Gran parte della riflessione accademica concorda nel ritenere che le persone siano una risorsa strategica chiave per la competitività delle organizzazioni turistiche alberghiere. La diffusione di pratiche e politiche di gestione strategica del personale nelle organizzazioni del settore sembra, tuttavia, ancora oggi limitata. Quali sono i principali ostacoli all’adozione di un approccio strategico alla gestione del personale da parte delle organizzazioni turistiche alberghiere e quali condizioni possono invece renderla possibile? Questo contributo propone una riflessione su tali tematiche e questioni a partire da alcuni articoli recentemente pubblicati su International Journal of Contemporary Hospitality Management.
Introduzione
Il settore turistico alberghiero gioca un ruolo chiave nell’economia di numerosi paesi sviluppati e in via di sviluppo, offrendo un contributo rilevante in termini di occupazione e Prodotto Interno Lordo (Baum, 2015; Davidson et al., 2011).
Sotto una comune denominazione, il settore in realtà include organizzazioni anche molto diverse tra loro (Baum, 2015; Kusluvan et al., 2010) in termini, per esempio, di servizi offerti e dimensioni. A titolo esemplificativo, numerose piccole e micro imprese coesistono accanto a grandi organizzazioni multinazionali come per esempio McDonald’s e Hilton.
Ferma restando questa eterogeneità, due caratteristiche accomunano le organizzazione turistiche alberghiere: l’essere labour-intensive e service-focused. Alla luce di ciò, molti studiosi concordano nel considerare le persone una delle risorse chiave per la competitività delle organizzazioni turistiche alberghiere. Più precisamente, vi è largo consenso nel ritenere che la natura intangibile del prodotto offerto e il fatto che l’esperienza di consumo sia fortemente influenzata dall’interazione personale tra fruitore e erogatore del servizio, rendano le esperienze, conoscenze e competenze degli operatori di prima linea fattori determinanti della soddisfazione del cliente, della sua lealtà nei confronti dell’organizzazione e della qualità percepita del servizio. A ciò si aggiungono alcune recenti tendenze di sviluppo del settore, quali ad esempio l’inasprimento della pressione competitiva, la domanda crescente di servizi sempre più personalizzati e individualizzati, la diffusione di forme organizzative caratterizzate da pochi livelli gerarchici che concorrono ad aumentare la domanda di operatori fortemente identificati con l’azienda per cui operano, capaci di assumere da soli decisioni importanti ai fini dell’efficacia del servizio erogato (Baum, 2015) e di giudicare se la soddisfazione delle esigenze del cliente imponga di ‘ignorare’ le direttive ricevute dal proprio superiore o dall’organizzazione.
Gli studi sulle pratiche e i sistemi di gestione strategica delle risorse umane nelle organizzazioni turistiche alberghiere – finalizzati a creare una forza lavoro motivata, capace, competente, identificata con gli obiettivi organizzativi, coinvolta nell’assunzione di decisioni rilevanti per il proprio lavoro e per il business – sono ancora limitati, così come è ancora poco diffusa la loro effettiva adozione nella pratica. L’evidenza empirica disponibile tuttavia suggerisce che l’adozione di tali pratiche o sistemi possa avere una influenza positiva, diretta e indiretta, su varie dimensioni di performance delle organizzazioni turistiche alberghiere, come per esempio la qualità del servizio offerto, la lealtà/soddisfazione del cliente, l’innovazione e la creatività. Ciò riporta al centro del dibattito la questione chiave del perché le implicazioni derivanti dagli studi empirici tardino ad essere efficacemente incorporate nella pratica di molte organizzazioni del settore. Questo contributo riflette su queste questioni a partire da alcuni articoli recentemente pubblicati su International Journal of Contemporary Hospitality Management.
Gestione strategica delle risorse umane nel settore turistico alberghiero: una interessante divergenza tra teoria e pratica
In un articolo recentemente pubblicato su International Journal of Contemporary Hospitality Management (Garcia-Lillo et al., 2018), un gruppo di studiosi dell’Università di Alicante in Spagna presenta un’analisi sistematica di numerosi articoli sul tema della gestione delle risorse umane nelle organizzazioni turistiche alberghiere pubblicati tra il 1997 e il 2016 nelle più accreditate riviste accademiche di management del settore. Dall’analisi emerge la scarsità di lavori di ricerca sulla gestione strategica delle risorse umane e sul legame tra questa e la costruzione di capacità dinamiche. La conclusione principale dello studio è che la gestione strategica del personale e l’investimento in formazione, nelle conoscenze, competenze ed esperienze degli operatori a tutti i livelli dell’organizzazione dovrebbero diventare temi prioritari dell’agenda degli studiosi di management e dei practitioners del settore turistico alberghiero. Sulla base della prospettiva teorica della Resource Based View of the firm e dei suoi successivi sviluppi, tra cui la prospettiva delle capacità dinamiche (Teece e Pisano, 1994; Teece, Pisano e Shuen, 1997), gli autori argomentano che le risorse umane e la loro gestione strategica sono una condizione chiave per lo sviluppo della capacità dell’organizzazione nel suo complesso di apprendere e costruire capacità dinamiche. Le capacità dinamiche fanno riferimento all’abilità di rinnovare, trasformare e integrare le competenze chiave, esistenti nell’organizzazione, con le risorse e competenze complementari esterne. Esse consentono all’organizzazione di assumere atteggiamenti proattivi nei confronti dell’ambiente di riferimento, di perseguire non solo efficienza, ma anche e soprattutto innovazione, di identificare nuove alternative di obiettivi, di prodotti/servizi da offrire, di segmenti di clientela da servire, aumentando la capacità dell’organizzazione stessa di auto-regolarsi rispetto all’ambiente di riferimento. Per questo motivo, le capacità dinamiche sono considerate una condizione chiave per la sopravvivenza e lo sviluppo delle organizzazioni in generale e ancor di più di quelle turistiche alberghiere.
Alla luce di tali premesse, che come detto sono comuni a gran parte della riflessione accademica sulla gestione delle risorse umane nelle organizzazioni turistiche alberghiere, è interessante guardare ai risultati di due ulteriori studi pubblicati rispettivamente nel 2018 e nel 2017 su International Journal of Contemporary Hospitality Management. Lo studio di Mehmet Altin della University of Central Florida, Mehmet Ali Koseoglu della Hong Kong Polytechnic University, Xiaojuan Yu della Sun Yat-sen University, e Arash Riasi della University of Delaware, che restituisce lo stato dell’arte degli approcci alla valutazione della performance organizzativa nel settore turistico alberghiero (Altin et al., 2018), e quello di un gruppo di ricercatori dell’Università di Houston, che restituisce lo stato dell’arte della gestione strategica delle risorse umane nelle organizzazioni del settore (Madera et al., 2017).
I due articoli si occupano di temi che riguardano piani di analisi distinti: la valutazione della performance dell’organizzazione nel suo complesso e la gestione strategica delle risorse umane a livello di singoli processi lavorativi. Tuttavia, come si mostrerà, tali temi sono strettamente interrelati. Inoltre, i due studi giungono a conclusioni sorprendenti, in contrasto con le premesse/ipotesi di partenza, (ri)sollevando quesiti importanti per la ricerca e la pratica di gestione del personale nelle organizzazioni turistiche alberghiere. Vediamo.
Altin e colleghi muovono dall’ipotesi di un’evoluzione nella finalità della valutazione della performance organizzativa, riscontrabile anche nel settore turistico alberghiero. Più precisamente, gli autori ipotizzando che la valutazione tenda a configurarsi sempre meno come dispositivo di controllo e sempre più come strumento di promozione dell’apprendimento e che corrispondentemente sia possibile osservare un progressivo spostamento di enfasi dagli approcci basati sull’efficienza e la produttività verso approcci, quali quello dello Balanced Scorecard, che considerano varie dimensioni di valutazione, non solo quella finanziaria, e in particolare includono quelle relative all’innovazione e all’apprendimento, rispetto alle quali assumono rilevanza indicatori come la capacità di problem-solving degli operatori, la formazione, crescita e lo sviluppo continuo degli operatori e dei manager, il continuo miglioramento della qualità del servizio offerto. La loro analisi dei lavori di ricerca pubblicati sulle principali riviste accademiche del settore fino alla fine di gennaio 2017 mostra invece la netta prevalenza nella pratica di approcci monodimensionali, orientati al controllo più che all’apprendimento, basati per lo più sull’efficienza e la produttività e su misure di performance orientate al breve periodo e centrate sul profitto.
Risultati simili emergono dall’analisi di Madera e colleghi dell’Università di Houston avente ad oggetto le ricerche sulla gestione strategica delle risorse umane nelle organizzazioni turistiche alberghiere pubblicate su un arco temporale di circa vent’anni (indicativamente tra il 1996 e il 2016) sulle principali riviste accademiche del settore. Nonostante l’evidenza empirica disponibile mostri la possibile influenza positiva, diretta o indiretta, dei sistemi o delle pratiche di gestione strategica delle risorse umane su varie dimensioni di performance delle organizzazioni turistiche alberghiere, inclusa l’innovazione e la creatività, gli autori suggeriscono che le conclusioni delle analisi condotte dal gruppo di studiosi dell’Università di Nevsehir, Turchia (Kusluvan et al., 2010), da Tom Baum dell’Università di Strathclyde, Glasgow, UK (Baum, 2007; 2015) siano ancora oggi sostanzialmente valide[1]. Tali analisi suggeriscono che l’approccio prevalente tra le organizzazioni turistiche alberghiere sia più in linea con la tesi della McDonaldizzazione che con l’ipotesi che le persone siano una risorsa strategica chiave.
Il risultato forse più interessante degli studi di Altin e colleghi e di Madera e colleghi è allora quello di riportare al centro dell’attenzione una questione classica nel dibattito sulla gestione delle risorse umane nel settore turistico alberghiero (Kusluvan et al., 2010), ovverosia perché le pratiche di gestione del personale effettivamente più diffuse nella realtà non corrispondano a ciò che le teorie e gli studi empirici suggeriscono circa la strategicità delle persone per le organizzazioni del settore.
Fornire una risposta a tale domanda non è facile data la difficoltà di compiere generalizzazioni affidabili rispetto ad un settore come quello turistico alberghiero caratterizzato da elevata eterogeneità. Nonostante questi limiti, cercare risposte plausibili è importante non solo sul piano teorico, ma anche per la pratica, in quanto può aiutare a comprendere meglio quali siano le condizioni che rendono un approccio strategico alla gestione delle risorse umane e un approccio più evoluto alla valutazione della performance organizzativa delle organizzazioni turistiche alberghiere oggettivamente possibili.
Gestione strategica delle risorse umane nelle organizzazioni turistiche alberghiere: quali condizioni di realizzabilità?
Secondo gli studi considerati in questo contributo e altri simili (si veda per esempio Tracey, 2014), vi sono alcune condizioni di variabilità delle organizzazioni turistiche alberghiere che è utile focalizzare per comprendere la natura delle pratiche di gestione delle risorse umane e i criteri di valutazione della performance organizzativa adottati da ogni singola realtà, e per identificare le condizioni di realizzabilità di una approccio strategico alla gestione delle risorse umane e un approccio più evoluto alla valutazione della performance presso le organizzazioni del settore.
Tra queste condizioni compaiono innanzitutto il tipo di strategia competitiva perseguita e il modo con cui chi controlla l’organizzazione concepisce e gestisce il rapporto con l’ambiente di riferimento. Più precisamente, gli studi esaminati suggeriscono che se l’organizzazione adotta una strategia che mira a conseguire un vantaggio competitivo basato sul prezzo del servizio offerto e la minimizzazione dei costi, è più probabile che essa ricorra a relazioni di impiego di breve durata e a pratiche di gestione delle risorse umane prevalentemente centrate sul controllo (nella forma per esempio di addestramento specifico alla mansione finalizzato a trasferire al lavoratore il set di procedure ritenute necessarie allo svolgimento del singolo compito assegnatogli). In tal caso, è anche più probabile che il criterio di valutazione della prestazione organizzativa prevalentemente utilizzato sia l’efficienza o la produttività e gli indicatori di valutazione più usati siano quelli finanziari (come per esempio un certo tasso di return on investment per i finanziatori). A sua volta, l’adozione di una strategia competitiva basata sul prezzo e la minimizzazione dei costi sembra più probabile laddove il gruppo di coloro che controllano l’organizzazione gestisce il rapporto con l’ambiente di riferimento secondo un approccio di mera ‘accettazione’ delle condizioni ambientali assunte come date (in primis la stagionalità e l’alta volatilità della domanda di mercato). Tale approccio è tipico di un modo di concepire il rapporto tra impresa e ambiente in termini puramente adattivi.
Se invece l’organizzazione adotta una strategia che punta all’acquisizione di un vantaggio competitivo attraverso il miglioramento della qualità, la personalizzazione o addirittura la co-creazione col cliente del servizio offerto, è più probabile che essa utilizzi relazioni di impiego stabili e di lungo periodo, e sistemi e pratiche di gestione strategica delle risorse umane finalizzate al coinvolgimento e al continuo sviluppo di una forza lavoro capace, competente, motivata e fortemente identificata con gli obiettivi dell’organizzazione. In tal caso, è anche più probabile che l’organizzazione adotti criteri di valutazione della performance organizzativa che premiano l’innovazione, l’apprendimento continuo, secondo un approccio multidimensionale orientato al futuro piuttosto che a problemi contingenti, e capace di considerare gli interessi di una molteplicità di stakeholders, inclusi quindi quelli dei lavoratori. A sua volta, l’adozione di una strategia competitiva basata sul miglioramento della qualità, la personalizzazione e la co-creazione col cliente di servizi innovativi sembra più probabile laddove il gruppo di persone che controllano l’organizzazione gestisce il rapporto con l’ambiente di riferimento secondo un approccio che considera le condizioni ambientali (quindi anche la stagionalità e l’alta volatilità della domanda di mercato) non come costanti definite una volta per tutte ma come variabili modificabili attraverso scelte adeguate. Tale approccio è tipico di un modo di concepire il rapporto tra impresa e ambiente in termini proattivi.
Implicazioni manageriali
Gli studi considerati in questo contributo concordano nel ritenere che le organizzazioni turistiche alberghiere debbano investire in orientamento, formazione e continuo sviluppo delle risorse umane, offrire remunerazioni competitive, adottare sistemi di valutazione della prestazione lavorativa e di incentivazione del personale equi e basati sui risultati, sviluppare o rafforzare le competenze di leadership centrata sulle persone dei propri manager, riprogettare i processi lavorativi per offrire agli operatori l’opportunità di esercitare autonomia e sviluppare nuove competenze durante lo svolgimento del loro lavoro, e ridurre le condizioni di stress.
La ricerca empirica disponibile, passata in rassegna da Madera e colleghi dell’Università di Houston nell’articolo analizzato sopra, suggerisce in effetti che l’investimento in capitale umano e l’implementazione di pratiche o sistemi di gestione strategica delle risorse umane possano avere una influenza positiva, diretta o indiretta, su varie dimensioni di performance delle organizzazioni turistiche alberghiere, quali, per esempio, qualità del servizio offerto, soddisfazione/lealtà del cliente, innovazione, creatività.
Ma se si considerano le pratiche effettivamente più diffuse nel settore, ne emerge un quadro in netto contrasto con tali evidenze e raccomandazioni. L’approccio prevalente sembra più orientato alla minimizzazione dei costi, all’efficienza e al profitto che alla valorizzazione del persone, alla promozione dell’apprendimento e dell’innovazione diffusa entro l’organizzazione.
I risultati e le considerazioni che emergono dagli articoli esaminati in questo contributo suggeriscono che tra i principali ostacoli alla piena implementazione di un approccio strategico alla gestione delle risorse umane nelle organizzazioni turistiche alberghiere figura l’atteggiamento adattivo con cui i manager e proprietari di molte aziende gestiscono il rapporto con l’ambiente di riferimento. Ne deriva che una delle condizioni necessarie per un cambiamento di rotta è il miglioramento del livello di professionalità e competenza di coloro che guidano o controllano le organizzazioni turistiche alberghiere. Per le numerose piccole e micro imprese che costituiscono il settore, però, occorre anche identificare vie concretamente percorribili per aumentarne la capacità di influenza sul loro ambiente di riferimento. Un importante indicazione a questo proposito proviene dallo studio del gruppo di ricerca dell’Università di Houston (Madera et al., 2017) e da quello di Altin e colleghi e riguarda lo sviluppo di relazioni collaborative con gli stakeholders rilevanti dell’ambiente di riferimento. Questi includono i clienti, i fornitori, altre imprese, i policy makers, le università e altre istituzioni di ricerca. In particolare, collaborare con studiosi e ricercatori nell’implementazione di approcci strategici alla gestione delle risorse umane può rappresentare un modo per operatori, manager e organizzazioni del settore di sviluppare nuove conoscenze e competenze, segnatamente quelle che sono alla base della capacità di assumere atteggiamenti proattivi nei confronti dell’ambiente di riferimento.
Riferimenti bibliografici
Altin, M., Koseoglu, M. A., Yu, X., & Riasi, A. (2018). Performance measurement and management research in the hospitality and tourism industry. International Journal of Contemporary Hospitality Management, 30(2), 1172-1189.
Baum, T. (2007). Human resources in tourism: still waiting for change. Tourism Management, 28(6), 1383-1399.
Baum, T. (2015). Human resources in tourism: Still waiting for change? – A 2015 reprise. Tourism Management, 50, 204-212.
Davidson, M.C.G., McPhail, R., & Barry, S. (2011). Hospitality HRM: past, present and the future. International Journal of Contemporary Hospitality Management, 23 (4), 498-516.
García-Lillo, F., Claver-Cortés, E., Úbeda-García, M., Marco-Lajara, B., & Zaragoza-Sáez, P. C. (2018). Mapping the “intellectual structure” of research on human resources in the “tourism and hospitality management scientific domain”: Reviewing the field and shedding light on future directions. International Journal of Contemporary Hospitality Management, 30(3), 1741-1768.
Kusluvan, S., Kusluvan, Z., Ilhan, I., & Buyruk, L. (2010). The human dimension: a review of human resource management issues in the tourism and hospitality industry. Cornell Hospitality Quarterly, 51(2), 171-214.
Madera, J. M., Dawson, M., Guchait, P., & Belarmino, A. M. (2017). Strategic human resources management research in hospitality and tourism: A review of current literature and suggestions for the future. International Journal of Contemporary Hospitality Management, 29(1), 48-67.
Teece, D. J., & Pisano, G. (1994). The dynamic capabilities of the firms: An introduction. Industrial and Corporate Change, 3(3), 537-556.
Teece, D. J., Pisano, G., & Shuen A. (1997). Dynamic capabilities and strategic management. Strategic Management Journal, 18(7), 509-533.
Tracey, J. B. (2014). A review of human resources management research: The past 10 years and implications for moving forward. International Journal of Contemporary Hospitality Management, 26(5), 679-705.
[1] In sintesi, secondo tali analisi, nel settore si osserva la prevalenza di stili di gestione tradizionali, basati sul comando e il controllo. La scarsa qualificazione dei manager e la carenza di competenze di leardership volte alla creazione di relazioni con i collaboratori motivanti, valorizzanti, basate sulla fiducia e il riconoscimento del contributo da essi fornito alla performance organizzativa, e capaci di promuovere la generazione diffusa di idee innovative e il coinvolgimento degli operatori, come singoli o in gruppo, nell’assunzione di decisioni importanti per il loro lavoro. Si osserva inoltre la prevalenza di retribuzioni basse, di scarse opportunità di formazione, crescita e sviluppo del personale, di occupazioni ‘pesanti’ in termini di carichi, durata e irregolarità degli orari di lavoro, insicure, a basso prestigio, con scarse responsabilità decisionali e poco qualificate e qualificanti. Simili risultati emergono dalla review degli articoli dedicati alla gestione delle risorse umane negli hotel internazionali di grandi dimensioni condotta da un gruppo di studiosi della Griffith University e pubblicati su International Journal of Contemporary Hospitality Management nel 2011 (Davidson et al., 2011).