La relazione tra gli operatori sanitari e i pazienti con disabilità: riflessioni per una sanità più inclusiva

Nel presente contributo si riflette su come supportare il principio di centralità del paziente con disabilità nei processi di cura medica. L’OMS ha evidenziato come molta parte delle difficoltà di accesso alla cura e di definizione dei propri bisogni e preferenze del paziente con disabilità possa essere ricondotta all’inesperienza o agli stereotipi che caratterizzano le modalità di lavoro degli operatori sanitari. Si dà dunque qui spazio all’esposizione di uno studio qualitativo che mira ad analizzare l’interazione tra operatori sanitari e pazienti con disabilità, secondo una prospettiva che valorizza il tema delle percezioni fisiche, della sensorialità e delle emozioni. Il fine è comprendere quali pratiche di formazione, di voice, e di ascolto adottare verso gli operatori sanitari per una migliore e più ampia inclusione dei pazienti con disabilità nel processo di cura. Lo studio ha coinvolto 39 operatori sanitari appartenenti ad un progetto nato in Italia per garantire accesso, prevenzione e cura efficace ai pazienti con disabilità complesse.

Le persone con disabilità complesse e le disuguaglianze nell’accesso all’assistenza sanitaria

Le persone con disabilità, in particolare quelle con disabilità gravi e gravissime, incontrano molte barriere di accesso alla cura e alla prevenzione. Le persone con disabilità hanno un’aspettativa di vita inferiore rispetto alla popolazione generale; un rischio raddoppiato di sviluppare malattie croniche come diabete, obesità, depressione e patologie cardiovascolari; hanno una grande difficoltà a reperire informazioni importanti per una maggiore consapevolezza del proprio stato di salute e sovente non riescono fisicamente ad accedere all’ospedale o all’ambulatorio a causa delle barriere architettoniche degli edifici e degli strumenti clinici e medici (OMS, 2023).

Gli operatori sanitari sono talvolta impreparati ad accogliere e a visitare i pazienti con disabilità, in particolare i pazienti con disabilità intellettiva e/o relazionale e motoria gravissima. Gli ospedali e gli strumenti clinici sono pensati solo ed esclusivamente per persone cosiddette normodotate e spesso presentano un alto grado di inaccessibilità e scomodità anche per questi ultimi. La difficoltà di relazionarsi e interagire con il paziente e dunque di poterlo curare porta l’operatore sanitario a sviluppare forti emozioni quali paura, angoscia e frustrazione (Berliri e Panocchia, 2014).

In questo contesto, il concetto di “Patient-Centered Care” (PCC) è particolarmente rilevante per l’accoglienza e l’assistenza sanitaria delle persone con disabilità, soprattutto per quanto concerne gli aspetti relazionali e umani. L’approccio “PCC” è fortemente diffuso e che mira a generare un modello di cura focalizzato sul paziente e non sulla malattia. In questa prospettiva, il paziente viene incoraggiato a diventare protagonista del suo percorso di cura dando spazio alle sue necessità, alle sue preferenze e a tutto il suo contesto personale e sociale (e.g. Nkhoma, et al.2022).

Sono stati eseguiti molti studi utili a scoprire l’impatto del concetto di “PCC” sul paziente con disabilità e dunque su come i sistemi sanitari e le strutture hanno applicato il modello per renderli più accessibili (e.g., Clark et al., 2023; Loius et al., 2019; Alidina et al., 2021). Questi studi sono stati svolti a un livello più macro, mentre vi è un vuoto riguardo all’esplorazione sull’impatto di “PCC” sulla relazione tra il paziente con disabilità e gli operatori sanitari, in particolare sulla dinamica relazionale della diade paziente-operatore sanitario dal punto di vista dell’incontro fisico, emotivo e sensoriale dei suddetti soggetti (e.g. Twigg 2006; Twigg et al., 2011). Questo aspetto è di grande rilevanza non solo perché consente di valutare il livello e la qualità dell’inclusione dei pazienti con disabilità in ambito sanitario, ma anche per indagare le emozioni e i sentimenti dei professionisti sanitari, il loro stato di benessere rispetto all’accoglienza di questi pazienti e il conseguente clima lavorativo generale.

L’ambito sanitario implica un forte contatto fisico tra le persone, soprattutto tra l’operatore sanitario e il paziente e le percezioni sensoriali e corporee hanno un grande impatto sulla relazione tra le due persone, sul percorso clinico, sul rapporto che il paziente crea con l’ambiente sanitario e sulla modalità di come il professionista scolpisce la sua identità professionale (Twigg, 2006). Per i pazienti con disabilità, in particolare quella complessa, le sensazioni corporee e sensoriali derivanti dall’ambiente e dall’incontro con l’operatore sanitario hanno una grande rilevanza, perché sovente questi canali sostituiscono il linguaggio verbale e i pazienti comunicano grazie a questi codici.

In questo studio ci si pone proprio l’obiettivo di colmare questo vuoto della letteratura indagando il ruolo dell’approccio “PCC” nella relazione clinica tra operatori sanitari e pazienti con disabilità, focalizzandosi sull’incontro tra le due corporeità, così da determinare lo spazio dedicato all’inclusione dei pazienti e le possibili strategie di gestione del personale atte a rinforzarlo e ampliarlo.

Il corpo del paziente con disabilità, non essendo un corpo canonico, costringe chi vi si relaziona a confrontarsi con aspetti come la malattia, il dolore, la guarigione e la morte consentendo di ripensare al proprio rapporto con queste tematiche (Fisher, 2008).

In questo studio si desidera esplorare come l’interazione fisica tra gli operatori sanitari e i pazienti con disabilità, crei diversi tipi di relazione clinica e terapeutica. La tipologia e la qualità dell’interazione dà origine a diversi modi in cui il paziente partecipa e viene coinvolto nel percorso di diagnosi, cura e follow up. Questo contributo mira a trarre le proprie conclusioni in merito a quelle pratiche di gestione del personale che possano favorire un’interazione tra operatore sanitario a paziente, in grado di valorizzare questa dimensione più corporea e sensoriale e diventare così più inclusiva.

Il progetto analizzato

Lo studio qui riassunto è di matrice interpretativista e si è basato sulla somministrazione di 39 interviste semi-strutturate a operatori sanitari facenti parte di un progetto nato o per garantire l’accesso alla cura alle persone con disabilità grave e gravissima. Il progetto si basa sul principio di porre al centro della cura il paziente con il suo background personale e sociale, e includendo in tutte le fasi la famiglia e gli eventuali caregivers. La cura ha un approccio multidisciplinare e integrato, offrendo al paziente la consulenza e il supporto di figure complementari come medici, infermieri, fisioterapisti e nutrizionisti.

Le 39 interviste hanno avuto una durata media di circa 50 minuti e si sono svolte telefonicamente tra dicembre 2020 e ottobre 2021. Il protocollo di intervista si è focalizzato sulle sensazioni e le emozioni evocate negli operatori sanitari dall’incontro con i pazienti con disabilità e su come l’interazione con questi ultimi può aver cambiato il modo di percepire il proprio corpo e le sensazioni a esso correlate.

Risultati e discussione

L’analisi dei dati ha dato origine a tre diverse tipologie di interazione tra operatore sanitario e paziente e dunque tre differenti livelli di inclusione del paziente stesso nel percorso di diagnosi e cura. Questi tre pattern vengono espressi principalmente tramite la comunicazione sensoriale. Gli operatori sanitari si relazionano e comunicano con il paziente con disabilità tramite uno o più canali sensoriali principali, che definiscono la profondità e il coinvolgimento dell’interazione, attraverso una diversa considerazione del proprio corpo e di quello del paziente.

La relazione con il paziente attraverso la pratica dell’osservazione

Nella prima modalità di interazione emersa, la relazione clinica tra l’operatore sanitario e il paziente si esplica tramite l’osservazione, dunque tramite il senso della vista. Il professionista si focalizza sull’osservazione dei segni, dei gesti, delle espressioni e delle posture del paziente al fine di identificare i sintomi che lo affliggono e individuare la miglior cura possibile. L’osservazione attenta e la collaborazione dei caregivers costituiscono le fonti di informazione di cui l’operatore sente di aver bisogno e le uniche con le quali si confronta per pianificare il suo intervento. Il paziente è posto al centro dell’attenzione clinica, ma non viene coinvolto né fisicamente né psicologicamente nel processo di diagnosi e di terapia.

Attraverso l’osservazione, si può affermare che non avvenga uno scambio empatico e reciproco, perché nonostante il professionista voglia fortemente sostenere e curare il paziente con disabilità, stabilisce una distanza, che gli consente di osservare e di decidere della cura autonomamente. Quando si ingaggia nell’osservazione, l’operatore sanitario, infatti, si concentra nel pensare al suo stesso corpo come un mezzo per poter svolgere delle attività come camminare, guidare, o leggere; pertanto, il relazionarsi con una persona che non può svolgere certe attività gli fa percepire la medesima come distante dal suo quotidiano e dal suo vissuto.

La relazione con il paziente attraverso il tocco

In questa modalità di interazione il professionista sanitario comunica con il paziente attraverso il tocco e il contatto pelle a pelle. Il corpo del paziente incontra quello del medico sia attraverso gesti semplici come il tocco delle mani, l’abbraccio e l’auscultazione del cuore e del respiro.

Questi primi contatti sono fondamentali per far percepire al paziente l’apertura e l’empatia dell’operatore sanitario, che d’altro canto ha modo di conoscere e intuire sentimenti, paure e preferenze del paziente. Si mira a costruire una relazione clinica basata su ascolto, fiducia e dove si cerca di leggere e dare spazio alla volontà e ai pensieri del paziente.

La creazione dell’empatia è possibile anche perché l’operatore sanitario vede sia in sé stesso che nel paziente la presenza della vulnerabilità, della paura e anche del desiderio e della speranza di guarire. Spesso i professionisti sanitari che illustrano questa modalità di lavorare hanno evocato ricordi personali di incidenti, ma anche di guarigioni successive a ferite o traumi.

La relazione con il paziente attraverso il gioco

In quest’ultimo pattern si assiste a un’interazione basata sullo scambio reciproco e sul gioco. I sensi acquisiscono eguale importanza nella relazione e si fondono in una sinestesia: gli esami diagnostici e i macchinari non vengono più solo adattati alle esigenze del paziente, ma diventano vivi e multiformi permettendo alla diade operatore sanitario-paziente di co-creare il momento della visita. I rituali e le leggi non scritte dell’ospedale vengono scardinate per dare spazio a momenti unici e sempre diversi in cui il percorso sanitario viene disegnato a quattro mani.

L’operatore sanitario vede la disabilità come un evento possibile nella vita di ognuno; dunque, si sente coinvolto e vicino a questa condizione di vita: si domanda come lui la affronterebbe e quali trattamenti vorrebbe ricevere. Il paziente viene percepito in modo profondo, con ricordi, sentimenti, traumi e affetti e questo crea uno scambio personale.

Implicazioni per la definizione di un sistema di ascolto e formazione in grado di favorire un approccio più sensoriale e fisico al paziente con disabilità.

Dalla presentazione dei risultati emerge come, nonostante si persegua con fermezza lo scopo di garantire l’accesso alla cura per i pazienti con disabilità, gli spazi di inclusione e partecipazioni abbiano livelli di profondità differente.

È fondamentale continuare a promuovere la partecipazione e la volontà di condivisione del paziente al fine di ottenere migliori “outcomes” terapeutici, “compliance”, aderenza ai trattamenti e un maggiore benessere degli operatori sanitari coinvolti.

Una continua diffusione di progetti come quello analizzato è imprescindibile, ma sono necessari training e seminari sia presso i presidi ospedalieri che presso i poli universitari per formare e preparare anche i giovani professionisti sanitari. Una maggiore co-creazione del percorso sanitario permette al paziente e all’operatore sanitario di vivere un’esperienza di forte scambio che consente a quest’ultimo di acquisire maggiore creatività, flessibilità ed empatia utili a una maggiore soddisfazione professionale e personale e a una conseguente più stretta cooperazione con colleghi, pazienti e familiari. La formazione e l’esperienza costruita con i pazienti con disabilità costituisce un grande arricchimento per la gestione e la pianificazione di tutte le situazioni: in particolare tutti gli aspetti riguardanti la multi-sensorialità e le strategie di accomodamento possono rivelarsi cruciali in caso di pazienti ansiosi o fobici.

A questo proposito, sulla base dei risultati di questo studio, le seguenti pratiche di gestione del personale vengono raccomandate per una diffusione di un approccio PCC ai pazienti con disabilità, che tenga maggiormente in conto il tema della sensorialità, delle percezioni fisiche, delle emozioni che operatori sanitari e pazienti riescono a scambiarsi:

  • Strumenti per esprimere la voce e sessioni di feedback (attraverso survey, riunioni e focus group) possono essere organizzati per ascoltare quanto gli operatori sanitari si rapportino con le proprie emozioni, la loro esperienza fisica dell’incontro con il paziente con disabilità, la propria salute e fragilità fisica. Questi strumenti dovrebbero consentire agli operatori anche di condividere il loro approccio al paziente con disabilità, in termini di osservazione e interazione fisica, per comprendere quali siano le pratiche più diffuse e quindi i più probabili patterns di interazione con il paziente. In questo modo diventa possibile pianificare degli interventi per rendere maggiormente diffusi quegli approcci che garantiscono una relazione d reciprocità tra operatore e paziente e non il distacco di una relazione più verticale. Le sessioni di feedback possono essere anche mirate a far comprendere agli operatori come la pratica dell’osservazione tecnica possa creare una distanza verso il paziente, mentre una relazione impostata su un contatto fisico più stretto e più empatico possa garantire una maggiore condivisione di emozioni e informazioni con il paziente.
  • Favorire una cultura organizzativa che promuova la condivisione della vulnerabilità fisica ed emotiva degli operatori sanitari e che enfatizzi l’importanza dell’incontro del paziente come esperienza fisica ed emotiva, non solo diagnostica e di cura. Il valore del corpo come modalità attraverso cui si costruisce la modalità di lavoro e la relazione di cura dovrebbe essere sottolineato nelle organizzazioni sanitarie. In questo modo è possibile agire sulle priorità nell’organizzazione della cura, cercando di spingere per un maggior spazio da dedicare ad una modalità di interazione in cui l’operatore ha tempo, spazio, ed energie per strutturare un’interazione fisica ed emotiva con il paziente.
  • Organizzare sessioni di sensitivity trainingper far comprendere come le routine di interazione con il paziente con disabilità contribuiscano a definire gli stereotipi e i pregiudizi verso la disabilità stessa e favoriscano la costruzione del concetto di paziente disabile, come persona il cui potere di determinazione delle proprie preferenze e scelte non viene adeguatamente considerato.
  • Tra i valori e i principi rispetto ai quali si rende necessario creare una sensibilità nelle strutture ospedaliere ed ambulatoriali, c’è quello del ‘bricolage’, della capacità di rivedere le routine esistenti in modo creativo per rispondere al meglio ad una situazione emergente. I risultati dello studio qui sintetizzato illustrano che le interazioni di maggior coinvolgimento e riconoscimento reciproco tra operatore sanitario e paziente avvengono quando l’operatore sanitario percepisce la libertà di usare in modo nuovo pratiche, strumenti e spazi già esistenti per rispondere meglio ai bisogni e alle preferenze che legge nella comunicazione del paziente.

Bibliografia

Berliri, L.V., Pannocchia, N. (2014) Persone con disabilità e ospedale. Principi, esperienze, buone prassi, Erikson

Twigg, J. (2006). The body in health and social care. Macmillan International Higher Education.

Twigg, J., Wolkowitz, C., Cohen, R. L., Nettleton, S. (2011). Conceptualising body work in health and social care. Sociology of health & illness, 33(2), 171-188.

World Health Organization. (2023). World report on disability 2023. World Health Organization.

Nkhoma, K. B., Cook, A., Giusti, A., Farrant, L., Petrus, R., Petersen, I., & Harding, R. (2022). A systematic review of impact of person-centred interventions for serious physical illness in terms of outcomes and costs. BMJ open, 12(7), e054386.

Louis, C. J., Clark, J. R., Gray, B., Brannon, D., & Parker, V. (2019). Service line structure and decision-maker attention in three health systems: implications for patient-centered care. Health care management review, 44(1), 41-56.

Clark, J. R., Tietschert, M., Kerrissey, M., Friedberg, M., & Singer, S. J. (2023). The dynamics of integration and integrated care: An exploratory study of physician organizations. Health Care Management Review, 48(1), 92-108.

Alidina, S., Martelli, P. F., Singer, S. J., & Aveling, E. L. (2021). Optimizing patient partnership in primary care improvement: a qualitative study. Health care management review, 46(2), 123.

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Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

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