Ricostruire i sistemi di significato nei processi di trasformazione digitale: il ruolo della narratività

Michela Iannotta1, Mauro Gatti1, Giuseppe Ceci1

1 Università degli Studi di Roma La Sapienza

Abstract

Il successo di un processo di trasformazione digitale dipende dalla capacità delle aziende di creare significati condivisi e consenso attorno al cambiamento. Questo lavoro propone una metodologia che utilizza la narratività per facilitare i processi di cambiamento organizzativo attraverso la mappatura dei sistemi di significato che esso genera.

Introduzione

La trasformazione digitale si dispiega come un fenomeno di complessa natura socio-tecnica. Oltre ad un forte allineamento tra obiettivi strategici, design organizzativo e implementazione delle tecnologie, essa richiede un profondo cambiamento culturale attraverso la diffusione di valori, comportamenti e routine che siano in sintonia con il progetto di trasformazione digitale dell’azienda. Dal momento che la presenza di significati divergenti e interpretazioni discordanti sul cambiamento in atto può compromettere il cambiamento stesso, quando si implementa una strategia di trasformazione digitale, è cruciale considerare come i processi di sensegiving e sensemaking siano fondamentali per diffondere significati condivisi all’interno dell’organizzazione, facilitando così il cambiamento.

Partendo da tale presupposto e con l’intento di favorire un maggior livello di digitalizzazione delle aziende, il presente lavoro propone l’uso della semiotica generativa dello studioso A. J. Greimas come metodo per mappare i sistemi di significato che emergono durante un processo di cambiamento organizzativo. Questo approccio mira a supportare il management nell’identificazione di interventi che aiutino a riorganizzare le narrazioni sul cambiamento.

Racconti intrecciati sulla trasformazione digitale dal punto di vista delle aziende e dei lavoratori

La trasformazione digitale si riferisce ad “un processo in cui le tecnologie digitali creano discontinuità, innescando risposte strategiche da parte delle organizzazioni che cercano di modificare i propri percorsi di creazione del valore, gestendo al contempo i cambiamenti strutturali e le barriere organizzative che influenzano gli esiti positivi e negativi di questo processo[1] (Vial, 2020, p. 118). In tal senso, la trasformazione digitale ridefinisce le relazioni tra persone, organizzazione e ambiente di riferimento.

In particolare, nel corso degli ultimi anni, la trasformazione digitale ha innescato nelle aziende due fenomeni: da un lato, le tecnologie digitali hanno abilitato nuovi modi di lavorare e operare nelle aziende. Soluzioni agili, spazi di lavoro digitali e smart working hanno migliorato significativamente le prestazioni aziendali, spesso combinandosi con un miglioramento nella soddisfazione lavorativa e nell’equilibrio vita-lavoro. Dall’altro, l’opportunità di fare ampio uso delle tecnologie dell’industria 4.0 e di analisi basate sui big data ha consentito alle aziende di efficientare l’elaborazione delle informazioni, monitorare le azioni in tempo reale, ottimizzare i processi lavorativi e migliorare quelli decisionali.

Tuttavia, dietro agli effetti dirompenti della trasformazione digitale si presentano numerose zone d’ombra. I lavoratori si trovano spesso coinvolti in un meccanismo di riconfigurazione organizzativa che implica cambiamenti significativi nel modo in cui essi percepiscono e danno senso al proprio lavoro, nel modo in cui interagiscono negli spazi di lavoro (fisici o meno), nei comportamenti di condivisione della conoscenza e nella distribuzione del potere e delle opportunità. Spesso accade che l’impiego massiccio di strumenti di automazione nei processi lavorativi inneschi nei lavoratori il timore di essere sostituiti; accade che il lavoro da remoto sia allo stesso tempo paradossalmente solitario e sempre connesso, senza nessuna distinzione tra vita privata e vita lavorativa; accade che l’impiego delle intelligenze artificiali finisca per ristrutturare non soltanto le prassi di gestione e i processi decisionali, ma anche la percezione che i lavoratori – le intelligenze umane – hanno del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione. I processi di cambiamento connessi alla trasformazione digitale creano, dunque, nuovi spazi di elaborazione e interpretazione, nei quali le persone costruiscono significati soggettivi attorno al cambiamento, dando senso al cambiamento stesso (Weick, 1988, 1995).

Da questa prospettiva, la trasformazione digitale manifesta tutta la sua complessa natura socio-tecnica e, pertanto, essa implica un approccio di sviluppo organizzativo globale, finalizzato ad allineare obiettivi strategici, design organizzativo e cultura. Gli interventi di modificazione della struttura, l’impiego di nuove tecnologie e l’implementazione di modalità di organizzazione del lavoro più agili sono una condizione necessaria ma non sufficiente per realizzare pienamente la trasformazione digitale. Essa richiede un profondo cambiamento culturale poiché l’emersione di significati divergenti e interpretazioni discordanti può compromettere il cambiamento stesso. La cultura organizzativa media l’impatto che una trasformazione digitale può avere sui risultati aziendali: più il sostrato culturale su cui si reggerà il cambiamento sarà coerente con gli obiettivi, i valori e i comportamenti a cui il cambiamento stesso mira, migliori saranno i risultati, sia dal punto di vista delle performance aziendali che della soddisfazione lavorativa. Quando, al contrario, emergono interpretazioni discordanti o addirittura, contrastanti, le organizzazioni non riescono a creare una percezione condivisa della propria identità e di come gli individui possano interagire con essa. Per tale ragione, quando viene implementata una strategia di trasformazione digitale i processi di sensegiving e sensemaking diventano essenziali per ispirare significati condivisi e suscitare comportamenti desiderati, creando così un consenso cognitivo attorno al cambiamento (Gioia e Chittipeddi, 1991).

Dagli argomenti sin qui discussi emerge che le possibilità di successo di un processo di trasformazione digitale per le aziende sono strettamente connesse al modo cui le persone interiorizzano ed interpretano tale trasformazione, poiché gli effetti sulle prime dipendono dai comportamenti delle seconde. In considerazione di ciò, i sistemi di gestione delle risorse umane rappresentano una leva importante attraverso cui le aziende possono attivare meccanismi di sensegiving durante la trasformazione digitale. Secondo quanto sostenuto dagli autori Bowen e Ostroff (2004, p. 207), la costruzione di un sistema di gestione delle risorse umane “forte”, ovvero caratterizzato da distintività, coerenza e consenso attorno al risultato da ottenere, può contribuire in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi strategici, poiché esso invia “segnali forti su quali siano gli obiettivi strategici più importanti e quali comportamenti dei dipendenti sono attesi, supportati e premiati”1. Il risultato dell’implementazione di un sistema di gestione delle risorse umane coerentemente progettato a favore del cambiamento desiderato contribuisce alla generazione di un’interpretazione condivisa di politiche, prassi, processi e obiettivi aziendali e alla diffusione di una percezione condivisa sui comportamenti attesi all’interno dell’organizzazione stessa nella direzione del cambiamento desiderato (Bowen e Ostroff, 2004). Questo è quello che gli studiosi citati definiscono “un clima organizzativo forte”, il quale rappresenta l’evidenza comportamentale del cambiamento avvenuto.

Tali considerazioni mostrano che le persone che subiscono il cambiamento sono al tempo stesso agente generatore del cambiamento, poiché, senza il loro coinvolgimento, il cambiamento fallirebbe. In altre parole, le persone agiscono sia come destinatarie (recipients) che come soggetti (subjects) della trasformazione digitale, interpretando soggettivamente i segnali che l’organizzazione invia nella gestione del cambiamento. A tal proposito, le strategie di sensegiving possono essere adottate in una prospettiva top-down per “influenzare il sensemaking e la costruzione di significato degli altri verso una ridefinizione preferita della realtà organizzativa”1 (Gioia e Chittipeddi, 1991, p. 443). Tuttavia, è importante sottolineare che i processi di sensegiving non hanno un hanno un potere assoluto nel cambiare la realtà organizzativa. Sono necessari diversi aggiustamenti iterativi nel tempo per adattarsi alle diverse fasi del cambiamento e alle diverse percezioni individuali. In altre parole, è necessario integrare le strategie di sensegiving con una prospettiva bottom-up, dal momento che soltanto quando le narrazioni dei membri dell’organizzazione convergono in un significato condiviso dominante riescono a influenzare la creazione di un senso collettivo (Boyce, 1995). Del resto, soltanto quando molti lavoratori agiscono secondo la nuova cultura organizzativa, la trasformazione effettivamente si stabilisce (Linke e Zerfass, 2011).

Da questo punto di vista, l’attivazione di un processo di sensegiving è subordinata ad una estesa mappatura del sistema di significati che le persone costruiscono attorno al cambiamento (sensemaking) e alla profonda conoscenza del nuovo sistema di significati che l’azienda vuole costruire per facilitare la trasformazione digitale. Si pongono, dunque, alcune questioni di natura prevalentemente metodologica: in che modo e attraverso quali strumenti è possibile costruire un senso comune del cambiamento? Come mappare l’intero sistema di significati che le persone maturano attorno al cambiamento durante un processo di trasformazione digitale? In che modo è possibile rilevare le divergenze e creare un sistema convergente di significati condivisi?

Con l’obiettivo di rispondere alle suddette domande di ricerca, il presente lavoro propone l’uso del modello di semiotica generativa di A. J. Greimas (1966, 1983) come strumento per mappare l’intero sistema di significati che si genera durante i processi di trasformazione digitale, intercettare la presenza di significati divergenti rispetto al cambiamento desiderato e costruire un significato condiviso del cambiamento.

Facilitare il cambiamento attraverso la mappatura dei significati che esso genera: una proposta metodologica

Il modello di semiotica generativa di A. J. Greimas si basa sul concetto di narratività. La narratività è il principio che organizza tutte le narrazioni, una proprietà intrinseca di tutti i fenomeni che sono portatori di un significato. Secondo tale principio, storie che sono apparentemente molto diverse nel modo in cui si manifestano a livello superficiale sono, invece, tutte caratterizzate da medesime strutture narrative (Greimas e Porter, 1977). In altre parole, qualsiasi tipologia di narrazione (racconti, interviste, testi scritti, documenti aziendali, immagini, ambienti, presentazioni, video, prassi adottate, etc.) è costituita da un sistema di significati che organizza la generazione di senso. Adottare un approccio basato sulla semiotica generativa vuol dire, in buona sostanza, assumere che la generazione di senso è narrativamente costruita. Secondo la teoria della traiettoria generativa del senso di Greimas (Greimas 1970, 1983), il significato è prodotto attraverso la stratificazione di strutture narrative che si articolano in diversi livelli.

Il livello più superficiale è quello che si manifesta nei discorsi, indipendentemente dalla tipologia di linguaggio che utilizzano, sia esso orale, scritto, grafico, musicale, architettonico o artistico.

Il livello intermedio della traiettoria generativa di senso concerne la trasposizione delle narrazioni in strutture narrative fisse, costituite dal modello attanziale e dallo schema narrativo canonico. Il modello attanziale organizza la narrazione intorno a sei ruoli funzionali fissi di una storia, definiti attanti, che sono: il soggetto (Subject), l’oggetto di valore (Object of value), l’aiutante (Helper), l’opponente (Opponent), il destinante (Sender) e il destinatario (Receiver). Una categoria particolarmente importante all’interno del modello attanziale è l’oggetto di valore che definisce il soggetto della narrazione ed è da esso definito poiché è ciò a cui il soggetto attribuisce valore e per il quale agisce nella sua narrazione. Lo schema narrativo canonico analizza, invece, la presenza di quattro fasi principali in ogni narrazione, ovvero: 1) la manipolazione, la fase in cui viene affidato il compito dal mittente (sender) al ricevente (receiver); 2) la competenza, la fase in cui il soggetto acquisisce o si procura gli strumenti o le conoscenze necessarie per compiere l’azione; 3) la performance, che è la fase in cui il soggetto effettivamente svolge la sua azione; 4) la sanzione, intesa come la fase in cui viene riconosciuto al soggetto il successo o l’insuccesso della sua azione.

Il livello più profondo è quello che organizza il significato intorno alla struttura più elementare di significazione, rappresentata dal quadrato semiotico, il quale delinea le storie in termini di valori o categorie che possono essere tra loro contrarie, contraddittorie o complementari (ad esempio, il bene e il male, che sono tra loro categorie contrarie). In questo senso, la semiotica di Greimas organizza il significato in una prospettiva strutturale, poiché non descrive i fenomeni in sé, ma come essi si relazionano tra loro (Søderberg, 2003). Come chi legge intuirà, i fondamenti della teoria generativa di Greimas la rendono particolarmente adatta ad essere applicata come strumento utile per mappare il complesso sistema di significati che si genera durante un processo di cambiamento come quello legato alla trasformazione digitale. Attraverso la traduzione del fenomeno nelle strutture narrative che ne definiscono il significato e attraverso l’analisi delle loro relazioni, è possibile esplorare e valutare la presenza di eventuali divergenze o discordanze nei discorsi organizzativi che interessano il cambiamento in corso. Da questa prospettiva, il modello generativo di Greimas consente di ricostruire la struttura narrativa delle storie che emergono attorno al cambiamento contribuendo alla ricomposizione di quella plurivocalità che, se non gestita, potrebbe produrre significati diversi, causando ambiguità e spesso resistenza al cambiamento (Vaara, 2002; Vaara et al., 2016).

I paragrafi che seguono offrono una descrizione dettagliata di come utilizzare le categorie, le funzioni e le strutture narrative presenti nel modello generativo di Greimas per poter ricostruire l’intero sistema di significati che si genera attorno ad un processo di trasformazione digitale, integrare le diverse interpretazioni emergenti e individuare un significato condiviso sulla base del quale guidare il cambiamento nella direzione auspicata. Da questo punto, la semiotica generativa può essere utilizzata nella triplice veste funzionale proposta da Iannotta e Polidoro (2023), ovvero, rispettivamente, una funzione informativa, integrativa e direttiva.

Gli attanti del cambiamento

Durante un processo di trasformazione digitale l’analisi della struttura attanziale emergente dalle narrazioni organizzative sul cambiamento permette di rilevare in che modo le persone assegnino agli attori del cambiamento i sei diversi ruoli funzionali della storia. Una situazione critica potrebbe essere quella in cui il top management che guida il cambiamento venga visto come opponente piuttosto che facilitatore (aiutante) o eroe (soggetto) del cambiamento. Infatti, molti studi dimostrano che i leader che si comportano in modo da creare significati condivisi del cambiamento e che prestano attenzione alle emozioni dei dipendenti hanno maggiori probabilità di supportare positivamente il cambiamento organizzativo. In tal senso, riportare la narrazione sul ruolo dei leader come “architetti del contesto” consente di evitare che le interpretazioni individuali possano risultare in conflitto con la visione complessiva dell’organizzazione (Bednar e Welch, 2019).

Un’altra circostanza che potrebbe emergere dall’analisi delle strutture attanziali è la presenza di attori del cambiamento che l’azienda non abbia incluso nell’implementazione della trasformazione digitale e a cui, invece, bisognerebbe assegnare un ruolo nella storia, per evitare che si creino lacune di senso e spazi di ambiguità interpretativa. Inoltre, la definizione dell’oggetto di valore rappresenta un aspetto critico, poiché definire l’oggetto di valore della trasformazione digitale per l’azienda corrisponde a definire il soggetto che porterà effettivamente a compimento il cambiamento per congiungersi con l’oggetto di valore identificato. Infine, anche la collocazione chiara di un attore del cambiamento come anti-eroe o anti-soggetto è fondamentale poiché consente di comprendere quali siano le principali barriere alla trasformazione digitale e come superarle.

L’anti-soggetto all’interno del modello attanziale è definito come l’attante che ha un programma narrativo opposto rispetto a quello del soggetto. Da questa prospettiva, l’anti-soggetto in un processo di trasformazione digitale può assumere diverse sembianze e di tale ruolo possono essere investiti sia attori interni (sindacati, lavoratori, management) sia attori esterni (ad esempio le aziende concorrenti) all’azienda. 

La narratività nelle fasi di cambiamento organizzativo

Lo schema narrativo canonico può essere utilizzato come strumento di rilevazione di problemi legati al buon esito della trasformazione digitale (Iannotta & Polidoro, 2023). In particolare, potrebbe trattarsi di un problema di scarsa conoscenza del fenomeno in atto quando il destinante della trasformazione digitale (tipicamente il top management, il leadership team o il CEO) non sia stato in grado di legittimare adeguatamente il cambiamento chiarendone ai destinatari le motivazioni e gli obiettivi. In tal caso, la mancanza del mandato organizzativo (che corrisponderebbe alla fase di manipolazione) non consente una perfetta congiunzione con l’oggetto di valore e, quindi, incide sulle azioni dei soggetti coinvolti nell’agire il cambiamento stesso (che corrisponde alla fase di performance).

In altri casi, la trasformazione digitale potrebbe fallire per una mancanza di competenze necessarie a garantire il cambiamento (per es. per la mancanza di competenze digitali) oppure per non aver dato sufficiente riconoscimento e rinforzo positivo ai comportamenti che le persone hanno già messo in atto per facilitare la trasformazione (la fase della sanzione), incidendo in tal modo rispettivamente sulla percezione di auto-efficacia e sulla motivazione al cambiamento.

Il significato condiviso del cambiamento

La generazione di un significato condiviso del cambiamento può essere supportata dall’uso del quadrato semiotico, grazie al quale è possibile definire la struttura dei valori e, quindi, gli elementi della cultura organizzativa che sarà in grado di supportare il cambiamento desiderato. Allo stesso tempo, grazie alla necessaria identificazione delle categorie di contrari, contraddittori e complementari, il quadrato semiotico permette di definire quali valori – e, quindi, comportamenti – rientrino nello spazio di legittimazione del cambiamento e quali ne siano, invece, esclusi. L’identificazione delle caratteristiche rilevanti di una data cultura organizzativa, in termini di credenze, valori, aspettative, routine, che siano in grado di supportare il processo di adattamento verso la trasformazione digitale è il punto cruciale per il successo della trasformazione.

Infatti, poiché i sistemi di gestione possono essere progettati solo in base al tipo di risultato che intendono perseguire, è necessario conoscere bene quale tipo di comportamenti, credenze e atteggiamenti dovrebbero emergere da quel clima organizzativo forte che i sistemi di gestione delle risorse umane dovrebbero mirare a raggiungere. Una volta definita la struttura dei valori, essa informerà tutti i sistemi di significazione impiegati nella trasformazione, tra cui i sistemi di gestione delle risorse umane, in modo che siano estremamente coerenti con gli obiettivi del cambiamento e, dunque, in grado di supportare la creazione di una cultura organizzativa facilitatrice e di un clima organizzativo forte (Bowen & Ostroff, 2004). Inoltre, l’impiego del quadrato semiotico alle narrazioni dei diversi portatori di interesse nella trasformazione digitale consentirebbe di conoscere se si è in presenza di sub-culture che potrebbero entrare in conflitto tra di loro.

Implicazioni del lavoro e riflessioni conclusive

Le argomentazioni sviluppate nei paragrafi precedenti mostrano due principali indicazioni. Dal punto di vista metodologico, l’utilizzo degli strumenti narrativi offerti dalla semiotica di Greimas consente di ricostruire le relazioni tra i sistemi di significato che possono generarsi attorno al cambiamento e, in caso di divergenze, di ricomporli attorno ad un significato condiviso. Per tale ragione, dal punto di vista metodologico la mappatura dei sistemi di significato della trasformazione digitale in azienda richiede l’adozione di un duplice approccio.

Un approccio top-down è necessario per progettare coerentemente gli interventi organizzativi e i sistemi di gestione durante il cambiamento in modo che siano coerenti con gli obiettivi strategici della trasformazione digitale. Questo significa assicurarsi che ci sia coerenza tra le strategie di sensegiving adottate dal top management e gli obiettivi strategici aziendali legati al processo di trasformazione digitale. Tuttavia, qualsiasi strategia di sensegiving andrebbe integrata con un approccio bottom-up in grado di rilevare le percezioni soggettive che si formano in azienda rispetto alla trasformazione digitale. Questo è necessario per valutare che vi sia effettivamente coerenza tra come le persone stanno interpretando il cambiamento e come esso è stato progettato dai vertici dell’organizzazione. A servire da fil rouge tra i due approcci sarà l’identificazione di un significato condiviso attraverso cui leggere il processo di trasformazione digitale, poiché questo andrà ad informare l’intero sistema di significazione (top-down e bottom-up) rispetto alla trasformazione stessa.

Dal punto di vista manageriale, la conoscenza dei valori e della cultura sottesa alla trasformazione digitale è fondamentale per informare bene i sistemi e le prassi di gestione delle risorse umane nella direzione del cambiamento desiderato. Questo significa poter costruire interventi organizzativi ad hoc, che mirino a ridurre la presenza di strutture di significato che ostacolano il cambiamento invece di facilitarlo, e di organizzare la narrazione della trasformazione digitale attorno ad un insieme di significati condivisi e coerenti con gli obiettivi strategici. In termini pratici, tale approccio di sensegiving contribuisce alla progettazione di sistemi di gestione delle risorse umane in grado di agire come agenti del cambiamento e creare un clima organizzativo forte ai fini del cambiamento desiderato. Inoltre, la possibilità di identificare chiaramente il significato condiviso che si intende suscitare rispetto alla trasformazione digitale consentirebbe di ridurre i livelli di incertezze, scostamenti e deviazioni nel corso del processo di trasformazione rispetto a quanto pianificato.

In conclusione, il modello di Greimas offre uno spazio di apprendimento per lo sviluppo di una managerialità generativa, intesa come capacità del management di dare senso al cambiamento e riorganizzare le strutture narrative attraverso il riconoscimento formale delle dinamiche di sensemaking che provengono dalle persone su cui il cambiamento agisce.

Bibliografia

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[1] Traduzione a cura degli autori

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