Come ritrovar la strada in un labirinto – Percorsi virtuosi verso l’hybrid work

Abstract

Lo studio comparativo condotto su tre Aziende, conferma che l’affermazione delle new work practices, ed in particolare l’Hybrid work, sono il frutto di una attenta strategia di cambiamento culturale e organizzativo, condotta con determinazione e metodo, ma anche con la consapevolezza di dover sperimentare soluzioni passo dopo passo attraverso un continuo bricolage socio-organizzativo.

Introduzione

L’intendimento dal quale muove lo studio comparativo[1] è quello di contribuire ad una riflessione su come l’hybrid work (Aroles et al., 2021) stia prendendo forma nelle Aziende e come stia modellando tutte le altre dimensioni organizzative. Riteniamo che ricostruire i percorsi seguiti da Aziende leader, in fase avanzata di consolidamento delle new work practices, possa rappresentare un riferimento utile per individuare le policy di change più appropriate, i meccanismi abilitanti ed i fattori chiave di successo.

Si conferma come i meccanismi abilitanti risiedano in alcune dimensioni organizzative prevalentemente soft che, più di altre, si ritiene possano incidere sui comportamenti lavorativi delle persone, siano essi capi o collaboratori (Nunziata et al., 2022).

Le Aziende oggetto di studio e le metodologie di ricerca

Per il nostro studio avevamo bisogno di sottoporre ad osservazione Aziende in una fase avanzata di transizione verso il lavoro ibrido. Ognuna di esse avrebbe potuto raccontarci la trama dei percorsi di cambiamento adottati che se, da un lato, risultavano accomunati da intendimenti e obiettivi similari, dall’altro sapevamo che avrebbero messo in evidenza strategie attuative differenti nello scomporre e ricomporre i frantumi hard e soft della propria organizzazione in un nuovo mosaico.

Abbiamo preferito focalizzare la nostra attenzione su poche aziende, di dimensioni significative e di consolidata sensibilità in tema di adattamento strategico, conduzione di processi di change e politiche HR.

L’analisi comparativa è stata svolta su tre realtà aziendali:

Azienda 1Azienda attiva nel settore dell’energia con attività e mercati diversificati  anche a livello internazionale; è uno dei principali operatori integrati globali nei settori dell’energia elettrica e gas.
Azienda 2Azienda multiservizi attiva nella produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica, gas, gestione rifiuti, servizi ambientali e nello sviluppo di prodotti e servizi per l’efficienza energetica, etc.
Azienda 3Filiale italiana di una delle più grandi multinazionali del settore alimentare; produce e distribuisce una grande varietà di articoli, con marchi leader nel mercato

Sono tre Aziende in fase avanzata di transizione, con una elevata consapevolezza delle criticità su cui investire, ognuna in una diversa condizione di maturità culturale, ma tutte oramai in una fase di consolidamento dei risultati conseguiti.

I casi di studio sono stati ricostruiti seguendo metodiche di storytelling organizzativo (Nunziata e Daood, 2021). A ciascun Manager delle Unit responsabili della transizione e del coordinamento delle iniziative di change, è stata sottoposta una traccia per agevolare la strutturazione della narrazione, seguita poi da alcune interviste allo scopo di circoscrivere e dare forma alla trama del racconto.

Successivamente, attraverso un questionario qualitativo, sono stati rilevati gli attributi relativi ad alcune dimensioni organizzative coinvolte nelle policy attuative (Torre, 2022): job design, e processi di lavoro, competenze degli smart worker, cultura e competenze manageriali, creatività e innovazione, tecnologia come fattore abilitante, spazi e luoghi di lavoro, politiche risorse umane, performance management, comunicazione interna, benessere e work life balance.

Gli elementi che caratterizzano l’introduzione in Azienda dell’Hybrid work

Ognuna delle tre Aziende aveva iniziato a sperimentare con Accordi aziendali interni il cosiddetto smart working, ciò ancor prima del decreto “lavoro agile” n°81/2017. Superata la fase della remotizzazione totale derivante dalla crisi pandemica, ognuna di esse si è trovata di fronte alla esigenza di consolidare le migliori esperienze realizzate per avviarsi verso un new normal. Le timide sperimentazioni degli anni precedenti sono divenute in ciascuna delle tre Aziende programmi strategici di cambiamento.

Le policy applicative ed i criteri di segmentazione della popolazione chiamata a aderire via via al “lavoro agile” e poi all’Hybrid work sono state diverse in ciascun contesto. Si è dovuto tener conto delle peculiarità dei job aziendali, alcuni dei quali sono (ancora) agganciati alle variabili spazio-temporali, ed anche della specificità dei processi di business, alcuni dei quali non si sono ancora avvantaggiati pienamente della digitalizzazione.

 Azienda 1Azienda 2Azienda 3
 unità%unità%unità%
popolaz. aziendale totale (Italia)30.00010012.0001005.000100
adesione prima della pandemia5.000171.200102505
adesione allo stato attuale (5/2023)17.000574.70039300060
previsione prospettica (a due anni)in funzione di interventi su tecnologie operationprogressiva estensione del perimetro ad alcuni profili della popolazione blue collarsperimentare nuove forme per interpretare flessibilità di blue collar e rete vendita

Azienda 1

L’accordo aziendale prevede una modulazione del “lavoro agile” variabile sino a un max 13 gg intere/mese (65%), senza vincoli di data calendario. I rientri sono concordati con il proprio responsabile e il proprio team. L’accordo aziendale ha definito sin dall’inizio i segmenti di popolazione interessata nell’ambito dei white collar (17.000 unità). Ciò è stato fatto in funzione di una mappatura delle posizioni in relazione ai processi operativi ritenuti remotizzabili (livello di digitalizzazione, apertura al cloud, architettura tecnologica). Il resto della popolazione (13.000 unità) per ora è esclusa in quanto collocata su processi non flessibilizzabili perché ritenuti strategici per la continuità del servizio.

Azienda 2

L’ accordo aziendale prevede che il lavoratore possa effettuare il “lavoro agile” sulla base di una programmazione basata su” quote di tempo” definite su base bimestrale, piuttosto che su numero giornate/settimana. Il lavoro in remoto può variare da persona a persona in un range che può andare dal 20% al 60% del tempo, anche di frazioni di giornata. Per determinare il mix individuale, l’azienda ha definito sei cluster di “personas” con caratteristiche simili in termini di tipologia di attività, uso degli spazi, dotazioni tecnologiche (Employee Journey sulla base di una Activity Based Analysis ed un job model design relativo al modello professionale). Tuttavia, la decisione sul mix è lasciata all’autonoma decisione del team in accordo con il responsabile, in funzione della peculiarità dei processi da gestire.

Azienda 3

L’attuale policy attuativa non prevede regole applicative stringenti, in quanto si è scelto di fare leva sul principio della autoregolazione all’interno di ciascun Team di lavoro. Non è previsto alcun mix predefinito tra lavoro in presenza e lavoro in remoto. Ogni team decide come organizzare le attività da svolgere ed i bisogni di interazione con il team e con i colleghi, al fine di contemperare le esigenze personali con quelle professionali e programmare le presenze. L’ultima rilevazione ha identificato a consuntivo un rapporto medio tra presenza/remoto del 40/60 per i white collar head office, e dell’80/20 per i white collar di fabbrica. Un modello attuativo che non ha richiesto, pertanto, alcun lavoro propedeutico di segmentazione della popolazione aziendale per differenziare le policy. Un approccio adattivo dei singoli team in relazione alle oggettive opportunità e possibilità, basato su autoregolazione, fiducia reciproca e responsabilità, innestato in un contesto aziendale in cui la cultura del Pay for Performance era già radicata.

Quali attese di cambiamento nelle competenze degli smart worker

Dalla analisi qualitativa sulle tre Aziende è emersa una consonanza sulle skills individuali la cui evoluzione andrebbe monitorata per avere un’indicazione dell’effettivo cambiamento culturale che si sta realizzando verso le new ways of work:

  • le skills comportamentali: ad esempio, la capacità di collaborare efficacemente in team, l’autodisciplina, la proattività, il multitasking e l’adattabilità, la flessibilità, la velocità, l’attitudine positiva allo sviluppo
  • capacità individuale di gestire consapevolmente i propri impegni lavorativi: evitare intensificazione dei propri sforzi, azioni proattive per conciliare impegni lavorativi e preoccupazioni legate a interessi privati
  • le skills utili a mantenere le relazioni cooperative in un setting di lavoro a distanza: saper abilitare la fiducia tra colleghi, definire regole comuni, modalità di coordinamento, motivazione e commitment verso obiettivi condivisi, autoindotti o etero-indotti

Per contro, nel momento in cui si è chiesto alle tre Aziende quali sono le skills individuali che, dai comportamenti agiti dalle persone, risultano essere oggi più problematiche in questa fase di transizione, emergono altre due competenze sopra non menzionate, ovvero:

  • le skills tipiche da organizzazione individuale del lavoro: gestione del tempo, la capacità di reperire informazioni, problem solving, essere creativi, intuitivi e persuasivi
  • le skills necessarie per intrecciare rapporti di virtuosa ed efficace integrazione tra l’uso delle funzionalità rese disponibili dalle tecnologie digitali e la comunicazione tra gli individui; quindi, non soltanto tecnologia per fluidificare la condivisione ed elaborazione di dati e informazioni, ma anche suo utilizzo per amplificare le capacità comunicative e sociali dell’individuo tali da renderlo un soggetto attivo delle comunità virtuali d’impresa.

Quali attese di cambiamento nelle competenze e negli stili manageriali

Dalla analisi qualitativa sulle tre Aziende è emerso che l’evoluzione delle competenze e degli stili manageriali sono ritenuti una condizione fondamentale per attivare il cambiamento culturale necessario per affermare le new work practices. Gli studi in letteratura (Leclercq-Vandelannoitte, 2021) confermano l’esigenza di modificare lo stile di leadership per renderlo più adeguato al coordinamento di collaboratori che lavorano in remoto e garantire il loro benessere lavorativo.

Il rapporto tra gli stili di leadership e la tecnologia appare come un passaggio importante per comprendere come i primi possano evolversi valorizzando la pervasività della tecnologia. La tecnologia non è solo strumento attraverso cui organizzare il lavoro da remoto o in modalità duale, ma definisce le possibilità di azione e di non-azione per il leader stesso, costringendone o ampliandone l’operato e la sfera del controllo. Nell’ambiente ibrido che caratterizza le new work practices, il leader deve saper organizzare il lavoro dei collaboratori e i processi decisionali, ma deve anche saper definire il proprio spazio di azione entro un confine compatibile con le esigenze di autoregolazione dei collaboratori.

Dalla analisi qualitativa emerge una consonanza riguardo gli elementi della leadership manageriale che andrebbero monitorati per avere un’indicazione dell’effettivo cambiamento culturale che si sta realizzando verso le new ways of work:

  • farsi carico della gestione ‘emotiva’ dei collaboratori: stile di leadership attento, promuovere un equilibrio vita privata-lavoro, capacità di comprensione dello stato emotivo altrui, legittimare la richiesta di aiuto, l’ammissione degli errori, la trasparenza riguardo le eventuali criticità nell’esercizio della leadership stessa
  • incentivare tra i propri collaboratori fiducia e commitment come presupposto per la presa in carico degli obiettivi: promuovere e aiutare i membri di un gruppo a organizzare le proprie attività anche in momenti non strettamente di interazione e/o controllati dal leader
  • bilanciare la capacità di visione strategica e l’esigenza di orientare l’operatività: formulare una prospettiva futura per il team, ma nel contempo saper impostare le nuove attività e agire le nuove metodologie di lavoro che si richiedono ai propri collaboratori

Significativo che tali competenze siano state segnalate nelle tre Aziende anche come le più problematiche lungo il percorso transizione sinora percorso. La sovrapposizione tra le due prospettive valutative, la criticità attuale rispetto alla rilevanza ai fine del conseguimento del cambiamento culturale, conferma come la modifica degli stili di leadership manageriali rappresenti tuttora – nonostante gli sforzi profusi – una delle sfide più rilevanti per le Aziende ed una delle principali aree di attenzione. Tanto che dalle case history, quelle tre aree emergono sin dall’inizio come oggetto di un susseguirsi di iniziative di supporto al cambiamento culturale, attraverso l’uso di molteplici modalità di intervento, dall’engagement, alla formazione manageriale, al coaching, alle community.

Quali azioni per preservare un contesto creativo e innovativo

Dalla analisi qualitativa è emersa una concordanza tra le tre Aziende sul fatto che nel governare l’evoluzione del lavoro ibrido, in un giusto equilibrio tra lavoro in remoto e lavoro in presenza, ci si deve assicurare di muoversi nella direzione di offrire agli individui la possibilità di personalizzare il proprio contributo lavorativo (job crafting) in funzione delle proprie inclinazioni e dei propri interessi professionali, stimolando la motivazione e la creatività individuale.

L’analisi qualitativa concorda sul fatto che in ciascuna delle tre aziende c’è la convinzione che il contesto lavorativo ibrido influirà positivamente sui momenti di confronto e di scambio anche informali, nel passaggio continuo da momenti di creatività individuale a momenti collettivi, nel promuovere occasioni di scambio tra colleghi in cui si offre e si cerca aiuto. Si ritiene che ciò stia già avvenendo nelle aziende oggetto di analisi, essenzialmente per un effetto sinergico tra:

  • l’uso di funzionalità sempre più evolute rese disponibili nell’ambito dagli spazi virtuali dedicati al digital working (piattaforme di e-collaboration, app)
  • il re-design degli spazi di lavoro fisici (smart space) che contribuiranno ad offrire ad ognuno la possibilità di scegliere le migliori condizioni di lavoro
  • un uso sempre più intelligente della discrezionalità da parte delle persone nell’organizzare tempi e luoghi di lavoro.

Quali azioni per preservare la coesione aziendale

Le case history raccolte concordano sul fatto che le interazioni mediate dalla tecnologia non sembrano riuscire a compensare la riduzione delle interazioni dirette, formali e informali, le quali restano a parere delle Aziende il veicolo più importante per mantenere il senso di appartenenza, valorizzare le relazioni fiduciarie, affermare dei valori condivisi, condividere conoscenze sul contesto esterno e interno.

A ragion di ciò, le risultanze dell’analisi concordano su quanto sia importante accompagnare la diffusione delle pratiche di lavoro ibride con politiche, iniziative e modalità strutturate di comunicazione interna e organizzativa.

Tutte le aziende analizzate hanno dichiarato di aver investito, durante tutto il percorso sinora svolto, su campagne interne di comunicazione digitale, nel tentativo di raggiungere ed ingaggiare, passo dopo passo, ogni segmento di popolazione aziendale, siano essi amministrativi, knowledge worker, che personale tecnico-operativo.  Significativi a tale scopo, anche gli investimenti sulle dotazioni individuali e sulle competenze digitali.

La comunicazione è ritenuta rilevante anche per favorire l’engagement, la condivisione di obiettivi aziendali, allineare la percezione della realtà da parte di dipendenti e manager. Accanto ai canali di comunicazione interna istituzionale, di pari passo, da quelle storie emergono variegate esperienze accomunate dall’esigenza di offrire al remote worker strumenti utili per la socializzazione e la interazione informale peer to peer, intesi a favorire il dialogo spontaneo tra le persone. Per esempio, c’è chi ha attivato community, gruppi Teams, App destinate al personale. In un’altra azienda si sta lavorando con il Mentoring di gruppo, e l’attivazione di comunità locali. Attraverso questi canali di comunicazione diretta le Aziende hanno avuto l’opportunità di monitorare in modo più o meno strutturato il livello di benessere e lo stress sul lavoro. In due Aziende in particolare vengono utilizzati per lanciare con cadenza periodica Pulse survey ed Engagement survey complesse.

Quali azioni nell’adattare politiche e metodologie HR

Tutte le Aziende oggetto di analisi hanno dichiarato di essere impegnate nella ri-definizione dei sistemi di performance management. Dalle case history emergono – anche se a diversi stadi evolutivi – iniziative di revisione dei criteri di valutazione, al fine di indurre i Manager all’uso di metriche utili per l’osservazione e la valutazione dei comportamenti che si manifestano nel contesto virtuale e nelle comunità virtuali di afferenza. Si riferiscono iniziative destinate al management al fine di migliorare la loro sensibilità nel cogliere i segnali deboli, come, per esempio, gli atteggiamenti cooperativi laddove occorre siano incentivati.

Un’Azienda segnala come le soft skills emerse come critiche per gli smart worker, siano state introdotte come obiettivi di auto-sviluppo ed oggetto di valutazione, in quanto capacità necessarie per “governare” il proprio orientamento al risultato, in particolare in situazioni di elevata incertezza e complessità.

Una Azienda riporta l’impegno che si sta profondendo nel far evolvere le pratiche di remunerazione verso il total rewarding, e le iniziative intraprese per rivedere il sistema di welfare aziendale in funzione della nuova condizione di vita dello smart worker.

Non in tutte le Aziende osservate è emerso da parte del Vertice la consapevolezza dei potenziali conflitti interni che potrebbero emergere dalle disuguaglianze legate alla diversa flessibilità riconosciuta a ciascun job. Per esempio, coloro che ricoprono posizioni knowledge-based possono maggiormente muoversi senza vincoli spazio-temporali, mentre le posizioni tecnico-operative sono quelle che possono godere meno della flessibilizzazione.

Alla specifica domanda posta, i referenti aziendali condividono la necessità di una evoluzione dell’Hybrid work che esca dal perimetro del lavoro knowledge-based, per andare a ri-configurare anche i ruoli tecnico operativi posizionati per esempio sui processi tecnico-produttivi, sui processi di manutenzione delle reti di distribuzione, sui processi logistici e di vendita. Si ritiene che ciò potrà/dovrà avvenire nel medio periodo per effetto di investimenti in tecnologie digitali, in soluzioni robotiche, o in tool di AI. Solo a tali condizioni molte posizioni potranno ri-configurarsi in ruoli knowledge-based dedicati ad attività di controllo, monitoraggio, governo dei processi operativi.

I drive del cambiamento

L’analisi dei casi oggetto di questo studio comparativo, confermano come le pratiche lavorative ibride stiano prendendo sempre più forma alla ricerca di un nuovo equilibrio. Nella concretezza delle situazioni, le tre Aziende oggetto di osservazione hanno oramai superato quella contrapposizione dicotomica tra lavoro in presenza vs lavoro in remoto. Ma ciò, comunque, le espone a tensioni e paradossi sia sul piano dei comportamenti individuali che organizzativi, con molti nodi ancora da sciogliere:

  • cosa valorizzare e cosa abbandonare delle pratiche lavorative introdotte nella fase di emergenza: come recuperare le distorsioni su alcune variabili soft ritenute cruciali per i processi di produzione del valore (identità, valori, appartenenza, creatività, sense making, equilibrio psicologico-emotivo, etc.)
  • come consolidare soluzioni blended: come differenziare le policy applicative in relazione alla natura dei processi e delle relative famiglie professionali coinvolte (knowledge worker, amministrativi, piuttosto che tecnico-operativi), ed in relazione alle dinamiche sociali necessarie per attivare proattività, engagement, innovazione, creatività
  • come ridare senso e valore alla presenza in ufficio: riconfigurare le funzioni d’uso degli spazi riprogettandoli come servizi (User Centered Design e Activity-based workspace)
  • come le nuove pratiche lavorative si rifletteranno inevitabilmente su una diversa modellazione dell’assetto organizzativo, su struttura e gerarchia, e di conseguenza sui livelli di coordinamento.

Dopo aver ricostruito le case history attraverso lo storytelling, abbiamo chiesto a ciascuno dei referenti aziendali di condensare in poche parole la formula che ha caratterizzato il cambiamento in ciascuna delle loro realtà:

Azienda 1

L’esperienza di cambiamento condotta ad oggi ha consentito di individuare i seguenti fattori chiave di successo:

  • coinvolgimento di tutta la popolazione e processi di co-creazione del nuovo modello di lavoro
  • i team elementari come luogo primario dove prendere decisioni e organizzare le attività; i Team leader come aggregatori delle necessità e dei desideri dei propri collaboratori
  • definizione di una roadmap fatta di interventi “sperimentali”, per arrivare poi alla diffusione delle new work practices.
  • il processo deve essere sostenuto con determinazione e continuità dal commitment del Vertice e da scelte strategiche che nel medio/lungo periodo predispongano tutti i fattori necessari.

Azienda 2

L’esperienza di cambiamento condotta ad oggi ha consentito di individuare i seguenti fattori chiave di successo:

  • ascolto di tutti i colleghi e coinvolgimento attivo e co-progettazione con tutti gli stakeholder
  • definizione di chiari principi guida: coerenza, equità, flessibilità per garantire l’adattamento delle soluzioni ad ogni contesto lavorativo; semplicità nella comunicazione e nell’applicazione delle nuove prassi; responsabilità e fiducia per garantire continuità nei processi
  • accordi innovativi e condivisi con le OO.SS.; ciò ha consentito un importante passo avanti e l’avvio del Piano Industriale
  • definizione, programmazione e condivisione con i manager per salvaguardare la programmazione delle attività operative in modo efficace; ciascuna BU è stata coinvolta nella verifica e riallineamento degli standard job e nell’adattamento alle esigenze del contesto locale.

Azienda 3

L’esperienza di cambiamento condotta ad oggi ha consentito di individuare i seguenti fattori chiave di successo:

  • il team come protagonista, e allineamento costante con i team leader
  • ascolto costante delle persone: avere sempre il polso del clima
  • investimento in tecnologie abilitanti il lavoro ibrido (hardware e software)
  • il ruolo della funzione HR come facilitatore
  • investimento sugli spazi (ongoing) per facilitare, in presenza, il lavoro in team e il coinvolgimento
  • il flexible working come un immenso e interessante esercizio di leadership
  • creare un clima di fiducia, lavorare sull’engagement, migliorare la gestione del feedback.ì

Conclusioni

Dalla analisi comparativa sono emersi percorsi apparentemente similari che hanno prodotto diversi gradi di maturazione della cultura aziendale. I tre casi aziendali possono essere accomunati per aver fatto leva su alcuni meccanismi abilitanti:

  • il ripensamento di competenze e ruoli, e la ridefinizione degli ambiti di responsabilità dei lavoratori e dei meccanismi di coordinamento
  • la considerazione delle caratteristiche dei processi organizzativi per tenere conto e/o sfruttare la digitalizzazione delle attività
  • la costruzione di nuove relazioni di fiducia interne all’organizzazione, indispensabili per contrastare i rischi di sfilacciamento nei rapporti interpersonali, e per mitigare possibili conflitti che possono provocare ritardi e fallimenti nei processi di cambiamento
  • la valorizzazione della leadership in quanto risorsa fondamentale nel recuperare l’integrità del lavoro e fronteggiare le forze disgreganti che fisiologicamente accompagnano i progetti di cambiamento
  • l’ascolto costante delle persone, e lo spostamento delle logiche di comunicazione interna dalla “cascata” alla “rete” orizzontale
  • l’opportuna attenzione alla dimensione psicologico-emotiva, considerando che nel remote working l’interazione tra le persone – individuale o collettiva – incide sui sistemi cognitivi e percettivi di ciascuno
  • il rafforzamento dell’identità organizzativa e di valori più vicini alle caratteristiche del lavoro cooperativo (solidarietà, equità, autonomia, etica)
  • il ripensamento delle modalità di gestione del personale: recruiting, assessment, formazione e carriera, per tenere conto di una diversa declinazione dei profili impegnati nelle new work practices.

Tutto ciò conferma che la progettazione e l’implementazione di forme evolute di organizzazione del lavoro richiedono di focalizzarsi sulle due dimensioni strettamente interdipendenti e complementari tra loro, ovvero quella tecnica (tecnologie, strumenti e know-how) e quella sociale (persone, gruppi, strutture) (Butera, 2009). Questa è la prospettiva dei Socio-Technical Systems – di cui Trist, Emery e Davis furono i padri nobili – che meglio di altre interpreta le new ways of work.

Bibliografia

Aroles J., Cecez-Kecmanovic D., Dale K., Kingma S. F., Mitev N., (2021) “New ways of working (NWW): Workplace transformation in the digital age” Information and Organization, 31,(4) 100378.

Butera F., (2009) Il cambiamento organizzativo. Analisi e progettazione, Laterza

Leclercq-Vandelannoitte A., (2021) “Seeing to be seen”: The manager’s political economy of visibility in new ways of working”, European Management Journal, 39(5), 605–616

Nunziata E., Daood A., (2021) “Narrare il cambiamento attraverso lo storytelling”, in Nunziata E. (Ed.), Governare la trasformazione digitale. Strategia e azione per gestire il cambiamento, Luiss University Press

Nunziata E., Spahiu E., Kazemargi N., Spagnoletti P., (2022) “Moving to New Ways of Working across crisis: managerial challenges and human-technology configurations”, in Lazazzara A., Reina R., Za S., (2023) Towards Digital and Sustainable Organisations – People, Platforms, and Ecosystems, Springer

Nunziata E., Spahiu E., Kazemargi N., Spagnoletti P., (2022) “La riconfigurazione del lavoro in ufficio prima, durante e dopo lo shock pandemico: evidenze da uno studio longitudinale”, ProspettiveinOrganizzazione, special issue n.19

Schafer B., Koloch L., Storai D., Gunkel M., Kraus S, (2023) “Alternative workplace arrangements: Tearing down the walls of a conceptual labyrinth”, Journal of Innovation & Knowledge, 8 Torre T. (ed.), (2022) “Il futuro del lavoro si chiama “smart working”? Riflessioni e prospettive”, Paper ASSIOA


[1] Questo studio comparativo è stato reso possibile grazie alla collaborazione creatasi nell’ambito del gruppo di lavoro Assochange “Dai modelli alle pratiche aziendali: le aziende si confrontano su new ways of work”, settembre 2022 – marzo 2023. Si ringrazia Filippo Romanini per il contributo fornito nella moderazione dei lavori.

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