Nelle organizzazioni contemporanee la scarsa motivazione e il disimpegno sul posto di lavoro sono tra le problematiche che più di frequente spingono le persone a cambiare il proprio lavoro, generando elevati tassi di turnover. Il nostro studio evidenzia come in contesti caratterizzati da bassi stimoli i comportamenti di job crafting favoriscono il coinvolgimento nel lavoro e la ricerca di significato nella propria vita.
Introduzione
Nonostante i molteplici cambiamenti in atto nell’organizzazione e nelle modalità di lavoro, la monotonia e il non coinvolgimento nella propria attività lavorativa rimangono problematiche critiche per le organizzazioni. Il 40% dei lavoratori risulta essere annoiato sul proprio posto di lavoro (Office Team Survey, 2017) e il 53% dei lavoratori non è coinvolto dal proprio lavoro (Gallup Survey, 2018). Le conseguenze della noia e del non coinvolgimento nel proprio lavoro sono spesso alla base dell’intenzione di lasciare l’azienda: il 42% dei lavoratori “annoiati” ha intenzione di cambiare lavoro in un arco temporale di 3-6 mesi (Udemy Survey, 2016).
Per evitare questa situazione, si ritiene fondamentale che le organizzazioni si focalizzino su quelle prassi che si stanno rivelando più efficaci nell’attivare la motivazione ed accrescere il coinvolgimento dei lavoratori. La ricerca accademica sta recentemente conciliando gli studi di matrice psicologica sulla motivazione con le ultime evoluzioni delle neuroscienze (Moccia, Mazza, Nicola e Janiri, 2018), riconoscendo in uno dei sistemi emotivi primari, identificato con il termine “seeking system” (Wright & Panksepp, 2012), il meccanismo emotivo intrinseco che funge da principale fonte della motivazione all’interno del cervello umano.
Il seeking system può essere concettualizzato come la “spinta” o la “motivazione” ed è costituito da una forza interiore che porta gli individui a impegnarsi in attività attraverso le quali possono ottenere risorse che aumentano le sensazioni piacevoli e limitano gli effetti negativi di eventi stressanti (Panksepp, 2005). Cable, nel suo libro “Alive at work” (2019), sostiene che il seeking system ci spinge ad impegnarci e investire energie in attività attraverso le quali possiamo sperimentare un elevato livello di espressione di noi stessi, di sperimentazione e di significato delle attività svolte. Da un lato quindi l’attivazione del seeking system è associata ad una maggiore gioia, coinvolgimento e creatività dei dipendenti (Cable, 2019). Dall’altro lato è probabile che la condizione opposta – definita “learned helplessness” (letteralmente impotenza a cambiare la propria condizione sul lavoro) – instilli disimpegno, noia, apatia e, in casi estremi, gravi conseguenze per la salute come la depressione (Panksepp & Yovell, 2014).
Le organizzazioni spesso non riescono a creare le condizioni affinché i dipendenti possano attivare il loro seeking system perché sono state storicamente create per creare standardizzazione e controllare efficacemente grandi forze lavoro, quindi la demotivazione dei dipendenti è un problema di lunga data (Quinn, Clair, e O Neill, 2000). Nelle organizzazioni la libertà individuale del lavoratore viene spesso fortemente limitata attraverso ruoli, regole, norme e cultura interna che portano a conformismo, scarsa autonomia e poca propensione all’innovazione (Cable, 2019). In questa tipologia di ambienti organizzativi, il seeking system non viene attivato dagli stimoli esterni e i lavoratori potrebbero percepire che i risultati relativi al loro lavoro siano indipendenti dalle loro azioni e dal loro impegno, alimentando in questo modo il disinteresse verso il proprio lavoro.
Il nostro studio ha l’obiettivo di verificare se e come i lavoratori, impiegati in mansioni non interessanti o poco stimolanti per il proprio seeking system, possono reagire e attraverso differenti forme di job crafting recuperare margini di autonomia, auto-espressione, sperimentazione e significato nel loro posto di lavoro.
Nella ricerca che presentiamo, abbiamo utilizzato due filoni teorici: il quadro teorico del job crafting (Wrzesniewski & Dutton, 2001) e i più recenti studi di neuroscienze relativi al seeking system (Cable, 2019; Wright & Panksepp, 2012).
Attraverso questi due framework abbiamo studiato la seguente domanda di ricerca: in contesti lavorativi caratterizzati da bassi stimoli, quali comportamenti di job crafting (se presenti) mettono in atto i lavoratori per attivare il loro seeking system e vivere livelli più elevati di auto-espressione, sperimentazione e significato nel loro posto di lavoro?
Ci siamo concentrati in particolare sulla categoria dei cassieri di supermercato, per la particolarità della loro mansione che presenta compiti routinari e scarsa personalità di personalizzazione (Sullivan, 1996), elementi fondamentali per l’attivazione del seeking system.
Il job crafting come attivatore del seeking system
Gli studi sul job crafting suggeriscono che, quando gli individui sperimentano una situazione di scostamento tra le loro abilità personali, inclinazioni e passioni e il lavoro che svolgono, possono cercare di colmare questo scostamento attuando comportamenti discrezionali finalizzati a cambiare i compiti (task crafting), la dimensione relazionale (relational crafting) e/o la dimensione cognitiva del proprio lavoro (cognitive crafting) (Berg, Dutton, & Wrzesniewski, 2013; Lazazzara, Tims, & de Gennaro, 2020; Wrzesniewski & Dutton, 2001). Sebbene non vi siano studi che abbiano esaminato il ruolo del job crafting nell’attivare il seeking system, Cable (2019) ha descritto una forma di proattività, simile al job crafting, come meccanismo fondamentale per la sua attivazione. Questa proattività consistente nel ritagliarsi la libertà di comportarsi in modo diverso, anche solo leggermente, da quanto previsto all’interno dei limiti costituiti dalla cultura organizzativa e dalla descrizione del proprio ruolo (Cable, 2019). Pertanto, in questo studio abbiamo collegato la teoria del job crafting configurandolo come un possibile antecedete dell’attivazione del seeking system. Il job crafting potrebbe rappresentare infatti un framework utile a comprendere come i dipendenti affrontano i fattori negativi del proprio lavoro che non permettono di attivare il loro seeking system.
In quale modo quindi i comportamenti di job crafting possono attivare il seeking system?
Per rispondere a questa domanda è necessario prima introdurre i due concetti e successivamente evidenziare le possibili relazioni tra i due.
Il seeking system è di fatto un circuito neurale presente nel cervello dei mammiferi e rientra nella categoria dei circuiti neurali che rilasciano dopamina nell’organismo spingendo la persona all’esplorazione ed all’azione (Wright & Panksepp, 2012). Secondo Cable (2019), questa esplorazione si realizza nelle organizzazioni e sul lavoro, attraverso tre elementi: auto-espressione, sperimentazione e significato (vedere Figura 1).
Gli studi di neuroscienze alla base di questa teorizzazione affermano infatti che il seeking system rappresenta quei circuiti neuronali che maggiormente contribuiscono alle sensazioni di coinvolgimento, eccitazione ed è alla base della spinta cognitiva per la ricerca di un significato nella nostra vita (Paksepp, 2005). Si può quindi affermare che il seeking system viene attivato quando proviamo uno stimolo di urgenza a provare cose nuove e ad imparare dall’ambiente che ci circonda, provando al contempo sentimenti persistenti di curiosità e di ricerca di sensazioni nuove (Cable, 2019).
Nel contesto dell’attività lavorativa, in particolare nel caso di lavori che sono (1) scarsamente stimolanti, (2) ripetitivi in termini di attività da svolgere, e (3) con poche occasioni di sperimentazione, (come ad esempio il lavoro di cassiere scelto in questo studio), è plausibile che il seeking system non venga attivato frequentemente con il rischio di arrivare alle conseguenze negative riportate nel paragrafo precedente.
Tuttavia, anche in presenza di lavori che potremmo definire a “basso stimolo,” non si può escludere che, il lavoratore, attivando comportamenti di job crafting al fine di renderlo più allineato alle sue personali caratteristiche (Lazazzara, Tims, & de Gennaro, 2020) ottenga allo stesso tempo l’effetto di stimolare anche il proprio seeking system.
Per comportamenti di job crafting invece intendiamo tutti quelle attività che il lavoratore compie per ridefinire, sia a livello di attività pratiche (task crafting) sia a livello cognitivo (cognitive crafting), i compiti che svolge nel proprio lavoro e le relazioni sociali (relational crafting) sul proprio posto di lavoro (Wrzesniewski & Dutton, 2001). Solitamente gli individui che attuano comportamenti di job crafting sono spinti da tre tipi di motivazione: (1) recuperare il controllo sulle attività lavorative ed evitare il senso di alienazione; (2) migliorare la propria auto-percezione di lavoratore; (3) aumentare le relazioni sociali con gli altri nel contesto organizzativo (Wrzesniewski & Dutton, 2001).
In situazioni lavorative poco stimolanti, risulta evidente che il lavoratore si troverà anche nelle condizioni che lo motivano ad attuare comportamenti di job crafting per evirare il senso di alienazione e migliorare sia la percezione di sé stesso nello svolgere quel lavoro che le relazioni sociali, solitamente carenti in lavori ripetitivi e con scarsa interazione con i colleghi (come ad esempio il lavoro di cassiere scelto in questo studio).
Nel mettere in atto i comportamenti di job crafting il lavoratore potrebbe allo stesso tempo attivare il seeking system percependo livelli più elevati di esplorazione, apprendimento ed entusiasmo che sono la manifestazione osservabile dell’attivazione del seeking system (vedi Figura 2).
Questa ipotesi però non è stata al momento verificata in nessuno studio accademico, di conseguenza la domanda della nostra ricerca è stata la seguente: in contesti lavorativi caratterizzati da bassi stimoli, quali comportamenti di job crafting (ammesso che ve ne siano) mettono in atto i lavoratori per attivare il loro seeking system e vivere livelli più elevati di auto-espressione, sperimentazione e significato nel loro posto di lavoro?
Metodologia della ricerca e raccolta dati empirici
Al fine di rispondere alla nostra domanda di ricerca, abbiamo intervistato 19 persone che lavorano come cassieri in 6 diverse catene di supermercati. Le catene di supermercati selezionate rappresentano tutte le principali azienda della Grande Distribuzione Organizzata in Italia (ad es. Coop, PAM, Carrefour…). Il lavoro alla cassa può adattarsi adeguatamente al concetto di un lavoro poco stimolante; infatti, Sullivan (1996) definisce questo lavoro, nella sua teorizzazione del “complesso del cassiere”, come il prototipo di lavoro monotono e con bassi requisiti di competenza per i lavoratori. Inoltre, da quanto emerso dai nostri dati empirici, il lavoro dei cassieri risulta essere caratterizzato da (1) un’autonomia molto limitata e (2) un livello di stress molto elevato, sia per la fretta di molti clienti che arrivano al termine di una lunga giornata di lavoro, che per i ritmi dell’operazione molto frenetici. A questi elementi già noti, si è aggiunto di recente un ulteriore elemento legato alla maggiore esposizione dei cassieri (e più in generale di tutti i lavori a stretto contatto con il pubblico) al virus Covid-19 che rende di fatto questo lavoro pericoloso, oltre che poco stimolante ed in molti casi sottopagato.
Sono state raccolte in totale 19 interviste semi-strutturate effettuate sulla base di un protocollo di intervista con domande aperte che permettessero all’intervistato di argomentare senza essere influenzato nelle risposte. Il campione intervistato è composto principalmente da lavoratrici (N = 15) e un numero limitato di cassieri maschi (N = 4). Tutte le interviste – realizzate tra maggio e settembre del 2019 – molto prima quindi dell’insorgenza del Covid-19 – sono registrate e completamente trascritte, e della durata in media tra 15 e 30 minuti. Le domande erano finalizzate a comprendere in che misura gli intervistati vivevano i loro compiti quotidiani, se ponevano in essere comportamenti di job crafting (senza ovviamente aver mai citato con loro il tema) e quali potessero essere le conseguenze sulla loro motivazione e soddisfazione sul lavoro a seguito di tali azioni. Esempi di domande sono: “Quali attività svolge nel suo lavoro?”, “Quanta autonomia percepisce di avere nello svolgere del suo lavoro?”.
Per quanto riguarda l’analisi dei dati, abbiamo effettuato una “theoretical thematic analysis” (Braun & Clarke, 2006, p. 84), il che significa che l’analisi dei dati è stata effettuata in due fasi. Nella prima fase abbiamo codificato le interviste identificando tutti gli estratti di testo che facevano riferimento al nostro quadro teorico. Attraverso questa analisi abbiamo individuato nelle interviste le frasi dei cassieri che facevano riferimento alle differenti modalità di job crafting, l’auto-espressione, la sperimentazione e il significato nel lavoro. Nella seconda fase utilizzando in modo concomitante teorie e risultati empirci abbiamo analizzato se e, nel caso, come i concetti fossero collegati tra di loro. In questa fase abbiamo quindi analizzato per ciascun cassiere quali forme di job crafting emergevano della sua intervista e se nella medesima emergevano elementi legati all’auto-espressione, alla sperimentazione e al significato nel lavoro. Per fare un esempio basato sulle interviste, Simona (nome fittizio) afferma: “ho una forte passione per i vini […] quando sono in cassa noto le scelte dei clienti e magari do qualche consiglio sui vini” questa parte è stata codificata come “task crafting”. In un altro passaggio afferma anche che: “conosco l’inglese, quindi è bello quando posso sfruttarlo o magari vengono a cercarmi per parlare con un cliente straniero” anche questa parte è stata codificata come “task crafting”. Poco oltre nella medesima intervista afferma: “[riferito alle attività dette sopra] sono cose che ti danno soddisfazione, ti senti, anche se per poco tempo, realizzata” questa parte di intervista è stata codificata come aumento di “significato” della propria attività lavorativa. Nell’esempio riportato si può vedere come attraverso la “theoretical thematic analysis,” con relativa codificazione dei temi, sia possibile collegare i comportamenti di task crafting con un aumento di percezione di significato nell’attività lavorativa
Risultati
L’obiettivo della nostra ricerca è stato capire se e come gli individui impiegati in un lavoro che offre opportunità limitate di attivare il proprio seeking system possono migliorare questa situazione attraverso il job crafting. La nostra ricerca si inserisce in una serie di studi recenti (es. Buonocore, De Gennaro, Russo, & Salvatore, 2020) finalizzata ad indagare come il job crafting possa aiutare i lavoratori a reagire a situazioni di complessità, incertezza e scarsa motivazione. Lo studio quindi nella sua domanda di ricerca prevedeva di verificare due aspetti: (1) se in ambienti poco stimolanti i lavoratori reagiscano adottando comportamenti di job crafting, (2) se questi comportamenti fossero collegati alla attivazione del seeking system, ovvero alle sue manifestazioni osservabili di auto-espressione, sperimentazione e significato nel loro posto di lavoro
Con riferimento alla prima parte della domanda di ricerca abbiamo trovato riscontro nei dati empirici del fatto che effettivamente i cassieri attuano differenti comportamenti di job crafting, pur in modo inconsapevole, nel tentativo di modificare i compiti, la dimensione cognitiva e quella relazione del proprio lavoro.
Nella modifica dei compiti (task crafting) abbiamo osservato ad esempio che la cassiera citata in precedenza, era solita suggerire ai clienti come abbinare differenti vini ai cibi acquistati, sfruttando così una sua passione personale per la sommelierie. Un’altra cassiera intervista era solita dare consigli ai clienti sulle ricette da preparare sulla base degli alimenti acquistati.
Nella modifica della dimensione cognitiva (cognitive crafting) abbiamo osservato ad esempio come una cassiera addetta al supporto dei clienti alle casse automatiche abbia iniziato a ripensare al proprio lavoro vedendo il suo ruolo come inclusivo del controllo anti-taccheggio e quindi maggiormente incline alla sua passione ed ai suoi studi di criminologia. Molti altri soggetti tendono invece a riflettere sul valore che il proprio lavoro ha per la collettività – elemento ad esempio molto attuale nel periodo Covid-19 – sottolineando a sé stessi che il loro lavoro permette il buon funzionamento delle famiglie dei loro clienti, cosa di cui sono estremamente soddisfatti. Altri cassieri intervistati hanno invece sottolineato la gioia legata al proprio lavoro quando realizzano di essere utili ad un ampio segmento della popolazione, le persone anziane, che vedono nei cassieri delle persone che gli fanno compagnia durante la giornata.
Infine, abbiamo trovato alcune evidenze di comportamenti di job crafting volte a modificare la dimensione relazionale (relational crafting). Ad esempio alcuni cassieri hanno affermato di interagire con i clienti in modalità similari alla relazione tra psicologo e paziente, andando ad ascoltare e a supportare i clienti che manifestano malessere a livello emotivo e cercando di migliorare il loro umore.
Da questa prima analisi dei dati abbiamo trovato molteplici evidenze di come differenti forme di job crafting vengano attuate anche nel contesto poco stimolante del lavoro di cassiere.
Il secondo aspetto da verificare per rispondere in modo esauriente alla nostra domanda di ricerca, riguardava la relazione tra le attività di job crafting e la stimolazione del seeking system. Questa relazione è stata studiata verificando se i differenti comportamenti di job crafting erano messi in relazione ad un aumento dell’auto-espressione, della sperimentazione e del significato nelle esperienze riportate dagli intervistati.
Dai dati raccolti abbiamo verificato che effettivamente i cassieri intervistati collegavano le differenti forme di job crafting ad una maggiore auto-espressione, sperimentazione e significato sul posto di lavoro. Procedendo per ordine di tipologia di manifestazione dell’attivazione del seeking system:
- Riguardo l’auto-espressione abbiamo individuato come in primo luogo la modifica dei compiti svolti e, in secondo luogo, della dimensione cognitiva siano le due forme di job crafting che supportano la percezione di una maggiore espressione di sé. Ad esempio coloro che decidevano di svolgere attività diverse da quelle previste dal loro lavoro, come ad esempio suggerire il vino da abbinare ad un piatto o le ricette da cucinare con gli alimenti acquistati, ritenevano queste attività fondamentali per esprimere il proprio sé e le proprie passioni sul posto di lavoro.
- Con riferimento alla sperimentazione abbiamo individuato come in primo luogo la modifica dei compiti e, in secondo luogo, la dimensione relazionale siano le due principali forme di job crafting che supportano tale dimensione. Ad esempio, attività semplici come aiutare i clienti a scegliere i prodotti per vivere al meglio determinati momenti in famiglia (es. una cena importante) o semplicemente aiutarli nel riempire i sacchetti dopo il pagamento, vengono spesso percepite come attività che permettono di realizzare piccolissime forme di sperimentazione che permettono di uscire dall’ordinario.
- Da ultimo un maggiore percezione del significato dell’attività lavorativa sembra essere supportata dai comportamenti volti a modificare in primo luogo la dimensione cognitiva e, in secondo luogo, la dimensione relazionale del lavoro. Ad esempio, alcune persone intervistate hanno individuato nel percepirsi come addetti ai controlli di sicurezza o nel relazionarsi con i clienti come se fossero loro amici, una modalità efficace per dare un significato differente e più profondo al loro lavoro.
Dai dati raccolti dalle interviste emerge quindi in modo evidente come i cassieri nel loro lavoro attuino differenti forme di job crafting che loro stessi collegano con una maggiore auto-espressione, sperimentazione e significato sul posto di lavoro. Inoltre, i nostri risultati ci hanno aiutato anche a indicare quali siano le forme primarie e secondarie, in termini di frequenza e intensità, di job crafting strumentali per ogni manifestazione di attivazione del seeking system. Questi risultati sono teoricamente rilevanti in quanto dimostrano come le attività di job crafting possono aiutare i lavoratori ad attivare il loro seeking system e a confrontarsi con quei contesti lavorativi poco stimolanti.
Implicazioni manageriali
I risultati del presente studio hanno anche implicazioni pratiche in quanto possono aiutare i lavoratori a indirizzare i loro sforzi e risorse verso differenti attività di job crafting in base ai bisogni – es. maggiore auto-espressione, sperimentazione o significato – che intendono soddisfare in via prioritaria. In secondo luogo queste evidenze hanno una rilevanza in termini di implicazioni manageriali. La direzione delle risorse umane e i manager di linea potrebbero, infatti, trovar giovamento dalla lettura di questi risultati che suggeriscono di considerare maggiormente i propri lavoratori come soggetti biologicamente caratterizzati a livello neurale dalla presenza del seeking system e di conseguenza dalla necessità di sperimentare elevati livelli di auto-espressione, sperimentazione e significato sul proprio posto di lavoro. Questo porterebbe condurre all’individuazione di alcune prassi, quali fornire maggiore discrezionalità nello svolgimento del proprio lavoro, accogliere suggerimenti per modificare o variare alcune mansioni, e fornire maggiore spazio per l’innovazione, fondamentali per attivare il seeking system dei lavoratori con i conseguenti benefici di una maggiore motivazione e delle sensazioni positive legate al rilascio di dopamina. I manager dovrebbero quindi valutare, in particolar modo per i lavori poco stimolanti, quali margini di autonomia lasciare o se eventualmente incentivare comportamenti di job crafting da parte dei lavoratori al fine di attivare il loro seeking system.
Riferimenti bibliografic
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Riconoscimenti
Si ringrazia per la collaborazione nella raccolta dei dati, Nicolò Carloni, Alumno dell’Università di Bologna.