci nasconde le reali difficoltà, in una situazione in cui la sottostima delle difficoltà è compensata dalla sottostima della nostra abilità di superarle, aumentando in tal modo la capacità del genere umano di esercitarsi efficacemente in attività di problem solving”.

Oggi sappiamo che, nonostante vi possano essere aspetti di verità in questo modo di vedere le cose in alcune tipologie di progetti e contesti applicativi, tali conclusioni non possono essere ritenute rappresentative dell’intero universo di progetti di grandi dimensioni.

In particolare, l’assunto per il quale l’ottimismo applicato alla stima dei costi si compensi con il pessimismo collegato alla stima dei benefici, è stato efficacemente confutato dagli studi sull’economia del comportamento, che si sono incaricati di dimostrare come l’effetto distorsivo dell’ottimismo si applichi in realtà sia ai costi che ai benefici.

Una stima ottimistica dei costi conduce al sottodimensionamento iniziale e ad un incremento in itinere, laddove una stima ottimistica dei benefici conduce ad una minore utilità dell’opera rispetto a quanto preventivato. A differenza di quanto ipotizzava Hirschman, gli errori di stima non si annullano reciprocamente, ma si sommano.

Indubbiamente, è alquanto frequente per gli sponsor di progetto ritenere che i propri progetti saranno di aiuto alla società e che quindi essi sono giustificati quando aggiustano volontariamente le stime di costo e di benefici.

Questo modo di ragionare però è sbagliato. Sottostimare i costi e sovrastimare i benefici di un progetto conduce ad un errato rapporto costi benefici, il che implica due problemi. Il primo è che il progetto viene avviato nonostante il fatto che non sia economicamente e finanziariamente sostenibile. Il secondo problema è che il progetto selezionato ne elimina altri concorrenti che potrebbero avere avuto maggiori ritorni e risultati migliori per la collettività. Entrambe le situazioni configurano casi di inefficienza Paretiana, in cui le risorse sono allocate in modo errato, e nel caso di risorse pubbliche, spreco di denaro dei contribuenti.

Quindi, anche solo utilizzando ragionamenti di efficienza economica, l’argomento che la sottostima dei costi e la sovrastima dei benefici si possano giustificare per consentire l’avvio dei progetti va confutato interamente. Vi sono anche ragioni giuridiche ed etiche per opporvisi. Nella maggior parte dei paesi democratici, mentire deliberatamente al legislatore, ai pubblici amministratori, al pubblico e ai media a proposito di costi e benefici di progetto sarebbe considerato un comportamento non solo eticamente inaccettabile, ma in alcuni casi anche illecito. Anche nelle aziende private, la falsa rappresentazione della realtà è un crimine punibile negli Stati Uniti fino a 20 anni di reclusione.

La compresenza del paradosso dei mega progetti con il modello break fix determina quello che l’autore definisce come una sorta di effetto di Darwinismo alla rovescia, dove i migliori progetti sulla carta diventano i peggiori o i meno adatti nella realtà.  Vengono pertanto implementati i progetti con la più ampia sottostima di costi e sovrastima di benefici. Più ampia è la sottostima dei costi sulla carta, maggiore è lo slittamento dei costi e la riduzione di benefici concreti nella realtà. Per cui ad essere scelti sono i progetti che incontreranno i maggiori problemi nella realtà durante le fasi di realizzazione. Si tratta a tutti gli effetti di disastri in attesa di verificarsi. Il risultato è che persino la maggiore associazione di categoria, la Major Projects Association, ha affermato che “si avviano troppi progetti che non avrebbero dovuto realizzarsi”.

Implicazioni della ricerca

E’ opportuno chiedersi se si stia cominciando a prendere coscienza di queste criticità e ad affrontare il problema. La domanda che possiamo porci è: si vede una luce in fondo al tunnel? Secondo l’autore, fortunatamente si. Sembrano intravedersi alcuni segni di miglioramento nella gestione dei mega progetti.

Il tacito consenso intorno all’idea che una falsa rappresentazione degli economics del progetto è una pratica accettabile nel project management è sotto attacco. Subito dopo essersi insediato, il presidente Obama ha dichiarato che “lo sforamento dei costi, la frode e gli abusi rappresentano un problema centrale nella gestione degli appalti pubblici”. Una ragione più pragmatica è legata al fatto che i progetti sono così grandi che il loro insuccesso può portare al fallimento di intere corporation e al licenziamento di importanti top manager. E’ già successo con il  superjumbo jet Airbus A380, quando ritardi, costi eccessivi e caduta del reddito hanno determinato l’uscita di scena del CEO e di parte del management coinvolto. Il CEO della BP è stato costretto alle dimissioni in circostanze simili e la compagnia ha perso più della metà del suo valore quando si è verificato il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico nel 2010.

Negli ultimi 20 anni, anche nel settore privato, i mega progetti stanno assumendo un ruolo centrale coinvolgendo fondi azionari e pensionistici, ed il ruolo delle banche è sempre più rilevante. I capitali privati non sono la panacea per curare i mali della gestione dei mega progetti, anzi in alcuni casi possono addirittura peggiorare le cose. Gli investitori privati, però, rischiano in proprio quindi potrebbero non accettare le previsioni economiche dei project manager. Le banche in genere, chiedono ai propri consulenti di fare proprie previsioni che rappresentano passaggi importanti verso la giusta direzione. Inoltre i regimi democratici nel mondo stanno diventando più forti. Scandali economici come quelli che hanno coinvolto la Enron o la WorldCom hanno spinto verso legislazioni più rigide e mitigato l’influenza delle grandi multinazionali sui governi. Sebbene i passi in avanti siano lenti, una buona governance si sta facendo strada anche tra i mega progetti. I principali driver del processo di riforma si collegano direttamente ad attori che non rappresentano le agenzie e le industrie che sono normalmente coinvolti nei mega progetti e questo può aumentare le probabilità di successo. Ad esempio, il ministero del tesoro britannico oggi richiede che tutti i ministeri sviluppino e implementino procedure specifiche per la gestione dei mega progetti frenando l’effetto distorsivo dell’ottimismo di cui si è parlato in precedenza. I fondi non saranno disponibili per quei progetti che non tengono in considerazioni questi bias e alcune metodologie sono state sviluppate per raggiungere questi obiettivi. La Svizzera e la Danimarca hanno seguito l’esempio britannico. In Australia, il Parlamento dello Stato di Victoria ha condotto un’inchiesta per sapere come il governo può arrivare a risultati migliori nella gestione dei progetti infrastrutturali.

Infine, la ricerca sulla gestione dei mega progetti sta finalmente cominciando ad avere influenze positive sulla pratica. Questo filone di ricerca ha fatto di recente notevoli passi in avanti nell’analisi e comprensione delle principali cause di fallimento e sul come evitarle. Ad esempio, oggi vi è consapevolezza del fatto che l’effetto distorsivo dell’ottimismo ed una cattiva rappresentazione strategica sono spiegazioni più significative rispetto a quelle passate. Di conseguenza alcune soluzioni possibili sono state proposte, dal front-end management  al reference class forecasting, all’institutional design per una migliore accountability. Grazie a questi sviluppi le cose si stanno muovendo nella giusta direzione. La comunità che studia e realizza mega progetti ha cominciato a discuterne, l’accademia sta muovendo i primi passi verso la giusta direzione. La ricerca comincia ad offrire strumenti e metodi più adatti alla gestione di questi mega progetti che si stanno diffondendo tra i practitioners.

Bibliografia

Flyvbjerg, B. (2013). Quality control and due diligence in project management: Getting decisions right by taking the outside view. International Journal of Project Management, 31(5), 760–774.

Flyvbjerg, B., & Budzier, A. (2011). Why your IT project might be riskier than you think. Harvard Business Review, 89(9), 24–27.

Hirschman, A. O. (1967). Development projects observed. Washington, DC: Brookings Institution.

The White House. (2009). Remarks by the President and the Vice President at Opening of Fiscal Responsibility Summit, 2–23–09. Office of the Press Secretary, February 23.

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