Sempre più frequentemente per le organizzazioni si rende necessaria una riprogettazione del lavoro incrementando l’utilizzo dello Smart Working. Tuttavia, molte forme di Smart Working attuate fin ora sono maggiormente assimilabile al telelavoro, mentre rimane ancora acceso il dibattito riguardo gli elementi chiave che influenzano l’efficace utilizzo del reale Smart Working, così come le sue potenzialità e i rischi. Seguendo la prospettiva dei socio-tecnici, la ricerca fornisce indicazioni sulla base del parere dei professionisti di vari settori knowledge-intensive.
Lo Smart Working secondo la prospettiva dei socio-tecnici
Adattamento, flessibilità e cambiamento sono alcune parole chiave che oggigiorno aziende e lavoratori hanno fatto proprie. La flessibilità sul posto di lavoro è considerata la capacità dei lavoratori di scegliere dove lavoreranno, quando e per quanto tempo. Proprio la flessibilità è un punto chiave, anche se non l’unico, dello Smart Working (SW) e delle cosiddette pratiche di lavoro intelligente.
Lo SW si basa su tre pilastri principali: (a) quello sociale, correlato alle pratiche di Gestione delle Risorse Umane e al comportamento dei lavoratori all’interno dell’organizzazione; (b) quello tecnologico, relativo alla tecnologia ICT che consente il lavoro da remoto e (c) la riconfigurazione fisica degli uffici e spazi di condivisione (Raguseo, Gastaldi & Neirotti, 2016). La poliedrica definizione di SW, basata su questi tre pilastri, rende particolarmente adatto, per l’interpretazione del fenomeno, l’utilizzo di un approccio socio-tecnico nel quale le organizzazioni sono “sistemi aperti” con una doppia dimensione – tecnica e sociale – strettamente interdipendenti e complementari tra loro. La dimensione tecnica è rappresentata dalle attività e dai processi, nonché dalla tecnologia che consente la trasformazione degli input in output di valore per l’organizzazione e i suoi stakeholders. La dimensione sociale è composta dagli individui (e dalle relazioni che si sviluppano tra essi) e dalla struttura organizzativa. Il pilastro sociale si riferisce alle pratiche di Gestione delle Risorse Umane che promuovono la flessibilità dei lavoratori quali programmi di formazione per i manager, nuovi piani di comunicazione, progetti di cambiamento culturale che tendono a influenzare i comportamenti dei dipendenti e il loro atteggiamento verso una nuova modalità di lavoro e una crescente innovazione. Inoltre, lo SW spinge aziende e lavoratori a ripensare il loro lavoro promuovendo la creazione di nuovi posti di lavoro, spingendoli ad acquisire nuove competenze come il multitasking e il lavoro di squadra virtuale (Bednar & Welch, 2019). Non solo i dipendenti, ma soprattutto i manager e dirigenti hanno un ruolo significativo nel promuovere e sostenere lo SW: svolgono un ruolo cruciale nel reperire risorse e incentivare i collaboratori a sperimentare e collaborare per generare nuove idee promuovendone l’autonomia (Hung, Lien, Fang & McLean, 2010). La creazione di lavoro flessibile e personalizzato consente ai lavoratori un maggior controllo sulle loro attività, sfuggendo alla routine e all’alienazione, e può sostenere la creazione di un più ampio network professionale (Wrzesniewski & Dutton, 2001).
I risultati di alcuni recenti studi (Bednar & Welch, 2019; Sarti e Torre, 2017) suggeriscono che le pratiche di SW svolgono un duplice ruolo: da un lato, consentono alle persone di arricchire il proprio lavoro e di far sentire i lavoratori maggiormente coinvolti nelle attività lavorative (empowerment); dall’altro, hanno messo in evidenza un cambiamento necessario nell’approccio culturale verso il lavoro sia da parte dei dirigenti che dei dipendenti stessi.
Considerando invece il pilastro tecnologico, la tecnologia è lo strumento chiave che abilita queste modalità di lavoro smart. Lo sviluppo e la diffusione di tecnologie digitali (in particolare quelle che supportano la comunicazione, la collaborazione e la creazione di social network), insieme alla diffusione sempre più pervasiva di dispositivi mobili, sostengono i gruppi di lavoro nella condivisione di conoscenze anche a distanza (Ahuja, Chudoba, Kacmar, McKnight e George, 2007). In tal modo, tutti i lavoratori di un’organizzazione possono interagire in modo efficiente ed efficace in tempo reale, anche se geograficamente dispersi in contesti disparati (Sewell & Taskin, 2015).
Considerando il terzo pilastro, relativo agli spazi fisici adatti a sostenere la collaborazione e la flessibilità, alcuni autori sottolineano l’importanza della riconfigurazione spaziale del layout degli uffici e degli spazi comuni per aumentare la produttività dei lavoratori – ad esempio incentivando modalità innovative di collaborazione – e per gestire meglio l’equilibrio vita privata – vita lavorativa (Ahuja et al., 2007; Raguseo, Gastaldi e Neirotti, 2016).
Adottare un approccio socio-tecnico ci permette di indagare come i professionisti leggono, interpretano e attuano lo SW all’interno delle loro organizzazioni tenendo in considerazione sia gli effetti sulla parte sociale che tecnica dell’organizzazione. In tal modo esploreremo, sfruttando una metodologia induttiva basata su focus group, le motivazioni e le preoccupazioni che spingono o frenano l’introduzione dello SW all’interno di organizzazioni eterogenee. Il nostro contributo mira a rispondere alle seguenti domande: quali sono i principali elementi tecnici e sociali che influenzano lo SW secondo la prospettiva dei professionisti? Quali sono i principali vantaggi e sfide tecnologici, organizzativi e sociali legati all’introduzione dello SW?
La ricerca: i focus group
L’attività di ricerca ha preso l’avvio da due focus group sponsorizzati da Black Tie Professional, società di consulenza di Milano da tempo incentrata sulla promozione e diffusione di forme di lavoro agile, e Whitelibra, start up innovativa che sta realizzando una piattaforma digitale specificatamente pensata per supportare lo SW. I due focus group, moderati dal gruppo di ricerca, sono durati circa 2 ore e mezza l’uno. Data la finalità esplorativa dello studio, hanno preso parte 7 partecipanti durante il primo focus group e 13 partecipanti durante il secondo , scelti secondo il principio di eterogeneità, al fine di individuare opinioni ed esperienze di persone con differenti background formativi e professionali, che operano in azienda a differenti livelli organizzativi e in molteplici funzioni organizzative: marketing, logistica, HR e organizzazione, strategia aziendale, contabilità, legale, R&S, vendite, internal audit. Stesso principio di eterogeneità è stato perseguito nella scelta delle organizzazioni coinvolte, in termini di settore di appartenenza, di dimensioni aziendali, di livello di internazionalizzazione e di struttura societaria. Inoltre, sono state coinvolte organizzazioni che già pongono in essere pratiche di SW (a differenti gradi di applicazione), organizzazioni che non le hanno ancora attivate e che non hanno intenzione di svilupparle nell’immediato futuro così come organizzazioni che si stanno attualmente attivando per una loro introduzione. Le domande poste al fine di attivare il confronto tra i partecipanti hanno riguardato il significato che le aziende oggigiorno danno a termini quali ‘cartellino’, ‘modalità di lavoro agile’, SW e flessibilità; il possibile ruolo delle tecnologie nel mediare le esigenze dell’individuo e dell’organizzazione; come le tecnologie intervengono nei processi di creazione e trasferimento di conoscenza all’interno e all’esterno dei confini organizzativi; l’utilizzo, i vantaggi e gli svantaggi delle piattaforme digitali nella creazione di comunità professionali e di nuovi modelli di business.
Le implicazioni dello Smart Working in azienda: opportunità e rischi
Analizzando le tematiche emerse spontaneamente dalla discussione, i contenuti sono stati classificati tramite la metodologia di Gioia (Gioia, Corley e Hamilton, 2013), basata sull’aggregazione dei concetti in macro-temi e dimensioni. L’analisi si è sviluppata tramite letture multiple e iterative delle trascrizioni dei focus group, portando all’identificazione delle principali dimensioni di primo ordine declinate sulla base delle componenti del modello socio-tecnico. Tali dimensioni sono state successivamente aggregate in temi di secondo ordine (dimensioni aggregate) (Tabella 1). Usiamo il termine concetti di primo ordine nel suo significato fenomenologico, per indicare la prospettiva degli agenti stessi rispetto alla prospettiva degli altri (Paroutis & Heracleous, 2013), in questo caso la prospettiva dei partecipanti al focus group. Inoltre, in tabella si riportano alcune citazioni particolarmente esplicative al fine di meglio definire i contenuti delle dimensioni aggregate.
I risultati dei focus group hanno mostrato che i professionisti riconoscono entrambe le dimensioni sociali e tecniche dello SW come fortemente interdipendenti tra loro e focalizzano l’attenzione su alcuni elementi chiave che potrebbero portare a un efficace utilizzo di questa pratica quali la comunicazione, il workflow management, la co-creazione di conoscenza e competenze, il bilanciamento tra vita privata e lavorativa, una leadership orientata alla flessibilità e alla condivisione di contenuti e conoscenze e che spinga i lavoratori verso un maggior empowerment.
Leggendo la tabella dei risultati aggregati in senso orizzontale è possibile avere una visione di tutte le tematiche che i professionisti considerano cruciali per promuovere le pratiche di SW in azienda (antecedenti) così come le principali aree (tecnologiche e sociali) su cui l’introduzione di tali pratiche va ad impattare. Si noti che non vi sono tematiche esclusivamente attribuibili a potenziali vantaggi/opportunità legate allo SW e altre percepite come evidenti svantaggi/limiti. Le tematiche comunemente riconosciute in letteratura e nella prassi manageriale tra i principali vantaggi dello SW (ad es. miglioramento dei flussi di comunicazione, miglior bilanciamento lavoro/vita privata, empowerment dei dipendenti, efficace gestione dei workflow) sono valutate dai partecipanti con occhio critico e disilluso, in quanto consapevoli che rappresentano solo delle opportunità potenziali per individui ed organizzazioni. Affinché tali opportunità si trasformino in effettivi benefici è indispensabile un approccio congiunto che bilanci sia il sistema tecnico sia quello sociale nell’organizzazione, così come auspicato dal modello socio-tecnico.
Leggendo invece la tabella lungo la sua dimensione verticale, i partecipanti si focalizzano prevalentemente sulla dimensione sociale dello SW, in particolare sulle pratiche di HR management e sul comportamento dei lavoratori, sulla rilevanza di migliorare alcune competenze, come il multitasking, la capacità di lavorare in gruppo, la capacità di essere creativi anche attraverso team virtuali. I professionisti riconoscono la centralità del ruolo del leader, visto quale agente di cambiamento essenziale nella costruzione e condivisione di valori incentrati su condivisione, trasparenza, apertura mentale e flessibilità.
Al fine di applicare in modo efficace pratiche di SW, le organizzazioni devono agire a livello micro, meso e macro-organizzativo. A livello micro, le persone, a tutti i livelli organizzativi, devono comprendere e interiorizzare profondamente i principi dello SW, ovvero trasparenza, fiducia, responsabilizzazione ed autonomia. A tal scopo risultano essenziali corsi di formazione che prevedano moduli legati non solo alle innovazioni tecnologiche e nei processi aziendali ma anche alla gestione delle relazioni e dei nuovi equilibri di potere che si instaurano attraverso lo SW. A livello meso, le comunità e i gruppi di lavoro virtuali devono avere adeguati sistemi di gestione della conoscenza, che permettano la creazione e il trasferimento anche di conoscenza di tipo tacito o non codificato. Inoltre, grande attenzione va posta al (ri)disegno dei sistemi di workflow management. A livello macro-organizzativo, l’intera organizzazione deve porre in essere meccanismi atti a supportare efficacemente le pratiche di SW. Tra questi meccanismi, grande rilevanza assumono il job (re)design e, in particolare, lo stile di leadership adottato, che deve promuovere lo sviluppo di un’adeguata cultura organizzativa, coerente con i principi di autonomia e flessibilità. Ruolo altrettanto importante è riconosciuto ai meccanismi di controllo, al fine di ricercare un giusto equilibrio tra controllo formale (ad esempio tramite definizione di obiettivi chiari e facilmente misurabili) e fiducia/responsabilizzazione. Se, da un lato, la tecnologia può agire quale invasivo meccanismo di controllo, dall’altro lato per un’efficace applicazione dello SW è fondamentale sviluppare rapporti basati sulla fiducia e sulla responsabilizzazione degli individui. A tal riguardo i partecipanti hanno sottolineato l’importanza di monitorare il livello di contribuzione individuale al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. Il trade-off tra fiducia/responsabilizzazione e controllo sembra raggiungibile solo attraverso la definizione di obiettivi chiari e facilmente misurabili in modo oggettivo. Poiché nello SW vengono a mancare i tradizionali meccanismi di controllo formale (ad es. l’orario di lavoro), secondo i partecipanti uno degli aspetti più complessi dello SW è lo sviluppo di un adeguato sistema di misurazione delle performance.
La tecnologia è riconosciuta come un mero strumento che necessita di competenze, comportamenti e interazioni umane per sfruttare appieno le sue funzionalità e creare valore per le persone e l’organizzazione. I partecipanti concentrano la discussione sul ruolo assunto da diverse tecnologie (in particolare i social media e le piattaforme digitali) evidenziandone sia potenzialità sia limiti, quali stress, eccessivo controllo e burnout. I principali vantaggi attengono il potenziamento dei flussi di comunicazione e la co-creazione e condivisione delle conoscenze. Tuttavia, l’utilità delle tecnologie rappresenta solo un potenziale. Affinché si generino effettivi benefici a livello individuale e organizzativo l’aspetto tecnologico dev’essere adeguatamente correlato a dimensioni prettamente sociali quali la volontà di condivisione, la trasparenza e l’apertura verso nuove modalità lavorative. Infine, i partecipanti ai focus group riconoscono la difficoltà di interagire con la tecnologia – specialmente attraverso l’intelligenza artificiale e bot – e si interrogano su quale ruolo avranno le macchine in futuro e, di conseguenza, quello che ricopriranno gli esseri umani. Un altro aspetto critico riguarda la potenziale capacità della tecnologia nel supportare un migliore equilibrio tra lavoro/vita privata e la responsabilizzazione dei dipendenti, il rischio è quello di sentirsi reperibili a tutte le ore e di non avere più una linea di demarcazione chiara tra tempo dedicato al lavoro e alla vita privata, in un continuo mescolarsi che nel lungo periodo potrebbe influire negativamente sulla produttività del lavoratore. Anche se le opportunità offerte dalla tecnologia sono ben comprese, i partecipanti sono altrettanto consapevoli (e preoccupati) del maggiore controllo e invasività che tali tecnologie possono avere nella vita privata delle persone, il cartellino fisico viene talvolta sostituito da quello virtuale e la reattività di risposta viene anch’essa utilizzata come strumento di controllo, stravolgendo così il concetto stesso di SW e snaturandone i principi fondanti.
Infine, per quanto concerne il terzo pilastro dello SW (layout del posto di lavoro) i partecipanti ai focus group concordano sui vantaggi a livello organizzativo derivanti da una miglior gestione degli spazi aziendali ma, in termini di performance individuali, emergono opinioni discordanti: se da un lato alcuni partecipanti enfatizzano i benefici di creare postazioni di lavoro da remoto personalizzabili sulla base delle specifiche esigenze degli individui, dall’altro lato altri partecipanti sono preoccupati di perdere il proprio ufficio e i propri spazi in azienda incrementando la possibilità di rimanere esclusi da progetti o momenti di condivisione. Soluzioni di smart office e spazi di co-working vengono riconosciuti come potenziali luoghi per favorire il confronto e la co-creazione di conoscenza, tuttavia essi sono anche riconosciuti come luoghi caratterizzati da possibili distrazioni e mancanza di privacy. Ancora una volta viene riconosciuta una grande importanza al ruolo assunto da momenti formativi incentrati sul ‘come’, in concreto, utilizzare gli spazi di co-working e le nuove regole di cittadinanza organizzativa virtuale.
In conclusione, nonostante l’attuale tendenza comune a interpretare lo SW come una mera modalità di lavoro in cui le persone lavorano da casa (in modo analogo a quanto avveniva nel ‘lavoro da remoto’ o tele-lavoro), i professionisti sembrano consapevoli della necessità di determinate condizioni affinché il lavoro possa essere considerato ‘smart’: un completo ridisegno dell’assetto organizzativo, che si sostanzia in una modifica della macro-struttura organizzativa (organigramma), della meso-struttura (gruppi di lavoro, virtuali e non), della micro-struttura (job design e mansioni), dei processi aziendali e dei meccanismi operativi, in particolar modo quelli legati alla gestione delle risorse umane. Al fine quindi di attuare davvero lo SW, e non il tele-lavoro, è necessario che le aziende vengano investite da un cambiamento profondo nella cultura dell’organizzazione e assimilato da ogni componente, che tocchi persone, processi, tecnologie e spazi (Torre; 2020); una cultura del cambiamento continuo e della riprogettazione nonché della fiducia e del lavoro per obiettivi.
References
Ahuja, M. K., Chudoba, K. M., Kacmar, C. J., McKnight, D. H. and George, J. F. (2007). IT road warriors: Balancing work-family conflict, job autonomy, and work overload to mitigate turnover intentions. MIS quarterly, 31(1),1–17.
Bednar, P. M., & Welch, C. (2019). Socio-technical perspectives on smart working: Creating meaningful and sustainable systems. Information Systems Frontiers, 1-18.
Gioia, D. A., Patvardhan, S. D., Hamilton, A. L., & Corley, K. G. (2013). Organizational identity formation and change. The Academy of Management Annals, 7(1), 123-193.
Hung, Y. Y., Lien, B. Y., Fang, S., & McLean, G. N. (2010). Knowledge as a facilitator for enhancing innovation performance through total quality management. Total Quality Management, 21(4), 425–438.
Paroutis, S., & Heracleous, L. (2013). Discourse revisited: Dimensions and employment of first‐ order strategy discourse during institutional adoption. Strategic management journal, 34(8), 935- 956.
Raguseo E., Gastaldi L. & Neirotti P. (2016). Smart work: supporting employees’ flexibility through ICT, HR practices and office layout, Evidence-based HRM: a Global Forum for Empirical Scholarship, 4(3), 1-19.
Sarti, D., & Torre, T. (2017). Is Smart Working a Win-Win Solution? First Evidence from the Field. Well-being at and through Work, 9, 231.
Sewell, G. and Taskin, L. (2015). Out of sight, out of mind in a new world of work? Autonomy, control and spatiotemporal scaling in telework. Organization studies, 36(11), 1507–1529.
Torre, T. (2020). Smart Working: Soluzione ad ogni emergenza? Prospettive oltre l’emergenza. ImpresaProgetto, 1, 1-11.
Wrzesniewski, A., & Dutton, J. E. (2001). Crafting a job: Revisioning employees as active crafters of their work. Academy of management review, 26(2), 179-201.