Bisogna riconoscere come legittima una analisi
degli atti in virtùdei quali l’universo delle misure
e delle operazioni si costituisce a partire dal
mondo vissuto considerato come sorgente
Maurice Merleau-Ponty (16)
Il contributo traccia le linee guida di una prospettiva “complessa” al tema dell’intelligenza applicata nella dinamica delle relazioni. Definiamo quattro “intelligenze relazionali” come capacità sistemiche attivate con diversa intensità a seconda delle situazioni. Le combinazioni, posizionate tra le polarità, definiscono due classi di accoppiamento delle intelligenze e otto modelli emergenti d’azione. Passo successivo: trarne implicazioni manageriali
Cos’è un sistema complesso? Una forma organizzata in continuo mutamento
Un sistema complesso è un sistema in cui i singoli elementi interagiscono tra di loro determinando un comportamento diverso da quello dei singoli elementi che lo costituiscono: possiamo perciò parlare di un’entità organizzata, organica e globale. Un sistema complesso a sua volta è generato da sistemi interconnessi ed interdipendenti che danno vita ad una sorta di vertigine di sistemi dentro sistemi, l’un l’altro innestati ed intrecciati. In questa trama i sistemi si influenzano reciprocamente assumendo una forma emergente, organizzata per livelli ed alimentata dalla circolarità delle continue relazioni di causa-effetto sia orizzontali che verticali (5). Ogni sistema innestato è un livello del sistema globale di cui è parte ed è costituito a sua volta da elementi che interagiscono tra di loro con modalità sia cooperative che competitive, contribuendo alla forma dell’intera gerarchia di relazioni; una forma coerente e riconoscibile, espressione di uno spazio di attrazione (7).
Svolgere un’analisi complessa di un processo organizzativo vuol dire applicare all’indagine una visione sistemica per livelli ed un approccio emergenziale (13); in tal modo è possibile, per un verso, immaginare e predire quali potranno essere le possibili dinamiche evolutive dei sistemi di connessioni che definiscono le situazioni e, per l’altro, agire in coerenza con il flusso di eventi atteso. La dinamica complessa è un flusso circolare di successive e concatenate dinamiche relazionali che modificano l’assetto ed i meccanismi di relazione non deliberati generando così nuove forme organizzate di funzionamento (27).
Cosa si intende per paradigma relazionale? Un modello culturale che sposta la sua focalizzazione dalla centralità della persona alla centralità della relazione
Il presupposto fondante dell’approccio complesso è che ognuno di noi è in relazione con tutto e tutti; ecco perché, riferendosi all’approccio più efficace per comprendere la dinamica dei sistemi umani, spesso si parla di paradigma relazionale (23). E questo non solo nello spazio, vicino o lontano da noi, ma anche nel tempo: ciò che è avvenuto prima e ciò che ancora non è accaduto ma che si sta già preparando ad accadere come effetto delle nostre azioni o non azioni. Secondo il principio dell’ecologia dell’azione, non siamo in grado di prevedere con precisione le relazioni tra ciò che stiamo facendo – o non facendo – adesso e ciò che questo determinerà tra un giorno, un mese o un anno; l’uomo comprende la complessità della vita comprendendone le relazioni (17).
A livello sociale, le connessioni e le interazioni tra gli individui compongono sistemi dinamici che definiscono le forme espressive della vita nell’ambiente e la loro evoluzione. La vita emerge in ambito relazionale; sono le relazioni esistenti tra le singole identità – intime e sociali – a definire il contesto dell’azione. La vita è ordine perché ogni elemento è organizzato in relazione con altri che ne riconoscono e convalidano l’esistenza; è impossibile studiare l’essenza di un qualunque organismo vivente senza inserirlo in un ambito relazionale (2).
Perché il benessere è un costrutto complesso? Perché emerge da un circuito di relazioni
Benessere personale ed organizzativo sono due costrutti complessi perché emergono dalla qualità delle relazioni con e tra le persone. Il benessere non esiste di per sé; è un benessere relazionale (1), un processo in continuo divenire che emerge in funzione delle qualità del contesto, del sistema di relazioni in cui è inserito e dei comportamenti individuali. Possiamo parlare di un “circuito organizzativo del benessere” distinguendo tra due aspetti: quello relativo alle relazioni interpersonali e quello relativo alle relazioni eco-sistemiche.
Star bene vuol dire vivere bene le situazioni: non esiste uno stato stabile ed immutabile di benessere ma un processo di successive situazioni in cui ci si sente bene. Il benessere non è, dunque, uno stato ma una forma complessa in continuo mutamento, un sistema gerarchico di livelli le cui trame dipendono dalle capacità relazionali che ognuno di noi esprime con gli altri e dal loro continuo rapporto circolare. Quanto più queste capacità si attivano, manifestandosi attraverso azioni adeguate, coerenti ed allineate alla situazione ed ai propri desideri tanto più le persone favoriscono la creazione di una forma di benessere per se stesse e per gli altri. E’ bene, dunque, imparare e sperimentare attraverso l’agire come le nostre capacità relazionali possano essere esercitate, migliorate ed attivate, per tipologia ed intensità, sia a livello di relazioni interpersonali che a livello di relazioni con l’ecosistema.
In cosa consiste la capacità di relazionarsi? E’ una forma complessa: un’intelligenza sistemica emergente
Poiché la vita è tanto più soddisfacente e tanto più gratificante quanto migliore è la forma di benessere fisico e psicologico – nostra, dei nostri cari e delle persone che abitano il nostro ambiente – la capacità di relazionarci nel mondo può a buon diritto essere ritenuta la più importante e potente forma di intelligenza che abbiamo a disposizione: quella che d’ora in avanti denomineremo “intelligenza relazionale” (26). Essere intelligenti vuol dire saper leggere tra le persone, tra gli eventi e tra le cose con lo scopo di stare bene e fare in modo che anche gli altri stiano bene. Serve comprendere il contesto e le sue adiacenze, raccogliere idee ed informazioni riguardo a qualcuno ed a qualcosa in relazione. Da qui prende forma il concetto di intelligenza relazionale come capacità di scoprire relazioni ed interconnessioni tra i vari aspetti della realtà per giungere ad una sua comprensione più ampia e più completa, per generarne un senso ed un comportamento ad esso coerente. E’ necessario che ognuno di noi impari ad attivare con efficacia questo tipo di capacità per prendere delle buone decisioni assumendosi al contempo la piena responsabilità del proprio comportamento.
L’intelligenza relazionale deve essere letta e studiata come un sistema di capacità emergenti dal rapporto di reciprocità con gli altri e che ci consente di dare significato alla realtà che frequentiamo (3). A seconda della specifica situazione e delle condizioni di attivazione delle nostre capacità relazionali gli effetti delle nostre azioni potranno risultare assai diversi.
Perché l’idea di un nuovo approccio al tema dell’intelligenza? Perché l’intelligenza relazionale evita l’astrazione e si focalizza sulla situazione e sui mutamenti
Non è possibile astrarre il comportamento della persona dallo specifico contesto e dalla situazione in cui si compie un’azione. Negli studi sull’intelligenza è stata fino ad oggi consuetudine quella di porre al centro dell’analisi l’individuo, pur nella varietà delle sue relazioni, con lo scopo di astrarre prima e definire poi delle leggi generali di comportamento. Ne sono conseguite categorizzazioni delle azioni umane come più o meno intelligenti e come più o meno efficaci e ciò indipendentemente dal circuito della specifica relazione in essere. Si è scelto di capire la dinamica del causa-effetto e non di leggere le possibilità offerte dall’analisi delle trame. L’approccio classico alla importante questione dell’intelligenza dell’uomo spesso è rimasto confinato alle competenze tipologiche e cognitive; solo negli ultimi decenni è stato ampliato alle competenze emotive e, per inclusione indifferenziata, a quelle sociali (14, 8, 6).
In linea con i tradizionali modelli matematici e statistici basati sull’isolamento di specifiche relazioni tra variabili a parità di condizioni e sul calcolo degli indicatori di correlazione, l’approccio individuale ci ha abituati a ragionare per differenze assolute ed a determinare – spesso anche in modo pregiudizievole (11) – il livello di intelligenza di un soggetto rispetto ad un altro indipendentemente dalle circostanze fattuali, con la convinzione che se un individuo viene misurato come più intelligente di un altro questo vantaggio può essere ritenuto tale in ogni contesto in cui il soggetto si trova ad operare, secondo un principio di ripetibilità della performance.
Diversamente, ciò che si propone con un approccio relazionale è lo spostamento del livello di indagine: dal livello individuale al livello relazionale. Si propone di eliminare qualsivoglia astrazione e generalizzazione per focalizzarsi esclusivamente sulla generatività della relazione e sulla unicità del caso, cioè della situazione considerata nelle sue condizioni di flusso e di mutamento (12). Il modello situazionale e circolare che proponiamo concettualizza l’intelligenza relazionale non come una competenza tangibile della persona ma come una abilità intangibile ed emergente dalla relazione. L’intelligenza emerge attraverso l’attivazione di capacità e si manifesta attraverso l’azione; si tratta cioè di una “capacità in azione” (21, 18) che attinge ad una sorgente esperienziale che viene diversamente plasmata con gli altri e tra gli altri a seconda delle circostanze di vita (28).
L’adozione di un paradigma relazionale sposta completamente il focus della ricerca interpretativa sul processo di apprendimento e sulla formazione di senso dell’azione umana da un sistema di caratteristiche appartenenti all’individuo ad una proprietà emergente dal sistema delle relazioni (24). Restano, invece, riservate ad un’analisi individuale le considerazioni sulla formazione e sulle caratteristiche dell’intelligenza connessa allo sviluppo ed all’esercizio delle competenze umane di tipo riflessivo e di tipo introspettivo ed auto-regolamentativo (9).
Quanti e quali sono i livelli dell’intelligenza relazionale? Sono due: interpersonale ed ecosistemico
In una prospettiva complessa definiamo l’intelligenza relazionale come l’emergenza di un sistema gerarchico composto da più livelli di intelligenze tra loro connessi ed innestati. Abbiamo individuato due livelli d’analisi: il livello che afferisce le relazioni con l’altro ed il livello che afferisce le relazioni con l’ambiente. Questo ci consente di suddividere l’intelligenza relazionale in due classi logiche di intelligenza: la classe delle intelligenze interpersonali e la classe delle intelligenze ecosistemiche. Le due classi, posizionate in due diversi domini interpretativi, includono differenti competenze personali di funzionamento – che si manifestano attraverso l’utilizzo di tecniche d’azione – ed esprimono differenti capacità relazionali – che emergono dal modo in cui si svolgono le azioni. Il saper fare ed il saper essere si connettono in un unico disegno delle capacità in azione.
Diversamente dall’approccio classico alle intelligenze – che definisce l’intelligenza come un set di competenze individuali e l’intelligenza sistemica come una specifica intelligenza (10) – le intelligenze relazionali non sono semplicemente applicazione di competenze tecniche ma capacità di natura complessa che godono delle proprietà sistemiche dell’interdipendenza e dell’emergenza.
Quante e quali sono le intelligenze interpersonali? Sono due: intelligenza emotiva e intelligenza sociale
Le intelligenze relazionali interpersonali sono quella emotiva e quella sociale ed emergono con diverse modalità espressive a seconda del focus delle relazioni prese in esame. L’intelligenza emotiva pone il focus sulla relazione della persona con l’altro; l’intelligenza sociale pone il focus sulla relazione della persona con i gruppi sociali. Entrambe le intelligenze interpersonali devono essere esercitate e rese attive dalla persona, poiché è solo nella loro fluida combinazione che si può esprimere lo sviluppo integrale dell’essere umano nelle sue relazioni con gli altri. Sono le intelligenze che ispirano e guidano la nostra condotta quotidiana, quelle che rendono maggiormente visibili e riconoscibili le intenzioni implicite e le finalità esplicite delle nostre azioni.
L’intelligenza emotiva è la proprietà che emerge dall’attivazione della capacità di riconoscere ed utilizzare in modo consapevole e costruttivo le proprie emozioni, comprendere le emozioni dell’altro e facilitarne lo sviluppo costruttivo. Una persona ha una buona intelligenza emotiva quando è in grado di gestire le emozioni in modo generativo: si attutiscono le emozioni distruttive, come rabbia ed invidia – evitando così di esserne vittime soprattutto in condizioni di forte pressione emotiva – e si dà maggiore spazio alle emozioni creative, come gentilezza ed empatia. In tal modo si agevola lo sviluppo di un campo di fiducia con l’altro, creando un contesto favorevole che mette a proprio agio l’interlocutore rendendolo aperto ad una relazione serena, sincera e costruttiva.
L’intelligenza sociale è la proprietà che emerge dall’attivazione della capacità di riconoscere ed essere consapevole dei ruoli sociali, quello proprio e quello degli altri, all’interno del gruppo in cui si agisce. Una buona intelligenza sociale vuol dire essere capaci di potenziare le proprie competenze adeguandone le modalità espressive al ruolo: saper costruire legami ed intessere relazioni allineate ed asservite, saper conversare adeguatamente ed in modo coerente per confermare le proprie responsabilità, sapersi conformare al gruppo nei modi adeguati ai poteri ed alle prerogative attribuite dalla consuetudine, proporsi attivamente in un’organizzazione sociale per affermare in modo coerente il proprio ruolo con i pari, i subalterni e i superiori.
Come studiamo gli accoppiamenti delle intelligenze interpersonali? Disegnando una matrice del riconoscimento e del potere
Le due intelligenze interpersonali, emotiva e sociale, possono attivarsi con modalità più o meno antagoniste pur essendo interdipendenti ed entrambe necessarie per determinare un rapporto di reciprocità e rispetto nella dinamica della relazione. L’intelligenza emotiva si focalizza sul livello duale dell’io con l’altro ed emerge quale capacità di affermare la reciprocità umana, attraverso il riconoscimento (20) e la valorizzazione empatica della diversità delle esperienze e delle caratteristiche personali. L’intelligenza sociale si focalizza sul livello plurale dell’io nel gruppo, ed emerge quale capacità di affermare la reciprocità sociale, attraverso la segnalazione, la specificazione e l’accettazione delle diversità di ruolo, di potere e di responsabilità (25). A seconda della situazione in cui si attiva un comportamento, sulla base delle combinazioni più o meno bilanciate delle polarità, tra l’intelligenza emotiva e sociale si definisce un accoppiamento che fa emergere un modello dominante di attivazione dell’intelligenza interpersonale della persona.
Sulla base di questi assunti configuriamo un’ideale matrice interpersonale del riconoscimento e del potere ponendo sull’asse delle ascisse l’intensità da bassa ad alta dell’intelligenza emotiva e sull’asse delle ordinate l’intensità da bassa ad alta dell’intelligenza sociale. Si delineano quattro modelli d’azione interpersonale a seconda della combinazione tra le due intelligenze:
- Intelligenza emotiva bassa e intelligenza sociale bassa: modello esclusivo. La contenuta attivazione di entrambe le intelligenze interpersonali tende a generare nella persona una patologia organizzativa che si manifesta nella separazione sociale e nell’isolamento dagli altri.
- Intelligenza emotiva alta e intelligenza sociale bassa: modello differenziante. Le due energie interpersonali si attivano con segni opposti polarizzando le forze che ispirano le azioni e generando spinte antagoniste. Si potrebbe innescare un processo degenerativo causato da una marcata differenziazione dell’uno dall’altro in assenza di una chiarezza nel riconoscimento dei ruoli ricoperti.
- Intelligenza emotiva bassa e intelligenza sociale alta: modello omologante. Una forte intelligenza sociale non accompagnata dal contemporaneo sviluppo di una significativa intelligenza emotiva genera un processo di omologazione ed identificazione in un ruolo dominante.
- Intelligenza emotiva alta e intelligenza sociale alta: modello inclusivo. La congiunta attivazione delle due forze interpersonali facilita una relazione inclusiva: la persona manifesta una buona capacità di empatia, di risonanza e comprensione dell’altro e contemporaneamente una efficace abilità nel favorire la generazione di un’identità di gruppo.
Quali e quante sono le intelligenze ecosistemiche? Sono due: intelligenza percettiva e intelligenza collettiva
Le intelligenze relazionali ecosistemiche sono quella percettiva e quella collettiva ed emergono con diverse modalità espressive a seconda del focus delle relazioni prese in esame. L’intelligenza percettiva pone il focus sulla lettura del contesto e delle situazioni nello spazio; l’intelligenza collettiva pone il focus sulla lettura dell’evoluzione del contesto e delle situazioni nel tempo. Le intelligenze eco-sistemiche richiedono di essere attivate congiuntamente per favorire una comprensione integrata, multidimensionale e dinamica del contesto e delle situazioni. Per scegliere ed agire con rapidità, responsabilità ed efficacia è necessario avere delle buone capacità di visione del mondo che abitiamo, sia a livello locale che globale. Contemporaneamente, è di fondamentale importanza riconoscere i mutamenti degli schemi ed il verso atteso dalle proprietà emergenti dei sistemi relazionali perché le situazioni sono incessantemente al lavoro a tutti i livelli gerarchici dell’organizzazione.
L’intelligenza percettiva è la proprietà che emerge dall’attivazione della capacità di riconoscere e descrivere le dinamiche che caratterizzano il contesto nel qui ed ora. Percepire vuol dire analizzare, assumere consapevolezza, accrescere le proprie facoltà di discernere, connettere gli eventi, orientarsi nel mondo, comprendere l’adeguatezza del proprio comportamento. La percezione è la capacità di leggere ed interpretare il mutamento in atto – qui, adesso – ed in uno spazio – locale e globale.
L’intelligenza collettiva è la proprietà che emerge dall’attivazione della capacità personale di riconoscere, comprendere ed immaginare nel tempo l’evoluzione delle dinamiche collettive nei diversi livelli in cui è composto l’eco-sistema di cui si è parte. Una buona intelligenza collettiva stimola l’esplorazione e favorisce l’azione creativa. L’intelligenza collettiva attiva processi di generazione di nuove conoscenze e di nuovi sistemi culturali perché si fonda sull’attivazione di capacità predittive e cooperative che permettono alla persona di promuovere e sostenere con efficacia i comportamenti collettivi.
Come studiamo gli accoppiamenti delle intelligenze ecosistemiche? Disegnando una matrice della responsabilità e del mutamento
Le due intelligenze ecosistemiche, percettiva e collettiva, possono attivarsi con modalità più o meno complementare e ci consentono di immaginare le dinamiche evolutive delle situazioni nello spazio e nel tempo. Per ottimizzare le nostre capacità di prevedere e di predire per anticipare, è necessario che le due intelligenze si affianchino e si mescolino in modo complementare ed aggiuntivo. Sono la coppia di intelligenze evolutive (4) che emergono quando attiviamo le nostre capacità intuitive e predittive sugli effetti attesi dalle nostre azioni. Sono le intelligenze che ci permettono di osservare e mettere insieme le cose da più punti di vista, di trasformare le convinzioni, di formare una strategia e di comprendere quale sia l’azione più ragionevole, responsabile ed adeguata per influenzare il verso degli eventi a favore delle nostre aspettative.
Sono le intelligenze che formano le nostre convinzioni (15) e generano le nostre strategie d’azione. Sono le intelligenze che ci abilitano al riconoscimento dei possibili trigger points; quelli dove si può ritenere vantaggioso innescare dei cambiamenti per generare delle efficaci trasformazioni delle situazioni.
Sulla base di questi assunti configuriamo un’ideale matrice ecosistemica della responsabilità e del mutamento ponendo sull’asse delle ascisse l’intensità da bassa ad alta dell’intelligenza percettiva e sull’asse delle ordinate l’intensità da bassa ad alta dell’intelligenza collettiva. Si delineano quattro modelli d’azione ecosistemica a seconda della combinazione tra le due intelligenze:
- Intelligenza percettiva bassa e intelligenza collettiva bassa: modello conservativo. La ridotta attivazione di entrambe le intelligenze ecosistemiche si manifesta soprattutto quando domina la convinzione che sia impossibile incidere sugli eventi. L’attenzione viene completamente concentrata sul controllo del rispetto delle regole d’ingaggio e l’unica strategia possibile diventa quella di mantenere lo status quo evitando alle relazioni formali qualsiasi perturbazione che possa richiedere un coinvolgimento personale.
- Intelligenza percettiva alta e intelligenza collettiva bassa: modello adattativo. Una buona intelligenza percettiva si fonda sull’attivazione di capacità senso-motorie che permettano alla persona di comprendere se ciò che fa e come lo fa è coerente con l’ambiente in cui agisce. Una bassa intelligenza collettiva della persona impedisce polarmente l’attivazione di un pensiero prospettico e la formulazione di attività
- Intelligenza percettiva bassa e intelligenza collettiva alta: modello visionario. Una persona dimostra una buona intelligenza collettiva quando è in grado di visionare l’evoluzione delle dinamiche collettive. Una bassa intelligenza percettiva che astrae dal contesto può determinare, invece, uno scarto molto rilevante tra ciò che si desidera e ciò che si manifesta.
- Intelligenza percettiva alta e intelligenza collettiva alta: modello generativo. Una buona e complementare attivazione delle due intelligenze ecosistemiche rende più efficace la capacità d’azione soprattutto in contesti dinamici che invitano a trasformazioni rapide e spesso imprevedibili. Elasticità e disponibilità al cambiamento facilitano l’assorbimento dei mutamenti di situazione utilizzati come risorsa per la generazione di nuovi e più evoluti sistemi d’azione.
Quali sviluppi del lavoro?
Il nostro studio riporta al centro dell’attenzione il comportamento umano e la responsabilità che la persona si assume con il suo agire. Per la ricostruzione del “capitale sociale” (19), realizzare il bene attraverso le proprie opere significa agire non solo per se stessi ma anche per gli altri, spostando la propria motivazione all’azione da un mero soddisfacimento di bisogni personali ad una visione allargata del contesto che includa non solo se stessi ma anche le relazioni con gli altri, in una catena di interdipendenze che non si è in grado di percepire ma che comunque esistono. La sfida che lanciamo è quella di spostare l’ottica dal soddisfacimento di bisogni personali ad una visione che, oltre a sé, includa gli altri: dalle diverse comunità in cui si vive fino alla sostenibilità ambientale di ogni nostro atto.
Il nostro interesse è teso ad approfondire lo sviluppo organizzativo delle persone come modalità dell’essere e del saper fare nelle e per le relazioni, esplorando quali siano le intelligenze relazionali della persona da attivare e combinare efficacemente per far sì che emergano modelli d’azione organizzativa inclusivi e generativi. E’ evidente che, affinché la persona possa esprimere appieno le proprie capacità relazionali, occorre che il contesto organizzativo in cui lavora e si adopera per la comunità favorisca questo processo (22). Si tratta adesso di ipotizzare i più importanti driver culturali di contesto, definire le implicazioni manageriali e di leadership nei vari ambiti organizzativi e di processo, caratterizzare degli stili emergenti definendone per ognuno le migliori pratiche d’azione.
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