Il celebre apologo attribuito a Zenone di Elea, secondo cui Achille, pur essendo più veloce, non potrà mai raggiungere la tartaruga che lo precede, costituisce una delle più note formulazioni dell’aporía greca, fondata sull’infinità potenziale del movimento e sull’indivisibilità dello spazio e del tempo.
Nel celebre paradosso proposto Achille, l’eroe dai piedi veloci, non riesce mai a raggiungere la tartaruga che ha avuto un piccolo vantaggio iniziale. Infatti, ogni volta che Achille percorre la distanza che lo separa dalla tartaruga, questa si è già spostata di un ulteriore tratto, seppur minimo, rendendo teoricamente irraggiungibile il traguardo. Tale argomentazione, sebbene smentita dai fondamenti del calcolo infinitesimale, risulta straordinariamente fertile in termini euristici, soprattutto se trasposta nel dominio organizzativo delle pubbliche amministrazioni.
Nel tentativo di garantire legalità, imparzialità, efficacia e trasparenza – i capisaldi dell’agire amministrativo – l’apparato pubblico sviluppa modelli sempre più sofisticati e analitici di programmazione, pianificazione e controllo. In questa tensione verso una ex ante e capillare differenziazione delle possibili contingenze, ogni atto viene scomposto in una serie di sotto-attività, ognuna delle quali richiede istruttorie, valutazioni, ponderazioni, consultazioni. Come Achille che suddivide il percorso in infiniti segmenti, anche la pubblica amministrazione suddivide l’azione in infiniti livelli di controllo e procedimentalizzazione, rinviando sine die l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo.
Il paradosso si inverte: Achille, pur dotato di competenza e rapidità, diventa tartaruga. L’azione amministrativa, anche se supportata da soggetti altamente qualificati, viene inglobata in una sequenza iper-razionale che ne compromette la prontezza e la capacità di reazione al mutamento.
Nella configurazione attuale delle pubbliche amministrazioni, l’azione non precede ma è preceduta da un’articolata fase di scomposizione analitica del reale: ogni intervento viene preventivamente articolato in una pluralità di sotto-processi, sotto-obiettivi, valutazioni ex ante, dispositivi di monitoraggio, elementi di accountability, con una tendenza alla proliferazione procedurale che si avvicina a una forma di ipertrofia regolativa. Tale iper-razionalizzazione, pur orientata alla massimizzazione della trasparenza, della legalità e del controllo, produce un paradossale rallentamento, in cui il tempo dell’analisi assorbe quello dell’azione, fino a esaurirlo.
In questa dinamica, il soggetto amministrativo – anche laddove dotato di elevate competenze, capacità strategiche e mezzi operativi, come nel caso metaforico di Achille – viene immobilizzato dalla necessità di attraversare una sequenza pressoché infinita di verifiche e sotto-decisioni, che si moltiplicano secondo una logica divisiva potenzialmente illimitata. L’Achille amministrativo viene così trasformato in tartaruga: non per deficit di capacità, ma per eccesso di razionalità procedurale che diventa razionalità rallentata.
Questa configurazione ovviamente si radica nella concezione weberiana di razionalità formale, in cui la burocrazia è espressione di un dominio giuridico-razionale, basato su norme impersonali, prevedibilità e precisione procedurale (Weber, 1922). Se, in origine, la burocrazia rappresentava un dispositivo per garantire l’efficienza attraverso la standardizzazione, nella sua evoluzione contemporanea essa tende a rovesciarsi in un dispositivo che garantisce la legittimità dell’inazione. Il rischio non è più quello dell’arbitrio, ma quello della paralisi: l’amministrazione non agisce finché ogni possibile variabile non sia normata, ogni incertezza eliminata, ogni responsabilità redistribuita.
Michel Crozier, che nel suo studio sul “fenomeno burocratico” (1963) mette in luce come l’eccesso di regolazione impedisca agli attori organizzativi di adattarsi al cambiamento, generando una spirale di rigidità e deresponsabilizzazione. In un sistema che punisce l’errore più dell’inerzia, l’unica strategia razionale per il funzionario diventa quella dell’auto-tutela, anche a costo del mancato raggiungimento dell’obiettivo. March e Olsen (1989), nella loro teoria della logica dell’appropriatezza, aggiungono un ulteriore tassello: nelle organizzazioni pubbliche, le decisioni non derivano dalla massimizzazione dell’utilità, ma dalla ricerca di conformità rispetto a regole, identità istituzionali e aspettative normative. L’azione è ritenuta legittima non se è efficace, ma se è “appropriata” rispetto al contesto istituzionale. In tal senso, l’amministrazione non è orientata all’output, ma alla coerenza con l’ordine simbolico che la costituisce. La conformità, non l’efficienza, diventa il criterio guida.
Tale dinamica assume una particolare rilevanza nella modernità accelerata descritta da Hartmut Rosa (2005; 2013) in cui la temporalità sociale, diventa accelerazione sociale. In un contesto segnato dalla moltiplicazione dei flussi, dalla velocità dei cambiamenti e dall’instabilità degli scenari la razionalità procedurale tradizionale entra in crisi. L’amministrazione pubblica continua a operare secondo un tempo lineare e cumulativo, mentre il tempo sociale e tecnologico evolve secondo logiche esponenziali e discontinue. L’aumento della velocità nei processi comunicativi, tecnologici e decisionali crea un divario crescente tra il tempo dell’istituzione e quello del contesto: mentre la realtà sociale evolve secondo logiche sempre più rapide e instabili, l’amministrazione pubblica tende a irrigidirsi in schemi di controllo che rallentano la capacità di risposta. Il risultato è una dissonanza temporale sistemica, che si manifesta come inefficacia percepita dell’apparato pubblico, anche quando le risorse e le competenze non mancano.
La conseguenza di questa asincronia sistemica è una crescente disfunzione delle istituzioni: esse non falliscono per inadeguatezza tecnica, ma per incapacità di sincronizzarsi con i ritmi del mondo che dovrebbero governare. La densità dei processi interni – carichi di controllo, accountability e ponderazione – si scontra con l’urgenza dell’azione, generando un paradosso performativo: l’ossessione per la correttezza dell’azione produce la sua inattuabilità.
In tale quadro, l’adozione di tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale viene frequentemente invocata come possibile leva per superare l’inerzia procedurale. Le recenti Linee guida AGID sull’intelligenza artificiale nelle pubbliche amministrazioni (AGID, 2025), in linea con il disegno normativo europeo (European Commission, 2020; Parlamento europeo, 2024), rappresentano un tentativo di definire un framework regolativo per l’adozione di soluzioni algoritmiche che sia al contempo conforme ai principi di legalità, equità, trasparenza e tutela dei diritti fondamentali. Proprio nella loro ambizione sistematica, queste linee guida corrispondono pienamente all’approccio europeo, cristallizzato nel AI Act e anticipato dal White Paper on Artificial Intelligence (European Commission, 2020), che si caratterizza per una forte enfasi sulla tutela dei diritti fondamentali, attraverso una regolazione dettagliata e a rischio differenziato (risk-based approach). L’uso dell’IA è consentito solo a condizione che siano soddisfatti criteri rigorosi di trasparenza, tracciabilità, spiegabilità e controllo umano. Questo approccio riflette la cultura giuridica continentale, improntata alla precauzione e alla regolazione ex ante.
La ratio sottostante è chiaramente fondata su una logica di prevenzione e gestione probabilistica dei rischi: si intende evitare che l’adozione di sistemi algoritmici produca effetti discriminatori, opachi, o non verificabili, e per farlo si prescrivono check-list, audit, validazioni ex ante, valutazioni di impatto algoritmico e sistemi di monitoraggio costante. Ogni segmento dell’adozione dell’IA è sottoposto a un sistema di controllo articolato, il cui obiettivo non è l’efficienza, ma la minimizzazione dell’incertezza normativa e reputazionale.
La razionalità amministrativa, intesa in senso probabilistico, si concentra dunque più sulla gestione degli eventi rari e ad alto impatto che sulla valorizzazione degli scenari ad alta probabilità e basso rischio. Lo sforzo di assicurare una governance inclusiva e responsabile dell’innovazione potrebbe, in alcuni enti, rischiare di riprodurre lo stesso modello di razionalità frammentata e analitica che immobilizza l’amministrazione tradizionale. La costruzione di livelli multipli di controllo – valutazione d’impatto, audit algoritmici, validazioni ex ante ed ex post – potrebbe comportare, se non calibrata, un rallentamento dell’adozione delle stesse tecnologie che si intende promuovere. L’innovazione tecnologica, pensata come strumento di accelerazione e semplificazione, verrebbe così sottoposta a un regime di sorveglianza che rischierebbe di svuotarne l’efficacia operativa.
In termini probabilistici, il modello AGID si fonda su un’ipotesi di rischio elevato che giustifica un’architettura di governance densa e pluristratificata; ma se tale architettura diventasse eccessivamente cautelativa, essa produrrebbe un effetto performativo di rallentamento: la tecnologia che dovrebbe accelerare i processi decisionali finirebbe per essere rallentata dalla necessità di controllo del proprio stesso potenziale trasformativo. Si riprodurrebbe così il paradosso zenoniano: anche l’IA, come Achille, insegue un obiettivo che si sposta continuamente, mentre il suo stesso avanzamento è frenato dalle verifiche che deve continuamente superare. La metafora zenoniana torna, pertanto, in forma rinnovata: anche l’intelligenza artificiale, come Achille, viene fatta camminare al passo della tartaruga.
L’adozione dell’intelligenza artificiale richiede invece un cambiamento organizzativo radicale: non una semplice estensione delle logiche burocratiche esistenti a un nuovo ambito tecnico, ma una riconfigurazione delle categorie stesse della razionalità amministrativa. Solo un’amministrazione capace di gestire l’incertezza non per anticipazione esaustiva, ma per modulazione dinamica, sarà in grado di superare il paradosso e di restituire all’azione pubblica la sua capacità trasformativa.
Se il paradosso zenoniano ci ricorda l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo attraverso una scomposizione infinita dello spazio-tempo, l’azione amministrativa contemporanea sembra replicare tale struttura, trasformando il necessario controllo in un vincolo paralizzante. La sfida teorica e istituzionale è allora quella di ripensare la razionalità procedurale in chiave generativa, proprio come sa fare l’IA, riconoscendo la necessità di differenziare senza frammentare, di garantire la legalità senza sacrificare la reattività, di produrre fiducia senza congelare l’azione.
L’intelligenza artificiale, se liberata da eccessive rigidità organizzative, può costituire uno strumento abilitante per ripensare le architetture decisionali pubbliche secondo una logica di agilità istituzionale. Ma ciò richiede un mutamento di paradigma: dalla burocrazia dell’analisi alla governance della complessità, dalla razionalità difensiva alla responsabilità trasformativa. Come ci ricorda Niklas Luhmann (1990), ogni sistema organizzativo seleziona informazioni in funzione della riduzione dell’incertezza, ma laddove la complessità ambientale aumenta in modo esponenziale, i sistemi non possono più rispondere moltiplicando i filtri (norme, controlli, validazioni), bensì devono sviluppare strategie di autopoiesi e meccanismi di adattamento interno. In mancanza di tali dispositivi, il sistema si ingessa e collassa nella propria ridondanza.
In ultima analisi, Achille potrà superare la tartaruga solo se smetterà di scomporre infinitamente il percorso e inizierà ad attraversare il reale secondo una logica integrativa e situata, capace di riconoscere che la precisione analitica, da sola, non garantisce la capacità di agire.
Rileggere le dinamiche dell’azione pubblica attraverso il paradosso di Achille e la tartaruga permette di comprendere in profondità le potenziali contraddizioni interne alle pratiche amministrative contemporanee. La razionalità analitica e il controllo sistematico, se esasperati, non garantiscono l’efficacia, ma potrebbero paralizzarla. In assenza di meccanismi di sperimentazione adattiva e di governance per iterazioni, il principio precauzionale può degenerare in paralisi. Per questo, la formazione dei dirigenti pubblici e la regolazione dell’innovazione devono orientarsi verso una razionalità situata, una governance adattiva, e una capacità di agire nel rischio, affinché Achille possa, finalmente, superare la tartaruga.
Dimensione | Descrizione | Rischio sistemico | Criteri di riequilibrio |
---|---|---|---|
Scomposizione analitica | Tendenza a segmentare e differenziare ogni fase del processo | Proliferazione procedurale e perdita di sintesi | Sistemi decisionali modulari ma integrabili |
Temporalità del controllo | Prevalenza della ponderazione ex ante sull’azione | Asincronia tra azione e mutamento | Approccio iterativo e learning by doing |
Razionalità normativa | Conformismo regolativo e ossessione per l’appropriatezza | Immobilismo e deresponsabilizzazione | Ruolo attivo dell’interprete e margini di discrezionalità |
Governance dell’innovazione | Regolazione preventiva delle tecnologie emergenti | Ritardo nell’adozione e nella sperimentazione | Regolazione adaptiva e sperimentazione controllata |
- AGID – Agenzia per l’Italia Digitale (2025). Linee guida sull’intelligenza artificiale per le pubbliche amministrazioni. https://www.agid.gov.it
- Crozier, M. (1963). Le Phénomène bureaucratique. Paris: Éditions du Seuil
- European Commission (2020). White Paper on Artificial Intelligence – A European approach to excellence and trust. Brussels.
- Luhmann, Niklas (1990). Die Wissenschaft der Gesellschaft. Frankfurt am Main: Suhrkamp
- March, J. G., & Olsen, J. P. (1989). Rediscovering Institutions: The Organizational Basis of Politics. New York: Free Press.
- Rosa, H. (2013). Social Acceleration: A New Theory of Modernity. New York: Columbia University Press.
- Rosa, H. (2005). Beschleunigung. Die Veränderung der Zeitstrukturen in der Moderne. Frankfurt a.M.: Suhrkamp.
- Weber, M. (1922). Wirtschaft und Gesellschaft. Tübingen: Mohr Siebeck.
Autori
Università della Campania Luigi Vanvitelli