Obiettivi di sviluppo sostenibile e partecipazione dei privati alla cooperazione internazionale allo sviluppo: sfide organizzative fra mito e realtà

Il sistema di cooperazione internazionale si è recentemente arricchito aprendo la possibilità per le imprese for profit di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso progetti imprenditoriali inclusivi e sostenibili nei paesi target della cooperazione. Tuttavia, il sistema imprenditoriale non sembra ancora pronto a raccogliere le sfide organizzative implicite nel paradigma “Profit for Development”: la creazione di business inclusivi e/o organizzazioni ibride per creare valore condiviso. Attraverso l’analisi dei progetti presentati all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, l’articolo mette in evidenza la realtà, piuttosto distante dal mito.

Introduzione

Negli ultimi decenni, la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo – CIS è cambiata profondamente (Degnbol-Martinussen & Engberg-Pedersen, 2003). L’idea di creare sviluppo grazie al trasferimento verticale di conoscenza ed input finanziari verso i paesi più poveri si è andata arricchendo di dimensioni e contenuti: diritti umani, sostenibilità, inclusività, partecipazione, interdipendenza, partnership, per citarne i principali. Ad un’attività prevalentemente pubblica e top-down, si è andata ad aggiungere l’azione bottom-up del settore privato come attore di sviluppo. La relazione tra imprese, società ed ambiente è stata riconosciuta come interdipendente (Porter & Kramer, 2006; 2011), e la prospettiva di Creazione di Valore Condiviso (CVS) ha assunto significato particolare nei Paesi in Via di Sviluppo (Cafferata, 2009). Il settore privato è considerato oggi parte del sistema globale di CIS per ridurre le disuguaglianze (Deloitte, 2018) e affrontare i problemi sociali e ambientali (Santos et al., 2015; Haigh et al., 2015).

Il panorama appena delineato trova riscontro nelle numerose innovazioni sovranazionali e nazionali, come la citata Agenda 2030 (ONU, 2015), il Nuovo Consenso Europeo Sullo Sviluppo (UE, 2017), e alcune legislazioni nazionali, come la riforma del sistema italiano di cooperazione internazionale (Legge 125/2014). Con tale intervento, il legislatore ha introdotto il concetto di “Profit for development” (PFD) che ha consentito alla Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo (AICS) di lanciare nel 2017 un programma di bandi annuali per il finanziamento di iniziative imprenditoriali in linea con gli OSS.

Il PFD si ispira alle teorie su business inclusivo (IB) e modelli di business inclusivi (IBM). Le principali evidenze fornite dalla letteratura e dalla pratica a livello internazionale suggeriscono di indagare il PFD secondo la prospettiva delle organizzazioni ibride (Schoneveld, 2020) con particolare riferimento alle partmership cross-settoriali (Austin e Seitanidi, 2012) o ibride (Zhu e Sun, 2020).

Il presente articolo mira pertanto a rispondere alle seguenti domande di ricerca: 1) Come ha risposto il settore privato italiano ai cambiamenti istituzionali nella CIS orientanti al Profit for Development?; 2) I progetti di business inclusivi e sostenibili nella CIS sono ispirati a modelli di organizzazioni ibride?

La ricerca si concentra sull’esito dei bandi degli anni 2017, 2018 e 2019, focalizzandosi sui progetti presentati e selezionati e sull’ibridazione dei modelli di business delle proposte progettuali. L’analisi che si presenta è basata su dati primari e originali, avendo gli autori collaborato alla valutazione delle proposte pervenute. Anche se è rilevabile una crescente attenzione del settore privato per CIS e OSS, i risultati mostrano una risposta limitata al bando AICS e una inadeguata conoscenza dei business model necessari ad operare in contesti che siano di cooperazione allo sviluppo e non di mera internazionalizzazione.

Background teorico

La cooperazione internazionale allo sviluppo

Nata ufficialmente dopo la Seconda guerra mondiale, la CIS fino agli anni ’70 era essenzialmente un’azione pubblica, che vedeva le organizzazioni for profit (OFP) giocare un ruolo secondario e limitato all’essere appaltatori o fornitori. Tralasciando l’impegno privato profuso in iniziative filantropiche, che non va confuso con la vera Responsabilità Sociale di Impresa (Zamagni & Bruni, 2013), il quadro muta a partire dagli anni ’70, con la nascita delle organizzazioni della società civile nazionale e internazionale – organizzazioni non profit (ONP) (Wegner, 1993).

Due mondi – pubblico e privato – con chiari spazi di azione prima delimitati, i cui confini si stanno oggi dissolvendo con la possibilità di creare ibridi (Holt & Littlewood, 2015). Questi possono essere definiti come organizzazioni che “combinano diverse logiche di funzionamento […], tratti e idee dei diversi idealtipi organizzativi che riflettono” (Alexius & Furusten 2019, p. 549). Una distinzione che si configura come un continuum che, anche agli estremi, presenta elementi di entrambi (Austin et al., 2006). Il cambio di paradigma appena descritto appare dovuto a due fenomeni: 1) uno zeitgeist pro-business (Dees, 1998); 2) la commercializzazione del settore non profit (Eikenberry & Kluver 2004; Liu & Ko, 2012; Mullins et al. 2012). Potremmo sintetizzare questo processo come segue: Efficienza per le ONP, “Umanizzazione” per le OFP.

Da una prospettiva teorica, anche se le questioni etiche accompagnano gli albori dell’economia politica (Smith, 1790), è solo dagli anni ’80 che l’etica aziendale suscita un crescente interesse. Questo ha prodotto diversi concetti e approcci (Corporate Social Responsibility, Triple Bottom Line, Corporate Social Entrepreneurship, Shared Value Creation, Global Corporate Citizenship) che evidenziano le opportunità per il settore privato for-profit nella CIS, contribuendo allo sviluppo sostenibile ed inclusivo nel Sud del mondo facendo profitti. Un approccio che ha riscontrato un diffuso consenso internazionale, anche grazie all’Agenda del Millennio delle Nazioni Unite (2000) e relativi Millennium Development Goals – MDGs, e altre pietre miliari (Knutsson, 2009). L’ultimo step è rappresentato dalla Agenda 2030, approvata nel 2015, che ha riconosciuto esplicitamente il ruolo delle OFP come motori di crescita economica ed inclusiva (Paragrafo 67 della dichiarazione della risoluzione A/RES/70/1).

Business inclusivo e sostenibile e imprenditoria sociale per gli SDGs

Prahalad e Hart (2002) hanno sostenuto che le OFP possono ampliare il proprio potenziale commerciale sfruttando “il patrimonio” alla base della piramide (BdP). Questo capitalismo inclusivo (Yunus et al., 2012; Prahalad, 2009) consente la creazione di modelli di business inclusivo (Inclusive Business, IB) di cui beneficiano le comunità a basso reddito includendole nella catena del valore dell’azienda come consumatori, produttori, imprenditori o dipendenti (George et al., 2012; UNDP, 2008). Sono quindi indirizzati a coloro che sono normalmente esclusi da transazioni commerciali tradizionali (Eldar, 2017; Ranjatoelina, 2017; Halme et al., 2012). In questo senso, il concetto stesso di IB converge con l’imprenditorialità sociale (Michelini e Fiorentino, 2012).  Dal punto di vista strategico, ricerche recenti hanno evidenziato il nesso positivo tra Imprenditoria Sociale e OSS (es.: Wang et al., 2020; Günzel-Jensen et al., 2020; Eichler e Schwarz, 2019; Littlewood e Holt, 2018; Quiroz-Nino e Murga-Menoyo, 2017; Doherty, 2018). Dal punto di vista organizzativo, Imprenditoria Sociale e IB possono essere letti nella prospettiva delle organizzazioni ibride (van der Byl e Slawinski, 2015). Infatti, l’IB sperimenta tensioni strategiche e organizzative nel tentativo di bilanciare equamente obiettivi sociali, ambientali ed economici (Schoneveld, 2020). Inoltre, le organizzazioni ibride possono giocare un ruolo rilevante nel raggiungimento degli OSS sia nella dimensione domestica (Horne et al., 2020) sia estera (Conway et al., 2019). Ciononostante, la misurazione dei benefici apportati dalle singole imprese al set di indicatori dell’Agenda 2030 rimane problematica (Tabares, 2020). Un aspetto fondamentale è sicuramente il suo impatto sulla vita dei poveri (George et al., 2012). Sebbene Prahalad e altri sostengano che per ridurre la povertà basta portare nel mercato la BdP, indipendentemente dai servizi o dai prodotti venduti, altri studi confutano tale generalizzazione (Banerjee & Duflo, 2011; Karnani, 2007). Inoltre, manca una teoria che identifichi gli elementi strutturali e funzionali che rendono le organizzazioni ibride più efficaci di altre (Eldar, 2017). Un aspetto fondamentale dell’IB nella prospettiva delle organizzazioni ibride riguarda le opportunità di partnership tra OFP e ONP definite cross-settoriali (Austin e Seitanidi, 2012) o ibride (Zhu e Sun, 2020), che costituiscono un meccanismo efficace per superare le difficoltà di attuazione dell’inclusione della BdP nel processo di creazione del valore. In particolare, le partnership ibride consentono di coordinare le attività con l’ampia varietà di stakeholder presenti nei diversi paesi e condividere efficacemente informazioni e conoscenza in merito alle best practice con partner locali (Brugmann e Prahalad, 2007). Inoltre, nel contesto della CIS, i partenariati sono fondamentali per attuare i modelli IB e rispondere ad un’ampia gamma di problemi sociali, fornendo allo stesso tempo vantaggi per le organizzazioni partner. Tuttavia, il ricorso a queste forme di collaborazione è generalmente poco diffuso (Murphy et al., 2015) e il ruolo delle partnership, data la loro importanza per lo sviluppo e l’implementazione di IB, merita di essere ulteriormente problematizzato (Schoneveld, 2020).

Contesto empirico e metodologia

La riforma italiana della Cooperazione allo Sviluppo nel 2014 (legge 125) ha anticipato obiettivi e principi dell’Agenda 2030, soprattutto per quel che riguarda il ruolo del settore privato profit, riconoscendone il ruolo di attore di sviluppo (art. 27). La riforma ha inoltre consentito la costituzione dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), che ha ad oggi pubblicato 3 bandi di cooperazione per le imprese private. I dati qui presentati sono stati raccolti attraverso un esame approfondito dei documenti presentati da ciascun applicant.

Nel panorama italiano, il bando ha sicuramente rappresentato una significativa innovazione e al contempo una grande sfida per la cooperazione e le imprese italiane che fino ad allora non avevano mostrato uno spiccato interesse per il settore – se non in termini filantropici. In linea con le best practice internazionali, il bando presentava un rapporto di co-finanziamento richiesto ai richiedenti (start-up escluse) di almeno il 50% del valore totale del progetto.

Il bando 2017 ha raccolto 25 proposte, di cui 13 sono stati ammessi a finanziamento; il bando 2018 ha raccolto 40 proposte e sono stati ammessi a finanziamento 23 progetti; nel 2019 sono pervenute 52 proposte, di cui 15 ammesse a finanziamento (Figura 1).

Sulla base di queste unità di osservazione, lo studio è stato articolato in due fasi: 1) un’analisi documentale di tutte le proposte di progetto presentate attraverso l’analisi del testo e la statistica descrittiva; 2) la raccolta di dati primari attraverso interviste personali telefoniche semi-strutturate con i manager responsabili delle aziende che hanno partecipato alle call. Il protocollo dell’intervista si è concentrato sullo stato generale del progetto, con un focus specifico sulle relazioni inter-organizzative in termini di equilibrio di potere, processo decisionale e procedure tra l’organizzazione nel paese d’origine e gli stakeholder locali.

Figura 1: numero dei progetti finanziati per anno

Discussione dei risultati

Si fornisce di seguito una breve panoramica dei progetti presentati, con particolare attenzione a quelli che sono stati selezionati e finanziati. I bandi prevedevano tre categorie di proposte: a) Nuovi progetti proposti da imprese già operanti; b)  Nuovi progetti presentati da nuove imprese (start-up); c) Progetti già realizzati in altri Paesi o in sperimentazione (scaling-up).

In risposta al primo bando pubblico, l’AICS ha ricevuto proposte da 25 aziende di cui 13 meritevoli di finanziamento. La qualità generale è risultata essere relativamente bassa (punteggio medio 60,4/100). Anche grazie ad ingenti sforzi in termini di comunicazione da parte dell’Agenzia, il quadro che presenta il secondo bando, nel 2018, è migliore: aumenta il numero delle proposte ed il punteggio medio di tutti i progetti selezionati (86,87/100). Il terzo ed ultimo bando (2019), è stato ritardato a causa dello scoppio della pandemia Covid-19, che potrebbe aver inciso anche sul numero inferiore di candidature. In questo caso, il punteggio medio dei 15 progetti che hanno ricevuto una valutazione positiva è stato di 79,01.

La composizione dettagliata di questi punteggi rivela le grandi difficoltà delle imprese proponenti nel costruire buone partnership con organizzazioni sia italiane sia locali per disegnare progetti inclusivi e innovativi economicamente sostenibili. Questi problemi rivelano una diffusa ed insufficiente competenza e capacità della maggior parte delle OFP italiane nel formulare progetti di CIS, e quindi nel cogliere le emergenti opportunità nei paesi a basso reddito.

Per quanto riguarda i paesi di destinazione, la Figura 2 mostra la distribuzione dei progetti finanziati considerando tutte le candidature.

È anche interessante concentrarsi sui settori rappresentati dal totale dei progetti finanziati (Tabella 1) e sugli OSS che sono stati dichiarati come centrali rispetto ai progetti ammessi a co-finanziamento (Figura 3).

Figura 2: Distribuzione dei progetti per paese, tutti i bandi

Tabella 1: descrizione dei progetti finanziati per tipo di richiedenti e per settore

Settore per tipo di Applicant 2017 2018 2019 TOTALE
Nuovi progetti proposti da imprese già operanti 2 10 9 21
Agricoltura 2 2 4
Agrifood 1 3 4
Cosmetica 1 1
Sanitario 1 1
Filiera del Piretro 1 1
Energie Rinnovabili 2 2
Supporto all’Imprenditoria Sociale 1 1
Turismo 1 1
Gestione dei Rifiuti 1 1
Purificazione Acqua 1 1
NA 3 3
Formazione 1 1
Start-up 4 7 3 14
Agricoltura 2 1 3
Agrifood 2 1 3
Accessori per l’infanzia 1 1
Fashion 1 1
Fashion 1 1
Energie Rinnovabili 1 1
Supporto all’Imprenditoria Sociale 1 1
Turismo 2 2
Formazione 1 1
Scaling-up 7 6 3 16
Agricoltura 1 1
Agrifood 1 1 2
Agrosilvicultura 1 1 2
Cambiamento climatico 1 1
Energia 1 1
Sanitario 1 1 2
ICT 2 2
Energie Rinnovabili 1 1
Supporto all’Imprenditoria Sociale 1 1
Turismo 1 1
Gestione dei rifiuti 1 1 2
TOTALE 13 23 15 51
Figura 3: OSS oggetto dei progetti presentati (tutti i Bandi Profit)

Una ulteriore analisi riguarda il livello di ibridazione organizzativa che le imprese partecipanti ai Bandi Profit hanno dimostrato attraverso le proposte presentate. Tratto tipico dei progetti di cooperazione internazionale di tipo profit for development è l’alta qualità delle partnership realizzate sia in ottica value chain (partnership verticali), sia rispetto agli attori locali espressioni della società civile (partnership orizzontali). In chiave organizzativa, è possibile analizzare questa capacità di finalizzare relazioni positive di business come la capacità di sviluppare modelli di business ibridi, capaci di perseguire finalità di business, tipiche delle imprese for profit, con impatti di sostenibilità in chiave olistica, espressione di realtà not for profit. Con un punteggio medio del 78% nei tre bandi, i partenariati costruiti dai candidati mostrano una composizione mista in cui le parti pubbliche, private e del terzo settore svolgono ruoli diversi, come mostrato nella Figura 4 e nella Tabella 2.

Figura 4: Livello di ibridazione dei business model oggetto dei progetti presentati (tutti i Bandi Profit)

Tabella 2: composizione ibrida delle partnership (tutti i Bandi Profit)

Bando Progetti Ibridi % H Attori pubblici Attori Privati Terzo Settore
2017 13 10 76,92 3 0 7
2018 20 14 70,00 3 14 14
2019 15 13 86,67 6 10 10

Le osservazioni relative al bando 2017 mostrano una chiara dicotomia nella costruzione del partenariato tra privato, pubblico e terzo settore. Questa evidenza si è ridotta nelle annate successive, dove nella maggior parte delle proposte il partenariato si è ulteriormente arricchito per tipologia e numero di partner, come riassunto nella Tabella 3.

 

Tabella 3: composizione delle partnership (tutti i Bandi Profit)

Bando Progetto Tipo di partner N. di Partners

 

Pubblico Privato Terzo Settore
2017 1 X     2
2 Non dichiarato  
3     X 1
4     X 1
5   Non dichiarato  
6 X     1
7     X 1
8     X 1
9     X 1
10  Non dichiarato  
11 X     1
12     X 2
13     X 1
2018 1 X X X 6
2     X 2
3   X X 5
4     X 2
5   X   1
6   X X 3
7 X   X 4
8   X   1
9     X 2
10   X   2
11     X 1
12   X   1
13   X X 2
14   X X 2
15     X 2
16 X X X 6
17   X X 4
18   X X 2
19   X   1
20   X   1
2019 1   X X 2
2   X   1
3 X X   2
4 X X   6
5     X 1
6 X X X 3
7 X X X 9
8 X   X 3
9   X X 2
10     X 1
11   X   1
12   X X 2
13     X 2
14     X 1
15 X X   2

Conclusioni

Anche se non è ancora possibile valutare l’effettiva sostenibilità dei progetti finanziati dall’AICS, la discussione dei dati preliminari apre ad alcune conclusioni.

In primo luogo, il numero relativamente basso di richiedenti suggerisce che parte del settore privato trascura le opportunità di business abbinate alla cooperazione internazionale (RP1). In secondo luogo, non tutti i progetti erano in linea con principi di business inclusivo e CIS, e in alcuni casi erano invece progetti di internazionalizzazione (RP2). Questo si riflette in molte delle proposte nei bandi 2017, 2018 e 2019 – quest’ultimo, essendosi concluso solo a metà 2020, potrebbe anche aver risentito degli effetti della pandemia legata al Covid-19sulla riduzione dei partenariati. L’ibridazione delle proposte è un fattore crescente in termini di eterogeneità delle proposte e dei partenariati (in numero e tipo), superando la dicotomia iniziale (privato/pubblico/terzo settore) mostrata nel primo bando. Tuttavia, anche se i dati mostrano un crescente interesse nell’impegno delle OFP nella CIS, c’è ancora un gap culturale e manageriale da risolvere, soprattutto in relazione alla creazione di organizzazioni ibride e modelli di business inclusivo.

Concludendo, il nostro studio mostra che l’impegno del settore privato nella CIS dovrebbe essere perseguito sia aumentando la consapevolezza delle opportunità di mercato sia educando gli attori privati sui principi fondamentali della responsabilità e della cooperazione internazionale allo sviluppo per aumentare il livello qualitativo di tali iniziative.

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