Il lavoro recensisce e riassume una interessante ricerca volta a discutere il “successo” delle innovazioni adottate nelle organizzazioni pubbliche in funzione della fonte dalla quale esse promanano, e della loro prossimità alla stessa fonte. Ai fini dell’analisi e della predicibilità dell’esito del processo di innovazione, gli autori sottolineano e forniscono evidenza dell’importanza di considerare, accanto alla dimensione verticale (top-down e bottom-up), anche quella orizzontale (organizzazione, confini organizzativi e contesto esterno di riferimento).
Introduzione
Lo studio indaga la relazione esistente tra le fonti di innovazione ed il locus organizzativo al quale sono diretti gli effetti dell’innovazione, ritenendo tale relazione essenziale per il successo percepito dell’innovazione stessa. Il riconoscimento di questo rapporto consente ai policy maker di identificare ex ante, nel contesto organizzativo, eventuali difficoltà d’implementazione o di introduzione dell’innovazione. La letteratura organizzativa prevalente appare concorde nel ritenere che la decisione di innovare è funzione di un set ampio ed eterogeneo di variabili, quali: fattori istituzionali, disponibilità di risorse, qualità della gestione, orientamenti individuali, aspettative, esigenze interne all’organizzazione, esigenze dell’ambiente esterno, caratteristiche dell’innovazione (Frendreis, 1978; Downs and Mohr, 1979; Marcus e Weber, 1989; Berry, 1994; Walker, 2006; Damanpour e Schneider, 2008). Tuttavia, alle organizzazioni pubbliche è spesso richiesto di adottare innovazioni senza alcuna possibilità di agire sulle variabili ora menzionate (Boyne et al., 2005). In tali circostanze, e con siffatti vincoli, il successo dell’innovazione dipende in larga misura sia dalla adeguatezza del modello gestionale, sia dal contesto organizzativo sul quale l’innovazione è destinata ad incidere. Di conseguenza, la fonte e il luogo d’impatto, nonché la loro distanza relativa, sono determinanti per il successo dell’innovazione.
Posto che non tutte le innovazioni sono suscettibili di successo in seguito alla fase di introduzione (Rogers, 1983; Klein e Sorra, 1996; Choi et al., 2011; Baer, 2012), di cruciale rilevanza appare comprendere come ed in quali circostanze le innovazioni che vantano un’introduzione lontana nel tempo – in modo da mostrare risultati consolidati – siano positivamente percepite dai membri dell’organizzazione (Borins (2000). Le ipotesi formulate dagli autori dell’articolo sono testate su un campione di dipendenti pubblici australiani, nel cui gruppo di lavoro è stata introdotta un’innovazione nei dodici mesi antecedenti la ricerca (sotto-campione della più ampia indagine SOSR 2011). Attraverso un set di domande, sono state indagate le relazioni tra il locus di introduzione dell’innovazione, gli effetti vis-à-vis con l’organizzazione e il successo percepito nell’implementazione. I risultati sono classificati in base alla loro relazione nei confronti di processi e risultati intrinseci, estrinseci-interni ed estrinseci-esterni.
Lo studio contribuisce alla comprensione dei processi di adozione e di implementazione dell’innovazione, poiché offre evidenze interessanti circa il fatto che gli attori che introducono innovazioni tendono a riconoscere un maggior successo nell’implementazione di alcune di esse rispetto ad altre in funzione della prossimità al luogo di operatività dell’innovazione stessa.
Origine dell’innovazione e locus organizzativo
L’adozione dell’innovazione è un processo che si compone di due fasi principali (Damanpour e Schneider, 2008): l’avvio e l’implementazione. La seconda, in particolare, si concentra sulle attività decisionali di post-adoption del processo, e comprende tutti quegli eventi, azioni e decisioni tese a dare attuazione all’’innovazione (Rogers 1983). L’approccio della teoria dei sistemi all’analisi organizzativa suggerisce l’esistenza di correlazione tra tali attività decisionali e il locus dal quale l’innovazione trae origine.. In particolare, se l’origine dell’innovazione non è prossima al luogo del suo impatto (dove l’innovatore può meglio comprenderne i potenziali ostacoli e le opportunità), allora il suo successo può essere relativamente attenuato rispetto ad innovazioni che, invece, originano da una più vantaggiosa (e più prossima) posizione organizzativa. Peraltro, le caratteristiche individuali dell’innovatore sono state a lungo ritenute fattore critico nell’adozione dell’innovazione (Peters e Waterman, 1982). Tuttavia, senza considerare il “sistema sociale in cui avviene l’adozione” (Jun e Weare, 2011), i ricercatori rischiano di perdere elementi critici di analisi. Tra questi proprio il locus organizzativo, dal quale si origina l’innovazione e al quale è collegato il rischio di insuccesso (Osbourne e Brown, 2011). Sul tema, la letteratura consolidata è stata principalmente influenzata dalla teoria dei sistemi aperti e dalla teoria della contingenza strutturale, nelle quali sono ampiamente argomentate le interrelazioni tra l’organizzazione e il suo ambiente (Slappendel, 1996).
Innovazioni dall’alto o dal basso?
Nell’ambito della struttura gerarchica di un’organizzazione possono essere considerati parte del nucleo tecnico il personale e le tecnologie espressamente sviluppate per svolgere le principali funzioni (Scott, 2003). Il nucleo tecnico è stato concettualizzato come distinto dal nucleo amministrativo, il quale è rappresentato dai vertici decisionali dell’organizzazione (Damanpour, 1991).
Orbene, per quanto concerne l’’innovazione, occorre rilevare che essa può provenire da entrambi i nuclei e risente della loro interazione. In particolare, la relazione (forte o debole) tra il nucleo amministrativo e quello tecnico dipende dal grado di professionalizzazione nell’ambito del nucleo tecnico: maggiore è il grado di competenza professionale dei dipendenti, più debole il legame del nucleo tecnico col nucleo amministrativo; minore è il grado di professionalizzazione dei dipendenti, più stretto il legame del nucleo tecnico col nucleo amministrativo. Una (classica) premessa generalmente accettata è che il top management svolga primariamente funzioni di indirizzo strategico, volte a definire il ‘quadro generale’ (rapporti con gli stakeholder esterni, allocazione delle risorse, comunicazione degli obiettivi organizzativi, etc.). In questa prospettiva, al top management è quindi riservato un ruolo privilegiato nel promuovere innovazioni che impattino sulle dimensioni strutturali e procedurali dell’organizzazione, e/o che promuovano l’adattamento organizzativo coerentemente alle sollecitazioni del contesto esterno (Daft, 1978). Il modello classico di determinazione strategica, tuttavia, è insoddisfacente e appare lontano dal catturare l’intero processo innovativo che si svolge localmente (Andersen, 2008). Infatti, in molte organizzazioni pubbliche i dirigenti intermedi e lo staff assumono collettivamente decisioni che influenzano direttamente il livello complessivo delle performance organizzative (Lipsky, 1980). Occorrerebbe inoltre tenere conto nell’analisi il fenomeno del conflitto, che rende lo scenario ancora più complesso: quando nuovi dirigenti impongono nuove e innovative idee al personale in servizio, quest’ultimo manifesta spesso una sistematica (talvolta latente) recalcitranza a discostarsi dallo status quo, la quale spesso configura un serio rischio per il successo dell’innovazione immaginata dai livelli gerarchici superiori (Marcus e Weber, 1989).
Innovazioni dall’interno o dall’esterno?
Nelle organizzazioni pubbliche, i membri del nucleo tecnico e di quello amministrativo entrano in contatto con quelli di altre organizzazioni e istituzioni (O’Toole e Meier, 1999). Può accadere quindi che gli attori organizzativi siano talmente coinvolti in transazioni esterne da “allontanarsi” relazionalmente dal contesto interno al punto da non essere più in grado di comprendere in che modo le soluzioni amministrative e/o tecniche siano correlate l’una con l’altra, o come possano essere implementate in modo efficace (Scott, 2003). Altre volte, invece, attori esterni possono essere cooptati o integrati nel nucleo tecnico dell’organizzazione attraverso transazioni economiche o relazionali basate sulla dipendenza dalle risorse o dal capitale sociale (Perry e Rainey, 1988; Andersen, 2008). Ne consegue che appare limitante concentrare la ricerca sull’innovazione unicamente sul nucleo tecnico o sulla sola organizzazione, essendo invece necessario ricomprendere nel quadro di analisi anche il contesto istituzionale (Osbourne e Brown, 2011). Allo stesso tempo, sottolineano gli autori, le prospettive degli attori organizzativi e le loro percezioni circa i successi e i fallimenti sono (almeno in parte) plasmate dai loro orientamenti organizzativi, professionali e personali, e dal modo in cui questi orientamenti sono compatibili (e quindi accettabili) rispetto all’origine di una data innovazione nell’ambiente organizzativo.
Combinare le dimensioni verticali e orizzontali del locus organizzativo
Gli attori organizzativi non connessi alle funzioni tecniche fondamentali di un’organizzazione si collocano essenzialmente alla periferia del nucleo tecnico (Figura 1). Ibridando questo approccio con la teoria dei sistemi, è possibile argomentare che i confini organizzativi non sono propriamente fissi. Gli autori rilevano quindi che la ricerca sulle innovazioni del settore pubblico deve accogliere l’idea di organizzazione come sistema aperto e riconoscere la rilevanza del contesto istituzionale, delle reti e delle interazioni nei pubblici servizi (Osbourne e Brown, 2011).
In Figura 1, il nucleo tecnico è rappresentato dalle aree grigio scuro, le quali si collocano prevalentemente nel polo ‘organizzativo’ della dimensione orizzontale. Gli attori esterni all’organizzazione sono rappresentati lungo il continuum orizzontale della rappresentazione (tipicamente partner e stakeholder). Si può presumere che i contractor, ad esempio, siano più strettamente legati al nucleo tecnico di un’organizzazione rispetto ai clienti (Isett e Provan, 2005), sebbene questo possa variare a seconda dell’organizzazione e della natura dell’interazione.
Nella prospettiva di Thompson (1967), gli autori ipotizzano, inoltre che gli attori di front office e middle management siano i membri organizzativi più rappresentativi del nucleo tecnico. Gli altri attori variano lungo un continuum bidimensionale di prossimità verticale-orizzontale al nucleo tecnico. In termini di verticalità, gli autori ipotizzano che gli attori siano dotati di più o meno potere (espresso questo in termini di gerarchia, prestigio, ricchezza, potere di voto) (Schneider e Ingram, 1993). Se da una parte la dimensione della verticalità è stata il focus principale degli studi sull’innovazione (Borins, 2000; Klein e Sorra, 1996; O’Toole, 1986; Sabatier, 1986), dall’altra la dimensione orizzontale ha ricevuto minore attenzione dalla letteratura manageriale (Marcus e Weber 1989). Il lavoro propone una prospettiva sistemica che tiene conto congiuntamente di entrambe le dimensioni verticale ed orizzontale e che osserva quindi la localizzazione organizzativa (ossia la prossimità al nucleo tecnico) sia rispetto alla dimensione verticale che a quella orizzontale.
Locus d’origine dell’innovazione vs locus dei risultati dell’innovazione
La nozione di ‘sede organizzativa’ assume un ruolo rilevante nello studio delle innovazioni (Ferlie et al., 1989; Baldock ed Evers, 1991). Gli attori politici sono suscettibili di indurre innovazioni che mirano a risultati lungo i confini organizzativi o l’ambiente esterno, adottando regole e direttive da una prospettiva tipicamente verticale, più elevata sebbene esterna (Marcus e Weber, 1989; Borins, 2000).
Ciò non significa che, ove le innovazioni top-down siano introdotte, esse tendano a ignorare il nucleo tecnico dell’organizzazione a scapito di affrontare crisi percepite esternamente. Piuttosto, è possibile che un’organizzazione cerchi di preservare il proprio nucleo tecnico da ‘disturbi’ ambientali (Thompson, 1967), e che gli attori distali, sia lungo la dimensione verticale sia lungo quella orizzontale, siano ostacolati nella loro capacità di produrre cambiamenti nel nucleo tecnico. La maggior parte dei cambiamenti ambientali, tuttavia, è emergente ed intrecciata con l’azione dell’organizzazione stessa (Lynn, 2005). Pertanto, l’interazione dei membri organizzativi con l’ambiente esterno è costante e diretta (Zimmerman e Hurst, 1992). A tal fine, interessanti sono i percorsi d’indagine che legano i risultati dell’innovazione al luogo dal quale l’innovazione trae origine (Jun e Weare, 2011). Gli attori del nucleo tecnico, ad esempio, hanno maggiori probabilità di successo in risposta a problemi interni, presentano una correlazione positiva con il supporto di supervisori e una correlazione negativa con il sostegno di legislatura o lobby economiche (Borins, 2000). Le innovazioni avviate da funzionari di livello più alto, invece, ricevono maggior sostegno dagli attori più periferici dell’ambiente organizzativo rispetto agli attori del nucleo tecnico.
Risultati e processi estrinseci vs risultati e processi intrinseci
Adottando la prospettiva della teoria dei sistemi, i risultati dell’innovazione (siano essi intenzionali o non intenzionali) possono essere variamente localizzati rispetto all’ambiente organizzativo. Gli autori sostengono che è probabile che la prossimità delle fonti di innovazione alle sedi alle quali il risultato dell’innovazione è destinato abbia un ruolo dirimente se gli effetti delle innovazioni sono percepiti come significativi. Pertanto, è ragionevole aspettarsi che il luogo della fonte dell’innovazione sia positivamente associato alla sede alla quale l’innovazione è destinata. Ad esempio, i membri del nucleo tecnico saranno meglio attrezzati per identificare punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce, per l’implementazione di una data innovazione se questa è interna all’ambiente organizzativo.
Tali mutamenti possono essere estrinsecamente o intrinsecamente correlati alle mansioni degli individui (Brief e Aldag, 1977): l’effetto estrinseco di un processo o risultato spinge il comportamento degli individui al di fuori delle loro motivazioni intrinseche. I risultati e i processi intrinseci sono legati a vantaggi meno tangibili, come l’autorealizzazione, l’empowerment e la soddisfazione sul lavoro. Nella Tabella 1, i risultati estrinseci dell’innovazione sono classificati rispetto alla loro provenienza (interna o esterna) e rispetto alla distanza dal nucleo organizzativo. I risultati intrinseci dell’innovazione, essendo interni ai singoli dipendenti, sono privi di un equivalente esterno.
Tabella 1 – Classificazione dei risultati dell’innovazione in funzione della provenienza e rispetto alla distanza dal nucleo organizzativo
Fonte: Moldogaziev e Resh (2016)
Di seguito sono schematicamente enunciate le ipotesi circa le relazioni tra le fonti di innovazione ed i loci dei processi a cui si rivolgono:
Il campione di riferimento e la metodologia di analisi
I dati utilizzati per le elaborazioni sono stati forniti dall’Assessorato ai Servizi Pubblici australiano (APS). L’obiettivo dello studio assumeva la prospettiva del governo centrale del Commonwealth australiano, non includendo quindi funzionari pubblici a livello statale, territoriale o locale. Il set di dati è caratterizzato da oltre dieci mila osservazioni in riscontro a specifiche domande, tra cui un insieme unico di domande inerenti l’innovazione (focus dello studio). Inoltre, considerati gli obiettivi di ricerca relativi alla relazione tra le fonti dell’innovazione e il successo nell’implementazione, è stato esaminato il solo sotto campione degli intervistati che riportano l’implementazione dell’innovazione nei rispettivi gruppi di lavoro negli ultimi dodici mesi. In termini di metodologia di analisi, tenuto conto della natura delle variabili e delle loro proprietà, sono stati utilizzate principalmente regressioni ordinarie dei minimi quadrati.
Considerazioni conclusive e implicazioni manageriali
I risultati dello studio appaiono confermare gli orientamenti della letteratura prevalente in ordine alle prospettive di interpretazione della adozione e attuazione dell’innovazione dal punto di vista della verticalità del potere nelle organizzazioni e delle fonti della stessa innovazione. Appare interessante la proposta inerente l’integrazione della prospettiva orizzontale a quella verticale, al fine di favorire una più ampia interpretazione del rapporto tra i loci delle fonti di innovazione e i loci dei risultati e processi in relazione al nucleo tecnico dell’organizzazione.
Il successo percepito della implementazione appare quindi essere funzione della interazione tra la fonte dell’innovazione e i risultati e processi, il tutto orientato verso differenti dimensioni del contesto organizzativo e dei suoi stakeholder. In particolare, il successo percepito è prevalentemente dipendente dalle fonti di innovazione dal basso verso l’alto. Per certi versi, quindi, si può ritenere esista un senso “locale”, e le innovazioni di successo possono contribuire a stimolare numerosi ritocchi e adeguamenti su piccola scala da parte dei funzionari del nucleo tecnico.
Inoltre, con riferimento ai risultati e processi estrinseci interni, i risultati percepiti sono associati, oltre che ai dipendenti, anche ai contractor e ai consulenti. Allo stesso tempo, il successo percepito dei risultati e processi estrinseci esterni sembrano essere associati, oltre agli effetti dei singoli dipendenti, con le parti interessate del settore. Infine, il successo percepito dei risultati e processi intrinseci, in aggiunta a singoli dipendenti e gruppi di lavoro, sembra essere legato alle innovazioni originate da altre entità. Ancora, nella prospettiva bottom up non tutte le fonti di innovazioni sono percepite come influenti per il successo delle innovazioni, e tra queste quelle introdotte dalla componente politica.
Forse l’evidenza più intrigante che emerge dalla analisi è che il locus della innovazione lungo la verticalità della organizzazione (ad esempio i dirigenti senior o il nucleo amministrativo) è percepito come inversamente associato al successo delle stesse innovazioni. Questo aspetto pare quindi confermare quanto argomentato nella letteratura prevalente, secondo la quale le innovazioni dal basso possono introdurre conseguenze di vasta portata, mentre le innovazioni dall’alto rischiano spesso di essere in gran parte inefficaci.
È il caso di menzionare anche alcuni limiti dello studio, legati soprattutto, per via dei dati trattati, alla impossibilità di distinguere le tipologie e caratteristiche delle innovazioni, dove la letteratura di riferimento argomenta sulla loro importanza in termini di processi decisionali per l’implementazione delle innovazioni.
Appare infine rilevante sottolineare che lo studio proposto si concentra sulle percezioni di attori organizzativi in un contesto organizzativo, e quindi ciò che può essere percepito come un successo non necessariamente equivale al successo generale di una politica.
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