Lo sviluppo organizzativo nella Pubblica Amministrazione italiana

Organizational development in public administration: The Italian way. 

Decastri, M., Battini, S., Buonocore, F., & Gagliarducci, F. (2020).

Palgrave McMillan. ISBN: 978-3-030-43798-5.

Questo contributo ha lo scopo di recensire il libro “Organizational development in public administration: The Italian way”, un testo che descrive i profondi cambiamenti che la pubblica amministrazione italiana sta attraversando negli ultimi anni proponendo un approccio innovativo di analisi basato sulle competenze manageriali.

Introduzione

Questo contributo ha lo scopo di segnalare e recensire la pubblicazione della prima edizione del libro “Organizational development in public  administration: The Italian way” (ed. Cham: Palgrave McMillan) a cura di Maurizio Decastri (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”), Stefano Battini (Scuola Nazionale dell’Amministrazione e Università degli Studi della Tuscia), Filomena Buonocore (Università degli Studi di Napoli “Parthenope”) e Francesca Gagliarducci (Presidenza del Consiglio dei ministri e Scuola Nazionale dell’Amministrazione).

Il testo nasce da una considerazione: il contesto culturale, economico e politico globale impone continuamente nuovi modelli organizzativi e nuove competenze manageriali per la Pubblica Amministrazione (PA).  Le organizzazioni pubbliche e private si trovano dunque ad affrontare un ambiente poco prevedibile e di conseguenza devono essere in grado di rispondere rapidamente ai cambiamenti ambientali. Ne consegue che anche le tradizionali capacità amministrative non siano più sufficienti per governare la macchina pubblica; piuttosto, si avverte il bisogno di nuove conoscenze e competenze che possano rispondere alla sfida di questo periodo storico, soprattutto con riferimento al management.

Lo scopo del volume è quello di tracciare un percorso nell’evoluzione storica del concetto di competenze per la PA italiana, andando ad approfondire un caso di studio virtuoso – un progetto di assessment delle competenze promosso nel 2017 dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) e dal Capo Dipartimento del Personale della Presidenza del Consiglio dei ministri (PCM) (Decastri, 2018) – e provando a disegnare la rotta da seguire per gli anni a venire.

Il libro è articolato in sette capitoli, idealmente declinabili in tre parti.

La prima parte analizza il contesto in cui la PA opera e le dinamiche organizzative e gestionali che ne sono alla base. In particolare, l’obiettivo è  quello di analizzare le competenze manageriali nel settore pubblico ed il processo di riforma vissuto negli ultimi anni in termini di governance, competenze e cultura.

La seconda parte rilegge in chiave concreta le tematiche trattate, applicandole al contesto italiano. Nel dettaglio, viene descritto un progetto sperimentale promosso dalla SNA e dalla PCM dal titolo “Analisi, verifica e rafforzamento delle competenze manageriali in PCM”, finalizzato a favorire un nuovo modello di competenze e di sviluppo strategico per la PA italiana.

Infine, la terza parte riassume i contenuti dei capitoli del libro e fornisce una panoramica completa delle nuove strategie di erogazione della formazione, indicando la rotta da seguire per la PA in un’ottica di miglioramento costante e offrendo prospettive di ricerca futura sul tema.

Nei prossimi paragrafi saranno approfondite queste tre sezioni in cui il testo è articolato, evidenziando inoltre la nuova idea di settore pubblico italiano che ne consegue.

Ripensare l’organizzazione e la gestione delle risorse umane nel settore pubblico

La prima parte del libro è ispirata dalla constatazione che è in atto una trasformazione epocale nel settore pubblico sotto tutti i punti di vista.

Questo cambiamento ha prodotto due effetti rilevanti.

In primo luogo, la PA è diventata più complessa dal punto di vista organizzativo: si è avuto un processo di sedimentazione delle riforme, per cui le nuove direttive completano o integrano – e non sostituiscono – le vecchie logiche, generando a volte anche contraddizioni.

In secondo luogo, le organizzazioni pubbliche stanno sempre più assumendo la forma e i modelli tipici delle aziende private, superando le tradizionali differenze strutturali in termini di valori, cultura e patrimonio organizzativo.

Riorganizzare la PA

Il New Public Management (NPM) è il punto di partenza da cui scaturiscono le riforme manageriali della PA degli ultimi 30 anni. L’ipotesi centrale di questo corpus di teorie è un “rifiuto” della vecchia idea di PA – basata su controlli, regole proceduralizzate, burocrazia – a favore di un’organizzazione “orientata al mercato” – basata su decentramento, flessibilità, performance. L’obiettivo di queste riforme è duplice: aumentare l’efficienza e la produttività della PA, migliorando le prestazioni e rafforzando la motivazione dei dipendenti, nonché promuovere una maggiore responsabilità in capo ai dirigenti pubblici.

Successivamente, in risposta alle critiche al NPM, è nata una nuova stagione di riforme post-NPM: politici e lavoratori pubblici riconoscono l’importanza del coinvolgimento di cittadini e organizzazioni della società civile in sforzi collaborativi per trovare soluzioni innovative ai problemi comuni (azioni di co- creation).

Nell’ambito di questi processi di riforma, i manager pubblici acquisiscono anche un nuovo ruolo rispetto a quello previsto dai principi – e dai manuali – tradizionali: ci si aspetta che i manager pubblici post-NPM creino valore per la società guidando reti di collaborazione e migliorando l’efficacia complessiva delle politiche e dei programmi pubblici, assumendo maggiori responsabilità e grazie al possesso di nuove capacità e competenze. I manager pubblici hanno quindi più autonomia discrezionale rispetto al passato perché svolgono più di un ruolo di fornitura di servizi: piuttosto di conciliatore, mediatore o anche di arbitro. Questo fa sì che anche le competenze del management debbano essere completamente rivoluzionate, includendo la comunicazione, l’empatia, la risoluzione dei conflitti, il networking, la creatività, l’innovazione, l’empowerment, la costruzione della fiducia.

Una nuova idea di competenze

 Le competenze rappresentano il tema cardine del secondo capitolo del libro. Secondo Boyatzis (2008), le competenze sono le caratteristiche comportamentali di un individuo casualmente legate a prestazioni efficaci o superiori in un lavoro.

La gestione delle competenze è un concetto nato nel settore privato e trasposto al settore pubblico a partire dagli anni ‘90. Molti autori hanno approfondito la tematica, riconoscendo al manager pubblico di successo un’intersezione di diverse tipologie di competenze: tecniche, di leadership ed etiche.

La necessità di adottare un modello basato sulle competenze nel settore pubblico non è una novità in molti Paesi e molte PA stanno (anche molto diversamente) implementando questo framework. In generale, l’obiettivo principale è quello di costruire un portafoglio di competenze che possa essere applicato alle diverse pratiche di gestione delle risorse umane: selezione, formazione, valutazione, ecc. Si tratta di un modello progettato per abbracciare l’intera organizzazione, l’adozione diffusa di una pratica comportamentale che influenza le persone e, di conseguenza, come queste lavorano per il settore pubblico. In quest’ottica, la logica dello sviluppo delle competenze è orientata alla ricerca della flessibilità, dell’autonomia e dell’empowerment al fine di gestire nel migliore dei modi le risorse umane a propria disposizione e al fine di consentire loro di esprimere il potenziale celato delle proprie abilità.

La gestione delle risorse umane

Grazie al proprio portafoglio di competenze, know-how e conoscenze, le persone rappresentano il centro dei processi di riforma nel settore pubblico. Questo assunto, base teorica del terzo capitolo del libro, è tuttavia in contrasto rispetto al modo tradizionale di gestire le risorse umane nella PA: da sempre, infatti, si tratta di un’attività periferica e trascurata. Oggi, al contrario, la flessibilità nella gestione delle risorse umane (GRU) è ritenuta funzionale alla creazione di nuove risorse (anche competenze e conoscenze) tramite cui i membri di un’organizzazione possono essere più performanti.

Il passaggio dalla prospettiva tradizionale al ruolo strategico della GRU può essere effettivo se si considera la soddisfazione e la motivazione dei dipendenti pubblici, nonché tutte le pratiche di reclutamento e selezione, formazione, valutazione e sviluppo.

L’importanza della soddisfazione e della motivazione sul lavoro è cruciale per la crescita a lungo termine del settore pubblico: insieme a conoscenze e competenze, queste rappresentano infatti i fattori determinanti per prevedere le prestazioni nella PA. Appare quindi necessario utilizzare la motivazione come leva su cui lavorare per attivare circoli virtuosi di miglioramento continuo a beneficio della comunità e del contesto servito.

Con riferimento alle pratiche di GRU, già a partire dai sistemi di reclutamento e formazione è importante che la PA sia in grado di selezionare risorse valide, di talento e motivate. Inoltre, per aumentare la lealtà e l’efficacia del lavoro dei lavoratori è necessario motivarli attraverso una valutazione obiettiva e orientata allo sviluppo: il sistema di valutazione del personale pubblico è estremamente importante per trasformare le strategie istituzionali in risultati, diventando uno strumento di gestione strategica.

Le organizzazioni pubbliche devono dunque essere in grado di riorganizzarsi per rispondere alle sfide emergenti legate alla GRU. Persone diverse dovrebbero essere coinvolte in modo diverso nei processi lavorativi e amministrativi per generare valore per la loro realtà organizzativa, anche grazie all’ausilio di strumenti tecnologici (e-GRU) e innovativi come lo smart working.

Il caso italiano 

La riforma del settore pubblico in Italia

La seconda parte del libro applica al contesto italiano le tematiche precedentemente introdotte.

Innanzitutto la riforma della PA: si tratta di un percorso finalizzato a superare i limiti della burocrazia e del monopolio statale, abbandonando gli schemi rigidi a favore della flessibilità e ponendo il cittadino al centro delle politiche e strategie pubbliche. Storicamente la PA italiana ha dimostrato la propria incapacità di adeguare l’organizzazione e le attività al nuovo scenario, generando una evidente rigidità dei sistemi pubblici. Le riforme degli anni Novanta hanno invece tracciato la strada per una progressiva transizione da uno Stato inteso come “ente gestore” ad uno Stato “regolatore”.

Di fronte all’urgente necessità di un’azione pubblica efficiente ed efficace nell’erogazione dei servizi al cittadino, il processo di riforma dello Stato si è basato su concetti quali il decentramento, l’autonomia differenziata, la co- creazione di valore, il pluralismo organizzativo ed il managerialismo. Da qui l’idea di una modernizzazione (senza abbandono) del vecchio modello burocratico attraverso l’introduzione di meccanismi organizzativi in grado di aumentare il grado di sofisticazione dell’organizzazione per poter meglio affrontare i diversi compiti assegnati.

A fronte di un cambiamento così profondo in termini di contenuti e di intensità, il “nuovo” modello organizzativo è chiaramente ancora in una fase di completa definizione e, soprattutto, di implementazione. Quale configurazione organizzativa può o deve rappresentare il nuovo “tipo ideale” di organizzazione pubblica? In che misura possono essere messe in discussione le caratteristiche dell’organizzazione burocratica del lavoro? E, soprattutto, una volta definiti i principi organizzativi di base, quali vincoli e quali leve condurranno verso il cambiamento organizzativo? Sulla base di queste domande, gli autori approfondiscono il ruolo strategico interpretato dalle risorse umane nelle  iniziative di cambiamento organizzativo.

La Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) come promotore del cambiamento organizzativo e dello sviluppo delle competenze

Il quinto capitolo del libro pone la sua attenzione sulla SNA quale esempio rappresentativo di soggetto promotore del cambiamento organizzativo tramite lo sviluppo delle competenze dei lavoratori pubblici in chiave strategica.

La Scuola è un istituto di formazione e ricerca di alto livello che si propone di sostenere, promuovere e facilitare il processo di innovazione della PA italiana e lo sviluppo delle sue riforme. La sua mission è quella di svolgere attività di formazione di eccellenza per i dipendenti pubblici, con il supporto dell’attività di ricerca, al fine di promuovere una cultura dell’efficacia e dell’efficienza nella PA, diffondere le modalità di controllo di gestione e di contabilità economica e implementare processi tecnologici e innovativi nei servizi pubblici erogati.

La SNA lavora in collaborazione con la PA contribuendo allo sviluppo di pratiche di GRU selezionando e reclutando dirigenti e funzionari pubblici per le amministrazioni centrali, provvedendo alla formazione dei dipendenti pubblici, sviluppando programmi di ricerca e fornendo assistenza tecnica per l’attuazione di programmi di innovazione. Negli ultimi anni, la SNA ha sostenuto la PA italiana nell’affrontare con successo il cambiamento organizzativo generato dalle riforme, contribuendo allo sviluppo e alla diffusione di un approccio basato sulla formazione e su una nuova idea di competenze per i dipendenti pubblici.

La nuova concezione di formazione che la SNA promuove è un sistema finalizzato allo sviluppo di conoscenze e competenze strategiche all’interno dell’organizzazione, al fine di definire percorsi di crescita professionale individuali e organizzativi. Si tratta di un nuovo approccio che si basa sull’individuazione della misura del divario tra le competenze richieste e quelle effettivamente possedute dai lavoratori, con l’obiettivo di evidenziare i punti di forza e le aree critiche su cui è richiesto un investimento in termini di sviluppo. In sintesi, ogni lavoratore pubblico può essere valutato sulla base del gap tra le conoscenze e le competenze di cui ha bisogno e le conoscenze e le competenze di cui già dispone: la formazione deve quindi essere finalizzata ad aiutare il personale della PA ad acquisire le competenze mancanti e a colmare il divario identificato.

Un progetto di analisi e verifica delle competenze nella PA

Il sesto capitolo riporta un caso pratico di attività formativa innovativa promossa dalla SNA a partire dal 2017, su iniziativa del Capo Dipartimento del Personale della PCM, e finalizzata a misurare e valutare le competenze del management delle amministrazioni centrali dello Stato. Si tratta di un progetto pilota che ha coinvolto 51 dirigenti di prima e seconda fascia della PCM, di cui sono stati analizzati i ruoli, le competenze necessarie per ricoprirli e le competenze effettivamente possedute, al fine di individuare percorsi di sviluppo individuali e organizzativi mirati.

La PCM è un’importante struttura amministrativa che supporta il Presidente del Consiglio dei ministri italiano nell’esercizio delle funzioni di orientamento politico e coordinamento nei confronti delle altre amministrazioni e nella definizione e attuazione di alcune politiche pubbliche specifiche (D.Lgs 303/1999). La complessità della PCM è dovuta al suo marcato polimorfismo funzionale ed organizzativo, nonché ai frequenti mutamenti nelle competenze attribuite dalla legge. Attualmente la PCM conta circa 4500 dipendenti, di cui orientativamente 300 dirigenti.

Il progetto “Analisi, verifica e rafforzamento delle competenze manageriali in PCM” aveva cinque obiettivi principali: (i) mappare le posizioni manageriali, (ii) identificare le competenze intellettuali, professionali e umane del management pubblico, (iii) ridisegnare la struttura organizzativa, (iv) predisporre percorsi di carriera e di formazione differenziati e mirati, e (v) favorire un processo di sviluppo costante delle competenze.

Il progetto ha previsto un’analisi multi-metodo, combinando la somministrazione di interviste semi-strutturate con attività di assessment individuale. Le interviste hanno fornito le informazioni necessarie per formulare le descrizioni delle mansioni e definire i profili di ruolo di ciascun manager. L’assessment ha accertato se il titolare del posto possedesse in tutto o in parte le caratteristiche indicate nel profilo di ruolo, evidenziando competenze e atteggiamenti latenti, la motivazione e i valori.

I risultati hanno contribuito a tracciare un quadro delle esigenze formative della PCM in una prospettiva individuale e organizzativa. Dalle diverse tecniche di assessment sono emerse principalmente alcune aree di miglioramento per la popolazione coinvolta, relative alle seguenti aree di competenze: leadership, capacità relazionali, organizzazione del lavoro e time management e orientamento al risultato.

Alla luce di queste considerazioni, la fase finale di questo progetto ha comportato la formulazione di percorsi di formazione e sviluppo – e altri sono attualmente in fase di implementazione – al fine di colmare il gap tra le competenze esistenti e quelle desiderate per il management in PCM. Infine, definendo un ambiente di apprendimento idoneo a rafforzare le competenze “più deboli”, questo progetto vuole rappresentare un punto di partenza per un successivo intervento più ampio, finalizzato al rafforzamento delle competenze manageriali di tutte le amministrazioni centrali dello Stato – con ogni probabilità, previsto a partire dal 2021.

Conclusioni e implicazioni per la PA in Italia

L’ultima parte del libro è dedicata alle conclusioni e ad alcune implicazioni per la PA italiana.

Gli autori invitano il lettore ad “aprire la mente” a questa nuova metodologia, stimolando un approccio basato sulle competenze in chiave strategica. Il volume fornisce quindi implicazioni teoriche e pratiche, contribuendo a migliorare un’amministrazione che troppe volte sembra ancorata a dinamiche tradizionali e burocratiche ma che allo stesso tempo vive in un contesto dinamico di cambiamento continuo.

A differenza del passato, in cui si alternavano momenti di grandi trasformazioni a periodi di stasi, oggi il contesto deve necessariamente abituare il management pubblico al fatto che non esisteranno più comfort zone. L’obsolescenza delle conoscenze, ma soprattutto delle competenze, è questione di mesi ed è importante dunque investire sull’attitudine e sulla motivazione dei lavoratori, fornendo una “valigetta degli attrezzi” utile per la gestione e lo sviluppo del cambiamento. Il tema del cambiamento è attualmente molto di moda, soprattutto con riferimento alla necessità di spostare (o, più precisamente, recuperare) l’attenzione dalle regole e dalle procedure alle persone e ai problemi reali affrontati dalle PA, per cui gli autori suggeriscono un approccio comportamentale basato sulla formazione.

La formazione rappresenta uno strumento fondamentale per l’innovazione del capitale umano nel settore pubblico. In passato, la formazione offerta dalla PA era caratterizzata da un menù vasto e variegato, ricco di argomenti interessanti ma non calibrati sulla base delle effettive esigenze delle amministrazioni. Dipendenti e dirigenti pubblici frequentavano – e talvolta frequentano ancora – corsi che li interessavano ma che non avevano un rapporto di causalità con il lavoro che svolgevano.

Un processo di sviluppo delle competenze in chiave strategica, al contrario, richiede percorsi formativi efficaci e per progettarli è necessario capire di cosa abbiano bisogno le amministrazioni; questo può essere effettuato solo attraverso un’analisi delle posizioni organizzative e delle competenze necessarie per ricoprirle all’interno delle PA. Gli autori sottolineano quanto sia importante questa analisi del fabbisogno e quanto sia utile fornire le giuste capacità e competenze per affrontare il cambiamento costante dello scenario in cui ci troviamo; con una buona preparazione, infatti, il contesto può essere governato. Ben venga, dunque, la contaminazione dei saperi, la multidisciplinarietà, la possibilità delle persone di conoscere e beneficiare di esperienze di altre aziende, di co-creare valore con i cittadini.

Il prossimo passo sarà quello di generare valore attraverso i valori delle persone che lavorano nella PA. Soprattutto nella fase di reclutamento, sarebbe fondamentale saper “misurare” i valori delle persone per selezionare solo chi crede davvero nel settore pubblico: ciò renderebbe superflua la valutazione dei comportamenti e delle prestazioni degli individui, poiché questi sarebbero intrinsecamente motivati ad ottenere i migliori risultati per il settore pubblico e la collettività. “Oggi è un sogno, ma il percorso per raggiungerlo è stato tracciato” (p. 226).

Bibliografia

Boyatzis, R. E. (2008). Competencies in the 21st century. Journal of Management Development, 27(1), 5–12. doi: 10.1108/02621710810840730.

Decastri, M. (2018). Un percorso pratico di analisi, verifica e rafforzamento delle competenze manageriali nella PA. Prospettive in organizzazione.

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