Oramai molte Università stanno impiegando l’Information Technology (IT) e l’e-learning per supportare la condivisione di conoscenza e fornire e distribuire apprendimento attraverso il web. Ma l’interoperabilità tra sistemi di e-learning non è ancora assicurata, limitando e/o rallentando i processi di knowledge management & creation, oggetto di riflessione nel presente contributo.
È learning…l’e-learning?
Se interpretare il futuro è oramai esercizio molto difficile, a causa delle variabili multiple che intervengono e si determinano, nel rappresentare l’Università futura posto di primo piano finisce per assumere l’Information Technology, quale connettore e creatore di conoscenza e apprendimento (Aurelie Bechina Arntzen, et al, 2009). D’altronde, qualsiasi organizzazione in prospettiva troverà nella tecnologia quella partnership capace di rendere più funzionali le proprie modalità di servizio, soprattutto in un momento in cui l’uso di internet e del web rende tutto più connesso, aumentando le interazioni tra coloro a diverso titolo interessati.
Anche all’interno delle Università, l’uso delle tecnologie dell’informazione finisce per essere considerato fattore abilitante per creare e facilitare lo sviluppo della conoscenza e la sua condivisione, migliorando la qualità stessa della formazione e dell’apprendimento. Da tempo infatti, anche nel nostro Paese, da una logica di istruzione push e centrata sul docente, si è passati ad una logica pull, ovverossia co-determinata con il discente, attraverso le metodologie di didattica attiva. Ne deriva pertanto che le dinamiche dell’apprendimento non riguardano solo il “trasferimento di contenuti” docente-studente, ma anche tutto quanto concerne i processi emotivi e relazionali che si vengono a sviluppare nell’interazione e nella partecipazione con gli allievi.
Tale processo di cambiamento, ha finito pertanto con l’impattare non solo sulle metodologie didattiche e sul ruolo del docente (Muñoz et al., 2015), ma anche su tutte quelle modalità idonee a sviluppare l’apprendimento, che vanno oltre l’aula tradizionale, riconoscendo significato anche all’apprendimento definito sulla base delle esperienze vissute (Boldizzoni/Nacamulli, 2004).
Nello specifico l’e-learning, basandosi sulle tecnologie digitali e il web, utilizza molteplici metodi di insegnamento per erogare e distribuire apprendimento attraverso programmi di istruzione e formazione e strumenti per la gestione della conoscenza. Più precisamente, l’e-learning non riguarda solo la formazione in senso stretto ma, più in generale, i processi di trasmissione, scambio e sviluppo della conoscenza fra individui, gruppi e organizzazioni resi possibili dalla rete (Wild, et al., 2002).
La storia dello sviluppo dell’e-learning ha comunque attraversato quattro fasi caratteristiche, rappresentate dal (1) Distance Schooling; (2) Distance Learning; (3) E-learning e (4) Complex Learning.
(1) Il distance schooling (scolarizzazione a distanza) rappresenta la prima forma di educazione a distanza, le cui origini risalgono all’Ottocento, che si contraddistingue per l’attivazione dei primi corsi per corrispondenza in Svezia ed in Inghilterra. In questa prima fase non viene in rilievo il problema del processo di apprendimento a distanza, ma ci si limita a preparare buoni supporti didattici.
(2) L’affacciarsi del Distance Learning (apprendimento a distanza) segna l’emergere di processi didattici supportati dalla tecnologia, prima abilitati dal mezzo televisivo (oltre che dalla radio), dai dischi, dai nastri e dalle cassette audio, poi dalle videocassette ed infine dai supporti digitali.
(3) L’E-learning (apprendimento attraverso il web) rappresenta una forma di insegnamento mediata dalle tecnologie digitali e dalla comunicazione che prevede la realizzazione di ambienti virtuali e di codici comunicativi di natura sincrona (in presa diretta) o asincrona (comunicazione via email). Nell’e-learning, l’Information Technology (IT) in generale e Internet in particolare, abilita (a) lo studente insieme agli altri attori del processo conoscitivo a partecipare attivamente al processo di co-produzione della conoscenza, (b) la formazione di comunità virtuali con un processo di accumulazione di capitale sociale.
(4) il Complex Learning (apprendimento complesso) rappresenta la fase in cui è possibile mixare in modo strategico e flessibile diverse modalità e differenti sistemi di formazione come (a) integrazione fra modalità tradizionali ed e-learning, (b) integrazione digitale dei “codici comunicativi” e la learnativity, (c) integrazione delle attività di formazione con la catena di produzione del valore.
Tutto quanto proposto evidenzia una tensione e un’attenzione nuova allo sviluppo delle dinamiche di cambiamento portate dalle tecnologie informatiche e della comunicazione sulla formazione, mettendo a sistema un uso composIto di metodologie didattiche miste, utili ai processi di apprendimento individuale ed organizzativo.
Dall’entropia all’e-learning collaborativo…
Ma se nel modello classico di e-learning esiste la previsione di attività collaborative e/o di scambio di conoscenza tra operatori e fruitori, un aspetto non sempre e non ben considerato è quello dello scambio di dati e informazioni tra sistemi di e-learning diversi. Nel contributo di Masud del 2016, l’interoperabilità tra sistemi di knowledge e learning viene affrontata, provando a fornire modalità di soluzione utili a superare tali limitazioni.
Infatti, mentre i sistemi di e-learning stanno diventando strumenti sempre più importanti per consentire e fornire l’accesso ai materiali di apprendimento, tutto questo avviene in modalità singola, portando a considerare ogni sistema di e-learning alla pari di un sistema chiuso. L’accesso ai materiali di formazione è infatti permesso solo all’utente dell’organizzazione proprietaria del sistema di e-learning, impedendolo scambio di dati e conoscenza tra sistemi e utenti, nonostante l’indubbio vantaggio che ne trarrebbe l’utilizzatore dalla condivisione di tali dati e informazioni. Tali limiti continuano ad operare anche laddove esistano accordi di collaborazione, di partnership e ricerca tra le stesse istituzioni universitarie, che non affrontano il problema né contribuiscono alla risoluzione.
La conseguenza è che all’aumentare costante del numero di sistemi che si muovono nel mondo e-learning, senza che si sviluppino parallelamente gli scambi e le relazioni inter-organizzative, aumenta l’eterogeneità dei dati e dei contenuti presenti sul web, senza alcun riverbero sull’interoperabilità relativa.
Un ambiente di e-learning collaborativo è necessario invece per condividere contenuti e aumentare il livello della conoscenza, pur rispettando l’indipendenza dei singoli sistemi di e-learning. La costruzione di ambienti collaborativi rappresenta però un obiettivo sfidante, vista la mole di informazioni, contenuti e dati disponibili, tutti eterogenei perché progettati, realizzati e resi disponibili con forme, obiettivi e modalità diverse.
D’altronde, l’integrazione virtuale di tutti i dati disponibili, al fine di raggiungere l’interoperabilità e supportare l’accesso anche in remoto dei contenuti, consente di condividere e distribuire in maniera efficiente le informazioni. Ma tale tipo di integrazione chiede che lo scambio dei dati possa avvenire attraverso l’uso di schemi e mappe di condivisione aventi vocabolari simili e che siano correlati semanticamente. Per poter condividere dati tra sistemi e-learning in un ambiente collaborativo, una possibile soluzione potrebbe essere creare una relazione di dominio tra valori e mappe corrispondenti.
Infatti, anche solo effettuare una ricerca dal contenuto specifico in un ambiente collaborativo diventa un elemento sfidante, tanto che negli ultimi anni molti sistemi informativi sul web sono stati proposti per risolvere tali problemi di comunicazione. Questi sistemi usano filtri per l’informazione e strumenti di supporto alle decisioni finalizzati a fornire specifiche richieste personalizzate sui bisogni degli utenti e rispetto le richieste specifiche di contesto.
Il contributo di Masud, si pone pertanto l’obiettivo di affrontare tali situazioni, provando ad intervenire non tanto sul problema della connettività tra due o più sistemi e-learning, quanto piuttosto superare del tutto tali limitazioni, provando a consentire a sistemi e-learning del tutto autonomi e differenti, di poter condividere dati ed informazioni liberamente, sia all’interno che rispetto al contesto esterno.
Il tema era già stato oggetto di analisi e studio da parte di altri autori, anche se con specificità differenti; alcuni si sono focalizzati sul contenuto multimediale dei sistemi e-learning (Alsadhan et al., 2014), proponendo soluzioni capaci di integrare contenuti di differenti discipline in uno stesso sistema e-learning. Altri, hanno lavorato per individuare un sistema capace di supportare l’immagazzinamento e l’uso di contenuti di apprendimento provenienti da differenti istituti collaborativi, grazie ad un sistema centralizzato di stoccaggio dei contenuti. Altri hanno proposto un approccio capace di combinare la conoscenza derivante da differenti strumenti di apprendimento, attraverso la progettazione di un sistema di mappatura dei domini. Altri ancora si sono concentrati su un sistema di apprendimento collaborativo che integra l’architettura di differenti sistemi di e-learning, attraverso la definizione di un database, dove tutti i contenuti di apprendimento possano essere immagazzinati e fruiti da utilizzatori appartenenti a istituzioni diverse (Adeola et al., 2013).
Il lavoro di Masud, pertanto, finisce per insistere sul tema proponendo di risolvere tutti i limiti precedenti, attraverso un sistema di gestione dei contenuti di apprendimento capace di connettere i differenti sistemi di e-learning, in modo da condividere e rendere possibile l’accesso ai contenuti, senza la necessaria definizione di un sistema centralizzato, per come proposto, e senza un database centrale di condivisione. Infatti per Masud e colleghi un ambiente di apprendimento collaborativo è un sistema complesso che abbisogna di differenti tipi di soluzioni per le differenti sfide collegate alla ricerca e alla conoscenza (vedi fig.1).
L’obiettivo del lavoro pertanto è stato quello di focalizzarsi su una soluzione capace di assicurare l’interoperabilità dei dati e la gestione e dei contenuti e delle tecniche di elaborazione delle richieste necessarie in un ambiente di e-learning collaborativo. In questo modo, i diversi sistemi e-learning condivideranno le informazioni tra loro pur restando indipendenti e mantenendo autonome le fonti dei dati e i meccanismi di creazione della conoscenza; così, mentre le diverse parti coinvolte (amministratori, istruttori, tecnici, etc…) si preoccuperanno di fornire conoscenza al sistema, lo sviluppo di azioni collaborative permetteranno agli studenti di fruire di contenuti e conoscenza altrimenti limitata e confinata dentro alcuni sistemi “diversamente chiusi”.
La tecnologia spinge per l’apprendimento collaborativo…
Da quanto anticipato, esiste tutta una serie di elementi che finiscono per rallentare e/o limitare la possibilità di condividere informazioni e conoscenza tra diversi sistemi e-learning. La ricerca di Masud insiste su tali condizionamenti, suggerendo strade alternative a quelle finora proposte sul tema, evitando possibili sovrastrutture o farraginosità operative.
Infatti, dato che i diversi sistemi e-learning creano la propria fonte di dati secondo logiche indipendenti e successivamente li conservano in maniera autonoma, l’eterogeneità risultante tra i sistemi può essere letta in due modi e le sfide all’interoperabilità avvengono sia a livello di schema che a livello di dati. Così, nel tempo, si è agito sull’individuazione di specifici schemi per superare il primo tipo di eterogeneità; sono state poi segnalate opportune tavole semantiche per risolvere l’eterogeneità connessa alla diversità di dati da scambiare.
Nella figura 2, viene riportato il processo di generazione dei contenuti e gli elementi che intervengono nel processo di condivisione ed interoperabilità tra sistemi diversi, per consentire la realizzazione di un ambiente e-learning realmente collaborativo.
Oltre quanto rappresentato, un limite ulteriore all’interoperabilità è collegato alle difficoltà di comunicazione e di relazione tra dati esistenti per il tramite degli standard relazionali disponibili; così che la richiesta di informazioni tra sistemi diversi deve riuscire a ritrovare e colloquiare con meccanismi semantici idonei ad estrarre i dati ricercati.
Sulla base di tali analisi, la ricerca di Masud si è concentrata sul ritrovare modalità operative capaci di superare e rendere meglio fruibili i dati e le informazioni distribuite nei diversi sistemi e-learning, nella consapevolezza che sviluppare relazioni collaborative tra istituzioni, consente di accrescere e sviluppare meglio il livello di conoscenza nei fruitori. Le sue sperimentazioni hanno permesso di evidenziare come l’utilizzo di un meccanismo ad hoc per la formulazione delle domande di ricerca possa contribuire a risolvere taluni dei limiti e dei condizionamenti evidenziati.
Implicazioni operative & visioni “intime”
Se andiamo a osservare (attraverso i siti web) la situazione presente nel Sistema Universitario Nazionale è possibile considerare la diffusione e uso dei sistemi e-learning nei nostri Atenei (l’analisi è su 78 Università, escludendo dal novero gli 11 Atenei Telematici). La lettura dei dati evidenzia che numerosi Atenei Italiani erogano formazione non soltanto in maniera tradizionale, ma anche on web, rivolgendosi non solo ai propri studenti, ma anche ad altri soggetti, anche in maniera gratuita.
Nel dettaglio, per come riportato nella figura n°3, nella prima categoria, vale a dire quella in cui le Università dispongono di una apposita piattaforma e-learning per fornire i corsi tramite la rete unicamente ai propri studenti ne troviamo n°59. Sono invece n°7 gli Atenei che erogano la formazione a distanza solo in modalità gratuita nei confronti di tutti. Sono sei le Università che danno la possibilità di frequentare i corsi tramite rete sia agli iscritti che ai non iscritti, gratuitamente. Gli Atenei infine che erogano formazione tradizionale sono complessivamente nel numero di n°6.
Se quanto presentato ci offre una panoramica della situazione nazionale, nel frattempo l’iniziativa OpenCourseWare del MIT – Massachussets Institute of Technology – metteva a disposizione i materiali didattici gratuitamente fin dal 2002, consentendo oggi l’accesso a più di n°2.100 corsi on line.
Alla base di questi corsi c’è uno specifico modello pedagogico, detto Connettivismo, in base al quale la conoscenza non è un elemento statico e individuale ma è generata dalle connessioni tra persone e tra nodi informativi, rappresentando la stessa vitalità dei nodi – che connettono persone e contenuti – elemento base dell’apprendimento. In tal modo, i partecipanti al corso formano una rete di apprendimento e di supporto alle conoscenze che è fornita non solo dagli esperti, ma da tutti quelli che appartengono alla comunità medesima. Si tratta delle c.d. comunità di pratiche che si ispirano al concetto di apprendimento fra gli individui, basato sulla condivisione delle esperienze, sull’individuazione delle migliori pratiche e sull’aiuto reciproco nell’affrontare i problemi quotidiani.
Quanto riportato evidenzia come, a partire da un certo periodo di tempo, nell’affrontare il tema dell’e-learning, enfasi particolare sia stata assegnata alla “e”, ovverossia alla componente tecnologica, non considerando la complessità del processo d’innovazione formativa che viene attivata con il supporto tecnologico, senza per questo necessariamente esserne determinato.
Complessità tecnica, cognitiva, culturale e sociale che supportata dalle tecnologie, finisce per aprire nuovi orizzonti di crescita e di apprendimento sia a livello individuale che organizzativo. Questa nuova consapevolezza deve spingere pertanto, a ripensare le logiche di implementazione e sfruttamento delle nuove opportunità di innovazione, coniugando idonee attenzioni pedagogiche con quanto viene abilitato dall’ICT, immaginando anche strategie di formazione blended (mista). Secondo questo approccio, bisognerebbe evitare di considerare le nuove tecnologie e l’ICT come la killer application rispetto le altre modalità di formazione, superando quella logica competitiva tra i metodi “in aula” e quelli “fuori” e “oltre l’aula”, che vede il prevalere dell’uno sull’altro metodo.
Nell’attualità, la vera sfida non è la semplice sostituzione di un metodo con un altro, ma quello dell’integrazione e della partnership fra la gamma più ampia possibile di metodologie disponibili. La vera sfida nell’attualità è, quindi, quella legata allo sviluppo di forme di collaborazione fra i media tradizionali e quelli connessi alle potenzialità della rete e del web, influenzate come sono dagli usi sociali, dalle interpretazioni culturali e dalle tensioni emergenti.
A noi – Comunità Accademica – la capacità di coglierne opportunità e sfide.
Riferimenti Bibliografici
- Adeola, S. O., Adewale, S. O., & Alese, K. B. (2013). Integrated E-learning system (IES) for the Nigeria universities: an architectural overview. American Journal of Database Theory and Application, 2(No.1).
- Alsadhan, A. O., Alhomod, S., & Shafi, M. M. (2014). Multimedia based E-learning : design and integration of multimedia content in E-learning. International Journal of Emerging Technologies in Learning, 3.
- Aurelie Bechina Arntzen, A., Worasinchai, L., and Ribière, V. M. (2009) An insight into knowledge management practices at Bangkok University, JKM, Vol. 13, No. 2, pp 127-144.
- Boldizzoni D., Nacamulli, R. C. D. (2004) (a cura di). Oltre l’aula. Strategie di formazione nell’economia della conoscenza,Milano, Apogeo.
- Masud M. (2016), Collaborative e-learning systems using semantic data interoperability. In Computers in Human Behavior, Vol. 61 pp.127-135.
- Muñoz Carril, González Sanmamed, and Hernández Sellés (2015). Pedagogical Roles and Competencies of University Teachers Practicing in the E-Learning Environment, IRRODL, Vol.14, No.3, pp.462-487.
- Wild, R. H., Griggs, K. A., and Downing, T. (2002). A framework for E-learning as a tool for knowledge management, IM&DS, Vol. 102, No. 7, pp 371-380.