Abstract
Perché il Change Management è così importante? Basta guardare i dati sui fallimenti nei processi di cambiamento per capirlo. Affrontare il cambiamento organizzativo è una delle sfide più impegnative per i manager, ma come implementare programmi di Change Management di successo? In questo contributo cercheremo di rispondere a questi interrogativi, grazie anche all’esperienza di Assochange[1].
Introduzione e inquadramento iniziale
Per affrontare il cambiamento non basta solo adattarsi alle nuove circostanze, ma occorre decidere come affrontarlo in modo intenzionale. Il rischio è che le organizzazioni vadano avanti per inerzia, portando avanti vecchie abitudini, metodi e modelli consolidati nel tempo, ma che non sono più adatti al contesto attuale. Il Change Management può essere la soluzione per aiutare le organizzazioni nella loro evoluzione, costringendo a prendere decisioni consapevoli e a metterle in atto con metodo. In questo modo, le organizzazioni possono monitorare i risultati raggiunti, consolidare quanto appreso e generare valore.
L’anno scorso, a differenza delle aspettative create nel 2021, è stato caratterizzato ancora da instabilità e insicurezza. In questi ultimi mesi, le organizzazioni si trovano a operare in un contesto ancora più instabile rispetto agli anni precedenti e a dover mettersi in discussione per affrontare i cambiamenti necessari. È fondamentale che le organizzazioni guardino alla gestione del cambiamento con maggior professionalità e competenza, abbandonando definitivamente vecchi approcci basati solo sul buon senso. La pandemia, il post-pandemia e la “Permacrisis”, termine che meglio rappresenta questo periodo secondo il Collins Dictionary, hanno portato a trasformazioni significative a livello individuale e collettivo, aprendo le porte a un nuovo modo di vivere e di affrontare i cambiamenti. Di conseguenza, le organizzazioni hanno dovuto agire e in alcuni casi reagire per garantire la continuità del business, raggiungere obiettivi e costruire nuovi modelli organizzativi adatti al momento attuale.
In questo articolo esploreremo come costruire nuove organizzazioni, attraverso una corretta politica di Change Management. Inizieremo con un’analisi su come i CEO di tutto il mondo percepiscono il Change Management e sulle evidenze presenti in letteratura. Successivamente, un paragrafo sarà dedicato ai risultati dell’osservatorio Assochange, per comprendere come le aziende italiane affrontano i cambiamenti e su quali leve agire per creare nuove organizzazioni in linea con il contesto attuale.
Change Management: l’esigenza di cambiare è una costante nella percezione dei CEO
Negli ultimi decenni, molte ricerche hanno sottolineato l’importanza del cambiamento all’interno delle organizzazioni. Nel 2004, lo studio Global CEO condotto da IBM ha rivelato che la capacità di gestire il cambiamento all’interno dell’impresa era tra i temi prioritari per i CEO di tutto il mondo, ma pochi di loro erano soddisfatti della capacità della loro organizzazione di reagire ai cambiamenti. Nel 2008, il Global CEO study di IBM ha invece riportato che la capacità di cambiare rapidamente è ciò che serve veramente alle organizzazioni. Questo studio ha sottolineato l’importanza di accettare il cambiamento come un modo di essere delle organizzazioni e di premiare gli innovatori e i change leaders. Studi successivi, come il CEO Outlook Survey condotto da KPMG nel 2017, hanno evidenziato la necessità per le aziende di avviare processi di reskill aziendali per gestire il cambiamento causato dalle tecnologie disruptive come RPA, AI, Industry 4.0 e IoT. Il Global CEO study di IBM del 2021 ha rilevato che, dopo la pandemia da COVID-19, l’agilità e la sostenibilità sono diventate priorità assolute per i leader.
In tutti questi studi, emerge come costante la necessità di cambiare nella percezione dei CEO di tutto il mondo: cambiare rapidamente, cambiare la cultura, cambiare le organizzazioni e fare del cambiamento una costante. Tuttavia, come evidenziato dalle ricerche scientifiche, tradizionalmente le organizzazioni hanno dato maggior peso alle innovazioni tecnologiche e di prodotto rispetto all’innovazione gestionale e organizzativa. Questo atteggiamento può portare a una convinzione, tacita ma condivisa, che una volta presa una decisione, questa non richieda lavoro addizionale per essere implementata con successo. Tuttavia, questo spesso porta a gestioni inefficienti e al fallimento dei processi di cambiamento.
Numerose ricerche hanno, infatti, dimostrato che la maggior parte delle iniziative di cambiamento organizzativo fallisce. Il tasso di insuccesso dei progetti di cambiamento, formalizzati e condotti all’interno di organizzazioni di tutti i paesi e di tutti i tipi, risulta vicino o superiore al 70% (Angehrn e Atherton, 1998; Beer e Nohria, 2000; Zackrison e Freedman, 2003; Burnes, 2011; Jones et al., 2019; Rafferty et al., 2013; Burke, 2014). Tuttavia, ciò non significa che tutti i processi di cambiamento organizzativo falliranno, ma sottolinea l’importanza di affrontare il cambiamento in modo strategico, coinvolgendo le persone interessate, fornendo le risorse necessarie e garantendo una comunicazione chiara e coerente per massimizzare le probabilità di successo.
Change Management: come affrontarlo con successo secondo la letteratura
Dalle diverse analisi della letteratura[1] sulle determinanti del successo dei processi di cambiamento (tra cui Errida and Lofti, 2021; Phillips and Klein, 2022; By, 2005) emergono numerose variabili che possono influenzare l’esito della gestione del cambiamento. In totale, sono stati individuati quasi 80 fattori, di cui una decina risultano particolarmente strategici. Tra questi, la definizione di una visione chiara e condivisa del cambiamento (Mento et al, 2002; Smith et al., 2014; Kotter, 1995; Kanter; 2011; Garvin, 2000), l’identificazione di un team guida (Kotter, 1995; Kanter, 2011, Rebora, 1998) e la gestione della resistenza (Judson, 1991; Cummings, 2013; Rebora, 1988) sono considerati passi fondamentali per la gestione efficace del cambiamento. Inoltre, individuare e utilizzare metodologie e strumenti adeguati (Kanter, 2011; Garvin, 2000; Rebora, 1988), come addestramento, coaching ed empowerment dei dipendenti, può essere utile per supportare gli individui attraverso tutte le fasi del processo di cambiamento. Per garantire il successo del cambiamento, è essenziale impostare una comunicazione efficace e costante, che coinvolga tutti gli stakeholder e comunichi la strategia, lo stato futuro desiderato, la visione e la portata del progetto di cambiamento (Appelbaum et al., 2017). È importante valutare i bisogni di comunicazione di tutti gli stakeholder e sviluppare una strategia e un piano dettagliato, monitorando e valutando regolarmente il processo di comunicazione (Burnes, 2011 e Jones J et al., 2018). Inoltre, per motivare il personale e gli agenti di cambiamento, è consigliabile condividere i successi a breve termine e riconoscere adeguatamente i dipendenti coinvolti (Kotter,1995; Kanter, 2011e Mento et al., 2002). È inoltre cruciale coinvolgere tutti gli stakeholder rilevanti (Peltokorpi et al., 2008; Smith et al., 2014), fornendo una forte leadership e sponsorship (Northouse, 2004; Gill 2003), per mantenere il cambiamento nel lungo termine, implementando nuovi processi e metodi di lavoro, rinforzando i nuovi comportamenti e valutando i risultati del cambiamento rispetto agli obiettivi organizzativi (Cummings e Worley, 2013; Mento et al.,2002). Infine, è indispensabile monitorare, tracciare e misurare continuamente il progresso del cambiamento, utilizzando metriche, milestone e strumenti di monitoraggio, per mantenere il progetto di cambiamento sulla buona strada e valutare i benefici e i risultati del cambiamento (Luecke, 2003; Faest e Hemerling, 2016; Jones et al., 2018; Garvin, 2000). Tra tutti gli elementi individuati, la comunicazione, spesso, rappresenta l’elemento più problematico tra le aree soft del Change Management, come evidenziato da diversi autori come Klein (1996), Lawrence (1969) e Kotter (1995). Nonostante l’importanza riconosciuta di questo aspetto, la maggior parte degli studi non affronta in modo esaustivo le sfide comunicative e le relative soluzioni (Lewis e Seibold, 1998). Imposizione del cambiamento senza una comunicazione efficace a priori risulta controproducente (Lewis e Seibold, 1998). Diventa quindi cruciale interrogarsi su come evitare situazioni inefficienti. Spesso, la resistenza al cambiamento da parte dei dipendenti è dovuta a una percezione distorta della situazione, nota in psicologia come distorsione cognitiva. Pertanto, diventa fondamentale migliorare la gestione della comunicazione, tenendo in considerazione le distorsioni cognitive.
Change Management: dall’osservatorio Assochange, i progetti di cambiamento delle aziende e il loro successo
Per comprendere come le aziende italiane stiano affrontando la gestione del cambiamento, Assochange, dal 2014, in partnership con l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, ha avviato un osservatorio sul Change Management. L’obiettivo dell’osservatorio è di fornire una panoramica sulle pratiche di Change Management adottate dalle aziende italiane e di proporre soluzioni efficaci per la costruzione di nuove organizzazioni, in linea con le sfide del contesto attuale.
La Survey viene diffusa online tramite mail, fornendo un link per la compilazione. Dal 2014, la Survey è stata compilata da una media di 160 aziende all’anno. Lo studio longitudinale (Hernández-Sampieri, Fernández & Baptista, 2014; Myers, 2006) ha permesso di evidenziare che il numero di progetti di cambiamento significativi per le organizzazioni è in aumento, ma il tempo a disposizione per raggiungere i risultati sta diminuendo, un trend che rende le sfide del cambiamento sempre più difficili da affrontare. Purtroppo, i risultati di cambiamento continuano a non essere soddisfacenti, e sembra che le aziende non riescano ad estrarre il massimo valore dalle loro esperienze, sia di successo che di insuccesso. La mancanza di sistematicità nell’applicare metodologie e strumenti di Change Management rende ancora più difficile avere successo in una sfida sempre più complessa.
In media, le aziende hanno portato avanti tra 6 e 7 progetti di cambiamento, con un orizzonte temporale di medio termine compreso tra 7 e 12 mesi. La principale motivazione all’avvio di nuovi progetti è stata la trasformazione digitale (47%), seguita dall’inclusione e dal benessere delle persone (29%), l’innovazione di servizi e prodotti (27%) e la riduzione dei costi (26%). Tuttavia, in prospettiva futura, il tema della sostenibilità assumerà maggiore importanza rispetto alla riduzione dei costi e all’efficienza.
L’ Osservatorio Assochange del 2022, in linea con le precedenti edizioni e in particolare con quella del 2020, ha l’obiettivo di fotografare i cambiamenti organizzativi in corso e la loro correlazione con la tecnologia. Si prefigge di valutare se e quanto le organizzazioni considerano i fattori umani, la capacità di coinvolgere e motivare le persone, la definizione di una nuova leadership per il cambiamento, l’utilizzo funzionale della comunicazione e del monitoraggio e le competenze di Change Management come elementi centrali per il successo dei progetti di cambiamento e per l’evoluzione delle organizzazioni stesse. Il report del 2022, basato su rielaborazioni e approfondimenti di dati sulle tematiche più innovative in ambito Change Management, include una survey multisettoriale per indagare il livello di maturità delle tematiche legate al Change Management nelle organizzazioni italiane. Lo studio si concentra sull’impatto della pandemia di COVID-19 e sulla sostenibilità, esaminando il numero di progetti di cambiamento avviati nell’anno e confrontandolo con gli anni precedenti. Inoltre, analizza il ruolo dei change manager e i fattori che contribuiscono al successo dei progetti di cambiamento. Infine, il rapporto esplora il legame tra sostenibilità e Change Management, evidenziando come possa contribuire ad un futuro sostenibile. La survey è stata condotta su 112 organizzazioni di vari settori, tra cui servizi, finanza, industria e telecomunicazioni.
Dalla survey emerge che solo il 23% dei progetti raggiunge l’80% degli obiettivi prefissati. Qual è la causa di questo problema? L’urgenza percepita del cambiamento è diminuita rispetto allo scorso anno, il che potrebbe essere positivo in quanto riduce l’ansia e rivaluta il cambiamento in termini di strategicità. Tuttavia, il 43% delle persone vive ancora il cambiamento con un atteggiamento di accettazione. Il problema sembra essere legato all’engagement delle persone: il disaffezionamento verso l’organizzazione porta a una mancanza di interesse nei nuovi progetti di trasformazione. È fondamentale la figura del leader, ma le principali caratteristiche dei leader presenti sono ancora legate al pragmatismo e alla coerenza nei comportamenti. In futuro, è necessario sviluppare una leadership visionaria per trasformare le percezioni e le aspettative, infondere motivazione ed entusiasmo e dare senso e direzione al cambiamento.
Costruire Nuove Organizzazioni: le variabili chiave
L’importanza della gestione del cambiamento è ormai riconosciuta come una leva imprescindibile per il business delle organizzazioni, anche in Italia, ma, nonostante l’accumulo di esperienze e competenze nel tempo, c’è ancora molto da fare per renderla una vera e propria gestione, fatta di programmazione, attivazione e verifica dei risultati. In un periodo di “Permacrisis”, le organizzazioni devono guardare alla gestione del cambiamento con più professionalità e competenza, abbandonando approcci basati sul buon senso. Come precedentemente presentato, i numeri dell’Osservatorio Assochange sono spietati: solo il 23% dei progetti di cambiamento raggiunge almeno l’80% degli obiettivi prefissati. È, pertanto, necessario prendere sul serio la gestione del cambiamento e non considerarla solo un “nice to have”. Con una metafora un po’ ardita potremmo dire che è come se considerassimo necessario prendere la patente di un’auto (o di qualsiasi altra cosa) solo nei momenti in cui ci accorgessimo che in effetti non siamo in grado di governarla. E se fossimo già in moto e magari ad alta velocità? Non rimarrebbe altro che sperare di non farci del male.
Per guidare con successo i cambiamenti, le organizzazioni possono prendere esempio da quelle che hanno ottenuto i migliori risultati. Gestire con cura le variabili chiave come le persone, la comunicazione, il coinvolgimento e il monitoraggio sono alla base del successo. In particolare, coinvolgere le persone è risultata essere la variabile strategica per costruire nuove organizzazioni. Le aziende che performano meglio nelle trasformazioni coinvolgono maggiormente le persone fin dalle prime fasi del cambiamento (52% vs 32%), organizzano sessioni di ascolto con maggior frequenza (56% vs 38%), identificano promotori del cambiamento (52% vs 33%) e monitorano i risultati in corso con continuità (64% vs 47%). La componente umana deve sentirsi parte integrante del progetto di cambiamento per ottenere un impatto efficace.
In questo scenario, un ultimo spunto riguarda gli attori del cambiamento: chi guida sistematicamente il cambiamento fin dalle prime fasi del progetto? Il top management (76%) e la funzione HR (72%), com’era prevedibile. Tuttavia, i team di Change Management (50%) e le funzioni di comunicazione (41%) sono coinvolti solo in parte, e questi sono risultati inaspettati. Sorprende il fatto che solo la metà delle figure che si occupano di Change Management e ancora meno le funzioni di comunicazione vengano coinvolte sistematicamente nei processi di trasformazione.
Costruire Nuove Organizzazioni: il ruolo emergente della comunicazione e del monitoraggio
Dall’analisi della letteratura e dai dati dell’osservatorio Assochange, emerge che la comunicazione e il monitoraggio sono elementi chiave per il successo dei processi di cambiamento. La comunicazione dovrebbe essere funzionale al coinvolgimento delle persone, piuttosto che limitarsi a informarle sui cambiamenti in atto. Pertanto, sembra necessario adottare nuovi paradigmi comunicativi che possano creare una frattura rispetto alle tradizionali pratiche, utilizzando strumenti per ascoltare le persone e co-costruire con loro messaggi comunicativi, identificando parole che possano creare un senso di appartenenza e di impegno nel processo di cambiamento. In questo modo, la comunicazione diventa un fattore abilitante, piuttosto che un ostacolo, per il raggiungimento dei risultati attesi nei processi di cambiamento.
Per quanto riguarda il tema del monitoraggio, risulta strategico partire dalla definizione degli obiettivi e delle modalità di controllo del processo di cambiamento. Il monitoraggio, infatti, è un processo composto da attività specifiche volte a misurare il percorso di cambiamento attraverso indicatori e strumenti specifici. Durante il processo di transizione, è importante verificare in che misura gli obiettivi dello stato futuro vengono raggiunti, ricalibrare le Change Actions[3] previste e valutare i risultati finali. In questo modo, si possono evidenziare suggerimenti, idee e apprendimenti che possono servire per capire come i processi, le procedure di lavoro, i comportamenti e la cultura organizzativa possono essere cambiati efficacemente.
Il monitoraggio del processo di cambiamento dovrebbe tener conto di tre dimensioni: adozione, che misura l’effettivo coinvolgimento delle persone rispetto al cambiamento desiderato; performance, che valuta l’impatto economico e operativo del cambiamento; rischio, che definisce i confini delle aree di incertezza e valuta i potenziali rischi e opportunità del cambiamento. Per ogni dimensione, possono essere costruiti indicatori specifici: KAI (Key Adoption Indicators) per la dimensione di adozione, KPI (Key Performance Indicators) per la dimensione di performance e KRI (Key Risk Indicators) per la dimensione di rischio.
Considerazioni conclusive
Gestire efficacemente il cambiamento è una delle chiavi fondamentali per la gestione di un’organizzazione. Dopo anni di esperienze e competenze accumulate, è giunto il momento di farle fruttare al meglio per costruire nuove organizzazioni. In questo momento storico, la riflessione sulla costruzione di nuove organizzazioni è diventata centrale. È essenziale ripensare alla comunicazione come strumento trasformativo necessario per costruire un senso di appartenenza all’azienda. Inoltre, il monitoraggio è fondamentale per verificare il livello di raggiungimento dei risultati di cambiamento e aiutare a capire se la strada intrapresa dall’organizzazione è quella giusta e se le azioni introdotte sono efficaci.
Il contributo evidenzia l’urgenza di decidere come gestire il cambiamento in modo attivo, evitando di andare avanti per inerzia e la necessità di riflettere sulla propria identità e creare un senso di appartenenza intorno agli elementi identitari dell’organizzazione, attraverso occasioni di confronto e la costruzione di nuovi significati attraverso il dialogo tra le diverse generazioni.
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[1] Fondata nel 2003, Assochange è un’associazione di imprese, enti, istituzioni, professionisti e Università, che si propone di essere luogo di incontro, confronto e diffusione di conoscenza sul change management per aiutare le organizzazioni a raggiungere i loro obiettivi di cambiamento. Assochange promuove una cultura del Change Management come creatore di valore, facilitatore e attivatore di cambiamento. Con le attività associative da sempre prova a rispondere ai gap evidenziati nelle diverse ricerche nel corso degli anni, di modo da affrontare un tema dell’anno che possa stimolare un confronto, far conoscere metodologie e strumenti di change, fornire la possibiità di apprendere anche dall’esperienza delle aziende, dai liberi professionisti soci e dalle Università collegate. Oltre a colmare i gap evidenziati, Assochange è spesso anche anticipatrice di temi, che saranno caldi e rilevanti negli anni e venire, di modo da creare una maturità tale da poterne comprendere il significato e iniziare a sperimentare sulla sua applicazione.
[2] Come evidenziato da Rebora (2022) anche in Italia si è prestata grande attenzione al tema del cambiamento e dell’innovazione organizzativa, come dimostrato dai numerosi libri (tra cui Martinez, 2009; Rebora e Minelli, 2007; Maimone, 2018; Decastri, 2016; Montefusco 2011) e articoli pubblicati, tra cui due raccolte di articoli, la prima nel 1987 curata da Massimo Pilati e la seconda nel 2003 curata da Luca Solari, sulla rivista Sviluppo&Organizzazione.
[3] Change Actions sono azioni primarie ideate per contribuire al successo del cambiamento, richieste dallo sponsor e monitorabili e misurabili nel tempo. Ogni fase del processo di transizione e ogni area di cambiamento sono generalmente soggette a una o più Change Actions (Assochange, 2022)