Tra flessibilità e sfide: impatti e conseguenze delle diverse modalità di lavoro durante la pandemia Covid-19

Abstract

Questo contributo commenta l’articolo “Remote, Hybrid, and On-Site Work during the SARS-CoV-2 Pandemic and the Consequences for Stress and Work Engagement”, di Antoni Wontorczyk e Bohdan Roznowski. Lo studio esamina l’impatto delle diverse modalità lavorative (in remoto, ibrido, in sede) sullo stress e sull’impegno lavorativo dei dipendenti durante l’emergenza Covid-19.

Introduzione

L’articolo “Remote, Hybrid, and On-Site Work during the SARS-CoV-2 Pandemic and the Consequences for Stress and Work Engagement”, a cura di Antoni Wontorczyk (Università Jagellonica) e Bohdan Roznowski (Università di Lublino), che propongo di segnalare e commentare, è orientato ad esaminare come le differenti modalità lavorative (in remoto, ibrido e in sede) abbiano influenzato il comportamento dei dipendenti a seguito della pandemia Covid-19. In particolare, questo studio evidenzia come la situazione pandemica e le differenti forme di lavoro abbiano influenzato l’impegno sul lavoro (costrutto chiave della psicologia organizzativa) e lo stress percepito dai dipendenti. Tramite la somministrazione di questionari standardizzati, gli autori hanno esaminato il modello di formazione dell’impegno sul lavoro in relazione al lavoro in remoto, ibrido e in sede e confrontato i risultati tra i gruppi. I risultati evidenziano le differenti variabili che influenzano l’impegno sul lavoro all’interno dei vari gruppi. Le conclusioni, inoltre, propongono ulteriori implicazioni teoriche e pratiche che indicano quali aspetti del lavoro dovrebbero essere presi in considerazione al fine di mantenere elevati i livelli di impegno dei dipendenti per ciascuna modalità di lavoro.

Un breve inquadramento teorico

Lavoro in remoto

Il lavoro in remoto, anche noto come telelavoro o lavoro a distanza, si riferisce a un’organizzazione del lavoro in cui gli individui eseguono le loro mansioni e compiti professionali con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici e da un luogo diverso rispetto all’ufficio tradizionale. Questa posizione può essere la propria casa, ma anche un’altra località, come un coworking space o un luogo pubblico con accesso a Internet. Prima della pandemia Covid-19, tale modalità di lavoro flessibile era già diffusa, ma il virus ha sicuramente accelerato questa tendenza in tutto il mondo (Hu, 2020). Una parte della letteratura evidenzia i vantaggi riferiti al lavoro in remoto. In particolare, è noto che esso offra un miglior equilibrio tra sfera lavorativa e vita privata, in quanto evita i tragitti giornalieri verso l’ufficio, risparmiando tempo e riducendo lo stress. Inoltre, tale modalità lavorativa può generare vantaggi anche dal punto di vista finanziario, in quanto i lavoratori possono risparmiare sui costi dei trasporti, del pranzo fuori casa e delle spese legate alla presenza in ufficio (Rapisarda et al., 2021). Altri studi sul lavoro in remoto evidenziano i benefici gestionali, tra cui: (i) risparmio sui costi operativi per le aziende, come l’affitto degli spazi, le utenze e altre spese correlate; (ii) maggiore coinvolgimento dei dipendenti nel proprio lavoro, grazie ad una migliore concentrazione sulle mansioni, favorita dalla tranquillità dell’ambiente domestico; (iii) efficienza migliorata nelle attività lavorative; (iv) maggiore flessibilità nella pianificazione delle attività, adattandole al ritmo quotidiano e allo stile di lavoro individuale; e (v) maggiore fedeltà dei dipendenti nei confronti del datore di lavoro (Bolisani et al., 2020). Al contrario, un’altra parte della letteratura si focalizza sulle conseguenze negative collegate al lavoro in remoto (Ipsen et al., 2021). Infatti, numerosi studi hanno evidenziato una percezione negativa del lavoro a distanza da parte dei dipendenti, specialmente da coloro che hanno contratto il Covid-19, ma che sono stati comunque costretti a lavorare in questa modalità. Questi individui hanno continuato a svolgere le proprie mansioni per timore dell’insicurezza lavorativa e della mancanza di protezione sociale. Altri effetti negativi associati al lavoro in remoto includono: (i) il rischio di isolamento sociale, (ii) maggiore difficoltà nel separare sfera lavorativa e privata, (iii) problemi tecnici e di connettività, e (iv) sfide legate al networking e all’avanzamento di carriera. Pertanto, alla luce dell’ampio contesto delle possibili conseguenze del lavoro in remoto o in sede, è importante indagare come la situazione pandemica e le relative forme di lavoro abbiano influito sul comportamento dei dipendenti e sul livello di stress percepito. È dunque necessario delineare gli aspetti chiave del comportamento dei dipendenti, che consentono di valutare le prestazioni lavorative da diverse prospettive: livello di performance, soddisfazione e impegno sul lavoro.

Impegno sul lavoro e stress percepito

I benefici e gli ostacoli del lavoro in remoto, come indicato dagli autori nell’articolo, sono fortemente correlati al concetto di impegno sul lavoro. Numerose ricerche hanno cercato di definire questo concetto, che è diventato sempre più centrale nel dibattito scientifico degli ultimi 20 anni (Bakker & Albrecht, 2018).

Il gruppo di ricerca dell’Università di Boston[1] ha utilizzato il termine “impegno personale” per indicare l’impegno del dipendente verso il lavoro nella sfera fisica, cognitiva ed emotiva. Altri autori, tra cui Schaufeli dell’Università di Utrecht e Bakker dell’Università di Rotterdam, considerano l’impegno sul lavoro come uno stato d’animo affettivo positivo, motivazionale, gratificante e legato al lavoro. Pertanto, l’obiettivo degli autori dello studio è esaminare se i cambiamenti derivanti da una transizione, anche parziale, al lavoro in remoto influenzino il livello di coinvolgimento e impegno dei dipendenti nei confronti del lavoro. Gli svantaggi del lavoro a distanza evidenziati in letteratura sono generalmente associati al maggiore stress generato da questa situazione. Una parte della letteratura evidenzia le principali cause dello stress lavorativo o “burnout” (Bakker et al., 2014). In particolare, l’Health and Safety Executive (HSE)[2] ha evidenziato i principali fattori di stress sul lavoro, quali: (i) richieste (carico di lavoro, orario di lavoro e ambiente di lavoro); (ii) controllo, (il grado di autonomia posseduto dal dipendente nel modo in cui svolge il proprio lavoro); (iii) supporto dei manager e dei pari sul lavoro (l’incoraggiamento e le risorse fornite dall’organizzazione e dai colleghi); (iv) relazione (promozione di pratiche di lavoro positive per evitare conflitti e affrontare comportamenti inaccettabili); (v) ruolo (comprensione del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione e gestione da parte dell’organizzazione per evitare conflitti di ruolo) e (vi) cambiamento (come viene gestito e comunicato il cambiamento organizzativo). Parte della letteratura evidenzia che, per quanto riguarda il lavoro a distanza, poiché comporta una sovrapposizione degli impegni professionali e familiari, i dipendenti possano sentirsi più oberati (Gabr et al., 2021). Allo stesso tempo, il cambiamento del luogo di lavoro e le difficoltà legate al contatto con i colleghi possono generare la percezione che le strategie di lavoro precedentemente utilizzate siano inadeguate, costringendo a sperimentare nuovi approcci. Inoltre, l’ambiente domestico non è progettato per il lavoro professionale. Ciò porta ad una serie di sfide, tra cui la necessità di una comunicazione rapida con i colleghi, la velocità delle connessioni Internet e la qualità delle attrezzature: tutti fattori che possono aumentare lo stress percepito. Infatti, l’ambiente domestico presenta numerosi elementi di distrazione psicosociale, come la presenza di ruoli concomitanti (ad esempio, il genitore) che possono generare ulteriori compiti e responsabilità per il dipendente. Pertanto, gli autori propongono di esaminare il modello di formazione dell’impegno lavorativo rispetto al lavoro in sede, ibrido e a distanza, confrontando i risultati tra i vari gruppi.

L’impegno lavorativo nelle diverse forme di lavoro: lo studio in periodo pandemico

Alla luce delle considerazioni riportate, gli autori dello studio hanno somministrato il questionario UWES[3] durate il periodo pandemico (Aprile 2021) ad un totale di 533 lavoratori (di cui 139 lavoravano a distanza, 140 erano lavoratori ibridi e i restanti 254 lavoravano in sede), al fine di indagare se ci siano differenze tra i gruppi che svolgono lavoro in remoto, ibrido e in sede in termini di impegno lavorativo, livelli di stress, nonché le relazioni tra queste variabili. Il questionario UWES esiste in diverse versioni, ma la versione utilizzata in questo studio è quella più comune, ossia quella composta da 17 affermazioni alle quali i partecipanti devono rispondere usando una scala di valutazione a sette punti che varia da “mai” a “sempre”. Le affermazioni coprono tre dimensioni principali dell’impegno lavorativo: vigore, dedizione e assorbimento.

I risultati dello studio non hanno evidenziato differenze in termini di impegno sul lavoro, indipendentemente dalla modalità lavorativa adottata. Per quanto riguarda le caratteristiche del lavoro, esso è correlato principalmente a due variabili: controllo e relazioni. Nel caso del controllo, le relazioni più forti si verificano rispetto alle modalità ibride e remote. Nel caso della variabile relazioni, le relazioni più forti si verificano rispetto alle modalità ibride e in sede. Nel complesso, è emerso che i fattori che hanno influenzato l’impegno lavorativo durante la pandemia da Covid-19 differiscono a seconda della forma di lavoro adottata. Nel caso del lavoro in sede, questi sono solo legati alla situazione lavorativa (controllo, ruolo e supporto manageriale), così come nel caso del lavoro svolto in modalità ibrida (controllo e ruolo). Un elenco più ampio di fattori è stato ottenuto nel caso del lavoro in remoto, più vantaggioso dal punto di vista della protezione dall’infezione da Covid-19. Questi includono non solo le variabili relative alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro (controllo, relazioni), ma anche le variabili demografiche (durata del lavoro a distanza), le condizioni sociali (presenza sui social media e rispetto degli orari di lavoro da parte del datore di lavoro) e l’atteggiamento verso il lavoro a distanza (in particolare, la convinzione che sia qualcosa di naturale in caso di emergenza).

Implicazione teoriche e pratiche

Alla luce dei risultati dell’articolo “Remote, Hybrid, and On-Site Work during the SARS-CoV-2 Pandemic and the Consequences for Stress and Work Engagement” è possibile identificare una serie di implicazioni teoriche e pratiche. I risultati dello studio non hanno confermato l’ipotesi che l’impegno sul lavoro dei dipendenti possa essere collegato alla conseguente diversificazione delle modalità di lavoro. Difatti, i dipendenti sono stati ugualmente coinvolti nello svolgimento delle mansioni professionali, indipendentemente dal fatto che la modalità di lavoro fosse in sede, ibrida o remota. L’interpretazione di questa relazione va ricercata in due direzioni. La prima è legata all’efficiente organizzazione dei compiti professionali svolti a casa. Molti studi hanno dimostrato che le modalità di lavoro flessibili migliorano il benessere (Neri et al., 2017) e l’impegno dei dipendenti, rafforzando anche la loro salute. Difatti, l’isolamento e l’assenza di contatti con la direzione e i colleghi a causa del lavoro ibrido o a distanza hanno impedito ai dipendenti di contrarre l’infezione, rafforzando quindi il loro stato di salute. I risultati ottenuti dallo studio sono quindi coerenti con questi studi.

Il secondo modo di interpretare i risultati può essere legato al ruolo dei social media, che consentono l’interattività e l’apertura alle relazioni sociali in tempo reale. Diversi studi hanno confermato che i social media possono sostituire i processi sociali reali di comunicazione e costruzione di relazioni che avvengono nelle organizzazioni. Altri studi hanno dimostrato come la presenza attiva sui social media riduca lo stress sul lavoro ed il burnout professionale. In questo studio, ben il 90% dei dipendenti ha dichiarato di avere un account sui social media, il che potrebbe contribuire a rafforzare le relazioni sociali con i colleghi o con i dirigenti in situazioni di lavoro remoto o ibrido. Un ulteriore obiettivo dello studio era quello di esaminare la percezione del lavoro a distanza a seconda che il lavoro degli intervistati sia svolto in sede, in modalità ibrida o a distanza. Sono stati ottenuti risultati statisticamente significativi in tutte e tre le scale di percezione del lavoro a distanza (positiva, negativa e temporale), sebbene i risultati più alti in tutte e tre le scale siano stati ottenuti dalle persone che lavorano da remoto. I lavoratori in remoto percepiscono tutte e tre le dimensioni del lavoro a distanza.

Ciò appare logico, in quanto i dipendenti che lavorano a distanza ne colgono maggiormente i vantaggi rispetto ai lavoratori ibridi o in sede, con riguardo ad esempio la protezione dal virus, l’organizzazione flessibile dell’orario di lavoro, il risparmio di tempo, i costi inferiori e le maggiori opportunità di dedicarsi agli hobby. Ne comprendono certamente anche i limiti, quali la difficoltà di comunicazione con i colleghi e superiori o il rischio di isolamento sociale. Infine, i lavoratori in remoto sono ben consapevoli che lo sviluppo di strategie organizzative specifiche per il lavoro a distanza, diventeranno di uso comune anche dopo la fine della pandemia Covid-19. La percezione peggiore del lavoro a distanza è stata rilevata nei dipendenti in sede. Difatti, i lavoratori in sede hanno riscontrato vari aspetti negativi del lavoro a distanza, quali lavorare nonostante la malattia, la paura di perdere il lavoro e la scarsa possibilità di ottenere permessi retribuiti per malattia.

Dallo studio esaminato scaturiscono importanti implicazioni manageriali e professionali, applicabili anche al contesto italiano. Di seguito, esamineremo alcune di queste implicazioni. Con riferimento al lavoro in sede, è importante che le organizzazioni promuovano una cultura aziendale inclusiva e positiva che favorisca il coinvolgimento dei dipendenti. La promozione di iniziative come eventi aziendali, programmi di sviluppo professionale e attività sociali in sede può certamente contribuire a mantenere elevato l’impegno dei dipendenti. Laddove possibile, è importante fornire ai dipendenti una certa flessibilità nell’orario di lavoro al fine di ridurre lo stress legato agli spostamenti e consentire una migliore gestione del tempo. Inoltre, la creazione di un ambiente di lavoro confortevole e sicuro può contribuire al benessere dei dipendenti in sede. Questo potrebbe includere spazi di lavoro ergonomici, postazioni flessibili e politiche aziendali che promuovano una cultura aziendale incentrata sul benessere. Con riferimento al lavoro in remoto, appare opportuno investire in strumenti digitali di comunicazione e collaborazione, al fine di garantire una comunicazione efficace tra i dipendenti in sede e quelli a distanza. Ciò aiuterà a ridurre l’isolamento sociale e il senso di disconnessione. Al fine di ridurre lo stress legato alla gestione del lavoro a distanza, è importante stabilire chiare aspettative per quanto riguarda la disponibilità, gli orari di lavoro e i risultati attesi dai dipendenti in remoto. Infine, le organizzazioni dovrebbero offrire supporto emotivo attraverso programmi di benessere, consulenza telematica o gruppi di supporto per aiutare i dipendenti a gestire lo stress e l’isolamento associati a tale modalità lavorativa. Per quanto riguarda il lavoro ibrido, la creazione di politiche aziendali che permettano ai dipendenti di scegliere tra il lavoro in sede e il lavoro remoto in base alle loro esigenze personali e professionali può migliorare l’impegno, consentendo ai lavoratori di adattare l’ambiente di lavoro alle loro preferenze. È opportuno che ci sia all’interno dell’organizzazione una comunicazione chiara circa le aspettative e le regole per il lavoro ibrido, come giorni di presenza in sede e orari di disponibilità, per evitare confusioni e conflitti. Inoltre, al fine di garantire una transizione fluida tra le modalità di lavoro, bisogna assicurarsi che i dipendenti abbiano accesso a strumenti tecnologici adeguati sia in sede che a distanza.

Ogni organizzazione è unica, quindi è importante personalizzare queste pratiche in base alle esigenze specifiche e alle dinamiche aziendali. Monitorare regolarmente l’impegno dei dipendenti e il loro livello di stress attraverso sondaggi anonimi e colloqui individuali può aiutare a valutare l’efficacia delle strategie e apportare eventuali miglioramenti. Inoltre, essere aperti ai feedback dei dipendenti ed adattarsi alle mutevoli circostanze può essere fondamentale per il successo delle diverse modalità di lavoro.

In conclusione, l’adattamento alle diverse modalità di lavoro presenta sfide e opportunità significative per manager e professionisti del settore. La capacità di gestire in modo efficace il benessere dei dipendenti, la comunicazione, la valutazione delle prestazioni e la formazione saranno elementi cruciali per il successo delle organizzazioni in un ambiente lavorativo in continua evoluzione.

Conclusioni

Le modalità di lavoro stanno attraversando una profonda trasformazione nel panorama lavorativo attuale. L’esperienza della pandemia Covid-19, l’evoluzione delle tecnologie e la crescente consapevolezza delle esigenze dei dipendenti stanno spingendo le aziende a esplorare nuove opzioni, come il lavoro ibrido e il lavoro a distanza, al fine di soddisfare le diverse esigenze dei loro team. Non esiste un modello di lavoro unico che possa essere applicato in modo universale a tutte le aziende o a tutti i dipendenti. La chiave del successo risiede nell’adattare le modalità di lavoro alle specifiche esigenze di ciascuna organizzazione e di ciascun individuo. Il futuro del lavoro dovrà essere caratterizzato da una maggiore flessibilità e dalla capacità di adattarsi rapidamente ed efficacemente ai cambiamenti. Pertanto, è responsabilità delle organizzazioni adottare un approccio flessibile e personalizzato per massimizzare il benessere e l’impegno dei propri dipendenti, tenendo conto delle esigenze sia individuali che aziendali. Dunque, appare chiaro che la comunicazione e la cura del benessere emotivo dovrebbero occupare un posto centrale in qualsiasi strategia di gestione delle modalità di lavoro. In conclusione, saranno le aziende che abbracceranno questa flessibilità e investiranno nella creazione di un ambiente di lavoro inclusivo e sostenibile, ad essere meglio posizionate per affrontare le sfide future e per attrarre e trattenere le migliori risorse.

Bibliografia

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[1] Kahn, W. A. (1990).

[2] https://www.hse.gov.uk.

[3] Il questionario “UWES” (acronimo di “Utrecht Work Engagement Scale”) è uno strumento di valutazione utilizzato per misurare il grado di coinvolgimento emotivo, cognitivo e comportamentale di un individuo sul posto di lavoro.

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