Verso un lavoro ibrido di successo: motivare il personale della P.A.

Abstract

Il contributo esplora, attraverso un’indagine empirica con interviste semi-strutturate a 28 dipendenti pubblici, la relazione tra lavoro ibrido e Public Service Motivation. In particolare, lo studio analizza le potenzialità che il lavoro ibrido nella P.A. può esprimere a favore della Public Service Motivation (PSM) ovvero la propensione dell’individuo nel perseguire obiettivi e motivazioni che si riscontrano, principalmente, nelle organizzazioni pubbliche.

Introduzione

Il lavoro ibrido ha assunto un’enfasi crescente, sia nel privato che nel pubblico, in ragione di una dimensione organizzativa sempre più orientata verso una maggiore flessibilità e autonomia dei lavoratori (Chambel, et al., 2022), stimolando un  dibattito focalizzato sull’introduzione di un modello di lavoro per obiettivi capace, in modalità agile, di avviare una trasformazione organizzativa, tecnologica e culturale (Antonelli et al, 2023; Bednar & Welch, 2020) senza trascurare le performance individuali e collettive (Roy, 2022).

L’assunto di fondo che emerge, in maniera dominante, dalla recente letteratura è la stretta connessione tra il successo dell’innovazione tecnologica e le caratteristiche sociali intese come preferenze dell’utente, strutture organizzative e relazioni di potere (Klaser et al., 2023). A tale visione evoluta del lavoro, tuttavia, nello scenario operativo fa da contraltare un approccio ancora tradizionale della direzione risorse umane con una connotazione marcatamente amministrativa si concentra su tematiche di tipo contrattuale ponendo scarsa attenzione allo sviluppo, al benessere e alla piena valorizzazione delle persone. Il risultato di tale discrasia ricade sul mercato del lavoro pubblico che inizia a proiettarsi verso la ricerca di equilibrio, flessibilità, motivazione e felicità.

Alla luce di tali premesse gli autori hanno inteso esplorare, attraverso uno studio empirico di tipo qualitativo, le potenzialità che il lavoro ibrido nella P.A. può esprimere a favore della Public Service Motivation (PSM) ovvero la propensione dell’individuo nel perseguire obiettivi e motivazioni che si riscontrano, principalmente, nelle organizzazioni pubbliche (Crucke, et al., 2022; Miao et al, 2019; Perry & Vandenabeele, 2015; Perry & Wise, 1990; Rainey & Steinbauer, 1999; Vandenabeele, 2007).

I risultati dell’indagine, unitamente alle riflessioni maturate in questa prima fase di lavoro – parte di un progetto più ampio – introducono nuovi spunti di riflessione per la letteratura in tema di PSM. Infatti, se gli studi in materia pongono grande attenzione alla correlazione della PSM con la performance (Lim et al, 2022; Naff & Crum 1999; Paarlberg & Lavigna, 2010) e ancora con il workplace (Davis, et al, 2020; Liu & Perry, 2016), sono ancora scarsi i contributi che approfondiscono la relazione tra motivazione e lavoro ibrido nel settore pubblico (Caillier, 2016).

Il lavoro ibrido nella Pubblica Amministrazione è un’opportunità o un rischio per la motivazione dei dipendenti?

Gli autori che per primi hanno proposto una definizione di PSM sono Perry e Wise (1990), che l’hanno concepita come “an individual’s predisposition to respond to motives grounded primarily or uniquely in public institutions and organizations” (1990, p. 368). Il concetto fa dunque riferimento al desiderio di agire in vista delle conseguenze future di azioni che creano benefici per gli altri. Altri autori (Brewer & Selden 1998;  Rainey & Steinbauer 1999), diversamente, definiscono la PSM come la forza motivazionale che spinge a servire l’interesse comune. Vandenabeele (2007), ancora, la considera come la propensione individuale a rispondere a scopi e motivazioni presenti principalmente nelle organizzazioni pubbliche (Perry & Wise, 1990).

La teoria delle PSM, pur nella poliedricità del suo inquadramento teorico, focalizzandosi sulla relazione tra processi motivazionali e “orientamento all’interesse pubblico”, fornisce molteplici indicazioni utili alle politiche del lavoro nella P.A. frutto di studi condotti, sia di natura empirica che teorica (Alonso & Lewis, 2001; Galdiero & Pezzillo Iacono, 2018; Piscopo et al, 2013). Tra gli autori che hanno fornito un contributo alla PSM Perry (1996; 2000), in particolare, individua quattro dimensioni che determinano la Public Service Motivation: 1. Attraction to policy-making. Questa dimensione, fondata su motivi razionali, si basa sul desiderio di soddisfare i propri bisogni personali mentre si sta servendo anche la comunità. Le persone con una più significativa “attraction to policy-making” sono tipicamente tese alla ricerca di accordi negoziali, del tipo dare/avere, nel processo di definizione delle politiche pubbliche; rispettano e sostengono coloro che sono in grado di trasformare una buona idea in legge. 2. Commitment to the public interest. Tale dimensione rappresenta il desiderio altruistico di servire gli interessi pubblici, anche quando vissuto come un “obbligo sociale”. Le persone con elevato commitment pubblico considerano il loro lavoro come un dovere ad alto valore civico. 3. Compassion. Questa dimensione include l’amore per gli altri e il desiderio di farli sentire protetti, nonché il dovere di tutelare tutti quei diritti basilari garantiti dalla legge. 4. Self sacrifice. Si tratta di una dimensione indipendente ed autonoma, trattandosi quasi di una conseguenza della PSM: è la propensione ad erogare servizi per le altre persone, rinunciando a premi personali tangibili. Quando ci si mette in gioco per la comunità, per soddisfare i bisogni sociali, necessariamente gli interessi privati vengono meno o comunque sono messi in secondo ordine rispetto all’interesse pubblico che si intende perseguire. Il cuore della teoria sostiene che un fattore motivazionale essenziale per i dipendenti pubblici sia la soddisfazione insita nello svolgere attività che hanno un interesse collettivo e un valore sociale. La capacità da parte di una organizzazione pubblica di incidere, ad esempio, sulla qualità della vita dei cittadini può costituire un elemento importante dal punto di vista delle spinte motivazionali del personale. Diversamente, sempre secondo tale approccio, l’introduzione di incentivi monetari, nell’ambito di un sistema di performance management, avrebbe un impatto meno significativo nel pubblico rispetto al privato, dove invece risulta più forte la componente motivazionale estrinseca.

Secondo Perry e Wise (1990) e Perry (1996; 2000) maggiore è il livello di PSM individuale riconducibile alle 4 dimensioni, maggiore è la probabilità che l’individuo ricerchi un impiego nel settore pubblico. Inoltre, per i due studiosi, nelle organizzazioni pubbliche la PSM è positivamente legata ai risultati individuali. In tal senso, il personale della P.A. con elevati livelli di PSM sarebbe meno stimolato da incentivi monetari rischiando, addirittura, un effetto spiazzamento sulla dimensione valoriale ed emozionale.

Negli ultimi due decenni, inoltre, la PSM è stata studiata sia in riferimento al lavoro, sia alle performance organizzative. Gli studi di Bright (2007) e Vandenabeele (2007) hanno evidenziato, a tal proposito, un legame positivo tra Public Service Motivation e auto-valutazione delle performance individuali nel contesto pubblico. Gli autori sottolineano l’importanza di contestualizzare modelli e strumenti motivazionali rispetto alle caratteristiche specifiche del settore e, quindi, delle organizzazioni pubbliche. Gli autori stessi, inoltre, mettono in evidenza come l’applicazione di approcci non contestualizzati potrebbe determinare uno scarso impatto sulle performance. In definitiva, il filone teorico esplorato sottolinea l’importanza di considerare la motivazione intrinseca legata alla PSM nei dipendenti pubblici per migliorare le performance organizzative, fornendo pratiche esemplificative a diversi livelli di intervento.

Perry e Hondeghem (2008), ad esempio, dimostrano come la PSM riesca ad impattare sull’impegno e le prestazioni dei dipendenti allorquando i policy maker e i dirigenti orientino le scelte di progettazione organizzativa e HRM secondo una logica orientata ad incentivare la consapevolezza del benessere sociale frutto dell’azione organizzativa. La costruzione di un modello di organizzazione del lavoro teso a valorizzare la percezione dell’identità e soprattutto della significatività delle mansioni, la ricerca di modelli organizzativi (sia a livello micro e sia a livello macro) orientati ai processi, agli outcome e alla soddisfazione del cliente finale (interno ed esterno che sia), la costruzione di un sistema di obiettivi smart strettamente collegati all’efficacia degli output, interventi di change management volti a de-burocratizzare il lavoro e snellire il numero di livelli gerarchici, l’esistenza di feedback tra “beneficiari” dei servizi pubblici e dipendenti, rappresentano tutte possibili pratiche in grado di impattare sulla motivazione intrinseca collegata alla PSM, incidendo sulla performance organizzativa (Perry & Hondeghem, 2008).

Accanto agli studi sulla PSM in contesti di lavoro standard gli autori intendono osservare la variabile della PSM nel lavoro ibrido in ufficio e lavoro da casa (Antonelli et al, 2023; Bloom et al., 2022; Torre, 2022) per mettere a sistema, in maniera virtuosa, gli obiettivi aziendali di incremento della produttività e le esigenze di work life balance dei lavoratori   (Torre, 2022; Schieman et al, 2021). I vantaggi enunciati, tuttavia, non sono scevri da rischi connessi, ad esempio, al possibile isolamento del lavoratore  o alla difficoltà di organizzare in casa una postazione di lavoro idonea, il conflitto famiglia-lavoro (Knight, et al, 2022; Toscano & Zappalà, 2020; Xiao et al., 2021). Sono questi fattori che possono ridurre significativamente la produttività e l’impegno lavorativo aumentando, al contempo, lo stress lavorativo (Galanti et al., 2021). Ciò rappresenta un rischio concreto allorquando si utilizza in maniera acritica un modello senza disegnare un impianto concettuale e gestionale realmente centrato su un lavoro non più standard.

Alla luce del quadro teorico delineato, la ricerca esplora la relazione tra lavoro ibrido nella P.A. e PSM attraverso tre domande di ricerca:

D1. Il lavoro ibrido nella P.A. impatta sulla PSM?

D2. Come varia la PSM dei dipendenti pubblici che svolgono lavoro ibrido?

D3. Quali determinanti del lavoro pubblico sono in grado di impattare sulle performance dell’individuo e dell’organizzazione?

Metodologia

La ricerca di tipo qualitativo ha previsto la conduzione di interviste semi-strutturate a un campione di 28 dipendenti pubblici, afferenti ad amministrazioni centrali e locali operanti, principalmente, nel contesto della  sanità,  della giustizia, dell’ISTAT e dell’università.

Gli intervistati sono stati invitati a raccontare la propria esperienza con il lavoro ibrido, anche con l’intento di cogliere eventuali segnali di isolamento rispetto al contesto lavorativo (Knight, et al, 2022). Le interviste sono state svolte in tre incontri. Ciascun ciclo di interviste, registrato e successivamente trascritto digitalmente, ha avuto una durata complessiva compresa tra 120 e 210 min. I quattro autori si sono incontrati alla fine di ciascun ciclo di interviste per condividere e discutere i risultati. Lo schema di intervista è stato strutturato alla luce delle dimensioni di PSM proposte da Perry (1996; 2000) ovvero:

1) Attraction to policy-making 

2) Commitment to the public interest

3) Compassion

4) Self sacrifice

Sono state infine estrapolate le dichiarazioni salienti delle interviste, selezionate alla luce della coerenza con le suddette dimensioni.

Risultati

L’applicazione del modello di Perry (1996; 2000) permette, in particolare, la classificazione dei risultati per dimensione dominante di PSM. 

Le interviste a due dipendenti (Università; ASL) evidenziano come comune dimensione di PSM l’Attraction to policy-making che si basa sul desiderio di soddisfare i propri bisogni personali mentre si sta anche servendo la comunità.

[“….sono riuscito a garantire importanti livelli di performance anche lavorando da casa e utilizzando, in maniera performante, la flessibilità che il lavoro mi  consente di fare… Sono felice perchè, nello stesso tempo, riesco a soddisfare  gli interessi della collettività e i miei”]

[“…quando lo studente mi aveva esposto il suo problema e che aveva messo nelle nostre mani il conseguimento del proprio titolo di studio a coronamento del suo percorso fatto di difficoltà personali e familiari…ho capito quanto fosse importante il mio ruolo….mi  sono accorto quanto il mio senso di dovere e di servizio per la collettività mi consentiva sempre di superare ogni difficoltà operativa”]

Una forte propensione alla PSM con particolare enfasi alla dimensione di commitment to the public interest emerge in diverse interviste. Tra queste si riporta quella di un funzionario dell’Ufficio distrettuale di esecuzione penale.

[“…grazie alla nostra voglia di servire la collettività…abbiamo lavorato in modo sinergico anche a distanza e, alla fine, siamo riusciti a inserire un reo in un progetto di agricoltura sociale che prevede borse lavoro della durata di 6 mesi… siamo riusciti, così, a restituirgli una dignità nonostante i suoi errori…”]

Due dipendenti ISTAT raccontano il loro impegno nell’elaborazione dei dati.

[“…Ci siamo resi conto che era necessario sensibilizzare ed evidenziare l’importanza dell’attività di pubblicazione dei dati statistici per tutta la collettività…e come il nostro modo di lavorare mirava sempre a tutelare la libertà e i diritti dei cittadini…anche  lavorando a distanza…”]

L’intervista a un funzionario del Ministero racconta come la vera forza del lavoro pubblico, in presenza o in forma ibrida, sia lo spirito di squadra e la collaborazione tra colleghi.

[“…Noi lavoriamo sempre in team poiché abbiamo come primo desiderio quello di servire gli interessi pubblici…sono questi gli elementi che consentono il funzionamento dell’intero sistema amministrativo e il perseguimento del benessere complessivo…”]

La propensione alla PSM con particolare enfasi alla dimensione della compassion emerge in due interviste.

L’intervista a un medico di una struttura ospedaliera fa emergere la compassione in un passaggio emblematico di seguito trascritto:

[“...il lavoro sinergico con il personale medico, sanitario e amministrativo ha reso possibile un trapianto d’urgenza. Abbiamo cercato di rassicurare la paziente sulla buona riuscita dell’intervento chirurgico. Le abbiamo suggerito di immaginare l’equipe di noi medici come una brigata di una cucina che opera all’interno di un ristorante stellato…”]

La seconda intervista vede protagonista un funzionario di un ente locale:

[… mi sono trovata a gestire una storia commovente di due gemelline straniere che non potevano essere adottate in Italia per problemi burocratici…Io e i miei colleghi abbiamo lavorato senza soste, anche da casa…abbiamo collaborato in sinergia con altri enti…eravamo mossi da un desiderio di amore…verso le due gemelle che non solo dovevano essere adottate in Italia, ma dovevano essere inserite nel nostro percorso scolastico e non conoscevano la nostra lingua …]

L’intervista a un funzionario di un’ASL mette in evidenza la dimensione dominante self sacrifice.

[“… ciò che mi rendeva felice era lavorare, anche da remoto, senza soste…. Il mio desiderio più grande era permettere alle persone più vulnerabili, come gli anziani e i soggetti fragili, di ottenere la somministrazione della dose di vaccino nel più breve tempo possibile. La motivazione del mio lavoro non risiedeva nella retribuzione, ma era legata all’amore verso il prossimo…”]

Discussione

I risultati dello studio condotto consentono di rispondere in maniera compiuta alle domande di ricerca poste a base dell’analisi. Rispetto all’impatto del lavoro ibrido sulla PSM, le evidenze forniscono un quadro interpretativo piuttosto nitido. In particolare, appare evidente come il solo lavoro ibrido non alimenti in maniera automatica la motivazione intrinseca né la rafforzi. Piuttosto, in risposta alla seconda domanda di ricerca sull’evoluzione della PSM durante il lavoro ibrido, emerge che la performance lavorativa risulta garantita laddove sia già presente e consolidata una forte PSM di base. Quest’ultima, infatti, attraverso le sue quattro dimensioni, trova compiutezza nelle interviste. Esse, in particolare, dimostrano come i nuovi modelli di lavoro innovativi per la Pubblica Amministrazione, inclusi quelli basati sul lavoro a distanza, non abbiano un impatto negativo sul lavoro a servizio della collettività. Al contrario, è emerso che quanti hanno un elevato senso di PSM nel contesto del lavoro in presenza sono in grado di mantenere elevati livelli di prestazioni anche con un lavoro ibrido, mantenendo un complessivo buon livello di performance.

L’analisi dei risultati, inoltre, offre spunti di riflessione utili all’ultima domanda di ricerca. In particolare, emerge come la motivazione intrinseca sia associata non già esclusivamente alle forme di lavoro, quanto piuttosto alle dinamiche relazionali che risultano favorite prevalentemente dai rapporti in presenza, non mediati da computer. L’efficacia del lavoro ibrido, pertanto, sembra costruirsi su un substrato irrinunciabile fatto di emozioni (passione per il proprio lavoro, dedizione verso gli altri, spirito di sacrificio) e determinanti chiave (fiducia, lavoro di squadra, collaborazione), presenti negli individui pienamente immersi nell’organizzazione. Questi ultimi elementi, inoltre, risultano indispensabili per evitare gli effetti negativi del lavoro da remoto legati, principalmente, al senso di isolamento e al cosiddetto tecnostress da iperconnessione.

Dall’analisi empirica si evince, inoltre, il cambiamento nel modo in cui le persone, nel pubblico impiego, concepiscono il lavoro e le connesse aspettative. Gli individui cercano sempre più contesti che offrano maggiore flessibilità, equilibrio e motivazione. Seppur tali aspettative non siano sempre pienamente soddisfatte nelle organizzazioni pubbliche, è emerso che molti dipendenti della P.A. riescono a raggiungere comunque buoni livelli di performance perché sono motivati a servire la collettività, anche quando lavorano in modalità ibrida o da remoto. Questo suggerisce che la flessibilità lavorativa può essere implementata nella P.A. in modo da soddisfare le esigenze dei dipendenti senza compromettere l’efficacia e l’efficienza del servizio pubblico. In conclusione, lo studio esplorativo condotto conferma l’opportunità di porre alla base della ri-organizzazione del lavoro pubblico e del relativo dibattito scientifico, un approccio di tipo micro-sociale. Per progettare il futuro del lavoro, dunque, le organizzazioni pubbliche e private sono chiamate a riflettere e agire su tre elementi principali: 1. compiti e processi finalizzati all’output dell’organizzazione; 2. competenze e talenti che meglio si adattano alle nuove condizioni di lavoro 3. caratteristiche del posto di lavoro definite come una miscela di elementi fisici, culturali e digitali che portano a configurazioni fondamentalmente nuove e complesse delle relazioni umane e tecnologiche.

La lettura sistemica dei risultati dello studio consente di formulare ulteriori riflessioni rispetto alle buone pratiche che, agendo a livello del lavoro, dei sistemi di lavoro e dell’ambiente di lavoro, possono potenziare il PSM in contesti di lavoro ibridi impattando positivamente sulle performance pubbliche. A livello del lavoro, gli individui con PSM elevata continuano a mettere in atto buone pratiche anche durante il lavoro da remoto se l’organizzazione è in grado di alimentare e valorizzare i sentimenti di coscienziosità. A livello di sistemi di lavoro, la relazione tra PSM e performance risulta rafforzata da un sistema di lavoro che incoraggi l’auto-regolazione unitamente a interazioni cooperative sul posto di lavoro; che sia in grado di creare incentivi volti ad allineare la missione organizzativa e la PSM dei dipendenti; che definisca sistemi di ricompensa che enfatizzino l’attrattività di lungo periodo e non spiazzino la motivazione intrinseca. A livello dell’ambiente di lavoro, le buone pratiche funzionali all’efficacia del lavoro ibrido si possono individuare nella formulazione di obiettivi chiari e allineati con la PSM esistente; nella collaborazione tra istituzioni diverse della società al fine di incorporare i valori del pubblico impiego nei programmi formativi; nella promozione di esperienze pre-lavorative all’interno del settore pubblico.

Conclusioni e limiti della ricerca

La Pubblica Amministrazione si trova oggi ad affrontare molteplici sfide, anche stimolate e finanziate dall’Europa, che le impongono di recuperare terreno sui diversi piani dell’innovazione. Sebbene il potenziamento della P.A., sul piano strutturale, tecnologico e di digitalizzazione, catturi gran parte dell’attenzione del dibattito politico e scientifico, non meno strategico risulta l’investimento proiettato sulle persone e sui modelli di lavoro. Se da un lato, infatti, aumenta la cantierabilità dei progetti di innovazione tecnica, dall’altro si acuisce la necessità di progettare nuovi modelli di gestione delle risorse umane nel settore pubblico.

In ambito pubblico, non risulta ancora sviluppata appieno la sensibilità verso le tematiche di “contesto di lavoro felice” in grado, cioè, di garantire flessibilità, condizioni di equilibrio e motivazione. Si registra, dunque, un tendenziale scollamento tra i temi principalmente discussi (contratti di lavoro, costo del lavoro) e i bisogni realmente avvertiti dalle persone, in termini di risposta al disagio, desiderio di crescita e sviluppo.

Dallo studio empirico condotto emerge come l’elemento principale in grado di garantire buoni livelli di performance e, in secondo luogo, benessere nelle organizzazioni pubbliche sia la forte motivazione nel servire la collettività. Questo consente di esprimere il massimo potenziale pubblico anche in forme ibride di lavoro. Un investimento sistemico su tale dimensione esclusiva della P.A. può costituire la chiave strategica per dominare la competitività anche immaginando nuove soluzioni di lavoro. I risultati prodotti dalla ricerca scontano i limiti legati alla intrinseca natura esplorativa dello studio nonché al perimetro di indagine limitato al campione di amministrazioni pubbliche coinvolte. Le evidenze emerse sono funzionali a rafforzare il framework teorico che sarà applicato alle fasi successive del percorso di ricerca, nell’ambito del quale, questo articolo si pone come primo risultato. 

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