Book review: “Fondamenti di organizzazione” di Maurizio Catino e Lia Tirabeni”

 A cura di Marcello Martinez

“Fondamenti di organizzazione” è il titolo del volume ed è sicuramente molto appropriato. Si tratta di una manuale, pubblicato da il Mulino nel 2023, rivolto sia agli studenti dei corsi di laurea e a master universitari sia a coloro che intendono approfondire la comprensione delle dinamiche organizzative. Il volume in effetti affronta brillantemente nei diversi capitoli le “fondamenta” degli studi organizzativi. 

Nel capitolo 1 si espongono in modo chiaro e esaustivo i “classici” da cui partire per lo studio delle organizzazioni: i riferimenti sono Max Weber, Niklas Luhmann, Alexis De Tocqueville, Karl Marx, Jeffrey Pfeffer, Gerald Salancik, Georg Simmel, James March, Herbert Simon, Alvin Gouldner, Philip Selznick, James D. Thompson, Charles Perrow, Talcot Parson, Henry Mintzberg, Steward Clegg, Paul Lawrence, Jay Lorsch, Karl Weick, ma anche Luciano Gallino. Si espongono le domande fondamentali degli studi organizzativi: cosa sono le organizzazioni? Cos’è il comportamento organizzativo? Perché è importante studiare come le persone si comportano nelle organizzazioni? Quali sono i livelli di analisi e i requisiti di funzionamento e performance delle organizzazioni? Cosa è il problema del coordinamento? E siamo solo all’inizio…

Nel capitolo 2 si va dritti al punto e si presenta un tema centrale per i nostri studi: “La struttura organizzativa”. Gli autori propongono la burocrazia di Max Weber, il modello di Henry Mintzberg, le classificazioni di Richard Daft, le osservazioni di Alfred D. Chandler, la matrice di Stanley M. Davis e Paul R. Lawrence ma anche l’organizzazione sintetica, le organizzazioni per processo, le forme network e infine l’Incident Command System e le piattaforme.

Dopo la macrostruttura, ovviamente, “L’ambiente”, nel capitolo 3. Jay Galbraith  e James D. Thompson sono un riferimento importante per spiegare l’interazione fra organizzazione e ambiente in chiave di riduzione dell’incertezza. Non mancano però: Oliver Williamson con la teoria dei costi di transazione; Jeffrey Pfeffer con Gerald Salancik per la teoria della dipendenza dalle risorse; Michael Hannan e John Freeman con la loro ecologia delle organizzazioni; si prosegue con gli approcci istituzionali e neoistituzionali di Richard Scott, Philip Selznick, Peter Berger, Thomas Luckmann, John W. Meyer e Brian Rowan, Walter Powell e Paul DiMaggio.

Capitolo 4: “Il potere”. Ci si propone in sintesi di rispondere alla seguente domanda: che relazione c’è tra potere e controllo? Sono spiegati i costrutti di Michel Crozier e Erhard Friedberg relativi alla capacità di azione e al controllo dell’incertezza, ma anche di Alvin Gouldner in tema di regole e tipi di burocrazia. Ne conseguono attuali accostamenti e riflessioni in tema di sistemi sociotecnici, leadership, tecnologie digitali, capitalismo della sorveglianza (Shoshana Zuboff!), remote working. 

Nel capitolo 5 il tema è “La cultura”, un concetto ambiguo ma pervasivo sul quale gli autori fanno luce tramite i modelli concettuali di Edgar Shein, Mark Ebers, Pasquale Gagliardi, Mary Jo Hatch, Geert Hofstede, Joanne Martin. Ma la cultura, si comprende leggendo il libro, ha anche un lato oscuro e grazie agli studi di Gideon Kunda scopriamo l’attualità di un’analisi etnografica sui rischi di un controllo normativo “subdolo” messo in atto tramite la cultura organizzativa.

I processi decisionali, nel capitolo 6, naturalmente sono illustrati grazie ad Herbert Simon, James March, Richard Cyert, Karl Weick, Michael Cohen, Johan Olsen. Non mancano però considerazioni critiche a questo mainstream e approcci come il Naturalistic Decision Making, la teoria dei giochi e la signaling theory o quelli che studiano l’impatto delle tecnologie digitali sulle decisioni. Ai processi decisionali seguono i processi di sense making e la comprensione del loro funzionamento e malfunzionamento è affidata alle teorie di Karl Weick; è intrigante soprattutto apprendere quando il sense making collassa e nelle organizzazioni accadono disastri.

Il capitolo 7 si incentra su “Cambiamento, innovazione, apprendimento”.  Sono presentate quattro teorie sul cambiamento: la teoria del ciclo di vita, la teoria teleologica, la teoria dialettica, la teoria evolutiva. Si spiegano poi le resistenze al cambiamento, il cambiamento emergente e pianificato, l’approccio di James March e le difficoltà a gestire processi di cambiamento in un’epoca come la nostra in cui prevale il principio della red queen. L’innovazione organizzativa viene introdotta ovviamente richiamando Joseph Schumpeter, per poi arrivare a Andrew H. Van de Ven, Clayton Christensen, Luis Tornatzky, Everett Rogers, Stephen Kline e Nathan Rosenberg, e concludere con l’approccio che scopre i modelli di innovazione aperti. Il capitolo si completa con il tema dell’apprendimento organizzativo spiegato con la prospettiva cognitiva, la prospettiva culturale, il concetto di pratica di Silvia Gherardi ma anche di Wanda Orlikowsky, con Chris Argyris e Donal Schön.

Nell’ultimo capitolo, il numero 8, gli autori ci presentano “Il lato oscuro delle organizzazioni”. Perché le organizzazioni genano errori e incidenti? Perché alcune organizzazioni deviano intenzionalmente dai fini prestabili e danno luogo a illeciti e crimini d’impresa? Infine, quali sono le caratteristiche peculiari delle organizzazioni criminali? Un capitolo molto interessante nel quale si apprendono concetti quali la miopia organizzativa, il wrongdoing, e gli aspetti peculiari delle organizzazioni mafiose.

Dunque, un manuale ricco e completo. Ma sicuramente qualcuno potrebbe chiedersi: non è che è troppo teorico? La risposta è: NO, anzi il volume dimostra il noto principio secondo il quale “non c’è nulla di più pratico di una buona teoria!”. La leggibilità e la chiarezza sono elevate e, dal punto di vista didattico, si fanno molto apprezzare i numerosi esempi reali riportati in ogni capitolo, il caso Bionaz che accompagna il lettore lungo tutto il volume, gli esercizi, le domande di comprensione e ripasso, le domande per il lavoro in gruppi di studio e per la discussione in aula, la sezione “Capire le organizzazioni attraverso i film”.

Ah… dimenticavo, per noi di ASSIOA, gli autori amici e colleghi, Maurizio Catino e Lia Tirabeni dell’Università degli studi di Milano Bicocca, non afferiscono al nostro settore disciplinare SECS-P/10, ma bensì al SD SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro… e dunque l’ultima domanda che ci si pone leggendo il volume è: Che senso ha organizzare il sistema universitario italiano in compartimenti stagni e in rigide gabbie weberiane? Per fortuna leggendo con attenzione, e neanche tanto fra le righe, il libro offre, a chi vuole cercarle, più di una “teoria” per comprendere come questo “lato oscuro” dell’organizzazione universitaria nazionale possa condizionare la “pratica” della ricerca e dell’insegnamento.

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Università della Campania Luigi Vanvitelli

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