Un recente articolo pubblicato da Darling S. D. and Cunningham B. J. (2016) ha proposto una nuova riflessione sul tema delle competenze nel settore pubblico, con particolare riferimento al collegamento con la performance. Quello che emerge dai risultati dello studio è la necessità di valorizzare le specificità della pubblica amministrazione che sia per aspetti dimensionali, culturali e di regolazione presenta proprie peculiarità.
Il modello delle competenze è sempre più diffuso nell’ambito delle politiche di gestione delle risorse umane, in quanto ritenuto uno strumento idoneo a identificare dipendenti di talento sia in organizzazioni pubbliche che private (Boyatzis, 1982; Cunningham, 2016). Una delle sfide più rilevanti nell’ambito dei contributi scientifici è cercare di approfondire la relazione con il tema della performance. I primi studi sulle competenze sono stati effettuati oltre quarant’anni fa quando la ricerca nel Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha cercato di prevedere l’efficacia “sul lavoro” di giovani appartenenti alla carriera diplomatica (McClelland, 1973). La relazione tra competenze e job perfomance è limitata negli studi empirici ma ancora meno indagata è la relazione con la perfomance organizzativa. Un’eccezione è rappresentata dal contributo di Russell (2001) il quale ritiene che alcune competenze possano essere collegate alla perfomance iniziale mentre altre faciliterebbero altre attività che un manager realizza. Le dimensioni collegate alle persone (people oriented, come lo staffing, il clima organizzativo, la comunicazione e l’interazione con i clienti) hanno bisogno di più tempo per mostrare i loro effetti (perché associate alla visione e alla cultura) mentre quelle che impattano sul controllo (amministrativo e finanziario) hanno effetti immediati sulla perfomance (Russell, 2001; Gunn et al. 2013).
Nonostante le limitate evidenze empiriche (Russell, 2001) molte organizzazioni hanno utilizzato il modello delle competenze, tralasciando i rischi insiti nel suo utilizzo in contesti diversi (McClelland, 973). Il risultato è che tale modello spesso disattende le aspettative perché non è in grado di tenere conto delle specificità e delle sfumature di ciascun contesto organizzativo.
L’unicità dell’utilizzo delle competenze nel settore pubblico è da collegarsi alla complessità di un contesto che include organizzazioni dai diversi livelli amministrativi e dalle dimensioni differenti. Con il 20% della forza lavoro nel mondo, il settore pubblico offre servizi diversi, quali ad esempio sociali, di regolazione, sicurezza e trasporti.
Lo scopo di questo articolo è sviluppare una migliore comprensione delle competenze manageriali con particolare riferimento al settore pubblico e all’influenza del contesto in cui si manifestano. Oltre alla revisione della letteratura sono presentati i risultati relativi ad alcune interviste realizzate con manager che hanno esperienza sia nel settore pubblico che privato.
Revisione della letteratura
Contesto pubblico vs contesto privato
Ci sono stati cambiamenti enormi da un punto di vista socio-economico che hanno impattato in modo significativo sulle competenze manageriali. Gli studiosi del settore pubblico hanno sottolineato come i manager pubblici oltre ad essere sempre più attenti alla perfomance, sono condizionati dall’obbligo di rendicontare il loro operato nei confronti del soggetto pubblico e/o di differenti gruppi di interesse. I manager devono bilanciare istanze di efficienza economica con pressioni politiche.
Il contesto pubblico gode di sue specificità rispetto a quello privato anche perché affronta tematiche molto complesse e di difficile risoluzione (basti pensare al riscaldamento globale o alla povertà). Questioni irrisolvibili perché coinvolgono stakeholder diversi che interpretano e “percepiscono” il problema con differenti sensibilità. Spesso non esistono soluzioni alternative, perché i veri nodi da affrontare non riguardano gli aspetti tecnici (Rittel e Webber, 1973).
La compresenza di numerosi stakeholder implica la capacità dei manager delle organizzazioni pubbliche di dover gestire processi complessi puntando sulla capacità di negoziazione, sul giudizio politico e sull’intelligenza, piuttosto che seguendo un approccio tecnico (Pressman e Wildavsky, 1973).
I valori di riferimento del settore pubblico vs quello privato
Le persone che lavorano nel settore privato sono preoccupate dal mercato, dal profitto e dai bisogni dei consumatori, mentre i dipendenti pubblici ritengono di possedere dei valori diversi perché affrontano questioni di natura sociale (formazione, salute, criminalità, etc). Quando è stato chiesto loro quali siano i valori di riferimento, le loro risposte hanno riguardato il contributo alla società, la realizzazione di compiti e obiettivi specifici, servire la comunità di riferimento (Perry e Wise, 1990).
Le competenze nel settore pubblico vs quello privato
Data la consistente riduzione di risorse nel settore pubblico, l’obiettivo di miglioramento della perfomance è una priorità. I leader nelle organizzazioni pubbliche rivestono un ruolo centrale per tentare di migliorare i risultati e le competenze che possiedono possono essere un elemento determinante per agire con successo. Il modello delle competenze è centrato su input quali le conoscenze e le abilità che il manager porta all’organizzazione. Altri modelli più tradizionali sono maggiormente orientati agli output e alle modalità necessarie per realizzare un lavoro (Cunningham, 2016). Come suggerito da Horton (2000) il modello delle competenze può essere un utile strumento da utilizzare per supportare le differenti politiche di gestione risorse umane, pianificazione, reclutamento e selezione, valutazione e retribuzione, identificando profili di competenze tra average e best performer. McClelland (1973) per predire la competenza sul lavoro adottò dei criteri determinati mediante l’osservazione e l’identificazione di comportamenti tenuti dai best performer nell’ambito dello svolgimento del loro lavoro. Collegare i criteri a dei comportamenti reali, tenuti durante l’espletamento della propria attività, aumenta la qualità dei dati raccolti rispetto a test o altri strumenti di raccolta dati. McClelland (1973) si avvalse, infatti, della Behavioural Event Interview (BEI o intervista sugli episodi comportamentali), un’intervista molto focalizzata di circa 2-3 ore, che prevede di raccontare esempi di eventi, distinguendo sempre tra average e best performer. McClelland riuscì ad identificare con successo le competenze che predicevano performance superiori dei diplomatici, raggiungendo risultati superiori rispetto a quelli identificati con metodi più tradizionali (come la job analysis).
Nel famoso volume The competenent manager del 1982 Boyatzis ha identificato la competenza come quell’insieme di caratteristiche individuali che sono causalmente collegate a prestazioni superiori nello svolgimento del lavoro.
Il metodo delle competenze è stato anche utilizzato per identificare le caratteristiche associate con carriere di successo e di fallimento di manager. Alcuni ricercatori (Leslie e Van Velsor, 1996) mediante l’utilizzo di interviste fatte ad un campione numeroso di manager hanno identificato 4 tipologie di questioni: problemi nella gestione delle relazioni interpersonali, fallimento nel raggiungere gli obiettivi, incapacità di gestire il gruppo, e inadeguatezza durante le fasi del cambiamento.
Posner e Kouzes (1988; 1993) hanno identificato cinque competenze chiave: sfidare il processo; ispirare una visione, spingere gli altri ad agire, indicare il cammino e incoraggiare il lato emotivo. In una meta-analisi su 29 studi, Bartram (2005) ha identificato 8 competenze che impattano sulla performance: condurre e decidere, supportare e coordinare, interagire ed essere generosi con gli altri, analizzare ed interpretare.
Metodo
Lo scopo principale dell’articolo è sviluppare una migliore comprensione del contesto, dei valori e delle competenze nel settore pubblico, evidenziando le differenze principali rispetto al comparto privato. A questo scopo sono stati intervistate 15 persone, che ricoprono o hanno ricoperto ruoli di alta dirigenza nel settore pubblico. Individui che hanno caratteristiche differenti in termini di anni di carriera nel pubblico (da 3 a 25 anni), di età (da 31 a 65 anni), e di precedente esperienza nel settore privato, sia in termini di tempo (da 8 a 22 anni) sia di comparto (industria manifatturiera, consulenza, turismo) e di area geografica (USA, Cina e Canada).
Le interviste sono state focalizzate su tre aree, ambiente, valori e competenze, indagando le differenze e le similarità tra settore pubblico e privato. Anche se i risultati raggiunti sono coerenti con lavori precedenti (Guest et al, 2006) è necessario riconoscere che si tratta di uno studio embrionale che merita ulteriori approfondimenti.
Risultati e discussione
Contesto pubblico vs contesto privato
Alla richiesta di esempi su come i contesti pubblici e privati possano definire i relativi valori e le competenze necessari per operarvi correttamente, gli intervistati hanno perlopiù associato il contesto di riferimento agli obiettivi perseguiti. In riferimento al settore pubblico, gli obiettivi sono stati definiti ambiziosi, confusi e più complessi rispetto a quelli del settore privato. In particolare, è stata lamentata la difficoltà di misurazione degli stessi obiettivi, visto che il loro raggiungimento dipende da una combinazione di fattori difficilmente controllabili quali, ad esempio, il grado di educazione e il coinvolgimento della comunità di riferimento. Inoltre, è stato sottolineato come le amministrazioni pubbliche debbano spesso fronteggiare diverse finalità spesso confliggenti tra loro.
I cittadini (c.d. “clients”) sono stati citati in relazione al concetto di efficienza del settore pubblico. In tal senso, gli intervistati hanno identificato la causa della generalità e vaghezza degli obiettivi pubblici nella pluralità e conflittualità delle istanze proposte dai diversi gruppi di interesse: il ruolo e gli interessi specifici della politica nella definizione delle priorità di azione diventano determinanti. Il contesto interno, con particolare attenzione alle risorse umane (internal “people” environment), è stato riconosciuto come un fattore critico nell’orientamento del comportamento manageriale e nella definizione dei valori e delle competenze necessari per operare nel settore pubblico. I valori morali collegati al miglioramento del bene pubblico (es. rispetto e conservazione dell’ambiente, miglioramento del sistema sanitario) sono quindi in grado di indirizzare la definizione degli obiettivi dirigenziali.
Coerentemente con la letteratura di riferimento, i risultati presentati per il contesto pubblico sottolineano le problematicità affrontate dai dirigenti nel processo decisionale, spesso non supportati da informazioni sufficientemente consistenti (Rainey, 2009). La complessità del contesto esterno di riferimento si riferisce, in generale, alla eterogeneità delle condizioni in cui i soggetti pubblici si trovano ad operare e, in particolare, alla necessità di dover rispondere a portatori di interesse differenti (Dess and Beard, 1984).
Invece, per quanto riguarda il contesto interno di riferimento, i risultati sopra descritti fanno emergere una forza lavoro in cui le proprie peculiarità valoriali inevitabilmente orientano la definizione dei propri obiettivi. Ne deriva che le persone interessate a lavorare nel settore pubblico tendenzialmente risultano essere sensibili a questioni etiche, quali la responsabilità sociale, la diversità e le questioni ambientali; al contrario i soggetti attratti dal settore privato risultano più interessati alla ricerca del profitto.
I valori di riferimento del settore pubblico vs quello privato
Nelle interviste, gli autori hanno identificato i valori e le motivazioni connessi ai contesti precedentemente descritti. Per quanto concerne il settore pubblico, sono stati selezionati cinque valori riferiti a:
- concetto di bene pubblico;
- integrità personale;
- correttezza ed equità;
- knowledge;
- agire razionalmente e con sistematicità.
Essere al servizio del bene pubblico (a.) si riferisce proprio al voler perseguire obiettivi di interesse generale. Strettamente correlato è l’agire con integrità (b.) definito come un comportamento coerente con un set personale di regole o con le indicazioni del codice etico interno di condotta. Questo primo set di valori è evidentemente in contrasto con quelli tipici del settore privato che, diversamente, sottolineano l’importanza del profitto, i livelli di produttività e la soddisfazione del cliente.
Mentre i valori relativi al concetto di bene pubblico e di integrità personale sono valori individuali considerati fondamentali dagli intervistati, i concetti di correttezza ed equità dell’agire pubblico (c.) sono valori “strumentali” nell’orientare i comportamenti degli attori organizzativi. Se i valori del settore privato si concentrano sulla produzione e sulle vendite legate ai risultati, al contrario i valori del settore pubblico enfatizzano i processi relativi ai diritti umani, all’equità e alla legislazione sulla libertà di informazione. Anche i sistemi incentivanti riflettono questa diversità: nel settore privato è infatti possibile incentivare i propri collaboratori tramite incentivi di carattere economico; nel settore pubblico, invece, si presta maggiore attenzione alla gestione equa del personale, al fatto che le decisioni riconoscano i loro bisogni, alla responsabilizzazione delle persone e al soddisfacimento dei loro bisogni.
Un altro valore centrale nel sistema decisionale è stato descritto come “focalizzato sui limiti/ostacoli” (d.), sottolineando una paura del rifiuto (dell’essere rifiutati). Evidenziando questa peculiarità del sistema decisionale nel settore pubblico, gli intervistati hanno riportato una generale “avversione al rischio dovuta alla paura di sbagliare” che, al contrario, nel settore privato era ritenuta controproducente. Nel settore privato “si valuta il rischio assumendo un atteggiamento contrario a quello adottato nel pubblico dove non ci si può permettere di irritare un Ministro, da qui la necessità di essere molto attenti nell’assumersi dei rischi”. In ogni caso, altro dato essenziale è che nel pubblico il rischio non viene mai premiato o ricompensato.
Un altro valore chiave del settore pubblico è l’essere razionale e sistematico visto che l’impatto di una scelta manageriale sembra essere molto rilevante nel perseguimento di politiche pubbliche.
Mentre la complessità dell’ambiente esterno impone ulteriori oneri ai dirigenti nella progettazione di un mosaico di servizi volto a soddisfare i diversi portatori di interessi, l’ambiente interno (relativo alle risorse umane) supporta un insieme di valori atti a rispondere a questi differenti interessi.
Nello studio, i valori relativi al perseguire un interesse pubblico e all’agire con integrità sono strettamente allineati con i valori motivazionali del servizio pubblico definiti da Perry (1996) relativi all’elaborazione delle politiche pubbliche, al bene pubblico, al benessere e al servizio piuttosto che a particolari ricompense personali. Riassumendo, accanto ai valori “strumentali” appena descritti, o metodi/mezzi con cui gli obiettivi vengono perseguiti, gli obiettivi del servire il bene pubblico e lavorare con l’integrità rappresentano gli obiettivi finali che si vogliono raggiungere.
Le competenze nel settore pubblico vs quello privato
Dato il contesto e i valori espressi nel settore pubblico e privato, gli autori hanno poi indagato le competenze necessarie per poter lavorare in maniera efficace. La competenza chiave espressa nel settore pubblico è stata quella di riuscire a gestire interessi confliggenti in un contesto politicizzato. Tutte le altre competenze, gestione degli organi eletti e comunicazione a portatori di interessi diversificati, sembrano derivare da questa. Altre competenze segnalate sono la motivazione a gestire rapporti interpersonali per costruire un consenso diffuso (in un ambiente dove sono scarsi gli incentivi finanziari) e la capacità di creare valore aggiunto piuttosto che adottare un atteggiamento meramente adempitivo.
Gli intervistati hanno anche sottolineato come il loro processo decisionale richieda competenze per la valutazione sistematica dei possibili scenari futuri, le implicazioni e le ripercussioni politiche delle proprie decisioni.
Queste competenze sono in netto contrasto con quelle definite per il settore privato tra cui si segnala la capacità imprenditoriale volta a generare reddito e migliorare la qualità dei processi/prodotti. Attorno a questa competenza base sono richieste poi competenze comunicative e di marketing, definizione e raggiungimento di obiettivi, l’uso di incentivi finanziari per la motivazione delle risorse umane, competenze legate alla implementazione di rapidi cambiamenti e competenze decisionali tempestive utili a cogliere le opportunità date dal contesto.
Le competenze emerse dalla ricerca risultano quindi uniche per il campione di dirigenti selezionato, l’evidenza che queste competenze non siano assimilabili a un modello di competenze generali supporta la proposta di McClelland (1973) secondo cui le competenze sono uniche e dovrebbero riflettere impostazioni organizzative specifiche.
In particolare, le competenze identificate come significative per il contesto privato sembravano però essere più assimilabili a quelle dei modelli di competenze generali, suggerendo che queste competenze sono più generalmente conosciute e fanno parte delle esperienze dei dirigenti intervistati.
Invece, le competenze del settore pubblico sembrano essere peculiari e rispecchiano le caratteristiche distintive del contesto di riferimento che gli intervistati descrivono come più complesso. I relativi obiettivi sono spesso definiti genericamente anche a causa del fatto che sia i politici che i dirigenti cercano di soddisfare esigenze conflittuali, espressione di portatori di interesse differenti. Ne deriva che le competenze espresse sembrano essere strettamente collegate ai valori unici identificati nelle organizzazioni del settore pubblico.
La capacità di gestire rapporti in contesti politicizzati finalizzati a ottenere una cooperazione tra diversi soggetti sono rilevanti in tutte le organizzazioni ma sono particolarmente importanti nelle organizzazioni pubbliche dove gli obiettivi sono altamente visibili e devono essere aderenti alle pressioni ed esigenze della società in generale. Le competenze relative alla gestione degli interessi confliggenti e alla valutazione dell’impatto delle diverse scelte manageriali sono strettamente collegate al fatto che le decisioni sono improntate a criteri di equità e correttezza, nonché frutto di un processo decisionale razionale e sistematico. Questi valori sottolineano che le organizzazioni pubbliche, per i vincoli in cui operano, richiedono un’attenzione particolare per i “valori etici come rispetto, onestà e integrità” nel perseguimento degli obiettivi (Kelman, 2007: 228).
Conclusioni
I risultati illustrano come le competenze identificate sia per il settore pubblico che per quello privato sono uniche rispetto a quelle identificate nei modelli di competenze generali. Ciò supporta la proposizione che i modelli delle competenze specifiche riflettono le caratteristiche uniche dei loro ambienti organizzativi.
Un messaggio chiave di questo studio è che i modelli delle competenze dovrebbero essere progettati per i loro specifici ambienti e, in particolare nelle organizzazioni pubbliche, le competenze che i dirigenti necessitano dovrebbero essere strettamente collegate alla complessità e alle caratteristiche mutevoli dei loro ambienti di riferimento. Mentre le competenze del settore privato mostrano una organizzazione basata su criteri di efficienza ed economicità evidenti, le competenze necessarie per lavorare nelle organizzazioni pubbliche richiedono criteri politici e sociali definiti da soggetti con interessi e necessità differenti.
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