La didattica attiva migliora il successo degli studenti: i sorprendenti risultati ottenuti in una grande aula universitaria di fisica

Una rigorosa ricerca scientifica rivela che l’apprendimento degli studenti in un corso universitario può incrementarsi di oltre il 100% agendo esclusivamente sui metodi di insegnamento.

Introduzione

Si propone qui una ricerca, pubblicata su “Science” da Carl Wieman, premio Nobel per la fisica nel 2001, con due giovani ricercatori della “Carl Wieman Science Education Initiative (CWSEI) presso la British Columbia University, Louis Deslauriers e Ellen Schelew. Il programma di ricerca CWSEI intende applicare il metodo della ricerca scientifica sperimentale alla didattica, nell’ambito delle tecniche di insegnamento delle discipline scientifiche e della fisica in particolare, come raccontato da Wieman stesso in diversi ambiti, tra i quali suggerirei la serie di interventi sul blog scientifico Science 2.0 (Wieman 2009) per la loro particolare accessibilità e concisione.

Wieman mette radicalmente in discussione l’efficacia della lezione frontale tradizionale (lecture), che è ancora oggi l’approccio più diffuso per l’insegnamento universitario, Su questo punto le sue affermazioni più recenti sono ancora più perentorie e significative, dopo che è stato responsabile del “White House Office of Science and Technology Policy” dal 2010 al 2012, ponendosi al centro di un vivace confronto scientifico e politico sul tema. Come ha sostenuto di recente, “Ci sono almeno un migliaio di studi pubblicati che confrontano il metodo della lezione tradizionale con metodi alternativi di insegnamento universitario. Essi dimostrano in modo consistente e significativo l’esistenza di sostanziali differenze nell’apprendimento” (Wieman 2016).

E’ importante sottolineare che queste indicazioni così radicali si riferiscono alle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), ma ritengo che possano essere un utile punto di riferimento da considerare almeno come elemento di confronto anche in ambiti diversi.

La ricerca qui proposta è forse una delle più significative in questo ampio panorama e ha avuto un notevole impatto anche sui media (The Economist, 2011). In essa si mette a confronto il livello di apprendimento ottenuto con due opposti approcci didattici in un corso universitario di fisica con 850 studenti registrati. Le lezioni al gruppo di controllo (267 studenti) sono state impartite da un membro della facoltà molto motivato, con molti anni di esperienza di insegnamento in questo corso e con un track record di valutazioni elevate da parte degli studenti. La didattica al gruppo sperimentale (271 studenti) è stata impartita da un giovane ricercatore post-dottorato con un approccio didattico basato sulle più recenti ricerche sull’apprendimento. Entrambi i docenti hanno svolto in aula gli stessi argomenti con gli stessi obiettivi formativi.

La progettazione didattica per la sezione sperimentale si è basata sull’approccio di didattica attiva che prende il nome di “deliberate practice” (pratica deliberata). Il concetto di pratica deliberata, cioè di esercizio pratico continuo, intenzionale e strutturato, è in sintonia con gli approcci formativi del costruttivismo e della valutazione formativa. Nel nostro caso, la pratica deliberata prende la forma di una serie di domande e attività impegnative e sfidanti che richiedono agli studenti di praticare durante le ore di lezione forme di ragionamento e di problem solving simili a quelle di un fisico esperto, con la supervisione e la valutazione continua del docente.

L’obiettivo del progetto era quello di avere studenti che trascorrono tutto il loro tempo in aula a “pensare scientificamente” su problemi di rilevanza pratica, cercando di costruire soluzioni, analizzando criticamente il proprio ragionamento e quello degli altri. Lavorando a queste attività, gli studenti ricevono continuamente  feedback da altri studenti e dal docente.

Nell’implementazione di questo approccio di didattica attiva, il progetto ha messo in atto una serie di specifiche tecniche e pratiche formative ma gli autori ritengono che il vantaggio educativo sia legato più in generale all’approccio della pratica deliberata piuttosto che dall’adozione di una o dell’altra tecnica specifica di implementazione.

Descrizione del corso universitario di Introduzione alla fisica

Il corso universitario oggetto della ricerca, “Introduzione alla fisica per ingegneri”, è un corso obbligatorio che si tiene nel secondo semestre del primo anno, comune a tutti gli studenti delle lauree di base (undergraduate) in Ingegneria della University of British Columbia. Questo corso, basato su nozioni matematiche di calcolo infinitesimale, copre vari argomenti standard di elettricità e magnetismo. Il corso nell’anno di osservazione ha avuto 850 studenti iscritti, divisi in tre sezioni, ciascuna con un docente. Ogni sezione ha svolto 3 ore di lezione a settimana per l’intero semestre (12 settimane), divise in tre lezioni di un’ora ciascuna in tre giorni della settimana. Le lezioni sono state tenute in una grande aula stile teatro con sedie fisse dietro banchi di cinque studenti ciascuno. Agli studenti venivano anche assegnati lavori settimanali a casa, laboratori didattici, tutorial e presentazioni con problemi da risolvere; tutto questo lavoro era oggetto di valutazione. C’erano due esami intermedi e un esame finale. Tutti i componenti del corso erano comuni in tutti e tre le sezioni, fatta eccezione per le lezioni, che sono stati preparate e svolte indipendentemente da tre diversi istruttori.

Durante la settimana 12, sono state prese in esame due delle tre sezioni i cui docenti hanno accettato di partecipare allo studio. La sezione sperimentale era di 271 studenti. La sezione di controllo di 267 studenti.

Svolgimento del corso nelle prime 11 settimane (prima dell’esperimento)

Per le 11 settimane precedenti lo studio, in entrambe le sezioni esaminate l’insegnamento è avvenuto in modo analogo da parte dei due docenti (A e B). Sia A che B avevano molti anni di esperienza in questo corso e in molti altri, con valutazioni della didattica da parte degli studenti sopra la media. Entrambi i docenti hanno tenuto lezioni frontali presentando contenuti e problemi esemplificativi con slide PowerPoint, proponendo anche alcune dimostrazioni. Nel frattempo, gli studenti prendevano appunti. Agli studenti venivano poste alcune domande in aula (in media 1,5 per lezione, da un minimo di 0 a un massimo di 5) e impiegati appositi “sistemi di risposta personalizzata” (o “clicker”) per raccogliere le risposte indfividuali. Questa fase di valutazione sommativa (quindi valida per l’esito finale) è stata caratterizzata da prove individuali senza discussione o follow-up diverso da una sintesi finale delle risposte corrette. Agli studenti è stato riconosciuto credito per la partecipazione e le risposte.

Prima dell’esperimento, una serie di dati sono stati raccolti sugli studenti nelle due sezioni. Gli studenti hanno sostenuto due esami intermedi (identici in tutte le sezioni). In settimana 11, gli studenti hanno effettuato il test BEMA, che misura la conoscenza concettuale in elettricità e megnetismo. All’inizio del semestre, gli studenti hanno sostenuto il test CLASS, che misura le percezioni degli studenti sulla fisica. Durante le settimane 10 e 11, sono state misurate la frequenza degli studenti e il loro coinvolgimento in entrambe le sezioni. La frequenza è stata misurata contando il numero di studenti presenti, e il coinvolgimento è stato misurato mediante quattro osservatori qualificati in ogni classe utilizzando il protocollo allegato a questo studio. I risultati mostrano che le due sezioni erano indistinguibili. Questo di per sé è interessante, perché le personalità e gli stili dei due docenti sono piuttosto diversi, il docente A (della sezione di controllo) con uno stile molto più animato e intenso del docente B.

L’esperimento nella settimana 12: competizione tra studenti

L’intervento sperimentale ha avuto luogo durante le tre lezioni di un’ora ciascuna dell’ultima settimana. Le lezioni riguardavano l’unità didattica sulle onde elettromagnetiche. Questa unità affronta contenuti standard come le caratteristiche delle onde piane, l’energia delle onde elettromagnetiche e i fotoni. Nella sezione di controllo, di 267 studenti, le lezioni sono state impartite dal docente A utilizzando lo stesso approccio didattico delle settimane precedenti, salvo il fatto che sono state fornite indicazioni di leggere il relativo capitolo nel libro di testo prima della lezione. Nella sezione sperimentale, di 271 studenti, le lezioni sono state impartite da due giovani docenti che non avevano mai insegnato in precedenza a questi studenti. Essi sono il primo autore della pubblicazione, Louis Deslauriers (LD), assistito dal secondo autore, Ellen Schelew (ES). Il docente A e LD avevano concordato di impostare questo esperimento come una competizione didattica tra le due sezioni. Hanno quindi definito in anticipo quali argomenti e quali obiettivi di apprendimento sarebbero stati oggetto della competizione. LD e il docente A hanno costruito insieme un test a risposta multipla per valutare l’esito della competizione (allegato allo studio). Il test è stato preparato alla fine della settimana 12. Gli autori del test ed anche il docente B hanno convenuto che il test costituiva una buona misurazione degli obiettivi di apprendimento e dei contenuti dell’unità didattica. La maggior parte delle domande del test erano domande “clicker” utilizzate in precedenza in un’altra università, spesso leggermente modificate. A entrambe le sezioni è stato detto che avrebbero ricevuto un bonus di 3% sul voto complessivo del corso in base alla combinazione di partecipazione a domande clicker, partecipazione al test, e (solo nella sezione sperimentale) partecipazione alle attività di problem solving di gruppo; il criterio della ripartizione del bonus tra tutte queste attività non è stato indicato in anticipo.

Il metodo di insegnamento adottato nella sezione sperimentale

L’approccio didattico utilizzato nella sezione sperimentale includeva elementi promossi in precedenza da CWSEI presso l’Università del Colorado: assegnazioni di letture prima delle lezioni, quiz sulle letture assegnate, domande “clicker” in aula con discussione studente-studente (CQ), compiti di apprendimento attivo per piccoli gruppi (GT), e feedback mirato del docente in aula (IF).

Prima di ciascuna delle tre lezioni di 50 min, agli studenti venivano assegnate letture di tre o quattro pagine, poi un breve quiz on-line vero- falso sui contenuti delle letture. All’inizio della prima lezione, si è spiegato agli studenti perché le lezioni di quella settimana venivano impostate in questo modo, mostrando come la ricerca indica che questo approccio poteva migliorare il loro apprendimento.

Un programma tipico per una lezione era il seguente: CQ1, 2 min; IF, 4 min; CQ2, 2 min; IF, 4 min; CQ2 (continuazione), 3 min; IF, 5 min; CQ2 (nuove risposte), 1 min; CQ3, 3min, IF, 6min; GT1, 6min; IF con una dimostrazione, 6 min; GT1 (continua), 4 min; e IF, 3 min. La durata del tempo indicata per una domanda o attività comprende la quantità di tempo che gli studenti trascorrono a discutere il problema, ponendo numerose domande. Non c’era docenza formale; tuttavia, l’orientamento e le spiegazioni venivano fornite dal docente in tutta la classe. Il docente rispondeva alle domande poste dagli studenti, ai risultati dalle risposte clicker, e interveniva nelle discussioni studente-studente. Le domande poste dagli studenti normalmente integravano e andavano oltre i contenuti coperti dalle domande clicker o dalle attività in piccoli gruppi. Il materiale mostrate nelle slides usate in aula è allegato allo studio, insieme ad alcune note sugli elementi di progettazione e il tempo di preparazione richiesto.

Clicker Questions (CQ) per piccoli gruppi

All’inizio di ogni lezione, agli studenti veniva chiesto di formare gruppi di due. Quando si mostrava a tutti una domanda clicker, gli studenti discutevano la domanda all’interno dei loro gruppi (che spesso erano estensibili a tre o più studenti) e inviavano la loro risposta utilizzando il clicker. Quando la votazione era completa, l’istruttore mostrava i risultati e dava un feedback.

Group Tasks (GT): Attività di problem solving per piccoli gruppi

Le attività in piccoli gruppi erano domande che richiedevano una risposta scritta. Gli studenti lavoravano negli stessi gruppi formati ad inizio lezione, ma consegnavano risposte scritte individuali alla fine di ogni lezione, valide ai fini del computo del bonus di partecipazione.

I docenti e le loro scelte per l’esperimento

Contrariamente al docente A, che come già osservato era di notevole esperienza e con elevate valutazioni, l’esperienza precedente di insegnamento di LD e ES era limitata al ruolo di assistente. LD era un ricercatore postdoc della Carl Wieman Science Education Initiative (CWSEI) e aveva ricevuto una formazione nella didattica della fisica, nella ricerca sull’apprendimento e nei metodi di pedagogia efficace mentre faceva da assistente nell’insegnamento di sei corsi. ES aveva il tipico background della laureata in fisica, con l’aggiunta di un corso seminariale sulla didattica della fisica.

Il docente A ha osservato ciascuna di queste tre lezioni sperimentali prima di svolgere le sue lezioni e ha scelto di utilizzare la maggior parte delle domande clicker sviluppate per la sezione sperimentale. Tuttavia, il docente A ha usato queste domande solo per la valutazione sommativa, come descritto sopra per le prime 11 settimane.

LD e ES hanno progettato insieme le domande clicker e le attività in piccoli gruppi. LD e ES non avevano insegnato in questo corso in precedenza e non avevano familiarità con gli studenti. Prima della prima lezione, hanno effettuato con due studenti volontari un test pilota dei materiali. I volontari sono stati invitati a pensare ad alta voce, mentre ragionavano sulle risposte alle domande e svolgevano le attività pianificate. I risultati di questo test sono stati usati per modificare le domande e le attività clicker per ridurre fraintendimenti e regolare il livello di difficoltà. Questo processo è stato ripetuto prima della seconda lezione con un volontario.

Risultati: partecipazione, coinvolgimento e valutazioni ottenute nel test di esame

Durante la settimana dell’esperimento, l’impegno e la partecipazione è rimasta invariata nella sezione di controllo (267 studenti). Nella sezione sperimentale (271 studenti), il coinvolgimento degli studenti è quasi raddoppiato e la frequenza è aumentata del 20%.

Il test è stato somministrato in entrambe le sezioni dopo il completamento delle tre lezioni di un’ora. Due giorni prima della prova, agli studenti di entrambe le sezioni è stato inviato un messaggio con un reminder del test e un link a tutto il materiale utilizzato nella sezione sperimentale: le letture preclass e i quiz; le domande clicker; e le attività di gruppo, insieme con tutte le risposte. Gli studenti sono stati incoraggiati via e-mail e in aula a fare del loro meglio al test indicando che sarebbe stato comunque utile per loro, anche se il risultato del test non sarebbe stato conteggiato in alcun modo nella votazione dell’esame finale. Alcuni studenti in entrambe le sezioni hanno ultimato il test in meno di 15 minuti, mentre il tempo medio è stato di circa 20 min.

I risultati del test sono mostrati nella Fig. 1.

Figura n. 1 – Punteggi ottenuti dagli studenti nel test finale (12 = 12 risposte esatte) Fonte: slides (Wieman 2016).

 Per la sezione sperimentale, 211 studenti hanno partecipato al test, mentre 171 lo hanno fatto nella sezione di controllo. I punteggi medi sono stati 41% di risposte corrette nella sezione di controllo e 74% nella sezione sperimentale. Al netto del punteggio di circa il 25% che verrebbe comunque ottenuto con risposte casuali, gli studenti della sezione sperimentale hanno ottenuto punteggi più che doppi, anzi quasi triplicati rispetto a quelli della sezione di controllo.

La deviazione standard calcolata per entrambe le sezioni era di circa il 13%, dando una dimensione dell’effetto per la differenza tra le due sezioni di 2,5 deviazioni standard, la più elevata mai registrata scientificamente in un intervento sulla didattica.

Una preoccupazione spesso espressa da docenti che ritengono l’adozione di approcci di apprendimento attivo è che gli studenti potrebbero opporsi al cambiamento. Una settimana dopo il completamento della sperimentazione e l’esame, è stato somministrato agli studenti nella sezione sperimentale un sondaggio online (allegato allo studio); 150 studenti hanno completato il sondaggio. Riguardo l’affermazione “Ho apprezzato molto la tecnica di insegnamento interattivo durante le tre lezioni sperimentali” il 90% degli intervistati si è dichiarato d’accordo e solo l’1% in disaccordo. Con l’affermazione “Mi sento che avrei imparato di più se l’intero corso di fisica fosse stato insegnato in questo stile altamente interattivo”, il 77% era d’accordo e solo il 7% in disaccordo. Ci sono elementi chiari per affermare che questa forma di didattica è stato bene accolta dagli studenti.

Implicazioni e conclusioni

In conclusione questo studio ha teso a dimostrare che l’uso di strategie di insegnamento di didattica attiva secondo l’approccio “deliberate practice” è in grado di migliorare sia l’apprendimento che l’impegno in un grande corso introduttivo di fisica rispetto al metodo tradizionale di lezione. L’esperimento qui proposto ha messo a confronto studenti simili e docenti con gli stessi obiettivi di apprendimento, nello stesso intervallo di tempo e con uno stesso test finale.

Questo risultato, a detta degli autori, è probabilmente generalizzabile ad una classe più ampia e variegata di corsi universitari.

Le implicazioni che ne possiamo trarre per la formazione sono molteplici. Una prima osservazione è che, indipendentemente dalle critiche che possono essere mosse all’interpretazione così radicale qui offerta di risultati necessariamente limitati e parziali, rispetto ad un fenomeno così complesso come quello dei processi di apprendimento, è però evidente che il mondo intorno a noi sta cambiando in modo importante ed è necessario tenerne conto. Cambiano gli studenti e le loro attitudini e modalità di interazione. Cambiano le esigenze formative: specialmente le università italiane si confrontano oggi con obiettivi comunitari di ampiezza dell’accesso alla formazione universitaria difficili da conciliare con il nostro modello tradizionale. La media europea di laureati nella fascia dai 30 ai 34 anni tende ad avvicinarsi al 40% (obiettivo Europa 2020), in Italia ci posizioniamo intorno al 25%. Cambiano anche le tecnologie a disposizione a costi contenuti e questo apre nuovi orizzonti di sperimentazione, non solo per la didattica on line ma anche per quella interattiva basata su clicker-questions e simili strumenti.

La seconda osservazione è che porre al servizio della didattica alcuni progetti di ricerca, in modo da impiegare i risultati della ricerca per migliorare la didattica, sarebbe forse in molti casi salutare per entrambe, specie nelle discipline come quelle organizzative in cui i processi di apprendimento e formazione rappresentano un oggetto rilevante di studio. D’altra parte però, (e non solo da noi) il sistema di valori tipici della ricerca universitaria, di valutazione e di incentivi ad essi legati rende difficile questo processo. Anche su questo punto possiamo prendere utili spunti di riflessione dal dibattito scientifico e politico in corso oltreoceano.

La terza osservazione è che le sperimentazioni in ambito didattico della Carl Wieman Science Education Initiative hanno prodotto una notevole mole non solo di studi scientifici ma anche di materiale didattico, indicazioni pratiche e best practices ben collaudate (CWSEI 2016) che possono essere un utile punto di riferimento per cominciare a sperimentare anche da noi. Buon lavoro!

Bibliografia

CWSEI. (2016). Carl Wieman Science Education Initiative – Course Transformation Resources. http://cwsei.ubc.ca/resources/course_transformation.htm

Deslauriers, L., Schelew, E., & Wieman, C. (2011). Improved learning in a large-enrollment physics class. Science, 332(6031), 862–864.

The Economist. (2011, May). An alternative vote – Applying science to the teaching of science. The Economist. http://www.economist.com/node/18678925

Wieman, C. (2016). Video A Scientific Approach to Learning Physics. http://www.mediatheque.lindau-nobel.org/videos/36150/lecture-scientific-approach-learning-physics/laureate-wieman

Wieman, C. (2009). Why Not Try A Scientific Approach To Science Education? http://www.science20.com/carl_wieman/why_not_try_scientific_approach_science_education

 

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Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza

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