L’impiego di strumenti tecnologici può risultare un elemento vincente per la creatività dei team interdisciplinari. Tuttavia, a rilevare non è tanto il singolo strumento utilizzato in modo isolato, bensì il set di strumenti (toolkit) di cui il team dispone, le cui caratteristiche possono avere un impatto significativo sulla sua performance, agendo sia sui processi di trasferimento di conoscenza sia sui meccanismi di coordinamento interni.
Introduzione
Il crescente utilizzo della tecnologia e la sua applicazione in pressoché tutti i settori industriali ha indotto una trasformazione radicale del modo di operare all’interno delle organizzazioni. Ciò che un tempo era impensabile oggi è diventato routinario, scontato. Il ritmo con cui le innovazioni sono introdotte sul mercato si è accelerato in modo stupefacente. Così facendo, le opportunità che l’applicazione degli strumenti tecnologici offre agli attori economici si sono moltiplicate ed aprono costanti varchi competitivi per la riconferma di una leadership o la conquista di una nuova fetta del mercato.
Nonostante ciò, resta aperto l’interrogativo sui fattori che consentono alle organizzazioni di massimizzare il beneficio ottenibile dall’utilizzo della tecnologia. E’ questo un quesito di interesse soprattutto per le realtà organizzative che fondano il loro successo sul lavoro svolto da gruppi interdisciplinari, chiamati ad operare applicando continuamente risorse di conoscenza diversificate (il c.d. knowledge intensive work). Tali gruppi sono infatti costituiti da individui provenienti da differenti discipline, dotati di linguaggi, framework mentali, metodologie operative distinte, messi a sistema in vista dello svolgimento di un compito comune. La creatività che questi gruppi sono chiamati a produrre raramente nasce dall’idea di una singola mente geniale, tantomeno dall’ispirazione improvvisa di un membro del team, derivando piuttosto dai processi di comunicazione e di scambio di idee che accompagnano l’applicazione di strumenti tecnologici messi a disposizione per supportare l’operato del gruppo.
Per meglio comprendere quanto detto, come descritto all’interno di un recente studio pubblicato sulla rivista Organization Science (Mannucci, 2017) e in queste pagine riproposto, si pensi agli anni ‘80 dello scorso secolo, durante i quali le aziende operanti nel settore dei film di animazione si battevano per rinnovare i loro personaggi, cercando di mitigarne la freddezza e la mancanza di espressività tipica di quei tempi. I grandi player del settore si trovarono ad affrontare questa sfida da prospettive diverse: alcuni, quali la Lucasfilm, tentavano di comprendere come poter impiegare le nuove tecnologie di animazione digitale di cui disponevano; altri, tra cui la Walt Disney Animation, comprendevano di non poter più contare sui tradizionali disegni animati realizzati a mano che per decenni ne avevano decretato la leadership nel settore. Spinti dalla necessità di uscire da questa impasse, i fondatori della Lucasfilm decisero di ingaggiare un giovane animatore che, durante la sua esperienza presso la Disney, aveva appunto sviluppato una spiccata competenza nell’animazione di stampo classico[1]. Combinando la sua abilità con quella dei colleghi esperti di strumenti tecnologici, l’azienda ottenne un nuovo set di strumenti (toolkit) che consentì all’azienda di realizzare un eccezionale cortometraggio[2]. Il prodotto, percepito dal settore come un’innovazione rivoluzionaria, aprì un cammino che condusse, poco più tardi, alla nascita dell’azienda che avrebbe dato vita ai film di animazione più straordinari che abbiamo potuto apprezzare durante gli ultimi venti anni: la Pixar.
L’impatto della tecnologia sulla creatività del team: Dai singoli strumenti tecnologici ai toolkit tecnologici
La maggioranza degli studi esistenti sulla relazione tra tecnologia e creatività tende a trascurare il fatto che i team, anziché utilizzare gli strumenti tecnologici in modo isolato, ne implementano una molteplicità, in maniera combinata. In altri termini, i suoi membri tendono ad impiegare un kit di strumenti (toolkit). Introdotto per la prima volta da Swidler (1986), il concetto di toolkit indica un insieme di competenze, prototipi, strumenti di design, più generalmente di strumenti tecnologici, di cui i membri di un team possono disporre per realizzare il proprio lavoro. Dato che ogni membro apporta nel gruppo il proprio set di strumenti, il toolkit può essere visto come l’elemento che incorpora la somma dei diversi strumenti utilizzati dai suoi componenti, rappresentando così l’assortimento, il catalogo tecnologico del gruppo stesso.
Via via che le interazioni nel team prendono forma, ogni membro sviluppa consapevolezza sia circa gli strumenti parte del toolkit sia di coloro che di ogni strumento hanno maggiore padronanza. La presenza di un sistema come questo implica che se un componente del team che considera uno strumento appropriato per un certo compito, ma non ne conosce la modalità di impiego, può rivolgersi al membro competente e chiedere di implementarlo. Ogni strumento, infatti, reca in sé una conoscenza che col tempo diventa comprensibile da tutti i componenti del team; tuttavia, solamente coloro che lo utilizzano devono inevitabilmente svilupparne una piena competenza. Ciò significa che i membri del team debbano essere non tanto esperti quanto informati degli strumenti che sono parte del kit.
Nel caso dei film di animazione, è utile ricordare che gli appartenenti alla Lucasfilm non eccellevano nell’utilizzo dei tradizionali strumenti di animazione, ma ne avevano comunque acquisito gli elementi basilari che consentivano loro di comprendere le richieste degli animatori di stampo digitale. Allo stesso modo, il nuovo assunto proveniente dalla Disney, pur non essendo un esperto di grafica di computer, possedeva una conoscenza base del software di animazione di cui la Lucasfilm si serviva.
Se quanto riportato sopra ha ragion d’essere, si potrebbe pensare che sia sufficiente disporre di un toolkit tecnologico per essere creativi ed avere successo nel proprio settore. Non esattamente. A fare la differenza non è il toolkit per sé, quanto i connotati che lo contraddistinguono.
L’ampiezza del toolkit
Vi sono alcune ragioni secondo cui è facile aspettarsi che toolkit più ampi rendano i team più creativi.
In primo luogo, dato che ogni strumento incorpora la conoscenza relativa alle sue possibili applicazioni, ogni volta che il team lo impiega ha l’opportunità di accedere a tale conoscenza. Pertanto, maggiore è il numero di strumenti facenti parte del kit, più estesa sarà la conoscenza a cui il team potrà accedere, maggiore sarà l’abilità del team di combinare in modo nuovo tale conoscenza, generando prodotti creativi. In secondo luogo, in ragione del fatto che gli strumenti del kit fungono da linguaggio che consente di interpretare la conoscenza proveniente da contesti sociali diversi, avere a disposizione un set più ampio incrementa l’abilità del team di interagire con altri gruppi e di acquisire il loro sapere, rafforzando la sua capacità creativa. Infine, in base al compito che di volta in volta devono portare a termine, i team che dispongono di un toolkit più ampio dovranno saper individuare lo strumento più appropriato da applicare, pensando ed agendo con flessibilità. E’ nota l’idea secondo cui i team dotati di flessibilità cognitiva risultano essere più creativi in quanto incontrano meno difficoltà nel ricombinare ed integrare la conoscenza esistente e dar vita a idee nuove.
I vantaggi derivanti dal disporre di un toolkit più ampio si estendono anche al grado di coordinamento interno al team. Possedere una pluralità di strumenti fa sì che nel gruppo possano manifestarsi preferenze diverse circa quale strumento debba essere impiegato per un certo fine. Ad esempio, in un gruppo interdisciplinare, gli ingegneri potrebbero optare per l’utilizzo di prototipi, mentre i progettisti potrebbero protendere per gli schizzi fatti a mano. Disporre di entrambi gli strumenti facilita gli sforzi di coordinamento tra le due discipline, consentendo di dar vita ad una comprensione condivisa dall’intero gruppo e ad un coordinamento più efficiente. Dato che un buon livello di coordinamento è un antecedente chiave della creatività di un team (Harrison e Rouse, 2014), i gruppi di lavoro che dispongono di un toolkit più ampio tendono a mostrare una più elevata creatività a lavoro.
In linea con quanto appena descritto, ogni team avrebbe dunque un incentivo ad arricchire il più possibile il set di strumenti a sua disposizione. La ricerca, tuttavia, ci ricorda che un’eccessiva diversità interna al team può mettere a repentaglio la sua creatività, in quanto, (i) di fronte ad una elevata varietà di visioni e prospettive, giungere ad un’idea comune può risultare difficile e (ii) uno sproporzionato numero di strumenti disponibili dà vita ad un’altrettanta dispersiva quantità di rappresentazioni che emergono nel gruppo, rendendo il team incapace di coordinarsi e di allineare i propri obiettivi. Dunque, anziché consentire di superare i confini tra le varie discipline, un toolkit troppo ampio rischia di creare ulteriori linee di separazione all’interno del team, alimentando la percezione della diversità esistente al suo interno e creando sottogruppi di specialisti in singoli strumenti.
Il grado di diffusione del toolkit nel settore di riferimento
Una seconda caratteristica del toolkit che merita attenzione è il suo grado di diffusione all’interno del settore di riferimento, ossia la misura in cui gli strumenti parte del kit sono utilizzati al contempo da altre organizzazioni e/o gruppi di lavoro.
Qualora il kit a disposizione del gruppo sia significativamente diffuso, il team sarà facilitato nella sua capacità di comunicare con l’esterno, in quanto con esso condivide uno o più strumenti parte del kit. Ciò si verifica anche qualora lo strumento condiviso sia utilizzato, all’interno del team, da un unico componente. Questi rappresenterà l’elemento di connessione col mondo esterno, ossia quello che la ricerca definisce il boundary spanner[3]. Due team possono essere collegati tra loro anche qualora una sola persona appartenente ad ogni gruppo sia accomunata da un elemento (in questo caso, lo strumento), il quale diventa il fattore facilitante la comunicazione tra i due gruppi (DiBenigno e Kellogg, 2014). Detto ciò, quelli che dispongono di un toolkit particolarmente diffuso nel settore dovrebbero poter accedere ad un set di conoscenza più ampio rispetto ai gruppi che si servono di toolkit poco noti, agendo positivamente sulla propria capacità creativa.
Servirsi di un toolkit noto nel campo può agire positivamente anche sulla probabilità che i risultati prodotti dal team siano giudicati portatori di creatività. Quest’ultima, infatti, è il prodotto di un processo sociale, generato non soltanto dagli sforzi e dall’impegno individuale, bensì anche da un sistema sociale che esprime giudizi relativamente a tali sforzi. Pertanto, per essere creativo, un risultato deve essere giudicato tale dal suddetto sistema sociale. A tal proposito, vi sono casi in cui prodotti eccessivamente nuovi sono percepiti essere poco creativi se non bizzarri, inappropriati o inutili, in quanto difficili da apprezzare. Questo rischio è alquanto frequente allorché “l’audience esaminatrice” non conosca a fondo i metodi e le teorie che sottostanno al prodotto creativo. Qualora, invece, il toolkit di riferimento sia largamente diffuso nel settore, il team che lo possiede ha una minore probabilità di vedere i propri risultati giudicati come poco creativi.
In sostanza, più alto è il numero di persone in grado di comprendere un certo lavoro, maggiore sarà la probabilità che tale lavoro sia considerato creativo. Richiamando l’esempio dei film di animazione, in origine gli operatori del settore guardavano agli strumenti digitali come del tutto inadeguati a supportare le animazioni. Il settore non era capace di comprendere il potenziale creativo rivoluzionario di queste nuove tecniche, tanto che finiva per scartare tutti i prodotti animati realizzati con i metodi digitali. Furono necessari circa 15 anni prima che il settore riconoscesse appieno il loro potenziale creativo, grazie all’intuizione di Pixar di combinare tale tecnica con gli spunti provenienti dalla più tradizionale tecnica grafica realizzata a mano.
L’esperienza del team e il suo impatto sulle caratteristiche del toolkit
Per quanto i team dispongano di una pluralità di strumenti, spesso è possibile individuarne uno che risulterà maggiormente critico per realizzare una specifica attività[4]. Detto ciò, è possibile che all’interno di un team vi siano dei membri particolarmente esperti nell’utilizzo di quello strumento.
Quanti esperti è necessario avere? Non troppi, potrebbe essere la risposta migliore, potendosi verificare quanto segue:
- La presenza di numerosi esperti aumenta il rischio che essi si limitino ad utilizzare quello strumento esclusivamente nel modo in cui esso viene tradizionalmente impiegato, riducendo la probabilità di individuare connessioni creative tra tutti gli strumenti disponibili.
- Gli esperti hanno la tendenza a deviare l’attenzione del proprio team verso la propria area di esperienza, propendendo per l’applicazione dello strumento a loro più familiare, anche qualora esso non risulti essere il più appropriato per il compito da portare a termine. Così facendo, essi agiscono come se altri strumenti non fossero disponibili.
La presenza di un numero elevato di esperti dello strumento focale tende a ridurre anche i benefici di coordinamento garantiti da una moderata dimensione del toolkit. Disporre di una pluralità di strumenti assicura un miglior coordinamento solo qualora vi sia una presa in esame, da parte di più soggetti, delle diverse prospettive di cui essi sono portatori (Seidel e O’Mahony, 2014). I team con molti esperti non solo sono generalmente meno abili nel valutare punti di vista e modi di fare diversi; essi tendono anche a ridurre le occasioni di acquisizione di conoscenza esterna, in quanto la specializzazione su un singolo strumento limita la possibilità di scambiare sapere con altri.
Al contrario, i gruppi di lavoro che dispongono di una quantità ridotta di esperti dimostrano maggiore abilità nel selezionare lo strumento più adatto di volta in volta, riuscendo ad identificare le relazioni tra i vari strumenti disponibili e ad integrarli con successo. Si pensi che il team della Pixar risultava composto da un mix di esperti nell’animazione tradizionale, di esperti in quella digitale, e di neofiti. Tale configurazione consentì ai membri del gruppo di comprendere con maggiore facilità in quali casi risultava più opportuno utilizzare uno strumento anziché un altro, integrando le specifiche qualità di ogni tecnica in modo creativo.
Per ragioni simili, i gruppi che comprendono numerosi esperti dello strumento chiave potrebbero non riuscire a massimizzare i benefici derivanti dalla diffusione del kit nel settore di riferimento, riducendo la creatività del team. Laddove un gruppo utilizzi esclusivamente lo strumento focale per svolgere un certo compito, è altamente probabile che solo il pubblico competente in tale strumento possa apprezzare gli aspetti distintivi che contraddistinguono il nuovo prodotto/servizio realizzato. Al contrario, in presenza di pochi esperti dello strumento chiave, la percezione del grado di creatività dei risultati prodotti da un team sarà influenzata dal grado di diffusione nel settore non tanto dello strumento chiave quanto del toolkit complessivo. Il caso della Pixar diventa ancora una volta emblematico: prima che il nuovo assunto entrasse a far parte del team della Lucasfilm, i tentativi dell’azienda di dar vita a qualcosa di realmente creativo potevano essere giudicati soltanto dagli utilizzatori di animazioni digitali, non anche da quelli esperti di animazione tradizionale, che a quel tempo tuttavia rappresentavano la maggior parte degli operatori del settore.
Lessons learned
L’utilizzo di strumenti tecnologici a supporto della creatività dei team interdisciplinari è un argomento che merita di essere approfondito. Il lavoro qui discusso mette in luce tre elementi cardine:
- Disporre di un set di strumenti tecnologici moderatamente ampio aumenta la creatività dei team. Tale ampiezza non deve essere incrementata eccessivamente in quanto potrebbe compromettere il coordinamento e l’integrazione interni al gruppo, frenandone la capacità creativa.
- La creatività del team è maggiore qualora il toolkit a sua disposizione sia largamente diffuso nel settore di riferimento, ossia uno o più degli strumenti di cui esso si compone sia contemporaneamente utilizzato da altri team o organizzazioni.
- L’impatto positivo che la dimensione del kit e la sua diffusione nel settore hanno sulla creatività del team viene ridotto nei casi in cui il gruppo sia composto da un numero considerevole di esperti dello strumento focale per le attività del gruppo.
Queste considerazioni possono tradursi in note operative utili anzitutto per le organizzazioni operanti in settori nei quali l’utilizzo della tecnologia è pervasiva.
In primo luogo, all’interno dei team dovrebbe essere incoraggiato l’utilizzo di strumenti molteplici al fine di agevolare i membri ad integrare i diversi tools, a creare collegamenti tra le discipline coinvolte e, in ultima analisi, a rafforzare la collaborazione reciproca. Al contempo, sarebbe opportuno evitare di arricchire il kit con una quantità eccessiva di strumenti, arginando la formazione di sotto-gruppi di esperti e il conseguente rischio di danneggiare il coordinamento interno. In secondo luogo, i manager dovrebbero rendersi consapevoli che, in presenza di team composti da molti esperti dello strumento focale, saranno gli elementi distintivi dello strumento centrale a condizionare prioritariamente il lavoro. Viceversa, per i gruppi che dispongono di un numero ridotto di esperti risulteranno maggiormente influenti le caratteristiche del kit complessivo. Infine, gli addetti ai lavori dovrebbero saper bilanciare la dimensione del toolkit con il suo grado di diffusione nel settore al fine di assicurare l’interpretabilità di quanto realizzato dal team. Nonostante i manager non possano intervenire direttamente sulla misura in cui un certo set di strumenti sia noto nel campo di interesse, essi possono agire sul suo contenuto, rivedendo, ad esempio, la composizione del team. Essi sono perciò chiamati a monitorare attentamente il settore e ad adoperarsi qualora notino che il toolkit utilizzato risulti contraddistinto da eccessiva unicità, risultando poco diffuso nel settore.
Riferimenti bibliografici
- DiBenigno, J. & Kellogg, K. C. (2014). Beyond occupational differences: The importance of cross-cutting demographics and dyadic toolkits for collaboration in a US hospital. Administrative Science Quarterly, 59(3), 375-408.
- Harrison, S. H. & Rouse, E. D. (2014). Let’s dance! Elastic coordination in creative group work: A qualitative study of modern dancers. Academy of Management Journal,57(5), 1256-1283.
- Mannucci, P. V. (2017). Drawing Snow White and animating Buzz Lightyear: Technological toolkit characteristics and creativity in cross-disciplinary teams. Organization Science, 28(4), 711-728.
- Seidel, V. & O’Mahony, S. (2014). Managing the repertoire: Stories, metaphors, prototypes and concept coherence in product innovation. Organization Science,25(3), 691-712.
- Swidler, A. (1986). Culture in action: Symbols and strategies. American Sociological Review,51(2), 273-286.
[1] A differenza di quella che utilizza tecniche digitali, l’animazione tradizionale realizzava ogni singolo fotogramma a mano.
[2] Si fa riferimento al cortometraggio dal titolo “The adventures of Andrè and Wally B.”.
[3] Le attività di boundary spanning sono quelle che fanno da ponte tra due sistemi, gruppi, organizzazioni, agevolandone lo scambio di conoscenza reciproco (si veda anche il contributo di Caccamo e Pittino in questo numero).
[4] Benché il successo di Pixar nacque grazie alla combinazione di animazioni digitali e tradizionali, le prime rappresentarono lo strumento identificatore dell’azienda, ossia quello che emergeva come il più rilevante per la creazione dei loro film.