Quando la digitalizzazione porta il lavoro a casa: Le implicazioni del lavoro da remoto sul bilanciamento vita-lavoro e sul benessere lavorativo

La possibilità di lavorare da remoto accresce la discrezionalità del lavoratore sulle decisioni di vita quotidiana. Nondimeno, essa può scaturire in intensificazione degli sforzi lavorativi e fenomeni di marginalizzazione del lavoratore. Le implicazioni del lavoro da remoto sul bilanciamento vita-lavoro e sul benessere lavorativo, dunque, sono ambigue. L’articolo intende approfondire questa tematica, assumendo che la variazione delle condizioni lavorative determinate dal lavoro da remoto influenza gli effetti di quest’ultimo sul bilanciamento vita-lavoro e sul benessere lavorativo.

Introduzione e obiettivi dello studio

Negli ultimi anni, la letteratura ha alimentato un proficuo dibattito sui possibili effetti del lavoro da remoto (Kelliher & Anderson, 2008). È possibile individuare due ambiti di analisi prevalenti nella dottrina manageriale. Da un lato, sono oggetto di esplorazione le trasformazioni delle condizioni di lavoro generate dal ricorso a formule contrattuali che prevedono il lavoro a distanza (Jacoby e Holland, 2019). Dall’altro, si focalizza l’attenzione sulle implicazioni derivanti da una presenza pervasiva delle tecnologie digitali, che accompagna il lavoro da remoto, sul bilanciamento vita-lavoro e sul benessere lavorativo (Charalampous, Grant, Tramontano e Michailidis, 2019).

Modificando i confini tra ambito lavorativo e vita quotidiana in ottica di flessibilità, il lavoro da remoto offre maggiori opportunità di bilanciamento tra vita privata e ambito lavorativo (Hardill e Green, 2003). Contestualmente, tuttavia, esso genera sovrapposizioni tra impegni lavorativi e vita privata, con effetti potenzialmente negativi sulla capacità del lavoratore di conseguire un equilibrio tra vita privata e lavoro, oltre che sul benessere lavorativo (De Menezes e Kelliher, 2017). In quest’ottica, Il ricorso a modalità lavorative da remoto può generare contraddizioni e ambiguità (Kingma, 2019).

Alla luce di queste brevi riflessioni introduttive, l’articolo si propone di indagare le implicazioni del lavoro da remoto in condizioni di elevata pervasività tecnologica. In particolare, le seguenti domande di ricerca hanno ispirato la ricerca:

R.Q 1: In che modo il lavoro da remoto influenza il bilanciamento vita-lavoro?

R.Q 2: In che modo il lavoro da remoto influenza il benessere lavorativo?

R.Q 3: La relazione tra lavoro da remoto, bilanciamento vita-lavoro e benessere lavorativo è condizionata dalla variazione delle condizioni lavorative e dalla pervasività delle tecnologie digitali?

 

Allo scopo di fornire una risposta a queste domande di ricerca, è stato posto in essere uno studio empirico di taglio quantitativo. L’articolo è organizzato come segue. La prossima sezione delinea il substrato concettuale da cui sono state desunte le ipotesi di ricerca. Successivamente, è oggetto di presentazione la metodologia e la presentazione dei dati su cui è stata condotta l’analisi statistica. La quarta sezione presenta i principali risultati dello studio, che sono criticamente discussi nella sezione conclusiva, in cui sono sintetizzate le implicazioni della ricerca.

Quadro teorico e ipotesi di ricerca

L’introduzione di schemi e modelli di lavoro da remoto è finalizzata a “…fare di più con meno [risorse]” (Kelliher e Anderson, 2010: p. 83 – traduzione degli autori). Consentendo ai lavoratori di eseguire le proprie mansioni al di fuori del tradizionale contesto lavorativo e determinando un superamento dei “…convenzionali modelli lavorativi in un’ottica di flessibilità delle pratiche lavorative” (Daniels, Lamond e Standen, 2001: p. 1151 – traduzione degli autori), il lavoro da remoto è inteso a: 1) migliorare le prestazioni organizzative; 2) minimizzare i rischi di conflitto vita-lavoro; 3) contribuire al benessere lavorativo e 4) ridurre gli oneri a carico delle organizzazioni.

Quindi, il lavoro da remoto è stato concepito come una soluzione per supportare i lavoratori nella gestione degli impegni e delle preoccupazioni di vita quotidiana; allo stesso tempo, però, esso ha condotto a un modello lavorativo privo di confini e spalmato sull’intero arco temporale della giornata, generando degli effetti collaterali sul bilanciamento vita-lavoro (Palumbo e Pellegrini, 2020). Chi lavora a distanza potrebbe essere soggetto a carichi di lavoro eccessivi, riconducibili all’incapacità di trovare l’equilibrio tra doveri lavorativi e impegni familiari e sociali (Hilbrecht, Shaw, Johnson e Andrey, 2008). Il sovraccarico che ne consegue si ripercuote sul bilanciamento vita-lavoro. In quest’ottica, si assume che:

Ip. 1: Il lavoro da remoto genera effetti negativi sul bilanciamento vita-lavoro.

La ricerca scientifica ha posto enfasi sui fenomeni di isolamento sociale e, di conseguenza, di marginalizzazione che sono riconducibili al lavoro da remoto. Tali processi sono in grado di pregiudicarne gli effetti positivi sul benessere individuale (Lal e Dwivedi, 2009). In primo luogo, l’allontanamento dal contesto lavorativo tradizionale indebolisce l’identificazione organizzativa del lavoratore, rendendogli difficile acquisire e sentirsi parte delle dinamiche organizzative. In secondo luogo, il lavoro da remoto potrebbe deteriorare le relazioni tra il lavoratore e i colleghi, creando isolamento sociale e professionale. In ultimo, il lavoro a distanza è foriero di condizioni stressogene sul profilo fisico e psicologico per il lavoratore, alterandone la percezione di benessere (Taskin e Devos, 2005). Sintetizzando, si ipotizza che:

Ip. 2: Il lavoro da remoto influisce negativamente sul benessere lavorativo dell’individuo.

Il lavoro da remoto consente all’individuo di riorganizzare i tempi e gli spazi di lavoro intorno agli impegni lavorativi e alle esigenze familiari e sociali. Questa riorganizzazione del lavoro può implicare una minore divergenza tra lavoro e vita quotidiana, ma può altresì generare sconfinamenti del lavoro nei contesti extra-lavorativi dell’individuo (Sayah e Süß, 2013). In altri termini, questa flessibilità delle condizioni lavorative altera e confonde i confini tra vita privata e lavoro, rendendo difficile per l’individuo trovare e conseguire un giusto bilanciamento tra l’attività lavorativa e la vita privata. Viepiù, il lavoro da remoto crea nel lavoratore percezioni errate sull’effettivo carico degli impegni lavorativi accrescendo, quindi, la conflittualità tra sfera di vita privata e sfera lavorativa. Riconoscendo che il lavoro da remoto riconfigura le condizioni lavorative della persona, generando contaminazioni tra attività quotidiane e impegni di lavoro (Demerouti, Derks, ten Brummelhuis e Bakker, 2014), si suppone che:

Ip. 3: La variazione delle condizioni di lavoro interviene sulla relazione tra lavoro da remoto e bilanciamento vita-lavoro, in modo tale che le implicazioni negative del lavoro da remoto sul disequilibro tra attività di vita quotidiana e impegni lavorativi sono amplificate;

Ip. 4: La variazione delle condizioni di lavoro interviene sulla relazione tra lavoro da remoto e benessere lavorativo, in modo tale da indurre una dilatazione degli effetti negativi del lavoro da remoto sul benessere del lavoratore.

La diffusione e la pervasività delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in ambito lavorativo costituiscono un propellente alla comunicazione e alla cooperazione in ambito aziendale. Cionondimeno, esse possono ostacolare le relazioni interpersonali, indebolendo la partecipazione emotiva dei lavoratori all’interazione organizzativa. Il maggiore ricorso agli strumenti digitali spinge e agevola i dirigenti d’impresa nelle attività di controllo e coordinamento dei lavoratori da remoto, riuscendo, quindi, a garantire più elevate prestazioni aziendali. Allo stesso tempo, tuttavia, questo fenomeno conduce a un restringimento degli spazi di autonomia e discrezionalità dei lavoratori con conseguenze negative sul loro livello motivazionale (Albano, Curzi, Parisi e Tirabeni, 2018). In ultima analisi, la digitalizzazione delle condizioni lavorative potrebbe impattare negativamente sul bilanciamento vita-lavoro, imponendo nuove modalità lavorative che esacerbano – piuttosto che prevenire – la contaminazione tra vita individuale e impegni lavorativi. Altresì, la tensione verso un contesto di lavoro privo di spazi idonei e di tempi ben definiti costituisce un fattore di stress per l’individuo, in grado di ridurre la percezione di benessere sul lavoro (Jemine, Dubois e Pichault, 2019). In sostanza, si ipotizza che:

Ip. 5: La pervasività delle tecnologie digitali modera – in chiave negativa – il rapporto tra lavoro da remoto e bilanciamento vita-lavoro, deteriorando gli effetti collaterali del primo sul secondo;

Hp 6: La pervasività delle tecnologie digitali modera – in chiave negativa – il rapporto tra lavoro da remoto e benessere lavorativo, amplificando gli esiti negativi del primo sul secondo.

La Figura 1 sintetizza in formato grafico le ipotesi di ricerca, illustrando le relazioni concettuali tra i costrutti oggetto di analisi.

Figura 1. Le ipotesi di ricerca

Metodologia

Oggetto di analisi dell’articolo sono dati secondari desunti dalla sesta edizione della European Working Condition Survey (EWCS). La EWCS è un’indagine paneuropea, patrocinata dall’Eurofound, con l’intento di fornire un quadro di sintesi sulle condizioni lavorative prevalenti in Europa. La sesta edizione della EWCS, vale a dire la più recente attualmente disponibile, è stata utilizzata ai fini della presente analisi. I dati sono stati raccolti nel 2015 e ha coinvolto più di 40.000 lavoratori attivi in 35 Paesi europei. Le interviste sono state effettuate con una tecnica faccia a faccia direttamente presso il domicilio degli individui coinvolti nell’indagine. Malgrado sussistano delle eterogeneità tra i diversi contesti culturali e istituzionali rappresentati nella EWCS, ai fini del presente studio si è deciso di adottare un approccio comprensivo, che guarda al Continente europeo come un contesto di analisi omogeneo. Sebbene ciò non abbia consentito di soppesare la variabilità che si riscontra tra i diversi ambiti territoriali coinvolti nello studio, tale approccio ha offerto la possibilità di raccogliere evidenze generalizzabili all’intero Vecchio Continente.

L’attenzione è stata focalizzata sulle variabili relative al coinvolgimento degli intervistati in schemi contrattuali che prevedessero il lavoro da remoto (RWA) come modalità prevalente o alternativa ai tradizionali modelli lavorativi. In aggiunta, lo studio ha preso in considerazione, da un lato, l’auto-valutazione degli intervistati in termini di bilanciamento vita-lavoro (WLB) e, dall’altro, la loro percezione di benessere lavorativo (WB). Scendendo nel dettaglio, il costrutto WLB rappresenta il giudizio individuale sull’abilità di creare un equilibrio tra impegni lavorativi e attività familiari e sociali. Esso proviene da un’autovalutazione della rilevanza dei conflitti provenienti dall’invasione del lavoro nei momenti di vita quotidiana e dalla sovrapposizione tra impegni familiari e sociali con attività lavorative. Il costrutto WB concerne il benessere fisico, psicologico e sociale percepito dai lavoratori. Infine, sono state incluse nell’analisi le condizioni lavorative (WC) e la pervasività delle tecnologie digitali nel contesto lavorativo (PDT). Il costrutto WC guarda precipuamente ai livelli di autonomia e discrezionalità nello svolgimento delle pratiche lavorative, mentre la variabile PDT ha a oggetto l’intensità di ricorso alle tecnologie digitali nello svolgimento delle attività lavorative. La Tabella 1 fornisce una rapida disamina delle variabili impiegate nello studio empirico.

Il disegno della ricerca si è sostanziato in tre fasi. In prima battuta, è stata realizzata un’analisi fattoriale confermativa (Confirmatory Factor Analysis – CFA) allo scopo di validare la consistenza dei costrutti oggetto dello studio (WLB, WB e WC). Successivamente, è stato implementato un modello di regressione basato sul metodo dei minimi quadrati (Ordinary Least Square – OLS), nell’intento di esaminare la relazione tra RWA e, rispettivamente, WLB e WB. Infine, è stata posta in essere un’analisi di moderazione per raccogliere evidenze sull’influenza giocata da WC e PDT sulla relazione tra RWA, WLB e WB. Per la realizzazione delle elaborazioni statistiche è stata impiegata la metodologia per le analisi di moderazione proposta da Hayes (2013) (Modello 1 della macro “PROCESS”). Approfondimenti sulle caratteristiche matematiche e statistiche del modello possono essere desunte da Preacher e Hayes (2008).

 

Tabella 1. Variabili oggetto di analisi

Costrutto

(ID)

Breve descrizione Numero di variabili α di Cronbach Min Max μ σ
Lavoro da remoto

(RWA)

Coinvolgimento dell’intervistato in schemi contrattuali che prevedono il lavoro da remoto 1 NA 1 5 4.70 0.83
Bilanciamento vita-lavoro

(WLB)

Auto-valutazione dell’intervistato della capacità di bilanciamento tra impegni lavorativi e attività di vita quotidiana 3 0.804 1 5 2.04 1.01
Benessere lavorativo

(WB)

Auto-valutazione dell’intervistato dei livelli di benessere lavorativo sul profilo fisico, psicologico e sociale 4 0.722 1 5 2.15 0.79
Condizioni lavorative

(WC)

Auto-valutazione dell’intervistato della qualità e delle caratteristiche delle condizioni di lavoro 4 0.690 1 5 3.66 0.93
Pervasività delle tecnologie digitali

(PDT)

Intensità del ricorso a tecnologie dell’informazione e della comunicazione nello svolgimento delle attività lavorative 1 NA 1 7 3.17 1.85

Il campione di analisi comprende 10,527 individui con esperienze lavorative nel settore privato in diversi paesi europei. Sebbene il numero di uomini (52.9%) prevalga su quello delle donne (47.1%), il campione risulta bilanciato in termini di genere. Allo stesso modo, le diverse aree geografiche del continente europeo sono rappresentate omogeneamente, con i Paesi Mediterranei che ospitano oltre un quarto dei rispondenti (27.9%). L’età media degli individui coinvolta nell’analisi è di 42.1 anni (σ = 11.4 anni). Circa 7 intervistati su 10 presentano livelli di educazione secondaria (70.9%), mentre meno di un quarto dichiara una formazione universitaria (24.9%). La gran parte dei rispondenti ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato (85.4%). Le industrie dei servizi (46.7%), della manifattura (28.2%) e dell’edilizia (6.8%) rappresentano la maggioranza dei lavoratori coinvolti nell’analisi.

Risultati

La Tabella 2 riporta i risultati dell’analisi di regressione relativa alla relazione tra la variabile indipendente RWA e le due variabili dipendenti WLB e WB. Essa descrive anche il rapporto che esiste tra il coinvolgimento dei lavoratori in schemi contrattuali che prevedono il lavoro da remoto e le due variabili di moderazione impiegate nel presente studio (WC e PDT).

Una relazione negativa e statisticamente significativa descrive il rapporto tra RWA e WLB. Il lavoro da remoto, in sostanza, genera delle ripercussioni negative sul bilanciamento vita-lavoro. Viceversa, un legame positivo e statisticamente significativo lega RWA e WB: la possibilità dei lavoratori di svolgere le attività lavorative al di fuori dei convenzionali contesti organizzativi reca con sé una più elevata percezione di benessere sul lavoro.

È interessante notare che i risultati del modello di regressione suggeriscono una relazione positiva e statisticamente significativa tra RWA e WC. Il lavoro da remoto, in altri termini, induce a una riconfigurazione degli assetti e delle modalità di lavoro, che determina un miglioramento delle condizioni lavorative. In maniera analoga, un rapporto positivo e statisticamente significativo lega RWA e PDT: il ricorso al lavoro da remoto prepara la strada a una maggiore pervasività delle tecnologie digitali nello svolgimento delle attività lavorative.

La Tabella 3 include i risultati dell’analisi di moderazione intesa allo studio del ruolo giocato dalle condizioni di lavoro e dalla pervasività delle tecnologie digitali sul rapporto tra lavoro da remoto, bilanciamento vita-lavoro e benessere lavorativo. Le condizioni di lavoro esprimono una moderazione negativa sul rapporto tra RWA, WLB e WC. Infatti, la relazione tra il lavoro da remoto e il bilanciamento vita-lavoro tende a deteriorare in presenza di bassi livelli di WC. Il peggioramento percepito delle condizioni di lavoro implica una degenerazione della capacità dei lavoratori di coniugare armoniosamente vita privata e attività lavorative. Allo stesso modo, valori ridotti di WC pregiudicano il rapporto tra lavoro da remoto e benessere lavorativo. In sostanza, il peggioramento delle condizioni di lavoro altera gli effetti positivi determinati dal lavoro da remoto sul benessere lavorativo, creando situazioni di malessere. Non sono state riscontrate, invece, evidenze a supporto del ruolo di moderazione giocato dalla pervasività delle tecnologie digitali sul rapporto tra lavoro da remoto e, rispettivamente, bilanciamento vita-lavoro e benessere lavorativo.

Tabella 2. Il modello di regressione per l’analisi delle relazioni tra RWA, WLB, WL, WC e PDT

Tabella 3. Il ruolo di moderazione di WC e PDT nella relazione tra RWA, WLB e WB

Discussione e implicazioni

La Figura 2 fornisce una sintesi grafica dei risultati dello studio. Alla luce delle evidenze raccolte, è possibile argomentare che il lavoro da remoto tende a generare effetti negativi sul bilanciamento vita-lavoro. Probabilmente, tale dinamica deriva da “…un’interpretazione solo parziale dei bisogni e delle esperienze di vita e lavoro dei lavoratori”, che – a sua volta – compromette la coerenza tra i modelli tipicamente utilizzati per l’implementazione del lavoro da remoto e le reali esigenze di flessibilità dei lavoratori (Kelliher, Richardson e Boiarintseva, 2019: p. 97 – traduzione degli autori). D’altronde, coloro che hanno la possibilità di realizzare le attività lavorative al di fuori del tradizionale contesto di lavoro tendono a esprimere percezioni migliori di benessere lavorativo. Di fatti, le opportunità di flessibilità e di discrezionalità che sono tipicamente correlate al lavoro da remoto implicano sensazioni positive sul profilo psicologico e sociale, che si traducono in maggiore benessere per il lavoratore (Jordan e Taylour, 2015). Pertanto, l’ipotesi 1 è supportata, mentre l’ipotesi 2 è rigettata.

Figura 2. I risultati dell’analisi

I risultati dello studio empirico forniscono evidenze a supporto dell’ipotesi 3 e dell’ipotesi 4. Il peggioramento delle condizioni di lavoro che può derivare da una parziale e inaccurata applicazione del lavoro da remoto crea ripercussioni sulla capacità individuale di bilanciare gli impegni lavorativi con le attività di vita quotidiana. Esso, altresì, contamina i benefici determinati dalla possibilità di lavorare al di fuori del tradizionale contesto lavorativo, incidendo sul benessere fisico e psichico dei lavoratori. Come è stato ampiamente riportato in letteratura, il peggioramento delle condizioni di lavoro crea stress e frustrazioni per l’individuo, che deteriorano la percezione di controllo tanto sulla sfera lavorativa quanto sulla vita quotidiana (Lunau, Bambra, Eikemo, van der Wel e Dragano, 2014). L’assenza di consapevolezza delle ripercussioni generate dal lavoro da remoto sulle condizioni di lavoro può condurre alla propagazione degli effetti indesiderati, primi tra tutti l’incapacità di gestire la relazione tra vita privata e lavoro e la percezione di malessere psico-fisico.

Le ipotesi 5 e 6 non hanno trovato sostegno. La pervasività delle risorse tecnologiche non sembra svolgere una funzione di moderazione tra il lavoro da remoto, il bilanciamento vita-lavoro e il benessere lavorativo. Questo risultato desta non poche sorprese, dal momento che numerosi ricercatori hanno argomentato come il crescente uso delle risorse informatiche e telematiche determini l’emersione di “…nuove forme di organizzazione flessibile del lavoro” (Valenduc e Vendramin, 2001: p. 244 – traduzione degli autori), in grado di contribuire positivamente al bilanciamento tra vita e lavoro e al benessere lavorativo.

I risultati dello studio forniscono alcune interessanti implicazioni concettuali e pratiche. Su un profilo teorico, viene posta enfasi sull’esigenza di adottare una concettualizzazione duale del lavoro da remoto, riconoscendo che quest’ultimo crea effetti ambigui sul bilanciamento vita-lavoro e sul benessere lavorativo. In particolare, il lavoro da remoto può implicare incapacità di gestione degli equilibri tra vita e lavoro e determinare maggiori rischi di malessere lavorativo. Ciò accade soprattutto nel momento in cui il lavoro da remoto apre la strada a contaminazioni tra la sfera lavorativa e la vita quotidiana. La sovrapposizione tra vita e lavoro trova una delle sue più chiare espressioni nel deterioramento delle condizioni lavorative, che – a loro volta – pregiudicano il bilanciamento tra vita e lavoro e il benessere psico-fisico dell’individuo.

In chiave pratica, le evidenze raccolte a esito dello studio offrono la possibilità di formulare alcuni suggerimenti manageriali. In primo luogo, è necessario che gli schemi contrattuali che prevedono modalità di lavoro da remoto siano arricchiti con degli “anticorpi”, che si sostanzino in strumenti formali e informali intesi a minimizzare le sovrapposizioni tra impegni lavorativi e attività di vita quotidiana. Tali anticorpi possono comprendere – tra gli altri – la pianificazione dei carichi di lavoro, la formalizzazione e la concertazione dei criteri di valutazione e la personalizzazione delle leve retributive e motivazionali. In secondo luogo, è opportuno che i dirigenti che si occupano delle risorse umane prestino maggiore attenzione alle variazioni dirette e indirette delle condizioni di lavoro che scaturiscono dal lavoro da remoto. È necessario garantire a chi presta la propria attività da remoto condizioni lavorative analoghe a quelle riscontrabili nei contesti di lavoro tradizionale. Invero, il peggioramento delle condizioni lavorative correlato al lavoro da remoto pregiudica il benessere dei lavoratori e alimenta la loro incapacità di gestire l’interfaccia tra vita privata e lavoro. Infine, urge gestire in maniera appropriata le tecnologie digitali, la cui pervasività aumenta in presenza di lavoro da remoto. Il maggiore uso di tecnologie digitali, oltre a contribuire ad una maggiore flessibilità delle condizioni lavorative, può innescare un processo di depersonalizzazione delle dinamiche e delle relazioni lavorative, in grado di condizionare negativamente il benessere lavorativo.

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